mercoledì 30 aprile 2014

I FRUTTI ALLUCINOGENI DELL'ALBERONI


Da non credere se non verificato....(ho letto con i miei occhi,fidatevi).
Francesco Alberoni,notissimo psicologo,giornalista,scrittore ed opinionista individua su il Giornale : "i fanatici del tanto peggio,tanto meglio".
Alberoni parte dalla premessa che ci sono,nella storia dell'umanità,"movimenti collettivi che si propongono una radicale trasformazione della società,la distruzione  della intera classe dominante e promettono di instaurare un regno in cui non ci sono più leggi ed oppressione,ma tutti si autogovernano nell'uguaglianza,in un mondo di benessere e di felicità....".
"Tutti i tentativi di tradurre questo sogno in realtà sono finiti con dittature sanguinarie e spaventosi massacri".
Da qui il dotto elenco degli "empi": millenaristi medievali,rivoluzionari giacobini,comunisti staliniani,nazisti e fascisti...,per il passato.
Tutti uniti dal motto "tanto peggio,tanto meglio" nel cui assunto hanno "combattuto chi voleva migliorare la società,far star meglio la gente".
Servendosi,per lo scopo,di ghigliottina,gulag e lager.
Attenzione però,aggiunge Alberoni,"anche in Italia c'è (oggi) un movimento rivoluzionario con questi stessi principi,che vuole eliminare la democrazia rappresentativa,i nemici politici ed incita all'odio. Anche esso ha al vertice un dittatore fanatico,di cui nessuno si accorge,neppure in Europa".
Caspita,questo è uno scienziato della psiche collettiva ? Nonché un analista storico ? Da tali maestri c'è sempre da imparare,anche perché i rudimentali insegnamenti che possiamo (io e la media dei lettori interessati) avere ricevuto non portano a cotanta conoscenza.
I millenaristi medievali sognavano l'avvento della Nuova Gerusalemme  ? In verità,per quel poco che so,non credo la "vecchia" Gerusalemme fosse quell'oasi di pace,speranza e carità vagheggiata dalle Scritture più o meno Sacre. E neppure che i nemici degli apocalittici (la Chiesa in primis) volessero "migliorare la società".
Saranno stati visionari i millenaristi ma sul rogo ci finivano loro,spesso e malvolentieri,no ?
E la ghigliottina dei rivoluzionari alla Robespierre ?
Intanto il professore dimentica che non la inventarono loro e che successivamente la presero a modello in mezzo mondo.
Poi che rimase in vigore fino al 1977,nella Francia "democratica ed antifascista nata dalla resistenza al nazismo".
Ovviamente "per migliorare la società e far star bene la gente".
Riallacciandosi a gulag e lager,realizzati dai cattivoni stalinisti (curiosità,quelli di Mao e di Pol Pot erano più umani ?) e nazisti ,risulta chiaro  come fossero mirati alla "distruzione fisica degli avversari",lo sentenzia sempre il professore.
Per il quale sicuramente le riserve indiane,  con relativo genocidio di pellirossa,sono state una tappa del bene comune americano.
Come Hiroshima la risposta benefattrice Usa al male assoluto.
Andando via di seguito sarei pure curioso di sapere cosa pensa Alberoni delle prigioni israeliane,del muro in Palestina e del lager di Gaza. Probabilmente servono per far star meglio gli ebrei nella "loro" Gerusalemme.
Ma è la conclusione dell'articolo in questione che dovrebbe scuotere la psiche di noi tutti,europei compresi.
Chi è il nuovo Führer che si aggira in Italia  ? Quali armate,eredi di millenaristi,giacobini,comunisti,fascisti e nazisti invasati lo seguono ?
Non fa nomi,il professore.
Neppure rivela indizi sufficienti a tracciare il profilo di chi sta "combattendo coloro che vogliono migliorare la società e far star bene la gente".
Tranne che...siano proprio i frutti dell'Alberoni ad essere allucinogeni !

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello

sabato 26 aprile 2014

Ecco come Bruxelles ha scippato la sovranità ai paesi dell'Europa (Ercolina Milanesi)

Ecco come Bruxelles ha scippato la sovranità ai paesi dell'Europa

Il filosofo francese Alain de Benoist denuncia la fine degli Stati nazione: "Siamo finiti in un buco nero dominato da investitori privati e agenzie di rating"
La crisi strutturale del sistema economico occidentale è una delle tematiche sulle quali più si è focalizzata l'attenzione di Alain de Benoist, saggista e filosofo, i cui libri sono ormai tradotti in una quindicina di lingue.
Nel suo ultimo lavoro (La fine della sovranità, Arianna editrice) c'è però un ulteriore irrigidimento delle posizioni.
Fino a qualche tempo fa, Lei diceva che eravamo sull'orlo del baratro. Adesso, è convinto che la fine del mondo ci sia già stata.
«Non la fine del mondo, bensì la fine di un mondo. Siamo usciti dal mondo moderno, dove i riferimenti erano stabili e la forma politica dominante era lo Stato-nazione, e siamo entrati in un mondo postmoderno, dove la visone di lungo termine è ovunque sostituita dall'effimero. È un mondo liquido, deterritorializzato, dominato dalle nozioni ?marittime? di flussi e di reti».
Però Lei parla di «colpo di Stato europeo».
«Colpo di Stato è forse eccessivo, in quanto sono gli stessi Stati ad aver accettato di essere progressivamente spogliati delle sovranità politiche, finanziarie e di bilancio. L'Unione europea, che si è organizzata dall'alto (con la Commissione di Bruxelles) verso il basso ha solo seguito questa inclinazione naturale». 
Che ne pensa del refrain austerità/crescita?
«L'austerità non riporterà la crescita, poiché il suo scopo principale è quello di esercitare una pressione al ribasso sui salari e sui redditi, dunque di diminuire il potere di acquisto, ossia la richiesta. E quando c'è meno richiesta, il consumo diminuisce, la produzione anche e la disoccupazione aumenta. Le classi proletarie e le classi medie sono le prime a soffrirne».
Ma quale può essere l'alternativa? Lei ha più volte affermato: ?l'ideologia della crescita è un errore logico. Non ci può essere crescita materiale infinita in uno spazio finito?.
«L'alternativa è organizzare, fin da ora, una decrescita sostenibile, favorendo il ricollocamento, economizzando le riserve naturali, favorendo gli stili di vita che non si riducono a una fuga in avanti nei consumi. Ma l'alternativa è anche ?ideologica?: si tratta di rifiutare l'assiomatico dell'interesse e il primato dell'economia, e di smettere di volere ?sempre di più?. ?Di più? non è sinonimo di ?meglio?».
Altrimenti, come scrive nel libro, prevede una vera e propria marcia verso la miseria.
«Lo possiamo constatare già oggi in diversi paesi europei. Il risultato delle politiche di austerità adottate sotto la pressione dei mercati finanziari è proprio questo. La disuguaglianza tra i vari Paesi e al loro stesso interno non smette di ampliarsi, a esclusivo beneficio delle nuove classi finanziarie e politico-mediatiche».
E allora uscire dall'euro può essere la soluzione?
«L'euro ha contribuito ad aggravare la crisi, nel senso che, lungi dal promuovere la convergenza delle economie europee, ne ha invece aumentato i divari. Ma la crisi non è riducibile al problema dell'euro. I Paesi che non hanno adottato l'euro, come la Gran Bretagna, non se la passano meglio. Sono anch'essi prigionieri di mercati finanziari e dell'aumento del loro debito pubblico. In ogni caso, uscire dall'euro avrebbe un senso solo se fosse il risultato di un insieme di Paesi, e non di uno solo».
Potrebbe però essere una possibilità?
«Non c'è alcuna possibilità che possa avverarsi nell'immediato. Ad ogni modo, anche nel caso di un ritorno alle monete nazionali, l'euro dovrebbe essere mantenuta come moneta comune per gli scambi con i Paesi non europei».
Ma c'è stato un momento preciso in cui abbiamo perso la nostra sovranità?
«L'abbandono è stato progressivo. È il risultato del trasferimento all'Unione Europea di gran parte della sovranità che non è stata riportata a un livello superiore (una sovranità europea), ma scomparsa in una sorte di ?buco nero?. Questo processo è stato completato dalla politica del debito, che ha posto gli Stati sotto il controllo di investitori privati e agenzie di rating».
Ed è possibile riconquistare quote di sovranità?
«Occorrerebbe ritrovare i mezzi dell'indipendenza economica e finanziaria, il che necessita un cambiamento radicale delle politiche pubbliche, a cui però nessun Paese europeo sembra propenso».
In un contesto del genere la crescita del Front National conferma che però vi possono essere spazi di manovra?
«L'ascesa del FN riflette principalmente il deterioramento del bipartitismo destra-sinistra e il discredito generalizzato della classe politica».
Dunque, il consenso potrebbe dipendere dal fatto di escludere a priori le categorie di destra e sinistra.
«Tutte le inchieste disponibili dimostrano questo: il FN ottiene voti sia a destra che a sinistra. Il suo programma economico e sociale, è nettamente orientato a ?sinistra?, e possiede tutti i criteri per sedurre gli ex elettori comunisti. In generale, il FN tocca delle priorità, che sono avvertite soprattutto nel Nord della Francia, e poi dalle classi proletarie e dagli strati inferiori della classe media, che sono anche le principali vittime delle ricadute negative dell'immigrazione (disoccupazione, insicurezza, affossamento della scuola, ecc.). È da molto tempo il primo partito fra gli operai».
Potrebbero nascere altri movimenti in Europa sul modello del FN?
«Non credo molto all'esportazione dei modelli. Il FN è un movimento molto legato al contesto particolare della vita politica francese. Il modo con il quale trascende la divisione destra-sinistra non può essere meccanicamente copiato».
Ma è forse l'unico che si schiera apertamente contro quello che Lei definisce «il sistema del denaro»?
«Il ?sistema del denaro? è criticato da molta gente, ma tra i suoi avversari, il FN è, oggi, il partito che ha i mezzi più importanti per farsi sentire». (tratto da il Giornale)

Ercolina Milanesi


mercoledì 23 aprile 2014

ZAPPING DUEPUNTOZERO, MEDAGLIA DI LATTA AL VALORE UE



Un'altra medaglia è stata portata a casa da RadioTiranauno Rai nella battaglia per l'UEismo continentale.
Ieri sera,a Zappingduepuntozero,puntata su "populismo" e giro elettorale sulla prossime elezioni europee.
Dotte citazioni ed analisi di professoroni nella prima parte. Si parte da Le Pen padre,(s)qualificato di fascismo,razzismo e  tiritere varie (tutte negative),si passa da Chávez e dalla estrema destra omosessuale di non so dove e si arriva a Marine in Francia,Alba Dorata in Grecia e Jobbik in Ungheria.
Ad onor del vero un professore non sottovaluta "il pericolo",si preoccupa ma rivela (guarda,guarda...) che il sistema elettorale messo su dall'UEismo al potere terrà fuori dal parlamento milioni di euroscettici con un trucco da magliari : per far gruppo occorrerà avere rappresentanti in 7 nazioni,quindi popolari e socialisti potranno stare tranquilli.

Nessun cenno al probabile trionfo dell'astensionismo,già vincitore nel 2009 con il 57% di non elettori.
Per Loquenzi (conduttore di sicura fede UEista) dettaglio insignificante che mai pone ai propri ospiti,rigorosamente scelti tra rappresentanti del regime.
Infatti,mai una volta,pur reclamizzando il numero per invio sms,si è potuta ascoltare una critica al contenuto ed alla conduzione della trasmissione.

Io stesso,che ne invio spesso,ho fatto presente che,parlando di populismo,la cosa più saggia e democratica sarebbe sta quella di ascoltarne uno,(non io) no ?
In Europa ce ne sono milioni,può essere che solo in Italia Loquenzi non ne trovi neppure uno ? Vada su internet,si informi....le testate giornalistiche indipendenti ospitano tutti e tutto.
Zapping fa "servizio pubblico" ?
Pubblico no di sicuro,"servizio" all'UEismo si.
Tanto da meritare la "medaglia di latta per il coraggio dimostrato eliminando in un sol colpo la maggioranza degli europei astensionisti ed euroscettici".


N.b. i politici intervistati che potrebbero assumere posizioni "antieuro" (Lega e M5S) non rappresentano (per loro stessa ammissione) il "populismo" e l'astensionismo.
Infatti fanno parte della partitocrazia parlamentare e come tale godono del privilegio di poter parlare a RadioTiranauno.

lunedì 21 aprile 2014

Facciamola finita con l'Europa - di Enrico Galoppini -




Facciamola finita con l'Europa

di Enrico Galoppini

Una decina d’anni or sono, sulla rivista di studi geopolitici "Eurasia", nel quadro di un confronto tra Claudio Mutti e Costanzo Preve sull’Unione Europea, il primo propose la metafora del "bambino e dell’acqua sporca" per esporre il suo punto di vista fondamentalmente positivo circa l’opportunità d’un processo d’integrazione europeo (e, in prospettiva, eurasiatico), sebbene egli si dichiarasse scettico verso questa "Unione Europea" così com’era andata configurandosi.

Si trattava di un’opinione suffragata da considerazioni d’ordine filosofico e culturale, nonché strategico e geopolitico, fornita dunque d’una sua fondatezza e solidità, specialmente teorica. Tuttavia si trattava di vagliarne la tenuta "sul campo", ovvero se, alla prova dei fatti, sarebbe stata smentita clamorosamente o meno.

E così - secondo il mio modo di vedere - è stato. Il progetto incarnato nell’UE, pensato e realizzato da esponenti dell'europeismo occidentalista, procede a tappe forzate avendo messo la camicia di forza dell’euro e dei vari "trattati" - coi relativi "obblighi" e "parametri" - a tutte le nazioni europee. Per di più, allo stato attuale non esistono progetti "europeisti" alternativi, né in corso d'opera, né all’orizzonte, a meno che si consideri tra questi un’Europa "dall’Atlantico agli Urali" cara ad una "destra" che quando l’affermava a mo’ di slogan non teneva nel debito conto il fatto che gli Urali erano ben inseriti nell’(odiata) Unione Sovietica… E neanche vale la proposta di "integrare la Russia" in Europa, il che significa toglierla - come ben comprende Putin - dal suo naturale alveo, snaturandone così la funzione equilibratrice in Eurasia.

A ben guardare, la questione dell’Europa, di questa Europa "unita", ricorda molto quella del famoso "Socialismo reale". Da parte dei comunisti europei si sosteneva che il Comunismo - cioè la realizzazione pratica del Marxismo-Leninismo - restava teoricamente valido, anche se di fronte alla sua pratica "realizzazione" bisognava "turarsi il naso", in attesa del "Sol dell’avvenire".

Sappiamo tutti com'è finito il Comunismo storico otto-novecentesco. Scomparso, senza peraltro la magra consolazione della sconfitta militare, com’è accaduto al Fascismo e al Nazionalsocialismo. Assente da oltre vent’anni dai territori dell’Est europeo, la percezione comune (almeno nell’Europa occidentale) è quella di un’esperienza storica di un’altra èra (mentre il Fascismo vien fatto percepire come sempre attuale grazie alla martellante "cultura della memoria", anche se questa è un’altra storia …).

La stessa cosa si può affermare al riguardo della Democrazia, con legioni d’illusi più o meno in buona fede che - di fronte agli innegabili fallimenti - stanno a lambiccarsi il cervello su quale potrebbe essere la "vera democrazia". Tutta fatica sprecata, ovviamente, perché la Democrazia parte da un errore di partenza sulla valutazione dell’uomo, da un’antropologia fasulla che conseguentemente si ripercuote su errori a ripetizione quando è in questione il piano dei rapporti tra gli uomini organizzati in comunità (per non parlare della negazione della natura teomorfica dell’essere umano, fonte di ogni disastro che lo colpisce e di cui non sa darsi conto concependosi come meramente "umano").

Ora, l’Unione Europea, è - per sua stessa dichiarata ammissione - "democratica" al 100%, nel senso che promuove tutto quel che rientra nel paradigma "filosofico" democratico, al di là del fatto - su cui si può discutere - che essa non si concretizzi nel "governo del popolo" (cosa del resto impossibile), si traduca di fatto in una oligarchia del denaro, dia il là ad una forma di "comunismo" di cui beneficiano solo le oscure burocrazie che la governano (il "super-Stato" europeo) eccetera. Ma una cosa è certa: i fautori del "progetto europeista" sono molto consequenziali, all’atto pratico, con quello che affermano, e che tutto ciò sia "democratico" così come ce lo s’immagina mediamente oppure no, conta ben poco, finendo nelle chiacchiere da forum di internet.

Unione Europea e Democrazia realizzata dunque coincidono, la prima essendo il "laboratorio" in cui si sperimenta la teoria della seconda: libero mercato e libera circolazione degli uomini, abbattimento delle frontiere e delle sovranità, ideologia dei diritti umani e laicismo. Insomma, ci sono tutti gli ingredienti per stabilire un nesso simbiotico tra le teorie democratiche ed il progetto europeista. In altri termini, l’Unione Europea, al pari degli Stati Uniti d’America, rappresenta la forma più recente dell’Antitradizione: non a caso ormai si parla esplicitamente di "Stati Uniti d’Europa" e non si fa più mistero di una zona di "libero scambio" incentrata sull’Atlantico. La prospettiva che ci viene ammannita è perciò quella dell'Unione Euro-Atlantica, l’inevitabile e, in fondo, prevedibile esito del "progetto europeista".

Come se ciò non bastasse, l’Unione Europea ha proceduto all’esproprio dei classici emblemi della sovranità, che sono il monopolio della forza (la Nato è di fatto l’Esercito Europeo) e quello del diritto di battere moneta (sull’euro, ogni commento è superfluo).

Non vorrei dunque che parlando di Europa - l’Europa che prende forma concretamente e non quella ideale, "dei popoli", del "Medioevo cristiano" eccetera - scambiassimo le nostre legittime speranze e/o illusioni con la realtà, la quale ci mostra un’Unione Europea organizzata come una mostruosa burocrazia anonima nemica di ogni nazione e dei suoi tradizionali (e sani) modi di vita.

Vogliamo ancora ripeterci che, in fin dei conti - parafrasando i "no global" (già spariti) - "un'altra Europa è possibile"?

Penso proprio di no. E lo dico osservando la situazione, in costante e rapido peggioramento economico e sociale per la maggior parte degli europei a causa delle "terapie" (già la scelta del termine è indicativa: siamo "malati") della BCE, del FMI eccetera, col corollario del "terrorismo finanziario" delle "agenzie di rating".

Altra cosa sarebbe stata una nazione-pilota di un certo calibro che, liberatasi dalla presa della grande finanza, si fosse posta alla guida di un manipolo di nazioni animate dal medesimo anelito di libertà ed indipendenza. In quest’ottica, il "nazionalismo" può ancora avere un senso, se declinato in senso non esclusivistico. E va da sé che le sole Ungheria o Islanda, sebbene abbiano dato segnali importanti, non bastano a svolgere questo necessario ruolo trainante.

Per dirla tutta, non è "scritta" da nessuna parte un’Europa "unita" dai popoli scandinavi fino ai mediterranei passando per gli slavi ecc. Oggi constatiamo che la Norvegia è fuori da tutto (e non ha problemi), la Svezia si tiene ben stretta la sua moneta, e persino il popolo islandese dà battaglia perché ha capito che l'UE e l'Euro sono una gabbia. Per il resto, a livello di "sentire comune", abbiamo ben poco a che spartire con tedeschi e inglesi: i primi, da una parte, al di là delle esagerazioni che tendono a diluire i maneggi americani tra le cause della nostra "crisi", non ci amano affatto, né ci rispettano (si ricordi anche tutta la storia dei rapporti non facili tra Fascismo e Terzo Reich); i secondi si considerano un "popolo eletto", ed il discorso finisce lì.

Noi, come italiani, dovremmo invece puntare a seguire le orme dello sviluppo di Roma. Farsi fagocitare dall'UE, senza nemmeno negoziare la cosa in maniera per noi conveniente, è pura follia. Veniamo meno alla nostra vocazione geopolitica, e quindi alla nostra natura, indebolendoci e girando perciò a vuoto.

La verità è che ci hanno messo fuori gioco - noi italiani - con questa UE. E non a caso hanno dovuto eliminare tutti gli avversari di questo perverso progetto, com’è magistralmente spiegato nello studio di Antonio Venier, Il disastro di una nazione. Saccheggio dell’Italia e globalizzazione (ed. di Ar, Padova 1999), il quale stabilisce magistralmente un rapporto necessario tra: l’eliminazione della classe dirigente recalcitrante di fronte alla cessione di ogni sovranità; l’accelerazione del "progetto europeista" coi relativi "vincoli"; la demolizione del sistema industriale italiano grazie all’eliminazione della presenza dello Stato dai settori strategici ad alta tecnologia e dalla banca; l’insistenza monomaniacale sul "debito" e le svendite camuffate da efficienti "privatizzazioni" (comprese quelle di essenziali servizi pubblici); la creazione di un "mercato del lavoro" selvaggio e la correlata immigrazione di massa; l’esagerazione posta sulle esportazioni (difficilissime con un euro sopravvalutato) a scapito del mercato interno.

Il risultato è sintetizzato nel titolo del libro: un disastro. Di cui dobbiamo ringraziare "l’Europa", cioè il "progetto europeista" ed i suoi fanatici esecutori.

Gli "europeisti", i "padri dell’Europa", sono sempre stati dei perfetti sconosciuti, rinserrati nel loro "elitismo" snobistico, che non hanno mai combinato nulla di buono per i loro popoli. Degli amanti delle astrazioni, come minimo. Molto più probabilmente, degli agenti del nemico.

Ben lungi, costoro, da personalità che un po’ d’amor patrio l’hanno dimostrato coi fatti, come Mattei, Moro e Craxi, checché ne possano dire oggi, mescolando le carte, dopo che li hanno sotterrati. Questi ultimi sapevano bene che Roma, trovandosi al centro del Mediterraneo, non può essere ridotta ad una succursale periferica di un "Asse franco-tedesco" o della City di Londra.

Vediamo che fine hanno fatto i rapporti coi paesi del Mediterraneo dopo il "ricambio generazionale" della nostra classe politica (ed industriale). Non si riesce più a combinare nulla di buono con nessuno: né non la Tunisia (dove hanno appena installato una base Usa nel sud), né in Egitto, paese fondamentale per noi, in particolare da quando esiste il Canale. E lasciamo stare la Libia, che era il nostro partner privilegiato. Tutte queste "primavere" sarebbero state possibili con la vecchia classe dirigente della DC e del PSI? Certo che no!

Hanno dovuto eliminarla per ridurci al loro scendiletto, alla prateria dove fare "shopping" con la scusa del "debito"!

Un'altra cosa importante che va detta, a questo punto, quando il "malato" rischia davvero di schiattare, è che "l'idea di Europa" non può essere mantenuta nel mondo delle "pure idee" e della "filosofia", disgiunta dalle sue pratiche realizzazioni dovute agli inevitabili compromessi e soprattutto determinate dai rapporti di forza in gioco.

Grazie all’Europa, a questa Unione Europea che non lascia spazio ad alternative, il Mediterraneo è sempre più diviso e terra di conquista per eserciti stranieri, che aprono la strada allo sfruttamento economico non certo a vantaggio dei popoli che ne abitano le sponde. Intanto, l’Italia è relegata a "portaerei" della Nato e a terra di conquista per novelli lanzichenecchi. E sullo sfondo prossimo venturo si staglia la prospettiva delle "secessioni" a catena, in un’orgia d’illusione "indipendentistica" delle "piccole patrie", che per nulla mette in allarme la stessa centrale "europeista", ma, anzi, facilita il compito di demolire definitivamente gli Stati-nazione in ossequio al dogma "federalista".

I famosi ed incensati "padri fondatori dell'Europa" avevano in mente, facendo ricorso agli strumenti dell’unificazione e del federalismo, una precisa ideologia, quella cioè del mondo "senza più frontiere", all’insegna dei diritti umani e del laicismo. Che si traduce – per quanto ci riguarda - nella fine di ogni compagine statale di rilievo, capace di dettare una sua politica, al di fuori della loro struttura centralizzata e "commissariata" sine die.

Ora, la dittatura delle banche e del potere finanziario facilita l’applicazione dei suddetti "diritti" perché destruttura quel che di sano esiste in una società, finendo per controllarne ogni ganglio, "pubblico" e "privato". Lo vediamo, ed è sotto gli occhi di tutti: gioco d'azzardo ad ogni angolo di strada,matrimoni gay addirittura "allo studio" nientemeno che del Papa in persona, atteggiamento comprensivo verso la pedofilia, vuote chiacchiere sul "femminicidio" per sabotare il matrimonio, presto anche la droga libera... e chissà cos'altro. Tutto questo non è un caso: era quello che volevano fin dall'inizio, ma fino a che hanno retto gli Stati nazionali non ci sono riusciti.

Dirò di più. Questa "cura da cavallo" che impone cambiamenti mai visti prima con una velocità impressionante e, a dire il vero, sospetta, ha molto a che fare con la cosiddetta "Nuova era" che l’intero genere umano dovrebbe augurarsi al più presto, in trepidante attesa. Ecco perché per gli stessi fautori del "progetto europeista" il laicismo è così importante: le religioni non devono più dire nulla di "forte", di definitivo e di non negoziabile, bensì limitarsi, in un carnevalesco ‘mercato’ dove una vale l’altra, ad agenzie dispensatrici di belle parole, costantemente in "dialogo" per non ammettere di aver alzato bandiera bianca. In questo vuoto, scavato dallo stesso modo di vita "moderno" riscontrabile in tutte le "grandi capitali europee", s’inserisce alla perfezione il laicismo, che ha lo scopo di strutturare un "Uomo nuovo". Quello, per l’appunto, della "Nuova era" nella quale tutti, finalmente, saranno illusoriamente "liberi".

Stando così le cose, come sovranisti convinti, ma soprattutto come portatori di una visione del mondo nella quale lo Spirito (che promana da Dio) ha la preminenza, non ci si può accodare al discorso dei grandi media coi loro "esperti", della "cultura" e della "politica" che da venticinque anni almeno ripetono la medesima filastrocca sulle "magnifiche sorti" che ci si dischiuderanno a fronte di qualche necessario piccolo "sacrificio".

Il "sacrificio" impostoci da questa Unione Europea è troppo grosso e grave perché si debba stare ad attendere che si compia del tutto.

da FNCRSI
 
20/04/2014

domenica 20 aprile 2014

A PROPOSITO DEL "DECISIONISMO" DI RENZI - di Enrico Galoppini -

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A proposito del “decisionismo” di Renzi

matteo renzi
Da quando hanno stabilito di propinarcelo dalla mattina alla sera (conservo la serie di “prime pagine” dell’Ansa delle settimane precedenti la nomina a presidente del Consiglio: c’era solo e sempre lui!), c’è una caratteristica dell’ex sindaco di Firenze che è stata messa in risalto più delle altre (il “giovanilismo”, la “parlantina”, l’“informalità”, il “dinamismo” ecc.): la capacità di prendere decisioni, che è la premessa necessaria per poter “fare”.
Tale capacità è tutta da dimostrare, tuttavia i “media” hanno già costruito l’immagine di Matteo Renzi come quella di un “decisionista”.
Questa qualità – hanno intuito gli esperti di “comunicazione” (cioè di abbindolamento di massa) – sarà senz’altro apprezzata da un popolo che ormai ha introiettato l’idea (peraltro vera) che in Italia nessuno combina mai nulla.
di Enrico Galoppini – 13/04/2014
(da ariannaeditrice.it) – Da quando hanno stabilito di propinarcelo dalla mattina alla sera (conservo la serie di “prime pagine” dell’Ansa delle settimane precedenti la nomina a presidente del Consiglio: c’era solo e sempre lui!), c’è una caratteristica dell’ex sindaco di Firenze che è stata messa in risalto più delle altre (il “giovanilismo”, la “parlantina”, l’“informalità”, il “dinamismo” ecc.): la capacità di prendere decisioni, che è la premessa necessaria per poter “fare”.
Tale capacità è tutta da dimostrare, tuttavia i “media” hanno già costruito l’immagine di Matteo Renzi come quella di un “decisionista”.
Questa qualità – hanno intuito gli esperti di “comunicazione” (cioè di abbindolamento di massa) – sarà senz’altro apprezzata da un popolo che ormai ha introiettato l’idea (peraltro vera) che in Italia nessuno combina mai nulla.
Tuttavia su questo “non combinare nulla” bisogna intendersi una volta per tutte e tenteremo di spiegare che cosa è veramente.
Ma procediamo per ordine.
Per prima cosa, va detto che il “decisionismo” non è una categoria del politico che possa andare disgiunta dai contenuti delle decisioni stesse!
Intendo dire che anche nel Cile di Pinochet o nell’Argentina dove operava la Tripla A a caccia di “comunisti” (in realtà patrioti), con la Cia alle spalle che addestrava i torturatori, esisteva eccome un governo “decisionista” (salvo poi sfaldarsi alle prime batoste nelle Falkland/Malvinas). Nelle proverbiali “Repubbliche delle banane” era tutto un fiorire di “decisionisti” che applicando con zelo le ricette disumane dei teorici del “Libero mercato” portavano alla disperazione la gran parte della popolazione.
Sinceramente, da un simile “decisionismo” Dio ce ne scampi e liberi.
“Decisionista” era anche la Tatcher, la cosiddetta “Lady di Ferro”, quella che – tanto per dirne una – combinò lo spezzatino delle ferrovie britanniche in oltre venti società, col risultato che proprio a causa della sua “decisione” un servizio così importante era stato devastato, ovviamente in nome del “Mercato” e delle sue mai dimostrate “virtù”.
La stessa immagine venne costruita attorno a Tony Blair, quello delle bugie sesquipedali sui “sacrosanti” motivi per attaccare l’Iraq e che ora è uno strapagato conferenziere come altri suoi simili della “sinistra” mondiale, che dopo aver fatto solo danni ed aver preso in giro il suo popolo adesso riscalda la solita minestra per farla sorbire al pubblico di qualche esclusivo consesso di “decisori”…
Con questo non intendiamo certo dire che Renzi s’appresta a sguinzagliare gli “squadroni della morte” a caccia di chi lo avversa, però si può affermare che egli s’inscrive a tutto tondo nel filone dei politici della “nuova sinistra”, post-tutto, che per non ammettere di non aver nulla da dire di diverso dalla “destra” deve inventarsi queste figure ibride, che ammiccano anche all’elettorato avverso, proprio attraverso una maschera “decisionista”.
Va comunque chiarito che questo “decisionismo 2.0”, oltre ad essere la classica aria fritta e riducendosi a un vacuo slogan utile per abbindolare gli allocchi, è in effetti anche una realtà, ma di un tipo particolarmente insidioso e nocivo per il bene comune, cioè il bene della comunità nazionale presa nel suo complesso, la quale, nella maggioranza dei suoi membri, andrà a subire gli effetti dannosi delle “decisioni” dell’“uomo forte” di turno.
Questo per dire che mentre nessuna “decisione” in grado di produrre effetti benefici e stabili, capace d’invertire la china di “lacrime e sangue” che va sotto il titolo “La Crisi”, verrà presa da quest’autentico prodotto di “marketing”, nella concreta pratica di governo andrà avanti, imperterrito, il programma di smantellamento dello “stato sociale” e di demolizione dell’apparato produttivo italiano, secondo i dettami della grande finanza speculativa ed usuraia che deve cancellare questo paese dal novero delle nazioni più avanzate dal punto di vista industriale.
Dunque, stabilito che naturalmente non va bene l’esatto opposto del “decisionismo”, cioè l’immobilismo, il non riuscire a combinare mai nulla, non è per questo che bisogna esaltarsi alla semplice idea che ora siamo governati da uno che non sta mai un attimo fermo e salta da una scuola all’altra, ha innescato il disco degli “80 euro al mese” e ne inventa una più del diavolo pur di convincere che “risparmia”.
Questo è il solito fumo, dietro il quale sta il succulento arrosto che consiste nell’avanzamento del suddetto progetto di smantellamento e demolizione di quella che è stata l’Italia uscita dalla guerra e protagonista del “boom economico”, ma che dagli anni Ottanta, con un’accelerazione sensibile dai Novanta, è stata scelta come laboratorio per testare le meraviglie delle dottrine cosiddette “neo-liberiste”, che adesso, dopo un decennio di “Europa” e qualche anno di forsennata polemica “anti-casta”, si appresta a ricevere la mazzata finale.
La verità è che non vero che finora “non s’è combinato nulla”. Altro che se hanno “combinato”: un disastro! Diciamo piuttosto che nessuno ha combinato nulla di buono per la nazione nel suo complesso, mentre tutti – chi più chi meno – sono stati intenti ad applicare le “direttive europee”, i “parametri di Maastricht” eccetera mentre l’apparato mediatico studia sempre qualche nuova “polemica” allo scopo di distrarre dal normale tran-tran che procede a gonfie vele per Lorsignori.
Che pensate, che passino tutto il giorno ad occuparsi di amene baggianate come quella di togliere la cittadinanza onoraria torinese a Mussolini?
Altro che. Lo passano ad ottemperare gli “impegni” presi coi loro padroni al momento in cui sono stati insediati.
E così, tra una battuta e l’altra da consumato imbonitore, c’è chi ci crede per davvero e chi la prende a ridere pensando che si tratti di un fenomeno al limite del pittoresco. Ma ci sarà solo da piangere quando il prossimo anno entrerà in vigore il famigerato “Fiscal Compact” e si sentiranno gli effetti dell’incatenamento al Meccanismo Europeo di Stabilità
Allora ve la spiego io questa fretta di togliere “lacci e lacciuoli” gabbata per “decisionismo” che pare essersi impossessata di questo Governo: prevedendo un drastico peggioramento della situazione per molti, e perciò un aumento del malcontento, blindano più che possono questo sistema serrando sempre più strette le sbarre della gabbia.
Ed ecco che, per farlo senza troppe complicazioni, c’è bisogno per l’appunto di un “decisionista”, di un personaggio che prestandosi ottimamente alla commedia, mentre promette mari e monti giurando di andarsene se “non ce la farà”, applica pedissequamente le “decisioni” che altri, ben più potenti di lui, hanno preso per questa nazione che, invece di una parodia di “capo” – per giunta a vantaggio di scelte impopolari – avrebbe bisogno di un condottiero disinteressato e mosso unicamente dall’amore per la sua terra e la sua gente.
                                                                                                                                             

giovedì 17 aprile 2014

EUROPEEE, LA NOSTRA "NON LISTA"


Tutti impegnati nel presentare le liste alle europee del 25 maggio.
Da Renzi a Berlusconi,via Grillo,Salvini,Meloni e Vendola è un tripudio di grandi promesse,impegni categorici,richiami morali e pure anatemi fideistici per ottenere un solo scopo : andare a votare.
Legittimando così il prossimo parlamento UEista di Bruxelles e perpetuando l'infausto UEismo,il regime euro-burocratico-capitalista che opprime l'Europa.
Nel 2009 non si recò a votare il 60% degli elettori chiamati alle urne nelle varie entità nazionali e,da perfetti democratici quali si vantano essere,i parlamentari espressione di una minoranza hanno continuato imperterriti a legiferare contro gli interessi dei popoli dell'impero UEista.
Peraltro su mandato di quei poteri economici e finanziari (vedi Bce) che nessuno ha mai eletto e che sono espressione della finanza mondiale globalizzata (si fa per dire,dato che una collocazione precisa la finanza la ha : Wall Street).
Risultato ? Siamo tutti scontenti,se non incazzati neri.
C'è forse qualcuno che abbia il coraggio di difendere l'attuale assetto dell'UE ?
No,i più solidi pilastri della struttura (Napolitano,Merkel,Hollande,Cameron e soci) affermano che "occorre cambiare"....evidentemente "perché nulla cambi",sono tutti volponi di vecchia data.
Ma,sapendo di essere poco credibili,si affidano alle nuove leve : Matteo Renzi, Tsipras,Grillo e tanti altri nei singoli stati.
Mischio capre e cavoli ? Non credo.
Formalmente si presentano tutti per cambiare la politica UEista soltanto relativamente all'euro ed agli effetti della moneta unica.
Chi propugna meno rigore,chi lo stesso ma più bilanciato,chi indica nell'abbandono della moneta la soluzione del malessere.
Nessuno,specie in Italia,chiede l'uscita dalla UE e la fine dell'UEismo.
Questo è esattamente il punto di discrimine tra chi andrà a votare e chi no.
Chi si recherà alle urne,populista o meno che si dichiari,rafforzerà con la propria presenza la struttura di "questa" Europa.
Magari otterrà una cospicua rappresentanza parlamentare antieuro,ma la moneta (falsamente)unica non è il solo male che ci ritroviamo noi suoi sudditi.
E poi ? Cosa faranno euroscettici e populisti dagli scragni (lautamente compensati) su cui siederanno a Bruxelles  ?
La rivoluzione ? Un solo europeo ci può credere ? Non parliamo di noi italiani.
Se all'estero sono presenti formazioni che una minima speranza di affidabilità potrebbero farla venire in chi non si senta rappresentato,in Italia non vedo alcuno che voglia o possa realmente cambiare le carte in tavola.
I riformisti alla Renzi ? Dai,siamo seri....quello non sfora neppure il 3% !
Berlusconi ? Non facciamo....piangere !
La Meloni e la Lega ? Forse con il Tanko dei Serenissimi e con Crosetto col moschetto di legno ?
Grillo ed i 5stelle eurodeputati  ? Ha dichiarato lui stesso di essere l'unico freno contro la sovversione in Europa,ce lo vedete incendiare bandiere ueiste
o scendere in piazza a Strasburgo ?
NON VOTARE,ecco l'unica cosa da fare.
Distaccarsi completamente da questa gente,nessun sostegno di alcun tipo a chicchessia.
L'Europa Unita non esiste,non potrà mai esistere se prima non cadrà l'Ueismo al potere grazie a Wall Street.
Non votando si permette ai soliti noti di decidere in nome e per conto di chi non vota ? Balle,quando si vota si da fiducia ad un sistema di ladri ed affamatori che,spessissimo,cambiano pure bandiera alla faccia di chi li ha eletti.
Occorre delegittimarli togliendo loro il consenso,moralmente e fisicamente.
Per cambiare occorre far crollare dal basso un regime od una istituzione.
La "nostra non lista" è pronta
:
NON VOTARE !

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello
http://www.nonvotare.it/

mercoledì 16 aprile 2014

Matteo Renzi: l’uomo della triade. (da Il Popolo d'Italia)


Matteo Renzi: l’uomo della triade.

triade capitolinaTutto è compiuto. Dopo Monti e Letta, i nostri padroni hanno mandato il terzo servo, Matteo Renzi. Credere che il terzo elemento della triade non sia altro che un semplice successore degli altri due Premier è quanto di più sbagliato si possa pensare.Renzi è la parte finale del colpo assestato dai poteri forti alla nostra economia. E’ il più arrivista, il più cinico e spietato politico che si sia presentato dalla parte della sinistra nell’ultimo decennio. Per salire alla carica di premier, Renzi si è genuflesso più di tutti gli altri a coloro che lo hanno aiutato a salire verso la vetta prestigiosa di primo Ministro. E non possiamo biasimare Grillo per ciò che disse in diretta web quando gli ricordò chi erano i suoi sostenitori e finanziatori.
Di fatto Renzi rappresenta, più e meglio degli altri, la forza del potere bancario, finanziario e industriale italiano, vare a dire quella parte massonica e sionista che da troppo tempo sta facendo il bello ed il cattivo tempo nel nostro Paese.
Considerarlo il più pericoloso dei suoi predecessori non è un’esagerazione. Basta vedere i suoi trascorsi, folti per dati, brevi per tempi, dai quali estrarre la vera indole di questo edulcoratore di pillole amare.
Renzi ha iniziato a mentire ancora prima di prendere il posto di Letta. Non avrebbe mai accettato la carica del premier uscente, aveva detto, se questa non fosse stata concessa con il voto degli italiani. Ma il voto non c’e’ stato e lui è diventato premier.
E dopo essersi seduto sulla poltrona di comando ha portato avanti progetti e mete già decise e per le quali i suoi predecessori si erano già adoperati con servile sottomissione.  Seguendo l’esatto contrario del mantra che ci ha ripetuto fino allo sfinimento (bisogna seguire la politica del “fare” e smetterla con la politica del “dire” ),  il nuovo premier non ha pensato di investire sul rilancio dell’economia italiana, ma si è genuflesso al volere americano confermando l’acquisto dei loro  F35.
Dice che vuole “regalare” ottanta euro al mese ai dipendenti italiani, pensando così di aver messo un freno alla miseria in cui versano centinaia di migliaia di famiglie. In realtà l’impresa è praticabile soltanto con il taglio ulteriore dei servizi sociali e con l’aumento della precarietà del lavoro. E poi una contraddizione, proprio in questo ultimo campo: l’aumento dei posti di lavoro.
Come è possibile abbinare due condizioni diverse e contrarie? Semplice, con il classico gioco di prestigio tipico dei nostri politici. Basta non dare più la possibilità di sottoscrivere contratti a tempo determinato, costringendo micro e piccole aziende ad assumere a tempo indeterminato. In questo modo l’obiettivo renziano viene raggiunto, ma a danno dei datori di lavoro che si troveranno a dover pagare gli stipendi anche quando non ci sarà lavoro.  La conseguenza sarà una sola: la chiusura di ulteriori attività commerciali in ogni campo.
Renzi è il promotore di una sola iniziativa, quella che sta portando gli interessi finanziari ed economici non più verso la  Germania ma a favore degli USA. L’acquisto degli F35 americani ne sono una prova, in barba alla crisi, alla precarietà lavorativa, alla miseria dilagante, alla riduzione costante di tutti i servizi sociali e via discorrendo.
Dieci miliardi di sgravi fiscali? Ennesima bufala che troverà appiglio solo se si andrà a colpire con altre tasse le stesse persone che dovrebbero essere beneficiate da questo “bonus” trovato in qualche cilindro magico. Pensiamoci un attimo. Renzi ha trovato dieci miliardi di euro da investire e defiscalizzare. Quindi Monti e Letta, o sono due emeriti imbecilli per non aver visto tale possibilità, o Renzi ci sta prendendo per il culo.
Forse sono vere entrambe le ipotesi, ma una cosa è certa. Dietro il nuovo premier c’e’ stata una regia mediatica ciclopica, degna di un presidente americano. Non c’è stata storia per i contendenti alle primarie e non vi è stata alcuna possibilità per Letta di ripresentarsi alla carica che occupava. Segno inconfutabile che i poteri forti avevano già deciso per il cambio della guardia ed avevano già adocchiato l’erede politico del nipote di quello zio che combatte politicamente dall’altra parte della barricata, (altra situazione inspiegabile a cui pochi italiani hanno fatto mente locale).
Solo con il rincoglionimento mediatico Renzi poteva sparare a raffica le sue cazzate nelle menti poco avvezze al pensiero indipendente. Con il tam tam dei giornalisti  laidi e viscidi, servi e camerieri  del sistema, le parole accattivanti dell’arrampicatore fiorentino sono state divulgate come se fossero discese da un’entità divina, capace di ribaltare in meglio condizioni e situazioni civili, sociali e politiche del nostro Paese. Niente di più falso, niente di più artificiale, niente di più offensivo per l’intelligenza umana.
Compiuta la sua missione, l’ex sindaco di Firenze troverà un posto adeguato ai servizi resi. Come i predecessori, sarà avviato verso Strasburgo o rimarrà a girovagare nell’aula parlamentare italiana come molti altri personaggi politici che, usciti dalla luce dei riflettori mediatici, non sono certo spariti dall’ambito degli stipendi faraonici che continuano a percepire mantenendo sempre le loro prestigiose cariche all’interno della politica.
Prepariamoci quindi, perché, in effetti, ci sarà una rivoluzione in campo politico e sociale. Ma verrà fatta al contrario. Non sarà il popolo ad alzare le barricate e  dare calci in culo a questa casta di inciucioni prestigiatori, ma sarà la casta a prendersi gioco, ancora una volta, del popolo. Un popolo che sonnecchia e tace e che si lascia pisciare addosso volendo credere che sia pioggia ciò che lo bagna.
Tutto sommato, a ben pensarci, se  il popolo è questo, questo è il governo che merita!

                                                                                                                                                             

lunedì 14 aprile 2014

UN PAESE DI MERDA..!

UN PAESE DI MERDA..!



Uno viene accusato di frode ed evasione fiscale ed è giudicato colpevole del reato ascrittogli, in tre gradi di giudizio, sino a quello definitivo della cassazione.
La condanna non è il massimo previsto, ma solamente di quattro anni di carcere.
Di questi quattro anni, tre vengono condonati grazie ad una legge fatta approvare dallo stesso imputato quando era al governo del Paese e si calcola che l’anno rimanente sarà ulteriormente ridotto a 10 mesi per la buona condotta.
Da fonti bene informate si ipotizza che, in funzione dell’età del condannato, il carcere sarà tramutato in “affidamento ai servizi sociali” per cui egli dovrà prestare quel servizio, ma solo una volta alla settimana e per mezza giornata ..!!
Da quattro anni da trascorre in cella si passa a mezza giornata di servizi sociali una volta alla settimana e per soli dieci mesi..!
Qualcuno ci sa spiegare per quale mai motivo un cittadino dovrebbe astenersi dal commettere reati quando alla fine la punizione per gli stessi, specie se uno si chiama Berlusconi, diventa una barzelletta, una presa in giro, un insulto alla giustizia, al codice ed ai cittadini onesti..??!!
Siamo un Paese di merda…!!!

Alessandro Mezzano
                                                                                                                                                                                                     

sabato 12 aprile 2014

CATASTROFE ANNUNCIATA PER IL DOLLARO E L'ECONOMIA USA? -di Attilio Folliero -




ECONOMIA 2014


Catastrofe annunciata per il dollaro e l'economia USA?

di Attilio Folliero - Caracas 08/04/2014

AlexanderDyukov, direttore generale di Gazprom Neft, una delle principali quattro imprese petrolifere della Russia ha annunciato che esiste la possibilità di abbandonare il dollaro nelle transazioni           petrolifere.

Dyukoy ha dichiarato alla agenzia russa "Itar-Tass" che il 95% dei propri clienti è disponibile ad abbandonare il dollaro ed utilizzare l’Euro. Ha aggiunto che "in via di principio niente è impossibile, si può abbandonare il dollaro ed adottare l’Euro e teoricamente anche il rublo".

Una delle più importanti imprese petrolifere della Russia e del mondo sta quindi sondando il terreno per abbandonare il dollaro come moneta di scambio del petrolio.

L’abbandono del dollaro e degli altri strumenti finanziari occidentali, come le carte di credito VISA e Mastercard ed il sistema SWIFT (Society for Worldwide Interbank Financial Telecommunication) da parte della Russia è una conseguenza delle sanzioni annunciate per "l’annessione della Crimea".

Alexander Dyukov fa capire chiaramente che la vittima delle sanzioni contro la Russia non sarà la Russia, ma saranno gli Stati Uniti; ed assicura che "tutte le restrizioni nell’uso del dollaro creeranno seri problemi agli Stati Uniti".

Come diciamo da tempo, fin dallo studio dei veri motivi dell’intervento militare in Iraq, gli Stati Uniti andranno incontro ad un grosso tracollo economico il giorno in cui il petrolio cesserà di essere commercializzato in dollari. Tutti i paesi del mondo, appunto per il fatto che il principale prodotto del mondo, il petrolio, si commercializza in dollari, sono costretti a rifornirsi di dollari, ovvero la maggior parte delle proprie riserve internazionali deve essere costituita da dollari. Il giorno in cui il petrolio cesserà di scambiarsi in dollari tutti gli stati saranno costretti a vendere i propri dollari e rifornirsi della nuova moneta adottata negli intercambi petroliferi, che a questo punto potrebbe essere non solo l’Euro, ma anche il Rublo, lo Yuan e l’oro.

La vendita repentina di questa grande quantità di dollari farà crollare il valore stesso del dollaro, provocando una catastrofe economica in USA, il paese dei dollari: tracollo del valore del dollaro, iperinflazione tipo Germania di Weimar e difficoltà di potersi rifornire di petrolio sono alcuni dei principali problemi cui andrà incontro il paese nordamericano il giorno in cui il petrolio cesserà di scambiarsi in dollari.

In definitiva se il petrolio cessasse di scambiarsi in dollari, la moneta statunitense cesserebbe di essere la principale moneta di riserva mondiale, una catastrofe annunciata per il dollaro e l’economia USA.

Ricordiamo che l’economia USA ha il grave problema del debito pubblico, che sotto la gestione di Obama sta crescendo come mai nella storia, ad una media di 3,7 miliardi di dollari al giorno; a titolo di esempio, il debito pubblico USA durante gli otto anni della gestione di Jeorge W. Bush è cresciuto al ritmo di 1,68 miliardi al giorno.

L’economia USA si caratterizza anche per il deficit della bilancia commerciale; praticamente gli USA producono ben poco di quello che consumano ed importano di tutto. E’ esattamente dal 1976 che la bilancia commerciale USA presenta un saldo negativo, ossia le importazioni superano le esportazioni. Negli ultimi 11 anni, il deficit è sempre stato superiore ai 500 miliardi di dollari, con l’eccezione del 2009 e 2013, quando è stato leggermente al di sotto di tale cifra.

Quando arriverà il tracollo del dollaro sarà praticamente impossibile continuare con le importazioni al ritmo attuale, facendo venire letteralmente a mancare il cibo alla maggioranza degli statunitensi. Se si pensa che oggi negli USA esistono circa 50 milioni di persone che sopravvivono grazie al programma di assistenza alimentare dello stato, cosa succederà quando non entrerà cibo al ritmo attuale? Una catastrofe economica e sociale, che probabilmente oltre ad esplosioni sociali, determinerà anche la fine dell’Unione, la fine degli Stati Uniti.

10/04/2014


mercoledì 9 aprile 2014

Vittoria elettorale di Orban: avanti ragazzi di Budapest!

Vittoria elettorale di Orban: avanti ragazzi di Budapest!

orban ungheria
Ci spiace per Bruxelles che negli anni a venire sarà ancora costretta a fare i conti con colui che rappresenta la “mela marcia” dell’Unione Europea, eppure il suo popolo la pensa in modo diametralmente opposto tanto che il partito da lui guidato ha vinto le ultime elezioni con quella che si definisce una maggioranza bulgara.
I giornali lo definiscono populista, gli avversari “estremista fascista”, mentre il popolo lo giudica dai fatti, che non sono similari alla decisione propagandista di Renzi di mettere all’asta cento auto che non usava più nessuno mentre con l’altra mano ne comprava duecento nuove di concessionario.
Viktor Orban ha cacciato dall’Ungheria il Fondo Monetario Internazionale quando tutti i governi dipendono dalle imposizioni di questa accolita di squali, ha bastonato i banchieri riportando la banca centrale ungherese sotto il controllo del ministero del Tesoro ed ha fermato gli oligarchi filo-atlantici nazionalizzando le imprese strategiche del Paese, attirandosi per questo le sanzioni da parte dell’UE.
Ma, fondamentalmente, ha attivato una rivoluzione etica e culturale nella nazione riportando in auge la figura chiave di Santo Stefano, Re dei magiari la cui corona è tornata a troneggiare nell’aula del parlamento nazionale e lavorando a stretto contatto con la Chiesa ungherese. Mentre al contempo combatteva contro l’attacco plutocratico della lobby finanziaria internazionale che tentava in ogni modo di svalutare il fiorino ed i media che tentavano di dipingerlo come un despota nazista, fortunatamente senza riuscirci.
Orban è lì a ricordarci che un’Europa  Libera e Indipendente è possibile.
                                                                                                                                                                                          

martedì 8 aprile 2014

Ercolina Milanesi - IL VERO SIGNIFICATO DELLA PAROLA RAZZISMO

 Ercolina Milanesi
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I miei studi filosofici
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IL VERO SIGNIFICATO DELLA PAROLA RAZZISMO
Per razzismo si intende la dottrina che, ammessa l’esistenza di razze diverse nell’ambito della specie umana, considera la differenze tra di esse fattori essenziali della storia, fondando su queste dissimiglianze il diritto delle razze supposte superiori al dominio sulle altre.
Il sentimento di superiorità dei gruppi etnici (etno-centrismo) , specialmente se poco progrediti, è un fatto costante. Come gli Indiani e i Persiani chiamavano se stessi”Arii”, cioè “uomini”, così oggi molte popolazioni primitive, come i Bantu, i Fuegini, gli Andamanesi, gli Eschimesi, designano solo se stessi con il termine corrispondente sostituendo in tal modo al concetto zoologico di “uomo” un concetto politico, non intendendo per tale chi non sia del proprio gruppo sociale.
I presupposti pseudo-scientifici del Razzismo sono stati dimostrati infondati sia attraverso le molte ragioni addotte a far dubitare dell’esistenza di razze pure primarie, sia mediante la dimostrazione che alcuni dei caratteri ritenuti superiori, come il biondismo, sono in realtà acquisiti attraverso il meccanismo della selezione favorita da contingenze ambientali, sia mediante la prova che a parità d’istruzione e di stato socio-economico il quoziente d’intelligenza (I.Q.)dei ragazzi dei diversi gruppi etnici non varia, sia mediante un’ampia gamma d’argomentazioni tratte dalla storia.
Alla questione Razzismo ha rivolto con particolare vigore la sua attenzione l’UNESCO che, avvalendosi delle risultanze delle ricerche di un gruppo di scienziati di fama mondiale, ha formulato, nel 1950, una “Dichiarazione sulla razza e le differenze razziali “ con la quale, tra l’altro, si afferma che alo stato attuale nelle scienze nulla giustifica la credenza che i gruppi umani differiscono per delle attitudini innate d’ordine intellettuale o affettivo e che gli incroci tra razze diverse siano sfavorevoli dal punto di vista biologico.
L’idea di una superiorità razziale, a ragione appunto dei motivi profondi che la muovono e la giustificano, è presente nella storia del pensiero politico e sociologico fin dalle sue origini, nei limiti almeno della documentazione fino a noi pervenuta.
Ma è nel corso del secolo XIX che i pregiudizi e le idee razziali si costituiscono in un ampio corpo dottrinario sul quale si innesterà la politica razziale sostenuta, nel corso del XX secolo da alcune potenze europee ed extra europee.
Secondo il Sorokin è possibile distinguere tre scuole principali che variamente sviluppano l’idea razziale: I° : l’indirizzo storico –filosofico; II° l’indirizzo antropometrico: III° l’indirizzo biometrico.
Il primo ha come anticipatore il francese conte di Boulainvilliers, che secondo il suo pensiero la classe al potere era una razza diversa da quella dei dominati. Oltre un secolo dopo il conte Arthur de Gobineau afferma che tutte le razze sono ineguali; le superiori soltanto sono capaci di creare civiltà e cultura e ogni tipo di cultura non è che la manifestazione di qualità razziali.
In origine non vi sarebbero state che tre razze pure: la bianca, la gialla, la nera, di cui unicamente la prima, specialmente nel suo ramo ariano, ben dotata e creatrice.
Agli ariani si debbono sei delle dieci civiltà conosciute: l’indù, l’egiziana, l’assira, la greca, la romana, la germanica. Le altre quattro, la cinse, la messicana, la peruviana e la maya, sarebbero dovute ad altri rami della razza bianca mescolati a società esterne. Da siffatti incroci sorgono diversi gruppi etnici, ognuno con la propria civiltà; la razza bianca perde intanto le sue qualità preziose e il processo di declino ha luogo verso una somiglianza sempre maggiore degli esseri umani  e verso la mediocrità fisica, estetica ed intellettuale fino al trionfo del mediocre, che segnerà la morte delle società e la fine di tutte le civiltà umane.
Nel secolo decimonono si colgono nelle società civili tre gruppi etnici: la nobiltà, formata dai discendenti del gruppo ario,; la borghesia, composta da incroci con una buona percentuale di sangue ario,; il popolo, appartenente ad un gruppo etnico inferiore, negro o semita nei paesi meridionali, giallo nei settentrionali.
H. Stewart Chamberlain ( 1856 – 1927) concepisce la civiltà coeva sorta da quattro fonti principali: la civiltà greca, creatrice di poesia, arte e filosofia; la romana, da cui nasce il diritto, la politica, l’ordine, l’idea di cittadinanza, della santità della famiglia, della proprietà; la giudaica, a cui si deve il giudaismo e, indirettamente, il cristianesimo, con tutte le sue influenze buone o cattive; la teutone. Quest’ultima, avvalendosi del meglio delle altre tre, ha generato la civiltà occidentale del XIX secolo. Chamberlain comprende tra i Teutoni, i Germani, i Celti, gli Slavi e tutte le razze dell’Europa del nord.
Ogni gruppo ha dato l’apporto del suo genio etnico particolare. Le razze sono ineguali, superiore è solo la bianca e specialmente l’ariana, alla quale appartennero Greci e Romani e ora anche i Teutoni.
L’ipotesi darwiniana della sopravvivenza del più adatto, mentre le grandi potenze tendono ad ingrandire o a creare vasti imperi coloniali, si presta a sostenere sul piano ideologico l’azione con il giustificare non soltanto la distinzione in razze superiori o inferiori, ma anche la distruzione di quelle ritenute inferiori e perciò meno adatte.
Indi il razzismo è una ideologia che esalta le qualità superiori di una razza e afferma la necessità di conservarla pura da ogni commistione con altre razze, considerate inferiori.


                                                                                                                                                    

sabato 5 aprile 2014

SONO TUTTI TERRORISTI - di Marco Cedolin -




Sono tutti terroristi

di Marco Cedolin

Che le banche impegnate a governare questo disgraziato paese tramite i propri camerieri (oggi il minus habens Renzi, ieri Letta e ieri ancora Mario Monti) detestassero in maniera viscerale chiunque osasse profondersi in un qualche anelito di contestazione, dovrebbe ormai essere un fatto assodato.

Ciò che invece in tutta evidenza non è ancora chiaro a tutti, sembra essere il punto fino al quale questo stato mafioso e clientelare sembra disposto a spingersi, pur di eliminare sul nascere qualsiasi forma di critica o contestazione.

Se molti avevano pensato che la folle accusa di terrorismo, gettata sulle spalle di un manipolo di No Tav, colpevoli di aver difeso la terra in cui vivono, costituisse un'eccezione nella quale era maldestramente incespicata la magistratura, tutti costoro da oggi in poi saranno costretti a ricredersi e ad ammettere che giudici, banchieri e mestieranti politici hanno ormai fatto della persecuzione una regola, finalizzata ad impedire qualsiasi forma di dissenso......

Questa mattina infatti, alle prime luci dell'alba, i Carabinieri dei Ros di Brescia hanno portato a termine 24 arresti e 33 perquisizioni (la maggior parte delle quali in Veneto) con l'accusa demenziale di terrorismo ed eversione, nei confronti di un gruppo di persone a vario titolo legate all'indipendentismo.

Non si tratta, come lascerebbero intendere le accuse, di una congrega di teppisti facinorosi, di bombaroli avvezzi a nascondersi nell'ombra, di spietati killer prezzolati o di sanguinari sterminatori di donne e bambini.

Bensì semplicemente di persone normali che in varia misura inseguivano il "sogno" dell'indipendenza del proprio paese, a prescindere dal fatto che si tratti di un proposito più o meno condivisibile.

Fra di loro molte persone anziane, cinque donne e perfino quel Lucio Chiavegato che, anziché nascondersi nell'ombra ha capeggiato la tanto vituperata protesta dei Forconi dello scorso dicembre.

Come nel caso dei No Tav, quello che immediatamente salta all'occhio è l'enorme sproporzione fra le presunte colpe degli arrestati e l'enormità di un'accusa (terrorismo ed eversione) che non avrebbe alcuna ragione di esistere, se non in un'accezione punitiva, attraverso la quale si vuole in tutta evidenza "educare" chiunque carezzi il proposito di contestare le scelte che i banchieri ed i loro camerieri politici amano calare dall'alto.

Dopo i terroristi No Tav i terroristi secessionisti, e poi? Sarà la la volta dei terroristi anti europeisti o di quelli che inneggiano alla decrescita? Verrebbe quasi voglia di sorridere, se sullo sfondo di tanta schizofrenia non ci fosse il dramma di persone rinchiuse nelle patrie galere e di famiglie rovinate dalla mano di un giudice.

In quelle stesse patrie galere dove i decreti svuota carcere regolarmente sbattono fuori chi è colpevole di reati ben differenti da quelli di opinione, gli unici sempre pronti a trasformarsi in terrorismo.


03/04/2014