sabato 31 gennaio 2015

Democrazia, quanti crimini in tuo nome



Democrazia, quanti crimini in tuo nome

di Gianfredo Ruggiero (*)

Un'ondata di sdegno ha attraversato il mondo alla notizia del probabile uso di armi chimiche contro la popolazione siriana da parte del regime di Assad.

Ma quando a massacrare inermi civili sono gli americani allora la notizia passa sotto silenzio.

Nel novembre del 2004, durante l’invasione NATO dell’Iraq alla ricerca delle inesistenti armi di distruzioni di massa di Saddam, gli americani bombardarono per giorni e giorni la città irachena di Falluja con bombe al fosforo bianco provocando la morte di migliaia di civili e, a causa delle radiazioni, la nascita di bambini deformi e un aumento esponenziale dei tumori tra i sopravvissuti.

Le immagini raccapriccianti, visibili su Youtube, dei corpi corrosi e scarnificati dalle bombe al fosforo: uomini, donne e bambini bruciati vivi tra atroci sofferenze e senza alcuna possibilità di cura, non hanno suscitato, a differenza della Siria, alcuna reazione da parte del mondo politico occidentale e hanno lasciato del tutto indifferenti le grandi testate giornalistiche e le maggiori reti televisive.

Anche in questo caso, per i massacri perpetrati dagli americani sui civili inermi, nessuna ondata di sdegno, nessun titolo in prima pagina, nessuna presa di posizione dei governi europei a dimostrazione del totale asservimento della cosiddetta libera stampa e dell’Occidente americanizzato agli interessi economici e geopolitici degli USA.

Dalle due bombe atomiche (non ne bastava una?) gettate su un Giappone prossimo alla resa, alle bombe al napalm sui villaggi vietnamiti, fino ai proiettili all’uranio utilizzati nei Balcani, l’America non è nuova a questi metodi e nonostante sia la prima produttrice, esportatrice e utilizzatrice al mondo di armi di distruzione di massa è sempre e comunque considerata un baluardo di democrazia e libertà.

Chissà se un giorno, per questi crimini contro l’umanità, ci sarà una nuova Norimberga...

(*) Presidente Circolo Culturale Excalibur - Varese
 


                                                                                                                  

venerdì 30 gennaio 2015

L'IGNORANZA VOLUTA

       
                     L’ignoranza voluta

Molti in Italia hanno ricevuto a scuola perlomeno una infarinatura sulla conoscenza dei nomi legati alla letteratura e alla storia della nazione.
Non solo…vengono proposti nelle aule scolastiche i nomi di coloro che hanno fatto epoca, degli statisti che a livello internazionale hanno fatto da ago della bilancia nell’incedere degli eventi, e di quei letterati che hanno interpretato con i loro scritti l’essenza contemporanea e il suo divenire.
Chi non ha mai sentito nominare William Shakespeare ? oppure Alessandro Manzoni…o ancora Sartre…o un qualsiasi altro personaggio reso famoso dai suoi scritti in Europa…?
Li conosciamo tutti…siamo in grado di apprezzarli o criticarli, in base alle preferenze più o meno politiche verso cui indirizziamo le simpatie di riferimento…così come possiamo tracciare una mappa dettagliata degli eventi storici e politici delle società europee e dei sentimenti che hanno travagliato il vecchio continente nel secolo scorso.
Siamo quindi informati…anzi informatissimi…su storia e letteratura…
Conscio di questa nostra cultura europea, mi chiedo però quanti conoscano altri nomi, altrettanto importanti, di letterati o di uomini politici….e di eventi straordinari, che tutti noi abbiamo avuto sotto gli occhi per decenni, senza che ci siano stati fatti conoscere.
Mi riferisco ai dissidenti russi della prima metà del 1900, ai poeti e agli scrittori che con la loro penna ci hanno presentato una realtà la cui conoscenza ci sarebbe altrimenti stata negata, e che per questo hanno pagato con decenni di deportazione, di prigione, o addirittura con la vita.
Sono stati testimoni di un mondo a parte, come scrive Gustaw Herling, e ci hanno resi partecipi di questa realtà, ma nonostante ciò sono quasi tutti relegati ad uno stadio di non conoscenza e di indifferenza nei recessi della italica cultura.
Infatti molti degli scrittori dissidenti della ex Unione Sovietica, condannati e deportati da Lenin prima e da Stalin poi, sono stati testimoni di spezzoni di realtà agghiaccianti, di genocidi sistematici, di stermini pianificati…ma sono tuttora illustri sconosciuti tra le italiche genti.
Tutti noi conosciamo di nome le Fosse Ardeatine, i campi di sterminio nazisti, Anna Frank e il suo diario, e tutti gli scrittori che giustamente ci hanno dato la possibilità di apprendere ogni argomento che possa gravitare intorno a queste tematiche.
Ma allora perchè se chiedo a qualcuno : “Sai raccontarmi qualcosa sulla collettivizzazione delle campagne in Russia, e la conseguente carestia indotta, che ha portato alla morte di milioni di persone negli anni 30 in quel paese ? ” ottengo solo imbarazzati silenzi ?
Proviamo a interrogare qualche studente universitario…domandiamogli se sa chi è Anne Applebaum, o Varlam Salamov, o Dante Corneli…non ci sarà data alcuna risposta su questi veri e propri eroi dimenticati dai più.
Chi dobbiamo ringraziare per essere stati tenuti in questa particolare forma di ignoranza, settaria, circoscritta, mirata…?…forse che i genocidi compiuti per decenni in Russia dovevano passare sotto silenzio, mentre quelli nazisti no…?
Il discorso potrebbe essere allargato ai paesi asiatici che più soffrono l’oppressione comunista a tutt’oggi : Cina in testa, Corea, Cambogia, Filippine, ecc
Mai sentito nominare Claire Ly…?
E Harry Wu…?
Strano…i libri di storia contemporanea che ci propinano a scuola non ne contengono traccia…sarà un errore…non posso pensare che sia stato tutto stralciato ad arte, per falsare la realtà.
Non posso credere che si sia tentato (inutilmente…visto che fortunatamente abbiamo internet ) di cancellare gli orrori comunisti, semplicemente cercando di cancellarne le tracce.
Non posso credere che gli odierni Franceschini, o Dalema, o i vecchi rappresentanti dei partiti di governo degli anni precedenti si siano trovati d’accordo su cosa dire a riguardo, e cioè niente…nulla…
Se non esiste non ne devi parlare….
Oppure c’è un’altra spiegazione…e se è così vi prego…ditemela…ma siate convincenti…io, quei libri li ho letti.


                                                                                                                                                  

mercoledì 28 gennaio 2015

PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NELL' IRAK OCCUPATO DALLO STATO ISLAMICO

 

Blog politicamente scorretto contro la dittatura del pensiero unico. AVV. E. LONGO

PERSECUZIONE DEI CRISTIANI NELL' IRAK OCCUPATO DALLO STATO ISLAMICO




Qualche notizia sulla tragedia che colpisce i cristiani iracheni tramite i dispacci della Agenzia Fides: il coraggio di anziani fedeli, un monastero trasformato in carcere islamista, le speculazioni sull’emigrazione dei cristiani.

Rifiutano di convertirsi all’islam: espulsi da Mosul 10 anziani cristiani.

Kirkuk (Agenzia Fides) – I miliziani jihadisti dell’autoproclamato Califfato Islamico hanno espulso da Mosul 10 anziani cristiani caldei e siro-cattolici rastrellati dai villaggi della Piana di Ninive e temporaneamente ospitati nella seconda città irachena, dopo che aver rifiutato di abiurare la fede cristiana e di convertirsi all’islam. Mercoledì 7 gennaio il gruppo di anziani – alcuni dei quali con gravi problemi di salute – è stato accolto a Kirkuk, dopo aver passato due giorni al freddo nella “terra di nessuno” tra i villaggi occupati dalle milizie dello Stato Islamico (IS) e l’area sotto controllo dei Peshmerga curdi. “Ci avevano cacciato dai nostri villaggi e dalle nostre case per occuparle – racconta Rachel, una delle anziane, contattata dall’Agenzia Fides – e poi ci hanno ammassati tutti in una residenza di Mosul. Siamo andati avanti grazie all’assistenza di alcune famiglie musulmane, che ci portavano il cibo e quello di cui avevamo bisogno. Poi, a un certo punto, quelli del Califfato ci hanno detto che potevamo restare lì soltanto se ci convertivamo all’islam. Ma io, che mi nutrivo sempre del Corpo di Cristo e andavo sempre al santuario a pregare Santa Barbara, come potevo rinnegare tutto questo? Ho detto loro: io non posso farlo. Se volete, mandatemi via”. Una volta espulsi da Mosul, gli anziani sono potuti entrare a Kirkuk grazie anche all’intercessione del Patriarca caldeo Louis Raphael I, che ha convinto le autorità civili a sospendere il blocco ai check point d’ingresso alla città messo in atto per motivi di sicurezza. Insieme ai dieci anziani, è stata accolta a Kirkuk anche una delle famiglie musulmane di Mosul che si erano prodigate con sollecitudine nella loro cura. (GV) (Agenzia Fides 9/1/2015).

Lo Stato Islamico trasforma in prigione il monastero di San Giorgio, divelta la croce sulla cupola.

Mosul (Agenzia Fides) – Nella città di Mosul, conquistata a giugno dai miliziani jihadisti dello Stato Islamico (IS), le chiese cristiane continuano a essere trasformate in carceri. Durante l’ultimo fine settimana i jihadisti dell’IS hanno trasferito almeno 150 prigionieri bendati e ammanettati nell’antico monastero di San Giorgio, appartenente all’Ordine antoniano di Sant’Ormisda dei caldei. Lo riferiscono fonti locali, entrate in contatto con il website iracheno ankawa.com. Tra i prigionieri, in precedenza detenuti presso la prigione di Badush – evacuata nella previsione di un possibile attacco da parte della coalizione anti-Califfato – ci sarebbero capi tribù sunniti oppositori dello Stato Islamico ed ex membri degli apparati di sicurezza smantellati dai jihadisti. Le ultime foto del monastero circolanti via internet documentano che anche la croce della cupola di San Giorgio è stata divelta, seguendo il destino toccato anche alle altre chiese cristiane occupate dai jihadisti. In precedenza, fonti locali avevano riferito all’Agenzia Fides che presso il medesimo monastero erano stati portati gruppi di donne. “Le notizie e le foto delle chiese occupate dai jihadisti – commenta all’Agenzia Fides Rebwar Audish Basa, Procuratore dell’Ordine antoniano di sant’Ormisda dei Caldei – rendono ancora più dolorose le ferite interiori dei cristiani fuggiti da Mosul e dalla Piana di Ninive, che si preparano a passare il primo Natale lontano da quei luoghi da loro tanto amati. Chiese e monasteri adesso subiscono profanazione da chi non mostra di avere alcuna pietà, per niente e per nessuno”. (GV) (Agenzia Fides 18/12/2014).



Patriarcato caldeo: nessuna “approvazione” all’emigrazione dei cristiani in Germania e Canada.

Baghdad (Agenzia Fides) – Il Patriarcato di Babilonia dei Caldei, con un comunicato ufficiale, smentisce le affermazioni circolate online secondo cui il Patriarca Louis Raphael I avrebbe concesso la sua approvazione all’emigrazione di 13mila cristiani caldei iracheni in Canada e in Germania. Tali strane affermazioni – si legge nel comunicato, diffuso dai media ufficiali del Patriarcato e pervenuto anche all’Agenzia Fides – risultano essere completamente infondate. Riguardo all’emigrazione dei cristiani dall’Iraq, il Patriarcato ribadisce la posizione già espressa in altre occasioni: chi decide di lasciare il Paese martoriato dai conflitti settari e destabilizzato dalla creazione del Califfato Islamico, lo fa in piena libertà e assumendosene la piena responsabilità. Il Patriarcato non vincola nessuno all’obbligo morale di rimanere, né tanto meno incoraggia nessuno a andare via. La strada dell’emigrazione rappresenta sempre una decisione personale, che non può essere giustificata con riferimenti a inesistenti approvazioni da parte dell’autorità ecclesiastica. Nel comunicato del Patriarcato si mettono in guardia i fedeli caldei dalle manovre di singoli e gruppi organizzati che “soprattutto negli Stati Uniti” puntano a far aumentare i numeri della diaspora irachena per allargare la propria “clientela” elettorale, da mobilitare in appoggio alle loro iniziative politiche. (GV) (Agenzia Fides 13/1
 
 

lunedì 26 gennaio 2015

OLTRAGGIO AL VALORE


OLTRAGGIO AL VALORE

 

IL DIFFICILE SFORZO DI RISTABILIRE LA VERITA’ CONTRO LA MENZOGNA
Una autentica pacificazione nazionale non può ignorare quanti si sono battuti come volontari di guerra per sostenere e difendere le proprie idee e convinzioni ed hanno meritato le più alte decorazioni.

 
Di PIERO BARONI
            Persino da autorevoli seggi del potere istituzionale creato dalla repubblica (anche se in forma non proprio limpida) dell’esigenza di un’autentica pacificazione naturale. In sostanza si sarebbe considerata inopportuna la permanenza di contrapposizioni aspre relativamente alla guerra civile che insanguinò l’Italia nel periodo fine 1943-1945 e ancor più con lo sterminio sistematico dei fascisti nei mesi immediatamente successivi alla fine della guerra (il tristemente “celebre” triangolo della morte; le “giornate radiose” di togliattiana memoria; l’omicidio, ad esempio, del Maggiore Adriano Visconti, assassinato nel 1945 dopo la sua resa quale militare dell’aeronautica repubblicana, e accreditato di 26 vittorie in combattimenti aerei, 19 nella Regia Aeronautica, 7 dopo l’(8 settembre, nell’aviazione repubblicana; etc., etc…).

            La parola “pacificazione” presuppone il superamento autentico, e non meramente formale e strumentale, dell’odio, del rancore, della faziosità e di quanto altro utilizzato per lunghi decenni per alimentare il “mito” della resistenza). Un’analisi oggettiva, distaccata, rispettosa delle situazioni sarebbe utile, addirittura indispensabile. Risalendo alle cause autentiche. Non è certo questo lo spazio per un’analisi del genere. Purtroppo esso è utile per indicare uno degli argomenti che formano il retroterra degli interrogativi e delle tematiche legate all’impossibile, almeno per ora e chissà per quanto tempo ancora, cammino verso il chiarimento storico da porre ineludibilmente alla base di un serio discorso di pacificazione tra i “vecchi” e di verità a favore dei giovani.

            Vi sono dei nomi che istintivamente aprono orizzonti di memorie e di immaginazione. Purtroppo certa gente si è impegnata con tutte le forze, e altro ancora, per cancellarne la memoria, per celarne ogni sia pur minimo ricordo. El Alamein, Culqualber, Bir el Gobi, Ai nel Gazalqa, tanto per citare alcune località africane dove il valore di Soldati italiani destò l’ammirazione del nemico. Oltre i nomi delle località vi sono quelli di Uomini consegnati alla Storia. E qui non si tratta di fare della stupida retorica, di esaltarne il cosiddetto amor patrio, e via discorrendo. Si tratta, più semplicemente, di riconoscere il merito di quanti consapevolmente hanno compiuto il loro dovere di Soldati, giungendo sino al sacrificio della vita. Tra i nomi che meritano tale riconoscimento quello di Carlo Faggioni, Tenente Colonnello Pilota, aerosiluratore della 282.ma Squadriglia  - (quella di Carlo Emanuele Buscaglia, di Giuseppe Cimicchi, di Giulio Cesare Graziani, di Marino Marini), pluridecorato, protagonista, tra l’altro, di un attacco alla corazzata Barham (13 dicembre 1941) colpita “al traverso di dritta”, come precisa un documento ufficiale stilato dal comando dell’aeronautica dell’Egeo il 18 ottobre 1941. Dopo l’8 settembre, Faggioni aderì alla Repubblica Sociale, rendendosi protagonista di numerose azioni con il suo S.79. Nel 1944, durante un attacco a unità alleate nelle acque di Anzio, il velivolo di Faggioni venne colpito dalla contraerea mentre a bassa quota lanciava il siluro. Il suo sacrificio (e quello del suo equipaggio) venne onorato con la medaglia d’Oro al Valor Militare alla memoria. Una decorazione che il ministero della difesa della repubblica si è poi affrettato a revocare, abrogare, cancellare.

            Non è un caso isolato. Altre massime decorazioni alla memoria sono state revocate sulla base di una faziosità accanita, velenosa, obnubilante il rispetto per il valore ed il sacrificio, da qualsiasi parte manifesti.

            Al termine di una ricerca non certamente esaustiva, si elencano qui i nomi dei decorati alla memoria con la Medaglia d’Oro, caduti nella guerra di Spagna ed in seguito epurati perché combattenti nelle file “nazionaliste”.

            Capomanipolo Mario Mina, da Milano; Capitano Luigi Giuliani, da Torino; Sergente Pilota Guido Presel, da Trieste; Ufficiale Pilota Enrico Schievano; Capomanipolo, Tenente del regio esercito, Tullio Baroni; Sottotente Pilota Manfredi Appiani; Sottufficiale Pilota Paolo Buccella Ducloz; Sergente Pilota Gastone Picchini; Sergente Maggiore Pilota Giuseppe Lo Moro; Sottotenente Pilota Sebastiano Bacchini, da Venezia; Maggiore Paolo Lorenzo Paladini, da Massa; Capitano Romolo Fowst, da Padova; Camicia nera universitaria Antonio Floris, da Oschiri (Sassari);Sottotente Pilota Renato Andreani, da Carrara; Capitano Pilota Mario Viola, da Roma; Tenente Pilota Ernesto Monico, da Vicenza; Sottotente Carrista Salvatore Morioni, da Terni; Tenente Giovanni Conte, da San Pietro Infine (Caserta); Maresciallo Pilota Arnaldo Moro, da Rinasco (Pavia); Legionario Giovanni Belloccio, da Alessandria; Sergente Pilota Aldo Gasparini, da Mantova; Ispettore federale amministrativo della “X Legio” Lino Zambrini; Comandante di plotone Arditi Renato Gomez de Ayalo da Napoli; Tenente Corradino Squarcia, da Ascoli Piceno.

            Una autentica pacificazione naturale non può ignorare quanti si sono battuti, volontari di guerra, come la massima parte dei caduti sopra elencati, per le proprie idee, per le proprie convinzioni. Una guerra, sarebbe opportuno non dimenticarlo, nella quale l’Unione Sovietica – e sia detto con il massimo rigore documentale – profuse sforzi notevolissimi sia in materiali (carri armati, aerei da combattimento, munizioni, equipaggiamenti), sia in consiglieri politici, militari e, soprattutto, in attività di sabotaggio e di spionaggio. Le ultime, per ora, conferme arrivano dall’Archivio Mitrokhin. L’entità dell’impegno dei comunisti sovietici nella guerra di Spagna supera di gran lunga quanto sino a pochi anni fa era dato sapere. Coinvolge i massimi vertici dell’NKVD (responsabile del servizio di sicurezza dello stato, divenuto poi KGB). Nel febbraio 1937 uno dei suoi agenti britannici Kim Philby (uno dei cosiddetti “magnifici cinque” che per decenni fecero il doppio gioco a favore di Mosca lavorando nei sistemi di sicurezza del governo di Londra) ottenne da un’agenzia della capitale inglese una lettera che lo accreditava come corrispondente di guerra in Spagna, dal versante nazionalista. Il suo obiettivo (come egli scrisse nelle sue memorie) era “raccogliere informazioni di prima mano su tutti gli aspetti dello sforzo bellico fascista”. In realtà Philby doveva riuscire ad avvicinare Franco e ucciderlo. Un piano approvato da Stalin e che venne comunicato all’agente (in partenza per il fronte di guerra) dal capo della residenza illegale sovietica di Londra, Tedor Maly. Un piano che non ebbe seguito solo per l’impossibilità di avvicinare Franco.

            Altro aspetto dei retroscena di quel conflitto, le lotte intestine tra comunisti; aspetto poco conosciuto dal grande pubblico e riguardante l’attività dell’NKVD contro i Trockisti. Aleksandr Orlov venne mandato in Spagna, da Mosca, come residente legale dopo lo scoppio della guerra. Obiettivo: eliminare i trockisti all’interno del Partido Obrero De Unificaciòn Marxista (POUM). L’organizzazione trockista, affermò Orlov, “può essere facilmente liquidata”. L’obiettivo strategico assegnato da Stalin ad Orlov era ancora più ambizioso: “costruire una forza di polizia segreta sotto il controllo dell’NKVD per mettere in atto la stalinizzazione della Spagna”.

            Un’ultima annotazione: durante il conflitto in Spagna, uno dei grandi problemi strategici consisteva, per ambedue le forze in campo, nei rifornimenti. Una ulteriore conferma del ruolo a tutto campo dei servizi segreti sovietici e, quindi, della dimensione della guerra, si riferisce al sabotaggio attuato da agenti sovietici nei porti del Baltico ed in Scandinavia: l’affondamento di numerose navi cariche di armi dirette a Franco. Tra i sabotatori Ernst Wollweber, giovane comunista tedesco. “Vent’anni più tardi sarebbe diventato capo della Stasi nella Germania dell’Est” (Citazioni da: Archivio Mitrokhin, pag. 109). Forse sarebbe il caso che i giovani, per una questione di elementare rispetto della storia, apprendessero che il nemico, in Spagna, era il comunismo.

            Quello che, ad esempio, la Stasi impose, con il supporto del KGB, nella Germania Orientale; quello del muro di Berlino, dei “vopos”, della repressione a Danzica, Budapest, Praga…





                                                                                                                                        

sabato 24 gennaio 2015

Crisi attuale e precedenti storici

Crisi attuale e precedenti storici

Sebastiano Caputo


“I politicanti sono i camerieri dei banchieri”. E Beppe Grillo?
di Sebastiano Caputo - 02/04/2013
Fonte: lintellettualedissidente (pubblicato anche su ariannaeditrice.it)
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“L’attuale crisi finanziaria è una crisi relativa alla distruzione dei capitali, è la conseguenza della cosiddetta “demonetizzazione” dell’oro, decisa quarant’anni fa il 15 agosto 1971 dal presidente americano Richard Nixon, con i consigli di Milton Friedman,vincitore del premio nobel per l’economia nel 1976”.
 (Prof. Antal Fekete, nel libro “Il ritorno al sistema aureo”)
L’ordine monetario internazionale è un castello di carte basato sulla fiducia degli investitori, dei politici e dei cittadini, i quali l’hanno accettato come valido. Per questo la finanza mondiale potrebbe implodere da un giorno all’altro. Basato sulla fiducia perché non più legato all’economia reale, alla produzione di beni e servizi, al deposito e al credito, alle leggi del plus-valore, del sistema aureo (in inglese, “gold standard”), delle frontiere nazionali. La moneta non è più un mezzo di pagamento bensì un bene sul quale fare profitto. Il capitale è diventato oppressore, predatore, apolide, devastatore, speculatore, non più al servizio della libera imprenditoria, delle famiglie e dei cittadini, bensì proprietà di una minoranza.
Sessant’anni di rivoluzione bancaria ed economica
Per capire questa rivoluzione bancaria ed economica è necessario ricollocarsi in una remota località turistica del New Hampshire, Bretton Woods, dove fu tenuta nel luglio del 1944, la Conferenza monetaria e finanziaria delle Nazioni unite. Se prima di quella Conferenza – alla quale avevano partecipato 44 nazioni alleate – il metallo aureo era il bene di riferimento di ciascun Stato sovrano sulla propria moneta – che emetteva banconote proporzionalmente ai propri depositi preziosi -, dopo quel giorno fu concordato un nuovo ordine monetario, basato sull’unicità del dollaro quale moneta convertibile in oro; mentre tutte le altre valute potevano essere commutate esclusivamente in dollari.
Se i primi biglietti erano dello Stato (recavano la scritta United States of America sulla carta stampata), dal 1963 diventarono privati, cioè della Federal American Reserve (che non è né federale, né americana, né una riserva), il più grande cartello bancario e finanziario del mondo.
Non a caso l’ex presidente francese Charles De Gaulle, in una celebre conferenza stampa tenuta a Parigi il 4 febbraio 1965, allertò l’Europa intera, preconizzando un ritorno al sistema aureo tradizionale dato che a suo avviso gli Stati Uniti d’America non avrebbero avuto oro a sufficienza da scambiare contro i dollari.
Lo statista francese fu un visionario: pochi anni dopo, all’inizio degli anni Settanta, in conseguenza dei primi Accordi di Bretton Woods, l’80 per cento delle riserve valutarie di tutti gli Stati del mondo erano costituite da dollari, dato che la Federal American Reserve stampava colossali quantità di carta senza però avere la rispettiva riserva aurea per garantire l’equilibrio del sistema monetario mondiale. Non a caso, il 15 agosto 1971, Nixon annunciò a Camp David la decisione di sospendere la convertibilità del dollaro in oro, abrogando unilateralmente gli accordi di Bretton Woods del 1944. Quest’accordo, spinto dal caposcuola di Chicago Milton Friedman (il più grande alfiere del liberismo), ha fatto sì che il denaro “svincolato” dall’oro, non si basava, come d’altronde non si basa tuttora, su nessuna base solida, reale.
Questo progressivo disfacimento dell’economia reale e di tutte le sue leggi – processo storico-economico appoggiato dagli alfieri del liberismo e della globalizzazione forsennata – è stato attuato in questi ultimi sessant’anni con la complicità dell’intera classe politica occidentale, fino a consolidarsi in Europa con l’avvento dell’Euro, una moneta nelle mani dei mercati come ha ricordato l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti in un suo libro: “diversamente dalle vecchie banche centrali nazionali, e a differenza delle altre banche centrali del mondo (ndr, la Federal Reserve, la Bank of Japan, la Bank of England, la Bank of China) , la Bce non è fornita di quella che dovrebbe essere la funzione principale e tipica di una vera Banca centrale: il ruolo di agente del governo, di garante di ultima istanza (lender of last resort).
“I politicanti sono i camerieri dei banchieri” (Ezra Pound). E Beppe Grillo?
La complicità delle nomenklature degli Stati era già stata denunciata a suo tempo da Ezra Pound nelle sue poesie in prosa quando scriveva che “i politicanti sono i camerieri dei banchieri”. Lo disse a modo suo anche l’ex presidente della Repubblica italiana Francesco Cossiga nel libro “Fotti il potere”: “i politici sono marionette nelle mani dei banchieri”. Ieri, banchieri e statisti, erano collusi. Oggi non si nascondono più e si appropriano direttamente del potere. Non a caso il golpista Mario Monti era un uomo della Goldman Sachs (una delle 12 banche proprietarie della Fed che durante la crisi ha persino triplicato gli utili!).
Nelle recenti elezioni l’unico ad aver rimesso in discussione l’Eurosistema parlando di “sovranità monetaria” è stato il leader del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, il quale nei suoi venti punti propone un referendum sulla moneta unica europea: o dentro o fuori. Tuttavia per risalire ad una critica viscerale dell’attuale ordine monetario internazionale bisogna risalire ai vecchi spettacoli. In campagna elettorale il genovese si è limitato (soltanto?) a rimettere in discussione i trattati bancari che reggono l’Euro.
Di fatto un referendum propositivo di questo genere è sembrato distruttivo agli occhi dei più. È necessario che Beppe Grillo torni a spiegare, come faceva nei suoi vecchi spettacoli sotto gli insegnamenti del Prof. Giacinto Auriti, il processo storico che ha portato all’attuale recessione economica. Parlare dei costi della politica – questo fine settimana il MoVimento 5 Stelle ha approntato una proposta di tagli per 42 milioni di euro l’anno, sugli stipendi e le indennità dei deputati – non basta, o meglio è troppo facile, dal momento che la “casta” è l’albero che nasconde un’intera foresta (l’ordine economico, bancario e monetario internazionale).

venerdì 23 gennaio 2015

L'INUTILITA' DI FORZA ITALIA






L'inutilità di Forza Italia


di Ida Magli
ItalianiLiberi

  Che se ne fanno gli italiani di Forza Italia? Che ce ne facciamo noi - i tanti che amano l’Italia - di Forza Italia? Vogliamo continuare a fingere di essere vivi pur comportandoci da morti?  No, basta, basta: di questa Forza Italia non ne possiamo più; dentro il partito sono in molti a pensarlo ed è un dovere avvertire il capo quando sbaglia. Un leader che non ha la minima fiducia nel proprio partito e che ritiene che gli avvenimenti non contino, che il tempo se ne stia fermo fino a quando lui non si muoverà, è veramente fuori dalla realtà, ripiegato sul proprio narcisismo fino a limiti abnormi. Cominciamo dal famoso “patto del Nazareno”, un patto che per gli italiani non esiste in quanto un accordo privato fra due leader politici di cui il parlamento non è stato messo al corrente, è un patto invalido. Per giunta Berlusconi continua a ripetere che è nell’interesse dell’Italia far fare a Renzi le riforme utili alla “governabilità”, evidentemente intendendo per governabilità il minimo di potere ai cittadini e il massimo al capo del governo, ciò che è appunto lo scopo di Renzi in base allo spirito dittatoriale che lo anima: “discutete pure  quanto vi pare, ma io farò quello che ho deciso.”

 Con questi presupposti Forza Italia è un partito ridotto al lumicino, per i suoi numeri concreti, ma soprattutto perché non risponde ai desideri e tanto meno ai bisogni politici e sociali di nessuno degli italiani. Contarsi sommando tutti i partitini di destra e affini, come suole fare Berlusconi, è un’operazione che avrebbe senso soltanto se la somma fosse data dalla presenza di un forte partito aggregatore, attributo che Forza Italia non ha. L’opposizione la si fa opponendosi, non dicendo al nemico: sono d’accordo con tutto quello che fai; ti assicuro che manterrò a tutti i costi la parola. La “parola” di un patto privato è tradimento del ruolo di opposizione. Non si può essere d’accordo con un governo in cui la maggior parte dei ministri è privo di qualsiasi competenza e sbaglia in continuazione nell’ideare ed elaborare le leggi; non si può essere d’accordo con un governo in cui il ministro degli esteri non è capace neanche di opporsi con la dignità di uno Stato sovrano al processo contro i Marò, visto che non esiste nessuno Stato al mondo che ammetta errori commessi dai propri militari. Non si può essere d’accordo con un ministro dell’interno che ha fallito ogni resistenza all’invasione degli immigrati; che comunica con assoluta indifferenza l’orrida realtà della “scomparsa” di oltre 3.600  bambini dai centri di accoglienza, scomparsa che come tutti sappiamo significa che sono finiti nel mercato innominabile della pedofilia e di quello tragico del mercato degli organi (Il libro nero della scomparsa dei bambini, Newton Compton). Cosa deve dunque fare un ministro dell’interno prima che l’opposizione ne pretenda le dimissioni?

 Forza Italia non si scandalizza neanche di fronte ai nomi che il Pd, più o meno ufficialmente, fa circolare per la nomina del nuovo Presidente della Repubblica. Si tratta di personaggi di cui tutti i politici si dovrebbero vergognare davanti ai cittadini italiani. Incredibili facce logore, vestiti vuoti, cappotti stinti,  pescati nel più vecchio magazzino dei partiti con la certezza che non daranno fastidio a nessuno perché appunto non sono altro, non hanno fatto altro nella loro vita che tenersi più o meno a galla in un partito. Ma dove sta scritto che il presidente della Repubblica deve provenire da un partito? Fra i sessanta milioni di cittadini italiani che sostengono e mandano avanti la società, fra le migliaia di professori universitari che contribuiscono con l’intelligenza, con lo studio, con gli scritti, con le ricerche, alla scienza, alla storia, ad ogni aspetto del sapere; fra le migliaia di maestri nei conservatori e nelle scuole d’arte; fra gli innumerevoli responsabili delle officine e di tutte le istituzioni produttive, non c’è dunque una persona che possa gareggiare con un Castagnetti, con un Casini, con un Prodi, con un Amato? Si vergognino i partiti, si vergogni il Parlamento di mostrare così apertamente il proprio disprezzo al popolo italiano. Forse – e siamo molti ad augurarcelo – questa volta gli italiani non lo sopporteranno.

Ida Magli

19 gennaio 2015

                                                                                                                       

  
                                                                                                                          

giovedì 22 gennaio 2015

FORNERENDUM

Fornerendum

Servi dei poteri finanziari: la Consulta dice no al referendum abrogativo della riforma Fornero

di Marco Cedolin

Diciamocelo in tutta franchezza, quanti di noi credevano seriamente che i camerieri posti a dirigere la colonia Italia, per conto delle grandi banche internazionali, della cricca Usraeliana e di un'altra dozzina di entità sovranazionali, avrebbero permesso la cancellazione della riforma Fornero, una delle pietre miliari su cui si regge l'intero progetto UE di riduzione in schiavitù di chi in Italia ci vive?
Spero pochi, magari molto giovani e ancora refrattari alla disillusione, oppure scarsamente informati sulle dinamiche attraverso le quali il potere protegge e preserva sè stesso ad ogni costo.....


L'istituto del referendum, in Italia, ha cessato di avere un senso (ammesso che l'abbia mai avuto) dopo le consultazioni degli anni 70/80 su divorzio, aborto ed energia nucleare. Consultazioni che (a prescindere da come la si pensi) affrontavano temi di grande peso, pur proponendosi, almeno nei primi due casi, di ratificare un qualcosa che ormai stava prendendo piede a livello internazionale.

Dopo il 1987 l'istituto del referendum ha perso qualsiasi residua valenza (ammesso che potesse esistere) che gli si volesse attribuire. Gli unici quesiti ammessi, dalla magistratura che di fatto governa per conto terzi la politica di questo paese, hanno riguardato questioni di nessuna importanza, spesso espresse in maniera cervellotica, con l'unico scopo di fare restare a casa la gente.

Dal 1995 in poi, infatti, tutti i referendum accettati e portati alle urne, non hanno neppure raggiunto il quorum necessario a renderli validi, ad eccezione di quelli del 2011, dove si prendeva letteralmente la gente per il naso, chiedendole di pronunciarsi su nucleare ed acqua pubblica, ben sapendo che in Italia neppure un folle avrebbe immaginato di tornare seriamente all'atomo, mentre le aziende pubbliche, che gestiscano l'acqua o i rifiuti, sono in realtà dei soggetti privati quotati in borsa, come Hera, A2A e via discorrendo.

Insomma i referendum in Italia vanno bene per chiedere agli italiani di pronunciarsi sulla fecondazione eterologa (argomento pregnante e ampiamente conosciuto all'interno delle famiglie), sull'assegnazione del premio di maggioranza alla lista più votata, anziché alla coalizione (tema esiziale per la sopravvivenza di tutti noi), sull'abolizione della quota proporzionale nelle elezioni della Camera dei deputati (che avrebbe cambiato certamente le nostre vite), ma non sicuramente per discutere delle pensioni di noi tutti.

Il solo pensiero di mettere in discussione la riforma Fornero, espressamente dettata dalla BCE e finalizzata a privarci tutti di una pensione e del diritto a godere di un futuro, sarebbe una bestemmia in sè inaccettabile. Il solo fatto che Salvini (magari anche per fini elettorali) abbia potuto immaginare di farlo e 3 milioni di italiani abbiano osato sottoscriverlo, rappresenta un enorme abominio.

Delle vostre pensioni e del vostro futuro non dovete decidere voi, ci penserà il governo, se necessario e con il permesso della BCE, a correggere eventualmente qualche punto della legge, se mai lo riterrà necessario. Siamo tutti Charlie Hedbo e molto di più Fantozzi, perché continuiamo ad ostinarci a credere che la mano che ci bastona possa anche darci una carezza, mentre dopo il bastone non può arrivare altro che un manganello, magari griffato Eurogenfor.

20/01/2015

                                                                                                                                                 

martedì 20 gennaio 2015

DILEMMA CRUDELE TRA STORIA E MEMORIA

DILEMMA CRUDELE TRA STORIA E MEMORIA

Dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci è stata data la versione dei vincitori sui fatti bellici più importanti. Come tutti sanno, è stato detto che le truppe di Hitler non si interessavano soltanto ai combattimenti, ma mettevano in pratica un feroce piano di sterminio rivolto soprattutto agli ebrei. Per molti anni tutti abbiamo creduto a questa versione dei fatti, ci siamo commossi guardando film sull’argomento, e siamo rimasti inorriditi dagli scheletri ammassati nei pressi dei lager.
Ma negli ultimi anni diversi storici indipendenti hanno messo in dubbio questa versione dei fatti, sostenendo che su molti aspetti di questa versione non ci sono prove, o non ci sono fatti storici sufficienti a suffragarla. Uno di questi studiosi è il prof. Robert Faurisson, di cui pubblichiamo uno scritto suddiviso in due parti.
“Shoah con gas” o ” Shoah con pallottole”: nessuna prova materiale o medico-legale!
Del prof. Robert Faurisson
“In una sentenza resa il 26 aprile 1983 i magistrati francesi hanno riconosciuto il carattere scientifico delle mie ricerche e conclusioni su ciò che la storica Olga Wormser-Migot, nel1968, chiamava “il problema delle camere a gas“. Hanno concluso che tutti dovevano avere il diritto di dichiarare, come l’avevo fatto io, che quelle pretese armi di distruzione di massa non erano esistite nè avrebbero potuto esistere. La sentenza della prima camera, sezione A, della Corte d’Appello di Parigi, presidiata da François Grégoire, è consultabile nell’Epilogo giudiziario dell’affare Faurisson, di Jessie Aitken, edizioni de La Vieille Taupe, 1983 (riedizione nel 1986).Sono stato io, il 19 marzo 1976 a scoprire, i piani [di costruzione] sino ad allora cosi accuratamente nascosti, dei crematori di Auschwitz e di Birkenau che presumibilmente avrebbero dovuto contenere camere a gas (omicide). Questi piani hanno rivelato che quei crematori non hanno mai avuto camere a gas ma, a seconda dei casi, o un deposito in superficie (Leichenhalle), oppure dei depositi seminterrati per proteggere i cadaveri dal calore (Leichenkeller), o altri ambienti inoffensivi. Avevo rapidamente, constatato che gli storici e i giudici che trattavano il “genocidio degli ebrei” e delle “camere a gas naziste” si accontentavano, su questi soggetti, di “testimonianze” o di “confessioni” e si esoneravano freddamente dalle prove materiali. In particolare, malgrado si trattasse, di crimini atroci e sistematici, innumerevoli e senza precedenti, nessuno aveva ricercato la prova medico-legale dell’esistenza e del funzionamento di una sola di quelle stupefacenti camere. Eccezione fatta per la pretesa camera a gas dello Struthof, vicino Strasburgo, avvenuta in Francia a partire dal 1944. Nessuna fortuna per l’accusa! Il primo dicembre 1944, il professor René Fabre, decano della Facoltà di farmacia di Parigi, incaricato della perizia, concludeva le sue ricerche tossicologiche con una doppia negazione: non c’era nessuna traccia di HCN sia nella pretesa camera a gas dello Struthof, sia nei cadaveri degli ebrei, falsamenti gasati (e parzialmente conservati all’Ospedale civile di Strasburgo).
Fatto notevole: il rapporto della sua perizia, in una data indeterminata, scompariva dagli archivi della Gendarmeria e della Giustizia militare (Le Blanc, Indre), ma, fortunatamente nel 1982, scoprii personalmente un rapporto firmato da esperti medici Simonin, Fourcade e Piedelièvre che attestavano la doppia constatazione negativa del professor Fabre. Fatto non meno importante: malgrado la pubblicazione, da parte mia, all’inizio del 1980, di queste scoperte riguardanti la perizia del citato professore, gli storici si ostinavano a tacerla. A tal punto che, per esempio, lo storico Robert Steegmann non ha nemmeno menzionato il nome di René Fabre nelle due opere di 875 pagine che ha consacrato allo Struthof nel 2005 e nel 2009 e dove presenta come accertati sia l’esistenza che il funzionamento di una camera a gas omicida in quello stesso campo. (http://robertfaurisson.blogspot.fr/2013/05/il-est-temp-den-finir-avec-la-chambre.html). Sono stato il primo e , durante lunghissimi anni, il solo a contestare l’esistenza e il funzionamento della magica camera a gas nazista presentando prove fisiche, chimiche, archichetturali e topografiche che sono di uso abituale nelle ricerche criminali della polizia tecnica (con indagine in situ sull’arma del crimine) e della polizia scientifica (con analisi di laboratorio). Mi sono lanciato su numerosi studi e consultazioni nel domini scientifici, nel Laboratorio centrale della Prefettura di Parigi, consultando esperti di gas, in Francia o all’estero, presso fabbricanti o utilizzatori di Zyklon B per disinfezione, presso specialisti di camere a gas di disinfezione o disinfestazione, di forni crematori ecc.. Mi sono particolarmente interessato alle camere a gas di esecuzione utilizzate fino agli ’90 nei penitenziari americani (funzionanti con HCN, che è l’elemento essenziale dello Zyklon B). Mi ha sorpreso constatare che in Germania, in Austria e negli Stati Uniti, paesi in cui non mancano certo né ingegneri, né chimici, non ci si sia mai posti la domanda sulla fattibilità del gasaggio di milioni di uomini, di donne e bambini con il HCN cioè con un gas esplosivo, cosi pericoloso da manipolare che gli Americani avevano dovuto, per l’esecuzione di una sola persona, mettere a punto un locale completamente in acciaio, straordinariamente complicato, munito di una porta a volante come nei sottomarini, dotato di un macchinario sofisticato, soprattutto per la ventilazione del gas da evacuare e da neutralizzare, in mancanza del quale, dopo l’esecuzione, non si sarebbe potuto toccare un cadavere impregnato di HCN e farlo uscire dalla camera. Negli Stati Uniti, per una sola esecuzione, tutto il penitenziario era sul piede di guerra. Poiché il gasaggio per l’esecuzione è oltremodo più pericoloso di quello per la disinfezione. L’argomento della camera a gas americana si è rivelato di una tale efficacia che in un certo qual modo, il mio studio della vera camera a gas americana ha permesso di discreditare totalmente l’immaginaria camera a gas tedesca. Detto questo, si resta perplessi davanti al livello di credulità, a questo proposito, degli uomini sia del XX secolo e dell’inizio del XXI secolo. In questi “secoli di scienza” si è arrivati ad abbindolare miliardi di persone e a convincerle di ciò per anni, i Tedeschi hanno utilizzato un’arma di distruzione di massa che non è mai stata mostrata se non in forme vaghe o fantasmagoriche. Ancora oggi, a Auschwitz si fa visitare ai turisti un locale battezzato “camera a gas” mentre, come ha finalmente ammesso lo storico Eric Conan nel 1955, “Tutto è falso” (“Le falsificazioni di Auschwitz secondo un dossier di L’Express“; “Note sulla rivista L’Histoire, dicembre 1999“, “La “Camera a gas”di Auschwitz“. Ma Padre Patrick Desbois non ha fatto lo stesso con la sua “Shoah da pallottole“? Afferma di aver scoperto in Ucraina siti di 850 carnai contenenti un milione e mezzo di cadaveri ebrei. Mostra le supposte aree di alcuni carnai ma nessun cadavere, se non in un cimitero ebreo. Ci spiega che un rabbino, da lui interpellato a Londra, gli ha assicurato che le vittime della Shoah sono sante e che quindi, nessuno ha il diritto di disturbare il loro riposo con degli scavi.
E il gioco è fatto. E’ sufficiente avere la fede olocaustica e credere, come nel Museo dell’Olocausto di Washington, nell’iscrizione che, nel mezzo della sua esposizione permanente, sovrasta la fotografia di un impressionante ammasso di “scarpe dei gasati” (sic), di scarpe parlanti che ci dicono in coro: “Siamo gli ultimi testimoni”. Tutte le autorità politiche, religiose, universitarie hanno all’inizio osannato Padre Desbois. Con la sua “Shoah con pallottole” (e la sua “Shoah da soffocamento” piumini o cuscini) non aveva trovato un sostituto a una ”Shoah con gas” che mostrava gravi segni di affanno? Sfortunatamente per il taumaturgo, il discredito comincia a colpire anche lui, e la sua stella sbiadisce (“Querelle intorno a Padre Desbois” Le Monde 19/06/09). La scienza non è altro che una lunga serie di errori rettificati. Nella sua essenza è revisionista. Invece di punirlo come un malfattore, l’apparato giuridico, dovrebbe proteggere il ricercatore innamorato dell’esattezza. Quel ricercatore, che lo voglia o no, è un benefattore dell’umanità.
 è’ ora di finirla con gli 86 « gasati » nella « camera a gas » di Natzweiler-Struthof
Il vecchio campo di concentramento de Natzweiler-Struthof, è collocato sul territorio del comune di Natzwiller (Basso- Reno), a 50 chilometri da Strasburgo. Distante qualche centinaio di metri c’è un edificio che si presume contenere una camera a gas d’esecuzione, funzionante ad acido cianidrico. Nel 1951 è stato classificato come “monumento storico”, una targa sulla facciata ne attesta la classificazione. L’impostura è evidente. In ogni modo una perizia scientifica condotta dal Professor René Fabre, decano della facoltà di farmacia a Parigi, ha provato che non c’era traccia di acido cianidrico, né nei cadaveri o frammenti di cadaveri accuratamente conservati a Strasburgo, né nel locale che si suppone sia servito nell’agosto 1943 a gasare, in quattro sequenze, un totale di 86 ebrei. E’ il 27 Marzo 1980, quando scopro l’esistenza di questo rapporto, datato 1°dicembre 1945 e delle sue conclusioni, ma … il rapporto stesso era sparito dagli archivi della Gendarmeria e della Giustizia militare. Fortunatamente ho scoperto un’altra perizia, firmata da tre medici e testimoniante del rapporto Fabre e del suo contenuto doppiamente negativo. Penso sia inutile aggiungere quanto i nostri storici di corte, si preoccupino di far passare sotto silenzio questo documento, che disturba veramente troppo la tesi sterminazionista.

 E’ ora di finirla con la « camera 
a gas » dello Struthof e i suoi 86 « gasati »
L’attualità mi costringe a tornare sulle voci relative al campo di Natzweiler-Struthof, campo che per l’ennesima volta si tenta di resuscitare. Già il 12 dicembre 2005, mi correva l’obbligo di scrivere un testo intitolato « Resurrezione di un vecchio serpente di mare: la camera a gas e gli 86 gasati dello Struthof » Come molte voci di guerra questa ha conosciuto versioni estremamente variabili e contraddittorie finendo per fissarsi sotto la seguente forma: nell’agosto del 1943 Josef Kramer, il comandante di questo campo situato a 50 chilometri da Strasburgo, vi avrebbe personalmente (!) giustiziato per mezzo di acido cianidrico, in una piccola camera a gas, in diverse infornate, 86 ebrei, inviati apposta da Auschwitz, su richiesta del professor August Hirt… desideroso di arricchire la sua collezione di scheletri a Strasburgo. Sono ormai più di sessantasei anni che una perizia tossicologica, firmata dal Dott. René Fabre, decano della Facoltà di farmacia a Parigi, ha stabilito, nelle conclusioni rese il 1°dicembre 1945, che né il locale, né i cadaveri (o resti dei cadaveri) presentavano tracce di acido cianidrico! Quindi alla data del 1°dicembre 1945 le conclusioni erano perfettamente chiare : non c’erano né armi (la pretesa camera a gas) né vittime (86 pretesi gasati), per confermare la voce di queste uccisioni. La voce era quindi solo una voce. L’esistenza di questa perizia era stata taciuta in modo ostinato. Con quale diritto? E come si può continuare a scrivere di questa pretesa camera a gas omicida e delle sue pretese vittime senza tener conto della suddetta perizia e soprattutto avere l’accortezza di non nominarne mai l’autore?
Le mie scoperte del 27 marzo 1980
Poiché, in realtà il crimine non è stato commesso, due misteri si dissolvono in un colpo solo. Sin qui, in effetti, ci si chiedeva come mai, alla fine del 1944, abbandonando il campo di Struthof, i Tedeschi non si fossero preoccupati di far sparire l’arma del delitto e come mai a Strasburgo, il Dottor Hirt avesse lasciato sul posto i cadaveri di quelle vittime. La chiave di questi due “misteri” sta, si vede dalla perizia Fabre, nel fatto che quell’arma prodigiosa e quelle vittime di un omicidio abominevole, non sono mai esistite. Quella perizia ci spiega anche un terzo “mistero”: il fatto che dopo la guerra, durante i processi a carico dei medici dello Struthof (a Metz nel 1952 e a Lione nel 1954), “sembrerebbe” che i tribunali francesi non abbiano condannato questo “orrore nazista”, che se fosse veramente accaduto, sarebbe stato il maggior crimine di Struthof. Sono costretto a dire “sembrerebbe” perché non avendo avuto accesso ai dossier dei processi, malgrado la mia richiesta scritta mi sono limitato:
1) innanzitutto agli articoli di stampa di questo processo
2) alle affermazioni di tre avvocati da me consultati (di cui Avv. Albert Naud e Avv. Raymond Geouffre de la Pradelle) e infine
3) alle opere concernenti lo Struthof.
In compenso, ho avuto accesso, nel modo che vi indicherò più sotto, a consistenti dossier della Gendarmeria e della Giustizia militare relativi a questo campo. E proprio li, il 27 marzo 1980, alla presenza di tre persone che mi accompagnavano nell’ indagine, ho fatto una doppia scoperta:
1) un documento firmato dai due professori di medicina (Piédelièvre e Simonin) e da un medico (Fourcade) che attestava l’esistenza sia delle conclusioni negative, che della perizia Fabre;
invece
2) la perizia stessa restava INTROVABILE nell’integralità dei dossier consultabili.
Dalla fine degli 1990 ad oggi, si può constatare come  tra gli storici, ma non sui media, né per il grande pubblico, le camere a gas naziste siano in via di rarefazione o sparizione. Non c’è più fede (si vedano a questo titolo, le mie osservazioni nel « Les chambres à gaz et Le Monde en perdition » “[http://robertfaurisson.blogspot.it/2012/09/les-chambres-gaz-et-le-monde-en.htmle « Serge Klarsfeld : à Auschwitz 1000 juifs déportés de France ont été gazés … au lit ! » [http://robertfaurisson.blogspot.it/2012/12/serge-klarsfeld-auschwitz-1000-juifs.html. Certo, alcuni storici affermano ancora qui e lì, la presenza di camere a gas naziste ad Auschwitz o altrove e continuano a usare le parole « gasare », « gasaggi » o « gasati », ma solo come convenzione e automatismo di linguaggio. Non si soffermano più sul soggetto, lo schivano. E questo ad un punto tale, che verso la fine degli anni 1990, la moda del « la Shoah da gas » sembrò cedere il passo alla moda del « la Shoah da pallottole » ma quest’ultima invenzione, dovuta a Père Patrick Desbois (un sacré farceur !),( un grande burlone !) ha iniziato anch’essa a perdere lustro.
Nel 2005 e nel 2009, lo storico Robert Steegmann appoggia la tesi ufficiale
Tra gli storici che hanno poca fede nella camera a gas nazista, si noti un’eccezione: quella di Robert Steegmann, storico dello Struthof. La sua camera a gas, è vero, non misura nemmeno 9 mq, ma va bene, gli è sufficiente. Il nostro storico vi si attacca e ne difende ancora l’esistenza e l’autenticità, al contrario, per esempio dei suoi colleghi, che nemmeno nel caso di Auschwitz, osano più pretendere di possedere prove fisiche dell’esistenza e del funzionamento delle pretese camere a gas omicide (si veda su Robert Jan van Pelt :  http://robertfaurisson.blogspot.it/2011/09/les-victoires-du-revisionnisme-suite.html.Nei due grossi dotti libri che ha consacrato allo Struthof nel 2005 (Struthof, Strasbourg, La Nuée bleue 496 p.) e nel 2009 (Le camp de Natzweiler-Struthof, Paris, Seuil, 379 p.) R. Steegmann ha parlato di questa « camera », con insistenza nella prima delle due opere. Ma ci nasconde caparbiamente l’arma del crimine: non ci mostra nessuna foto, nessun disegno tecnico, nessuno studio tecnico o scientifico! Eppure quella prima opera conteneva circa 40 foto e nella seconda ci si dice che «Solo lo stabile della camera a gas resta chiuso [ai visitatori ]” (pag. 354), ciò che in realtà avrebbe dovuto spingere l’autore a mostrarcela in foto. Infine, sulla scia dei suoi predecessori, ci gratifica con l’orribile storia del Dottor Hirt, della sua “ordinazione” di ebrei ad Auschwitz e del gasaggio degli stessi allo Struthof.
Rimessa in discussione della tesi ufficiale
Ho personalmente discusso molto della «camera a gas» dello Struthof, ho potuto esaminarla nel 1974, prima di tornarci nel 1978 con l’Avvocato Eric Delcroix e altri testimoni. Ho pubblicato delle fotografie e ne ho spesso ricordato tanto  la leggenda quanto la verità. Nel 1980, Serge Thion ha riprodotto fedelmente numerosi miei scritti sul soggetto in questione nella Vérité historique ou vérité politique ? / Le dossier de l’affaire Faurisson / La question des chambres à gazParis, la vielle Taupe. Si vedano le pagine 26, 61, 78, 82, 86, 89, 101, 104, 108-109, 111, 123, 173, 185, 207 (n.), 312-313, 335. Nella pagina 312 figurano due fotografie che da sole, mostrano l’assurdità della tesi di un gasaggio in un locale simile: l’acido cianidrico avrebbe gasato lo stesso gasante in mancanza di:
1) un isolamento draconiano,
2) di una porta a tenuta stagna come nei sommergibili,
3) dei ventilatori orientabili,
4) un estrattore potente o un neutralizzatore del gas da evacuare.
Tempi addietro avevo sfiorato il soggetto in una  lettre au Monde (16 janvier 1979, p. 13) ; questa lettera fu in seguito riprodotta nel mio Mémoire en défense contre ceux qui m’accusent de falsifier l’histoireParis, La Vielle Taupe, 1980, p. 83-88. Vi avevo sottolineato che alla stregua di tutte le altre pretese camere a gas naziste, sia allo « stato originario » sia allo stato di rovine, quella dello Struthof, all’indomani della guerra, non era stata oggetto di nessuna perizia criminale completa. In seguito però, come ho scritto sopra, il 27 marzo 1980, scoprii
1) che la « camera a gas » dello Struthof era stata oggetto di una perizia in debita forma;
2) che le conclusioni della stessa perizia erano state negative;
3) che anche se il testo della suddetta perizia era sparito, la sua esistenza era attestata da tre esperti che se non specialisti in tossicologia, lo erano in medicina legale.
Per anni, instancabilmente sono tornato sul soggetto in questione, ma le mie tre scoperte, i miei argomenti, le mie domande non hanno mai avuto risposta; peggio, hanno fatto finta che il professor René Fabre, non avesse mai redatto la perizia. Mentre nei primi quattro volumi dei miei Ecrits révisionnistes, il nome del professore appare nelle pagine, 232, 253, 395, 519, 879, 1060, 1230, 1399, 1552-1553, 1576, 1682, il nome dello Struthof appare in una sessantina di pagine annotate nel sommario. Il 12 dicembre 2005, nelle pagine 87-88, ho riprodotto il mio articolo sulla «Résurrection d’un vieux serpent de mer ».

 Per approfondire: http://robertfaurisson.blogspot.it/








Dalla fine della Seconda guerra mondiale, ci è stata data la versione dei vincitori sui fatti bellici più importanti. Come tutti sanno, è stato detto che le truppe di Hitler non si interessavano soltanto ai combattimenti, ma mettevano in pratica un feroce piano di sterminio rivolto soprattutto agli ebrei. Per molti anni tutti abbiamo creduto a questa versione dei fatti, ci siamo commossi guardando film sull’argomento, e siamo rimasti inorriditi dagli scheletri ammassati nei pressi dei lager.
Ma negli ultimi anni diversi storici indipendenti hanno messo in dubbio questa versione dei fatti, sostenendo che su molti aspetti di questa versione non ci sono prove, o non ci sono fatti storici sufficienti a suffragarla. Uno di questi studiosi è il prof. Robert Faurisson, di cui pubblichiamo uno scritto suddiviso in due parti.
Seconda parte: 
Nel 2013 Le Monde rilancia la tesi ufficiale!
Nell’aprile 2013 è riapparso il serpente di mare (nel gergo giornalistico il “castagno”) [tòpoi]. In quest’occasione e con una certa prontezza, la stampa francese ha tentato di riproporci i rumori sullo Struthof. Cosi nel suo supplemento « Télévisions » (28-29 avril 2013, p. 9), Le Mondepubblica un articolo di Jean-Baptiste de Montyalon in cui si annuncia che, il lunedì 29 Aprile, France 3 avrebbe diffuso un documentario di 55 minuti: «In nome della razza e della scienza – Quando i nazisti volevano conservare tracce degli ebrei che sterminavano». Questi erano il titolo e il sottotitolo dell’articolo di cui ecco un estratto:
 …“Una missione é inviata [nel 1943] ad Auschwitz per scegliervi 115 persone. I requisiti di quest’ultime sono indirizzati a Hirt, che ne sceglie 87 e poiché i cadaveri rischierebbero di  deteriorarsi con il trasporto, gli ebrei sono convogliati verso il blocco 13 del campo dello Struthof, in Alsazia. Al fine di dare loro un buon aspetto fisico, vengono nutriti correttamente. Nello stesso tempo una piccola camera a gas è allestita in una vecchia sala per le feste, distante 800 metri dal campo. In una sera dell’agosto 1943, tutti vengono condotti li, in quattro gruppi distinti. Una donna si ribella ed è uccisa, il suo corpo sarà scartato dalla « collezione ». – Il primo dicembre 1944 quindi, nei sottosuoli dell’Istituto di anatomia dell’università del Reich di Strasburgo, gli alleati scoprono 86 corpi, di cui 16 cadaveri sono interi, i restanti invece mutilati e irriconoscibili. Per delle ragioni restate misteriose Hirt una volta preparata, non ha potuto fare la sua « collezione ».Ha solo tentato di mascherare il crimine per poi negarlo.”…
Nel 1979, la LICA(LICRA), alla quale si univano altre otto associazioni, mi aveva intentato un vasto processo per “danni”, causati, dicevano, “dalla falsificazione della storia” perché, ne Le Monde e altrove, al termine di una lunga e meticolosa inchiesta, avevo all’epoca concluso che le pretese camere a gas hitleriane (allo Struthof come altrove) e il preteso genocidio ebreo costituivano una sola e stessa menzogna storica. Non è più possibile oggi, immaginare quanto questa conclusione avesse indignato anche gli storici più esperti; i tempi sono cambiati e specialmente grazie ad internet, ”gatta ci cova” e “l’ingranaggio non funziona più”: La LIC[R]A era partita in battaglia armi alla mano e sicura della sua vittoria. Ma dovette disilludersi presto. Due avvocati ebrei tra cui Robert Badinter, erano tornati praticamente a mani vuote da una missione in Polonia e in Israele dove erano andati a cercare prove dell’esistenza di camere a gas naziste. Abbondanti in quantità, i documenti raccolti però si rivelarono di una cosi cattiva qualità, che nel dicembre 1992 davanti alla prima corte d’appello di Parigi, sezione A, fecero disperare l’Avvocato Bernard Jouanneau, il corifeo della LIC[R]A. Prendendo un’iniziativa che stava per ritorcersi contro di loro, i miei avversari avevano chiesto alle autorità competenti il diritto di accedere ai documenti giudiziari riguardanti il campo dello Struthof e conservati al Blanc (Indre) dalla direzione della Gendarmeria e della giustizia militare: Ne ignoravano il contenuto, ma contavano sulla Provvidenza per fare scoprire alle autorità in un mucchio di documenti, la prova che almeno nello Struthof era esistita e funzionava una camera a gas nazista. Fu loro accordato l’accesso ai documenti e di conseguenza anche a noi. Nel Palazzo di Giustizia, dal 27 marzo al 5 giugno 1980, per 8 lunghe sedute di consultazione, sotto la sorveglianza, discretamente rilassata di un funzionario, l’Avvocato Eric Delcroix, io e altre due persone che ci accompagnavano, avemmo la possibilità di scoprire un certo numero di documenti che avrebbero nettamente rinforzato le conclusioni revisioniste. Fummo costretti a prendere appunti, poiché le fotocopie erano vietate. Dal primo giorno e dal mio primo esame del primo dossier, m’imbattei su quelli che chiamammo tra di noi «gli altarini» e che non erano altro che la doppia conclusione del rapporto Fabre. Come costatammo, sfortunatamente in seguito, il testo del rapporto restò introvabile sino alla fine. La sua scomparsa era datata o recente?
Questo singolare rapporto era sparito, guarda caso l’antivigilia della nostra consultazione, cioè il 25 marzo 1980, giorno in cui George Wellers per conto della LIC[R]A, aveva ottenuto il privilegio di aprire la serie di consultazioni? 
Le conclusioni negative della perizia del Professor René Fabre
Il fatto certo è che noi abbiamo la prova circostanziata che René Fabre avesse chiuso la sua inchiesta in maniera doppiamente negativa. Lo stesso cartone n°1 conteneva in effetti, un “Documento 96/B”, consisteva in un “rapporto di perizia” del Professor Piédelièvre (Parigi)  Dottor Simonin (Strasburgo) e del Dottor Fourcade (Strasburgo). Il rapporto era relativo
1) allo Struthof, la « camera a gas » che stranamente, i Tedeschi non si erano preoccupati di distruggere;
2all’Ospedale civile di Strasburgo, i cadaveri o i loro resti che sempre stranamente, i Tedeschi non si erano preoccupati di far sparire.
Eppure, l’evacuazione del campo non era stata fatta in fretta: era cominciata all’inizio del 1944 e gli Americani erano arrivati solo il 25 novembre; a titolo d’esempio, il Professor Hirt, come sempre in tempo di guerra, aveva fatto distruggere dei documenti dalla sua segretaria, prima di lasciare il posto (Steegmann 2009, p. 327). Nel loro rapporto i tre esperti (che non erano tossicologi e deludevano le conclusioni del prestigioso tossicologo R. Fabre) scrivevano:
Ricerche tossicologiche. Inventario dei reperti sottomessi all’esperto tossicologo, Professor FABRE della facoltà di Farmacia a Parigi.
– Reperto W. Prodotto di raschiamento del muro esterno della camera a gas, intorno al camino.
– Reperto X. Calcinaccio proveniente dal camino esterno della camera a gas nel momento della sua rimozione (pag. 52).
Ricerche farmacologiche. I prelievi di sangue dalle viscere, fatti nel corso delle autopsie hanno dato luogo, da parte del Dottor FABRE, a ricerche tossicologiche.
– Dal suo rapporto datato 1° dicembre 1945, riproduciamo le conclusioni:
“ Nelle viscere conservate nel liquido di conservazione (alcol + formalina) dati ai fini delle analisi, non sono state riscontrate sostanze volatili tossiche, e in particolar modo di acido cianidrico”. E’ opportuno ricordare che quella tossicità, secondo le prove preliminari, non sarebbe stata riscontrata, se non presente in una dose superiore ai 6 milligrammi sul campione prelevato. (pag.61). [In seguito i medici dando la loro opinione aggiunsero come commento ]  :Le conclusioni negative della perizia del professor FABRE non sono da ritenere false nel quadro della possibilità, anzi della grande probabilità, di intossicazione da acido cianidrico (pag. 67). Si noti come in quest’ultima affermazione, dove si trattava  di “possibilità” o di “grande probabilità” e non di “certezza”, non c’ era nemmeno un accenno di una qualunque giustificazione da parte dei tre medici. Durante il processo intentatomi dalla LIC[R]A e altre 8 associazioni, la mia scoperta del 27 marzo 1980 mise i miei avversari nell’imbarazzo e, suppongo, contribuì all’apprezzamento che i magistrati della Corte d’appello fecero in seguito, per la qualità delle mie ricerche, in generale, sulla questione delle camere a gas naziste. In ogni modo, un’importante quantità di fatti da me riportati nei miei numerosi scritti sul soggetto, rendeva impossibile l’esistenza, soprattutto sul piano fisico in quel luogo di una camera a gas di esecuzione con acido cianidrico. Vi rinvio su questo alle constatazioni che ho potuto fare negli Stati-Uniti, sulla spaventosa complessità e l’estrema pericolosità del’exécution d’un seul condamné au moyen précisément de ce gaz.. Al processo i miei avversari, hanno in pratica rinunciato volontariamente a citare l’argomento della «camera a gas» dello Struthof. Il corso del processo volgeva manifestamente a mio favore a tal punto che durante le udienze anche i nostri avversari non hanno potuto sfruttare in nulla quegli archivi, archivi dai quali ho ricavato il più grande profitto. Da qui  la conclusion formulée, le 26 avril 1983, dalla prima camera della Corte d’appello (presidente François Grégoire), conclusione che nel linguaggio di un profano può essere riassunta cosi : sul capitolo delle camere a gas naziste non ci sono, nelle ricerche dl Signor Faurisson né leggerezza, né negligenza, né ignoranza intenzionale, né menzogna; pertanto tutti (esperti, storici e pubblico) devono avere il diritto di affermare eventualmente come Faurisson che le camere a gas naziste non sono esistite. Certo fui condannato, ma se si può riassumere cosi questa famosa sentenza, cosi chiara e decisa nella prima parte e cosi confusa nella seconda, sembrerebbe che sebbene il mio lavoro fosse impeccabile sulle camere a gas naziste, agli occhi dei magistrati della corte, mi sia reso colpevole di malevolenza.
Non si può persistere in una menzogna di questo calibro per oltre due generazioni
La Facoltà di farmacia di Parigi ha da tanto tempo una sala che porta il nome di René Fabre (1889-1966) ornata da un busto dell’onorevole decano, ma nel repertorio delle sue opere, consultabile presso la Biblioteca interuniversitaria di farmacia, 4 Avenue de l’Observatoire di Parigi (VI), la perizia è assente. Di questo rapporto ne è esistito più di un esemplare. Oggi che riemerge l’affare Struthof, occorre più di prima, intraprendere delle ricerche per trovare un esemplare del rapporto scomparso. Sono cosciente della gravità del dilemma davanti al quale si troveranno gli storici che sino a oggi hanno sostenuto la tesi ufficiale e immagino la confusione delle associazioni e delle autorità che hanno chiesto e deciso l’iscrizione della camera a gas dello Struthof nella lista dei monumenti storici. Ma non si può persistere in una menzogna che, con l’arrivo della terza generazione, diventa sempre più fragile. Dal 1941 al 1944, lo Struthof è stato testimone delle sofferenze degli uni , poi dal 1945 al 1948, testimone delle sofferenze degli altri (chiamati “collaborazionisti”). Riportato alla sua autenticità, costituisce l’emblema, tra i tanti, dei veri orrori e delle vere sofferenze della guerra e della guerra civile. Ecco, ora basta.
Il caso personale di R. Steegmann
Per quanto riguarda R. Steegmann, che scriveva a proposito della sua opera nel 2009: « Questo libro è il risultato di un lungo lavoro di vent’anni » (pag. 375) e che sicuramente conosce tutti i documenti del dossier, ci piacerebbe che rispondesse alle seguenti domande :
1) Perché ha taciuto l’esistenza del rapporto Fabre e delle sue conclusioni negative ?
2) Perché ha citato i medici Piédelièvre, Simonin e Fourcade, ma non quelli che hanno menzionato il rapporto Fabre? (Steegmann 2005 pagg. 313-316, cosi come le note 1261 – 1264, poste nelle pagine 479-480).
3) Perché ha citato The Struthof Album (New York, The Beate Klarsfeld Foundation, 1985) di Jean-Claude Pressac senza rivelare il contenuto dei passaggi devastanti dove Pressac, senza citare René Fabre, ne cita le conclusioni, apparentemente approvandole quando scrive : « toxicological testing was negative » (p. 12), « toxicological analyses, which seem to have yielded negative results » ou « the toxicological examination for cyanides did not yield any positive results » (p. 41)?
4) Perché non aver segnalato lo sbriciolamento da parte dello stesso J-C Pressac di alcune “testimonianze” tra cui quella del preteso gasante Josef Kramer, vecchio libraio, in particolare alle pagine 5, 9, 29, 30-36 del suo libro, dove si può leggere dalla piuma dell’autore, una conclusione revisionista anche nella sua formulazione : « he would have ended up gassing himself » [se ciò che dice fosse vero,] avrebbe finito con il gasarsi da solo » (p. 5) ?
5) Perché nelle due opere del 2005 e del 2009, non ha mai dato la benché minima rappresentazione fisica della « camera a gas dello Struthof »?
6) Perché non ha pubblicato la lettera integrale dove il Professor Hirt, chiamato in causa dalDaily Mail di Londra il 3 (e il 6) gennaio 1945, ha scritto da Tübingen, una e lunga e decisa « Presa di posizione » (Stellungnahme) in tre punti, cominciando con: «Questo reportage [del Daily Mail] è una tipica favola immaginaria di atrocità» (ein typisches Greuelmärchen) ?
7) Perché, invece di riprodurci questo testo (ciò che per una volta, avrebbe permesso di dare la parola ad un perpetuo accusato), si è accontentato di indicarci il riferimento e di riassumercene alcuni frammenti in tono di presa in giro (in particolare 2009, p. 337)? A proposito di Hirt si legge : « Molto provato dalla scomparsa della moglie e di suo figlio, morti nel bombardamento di Strasburgo, il 25 settembre 1944, si suicida il 2 giugno del 1945 a Schönenbach nella Foresta Nera (ora Schluschsee) » (p. 338); perché solo questa nota umana (dove, lo sottolineo, è evocata l’atrocità – vera, quella lì – del bombardamento sistematico delle popolazioni civili da parte degli Anglo- Americani).
Perché è coperta dai facili oltraggi indirizzati alla memoria dell’uomo che si è ucciso per disperazione: « vanitoso » « orgoglioso », « ossequioso », « mostruoso », « criminale»? R. Steegmann, ha avuto il merito di correggere le formidabili esagerazioni diffuse da certi storici dello Struthof e da Henri Amouroux, che davano a credere che la minuscola «camera a gas» di questo campo era servita a carneficine massicce e regolari. Negli anni 1970, mentre fiorivano ancora i più sfrenati racconti sulla «barbarie nazista», si accoglieva in maniera favorevole l’opera di Henry Allainmat, citato da R. Steegmann e intitolata in maniera significativa: Auschwitz en France/La vérité sur le seul camp d’extermination nazi en France, Presses de la Cité, 1974, 249 p.OR R. Steegman, rivedendo e correggendo quel punto di vista, é portato a concludere cosi:« Per quanto considerevole, sia la mortalità, soprattutto in cinque anni, e malgrado la presenza di una camera a gas, ciò non é sufficiente a fare di Natzweiler (o dello Struthof) un campo di sterminio. L’espressione è ricorrente dal 1945,perpetuata con le menzogne e i racconti dei superstiti.
Che dilemma crudele tra storia e memoria!
Il dibattito non ha ragione di esistere. Poiché, se c’é stato sterminio, è stato percepito e vissuto come tale, per effetto del lavoro, dell’usura, del non-rispetto dei diritti più elementari dell’uomo,ma non deriva certo dalla condanna a morte pianificata e sistematica di interi gruppi» (2009; pagg. 308-309.) Peccato che R. Steegmann qualche volta sia fermo, come si è già visto, al linguaggio vendicativo degli anni 1950 e alle semplificazioni estremiste degli storici dell’epoca. Citando un passaggio del libro di François Bayle apparso nel 1955 sotto il titolo diCroix gammée contre caducée, sull’affare Hirt fa sua la seguente conclusione (metto alcune parole in grassetto): «Cosi la mostruosa idea di un solo criminale [Hirt ], affidata ad ungrande idiota ben collocato [Brandt] e un demoniaco violento [Sievers], distribuita da un capo crudele, ottuso, curioso e insensibile [Himmler], fu realizzata con cura da una bruta disciplinata(al femminile nel testo originale N.d.T.) [Kramer]» (2009, p. 338). E’ giustificabile che, per ragioni personali, l’odio che R. Steegmann nutre verso il nazionalsocialismo lo porti ad approvare, nei testi di F. Bayle, tali eccessi di pensiero, ma il nostro storico dovrebbe avere la buona idea di andare a vedere un po’ meglio quegli scritti revisionisti che molto probabilmente non ha letto, ma si accontenta di chiamare “la spregevole produzione dei negazionisti” (2009, p. 329). Vi potrebbe attingere considerevoli insegnamenti sul modo di condurre un’inchiesta storica, diversamente da come fanno coloro che io chiamo gli «storici di carta», i quali si preoccupano troppo poco della consistenza dei fatti, soprattutto quando si tratta di studiare un crimine. Gli ricorderebbe che bisogna stabilire i fatti prima di commentarli e che conviene prima di tutto, essere concreti, terra terra e materialista come lo sono, in principio, uno specialista di polizia tecnica (sulla scena del crimine) e uno specialista di polizia scientifica (in laboratorio). Imparerebbe ugualmente a leggere con più attenzione i documenti e, nel caso in questione, tra gli altri « les « aveux » du SS Kramer  nelle diverse versioni, che sono assurde e inconciliabili. Forse prenderebbe in considerazione, la ferma negazione dei tedeschi interrogati dalla Giustizia francese della camera a gas falsamente omicida e del preteso gasaggio degli 86 ebrei. Presterebbe più attenzione alle testimonianze secondo le quali questa miserabile camera a gas, cosi semplice,cosi artigianale, con i suoi giunti di « feltro » (!), era stata in realtà utilizzata per l’inoffensiva esercitazione delle reclute al porto della maschera antigas (con passaggio in atmosfera semplicemente viziata), quando non utilizzata per le ricerche del Dottor Bickenbach sull’urotropina o altro antidoto destinato alle sfortunate vittime del tifo o dei bombardamenti al fosforo. Nei miei scritti apprenderebbe che, durante l’estate del 1943, le autorità del campo, stavano ancora considerando l’installazione di una semplice camera a gas di disinfestazione e che il piano che avevano sottoposto a Berlino e a Francoforte gli era stato rinviato con osservazioni scortesi sulla mancanza di serietà del loro progetto (lettera della ditta di disinfestazione Heerdt-Lingler del 3 settembre 1943). A questo proposito ci si chiede come, poco prima, Kramer, libraio di professione nella vita civile, avrebbe potuto, munito di qualche consiglio, improvvisarsi maestro nel costruire camere a gas omicide al punto tale da accumulare quattro esecuzioni di gruppi umani, per un totale di 86 vittime e questo con un materiale e una tecnica che avrebbero normalmente provocato una serie di catastrofi sia per l’esecutore sia per la cerchia vicina e lontana.
Il dovere di esattezza 
R. Steegmann dovrebbe abituarsi all’idea che viviamo in tempi in cui le nuove generazioni mal sopportano che gli si faccia la morale con cosi tanta insistenza. Sorridono o si irritano nel vedere che ci ostiniamo, al liceo o altrove, a inculcare loro delle scelte di ordine morale e a filosofeggiare sull’«innominabile », o l’importanza di «dire l’indicibile » (2009, p. 311). L’odio del nazista con il coltello tra i denti, l’obbligo morale, che ci è imposto, di andare a sputare sulle tombe dei vinti, la ripugnante abitudine presa dal vincitore di ergersi al contempo accusatore e giudice di un vinto totalmente alla mercé , il cinismo che consiste nel dichiarare a priori : «Il Tribunale non é tenuto alle regole tecniche relative all’amministrazione delle prove…» o ancora : «Il Tribunale non esigerà che sia resa la prova di fatti di notorietà pubblica, ma la considererà come scontata… » (articoli 19 e 21 dello Statuto del Tribunale di Norimberga), tutto questo, che persiste da cosi tanto tempo dopo la guerra, comincia a datare e stancare. Gli americani chiamano questo fenomeno di rigetto « Holocaust Fatigue ». Già tra il 1938-1939 i giovani Francesi avevano le orecchie stanche sia dai ritornelli della Prima Guerra mondiale su « les Boches » (Crucchi ndt,) le loro « fabbriche di cadaveri », « i bambini belgi con le mani tagliate » e dagli slogan troppo spesso bellici su « l’amore per la patria », « la gloria delle armi » o il mito de « la tranchée des baïonnettes ». I ritornelli di oggi sono riciclati da quelli di ieri, riportano lo stesso tono di esagerazione, di falso e di indottrinamento.
R. Steegmann ripete spesso che lo storico non è né giudice né accusatore ma la sfortuna vuole, che da un capo all’altro delle sue due opere principali sullo Struthof, abbia adottato il linguaggio di un giudice-accusatore troppo poco preoccupato di dichiarare “la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità”. Ha soprattutto nascosto al suo lettore l’esistenza e il contenuto di una perizia scientifica di primaria importanza e ha ignorato troppi fatti essenzialmente di ordine materiale che, da soli, erano sufficienti a convincere che il racconto dei pretesi gasaggi omicidi dello Struthof non poteva che essere un’impostura.Il futuro ci dirà se quest’impostura andrà presto a raggiungere tanti altri racconti sulle “camere a gas naziste”, che dal 1960 ai giorni nostri, sono finiti nelle immondizie della storia. Si renderebbe giustizia per il rispetto che meritano le vere sofferenze di tutte le vere vittime della Seconda Guerra mondiale.
N.B.: R. Steegmann valuta il numero dei detenuti morti allo Struthof in un totale di circa 20 000, che gli sembrava « plausibile, di cui 3 000 nel « campo-madre » (2009, pag. 287). Era proprio alla cifra di 3 000 che si era fermato nel suo atto di accusa, al processo di Metz, nel 1952, il tenente colonnello della Giustizia militare Guyon, commissario del governo al Tribunale militare permanente delle forze armate, che dichiarava: « In tre anni e mezzo di esistenza del campo, lo Struthof che è da classificare tra i più temibili, è stato la tomba di 2165 vittime calcolate, fatta eccezione per una trentina di esecuzioni clandestine e di tutti i Russi, Polacchi, Ebrei morti tra metà settembre del 1943 e il 29 maggio 1944. Il numero dei decessi deve avvicinarsi a 3 000, la media effettiva dei deportati durante lo stesso periodo è stata di 1983».R. Steegmann è giunto alla stima dei 20 000 solo con l’aggiunta di elementi eterocliti e non accompagnati da giustificazioni verificabili. La « nebulosa » dei campi satelliti, con i suoi propri morti, occupava a volte spazi geografici notevolmente lontani dallo Struthof, che potevano andare per esempio dal Lussemburgo all’Austria. Per quanto riguarda le vittime delle « marce della morte », sono difficilmente imputabili a una Germania che, in preda ai bombardamenti e alle epidemie, era agonizzante e sul bordo del caos, soprattutto nei trasporti. Infine, per tornare al cuore del nostro soggetto, la camera a gas dello Struthof, è opportuno sapere che durante il processo di Metz, secondo un giornale, il capitano Henriez, sostituto del commissario del governo, avrebbe dichiarato: « Non posso fornire la prova che ci siano stati dei morti da avvelenamento allo Struthof » (Dernières Nouvelles d’Alsace, 18 décembre 1952, p. 15).
Fonte originale: http://robertfaurisson.blogspot.it/2013/05/il-est-temps-den-finir-avec-la-chambre.html