lunedì 30 novembre 2015

CLANDESTINI, Prefetti e Governo alleati contro la Nazione italiana





Clandestini, Prefetti e Governo alleati contro la Nazione italiana   
 
di Federico Dal Cortivo
 
Li abbiamo sentiti lamentarsi con il governo del duo Renzi-Alfano”, i poveri Prefetti, anime belle, che “non ci stanno “ e si “sentono soli” contro la marea montante di proteste, che sia pur nella censura dei media di regime si sta levando in varie parti d’Italia, eppure fino ad oggi si sono dimostrati solo zelanti servitori di uno dei peggiori governi del secondo dopoguerra, un esecutivo che sta letteralmente consegnando l’Italia oltre che alla finanza internazionale e alle multinazionali, a torme di clandestini provenienti da ogni dove.
Questi ultimi, basterebbe dare un’occhiata un po’ più attenta alla cronaca quotidiana edulcorata dai media mainstream del politicamente corretto, dopo essere stati accolti, poveri bamboccioni, con i guanti bianchi, coccolati, viziati e dotati di ogni confort…, alla fine spesso e volentieri delinquono, protagonisti indiscussi di quella microcriminalità predatoria che oramai fa parte del quotidiano di molte città italiane. E qui i signori Prefetti si stanno distinguendo in un lassismo indegno verso costoro, usando invece il pugno di ferro contro gli italiani che osano alzare la testa, in questo zelanti servitori di un governo di burattini spocchiosi, non eletto da nessuno e screditato in ogni consesso, ma direttamente funzionale a quei centri di potere economico finanziario che hanno decretato che l’Italia debba scomparire come Nazione.
Fino a ieri, quando non c’era la minima reazione popolare, si sono limitati a fare i passacarte, ora che qualcuno inizia ad alzare la voce chiedendo finalmente sicurezza e tutela dalla Stato, che cosa fanno? Semplice, si ergono a vittime del governo che avrebbe la colpa di mandarli al “massacro”, dimenticando di essere complici di tutto questo sfascio insieme al sedicente ministro dell’Interno Alfano, che di sicurezza non sa nemmeno l’abc, e che non saprebbe garantirla nemmeno a un pollaio tanta è la pochezza del soggetto.
Non hanno esitato a imporre agli abitanti dei comuni italiani la coabitazione forzata con i clandestini, perché di questo si tratta e non di persone in cerca di vera occupazione, che in Italia del resto non esiste nemmeno per noi, figurarsi per chi arriva senza alcun titolo…, facendo vergognosamente manganellare dalla Polizia i propri connazionali per far posto a degli stranieri, cosa mai vista nemmeno nelle nazioni più arretrate del Terzo Mondo!
Chissà che alla fine non ci scappa una bella denuncia per “Alto Tradimento” per questi intoccabili e per chi sopra di loro gli da gli ordini, cose del genere non hanno giustificazione alcuna se non “nella scomparsa in questi soggetti, ma forse non l’hanno mai avuta, del senso di appartenenza a un Popolo e ad una Nazione”, unita al totale disprezzo per quelli che sono gli interessi nazionali.
Ora, avessero almeno la dignità di dare le dimissioni se si sentono abbandonati, anche se sarebbe meglio farlo per una giusta causa come il non essere più in linea con i programmi antinazionali di questo bolso governo di camerieri dell’alta finanza, altrimenti dall’alto dei loro privilegi e stipendi stiano zitti e continuino a fare i “servitori dello ”Stato”(?) così come si è presentato retoricamente non appena arrivato a Verona il neo Prefetto Mulas, il “cui primo interesse è stato quello di sistemare i clandestini nel miglior modo possibile”, poi forse per gli italiani di Verona e i loro problemi ci sarà tempo…forse…Del resto per ricoprire certi incarichi in Italia non bisogna necessariamente essere i migliori, i tempi del Prefetto Mori sono lontani, oggi prevale il “tengo carriera e famiglia”.
 Sul governo bastano i fatti cui ogni giorno come italiani assistiamo, con le navi della Marina Militare, in puro stile otto settembre, che invece di salvaguardare le frontiere marittime svolgono compiti da provati scafisti d’altura, trasportando in Italia centinaia di clandestini, prelevati fin quasi sotto le coste africane in operazioni dai nomi reboanti, quanto vuoti, come Mare Nostrum e Triton, immagini che facendo il giro del mondo ci coprono quotidianamente di ridicolo, con le navi da guerra trasformate in tante ONLUS galleggianti portatrici di scabbia, malaria e tubercolosi.
Di fronte a tanto sfacelo è necessario ribadire con fermezza e senza tanti timori quello che tanti italiani pensano, ma che non hanno il coraggio di dire, pena la bolla di razzismo, l’odierna scomunica, che colpisce chi non accetta il dogma capitalista multirazziale.
L’immigrazione è solo una iattura per quella nazione che la subisce come l’Italia di oggi, non porta alcuna ricchezza se non per chi si arricchisce sui clandestini, dal clero alle ONLUS, che molti di questi soggetti che accampano diritti che non hanno sulla nostra terra, andranno solo a ingrossare le fila della malavita nazionale, che le nostre periferie stanno in molti casi già assomigliando a quelle squallide e degradate di molte città statunitensi, francesi e britanniche, che il nostro sistema sanitario nazionale sta collassando anche grazie a questi derelitti che pretendono cure gratis senza versare alcun contributo (poi si invocheranno strumentalmente le privatizzazioni per ovviare all’inefficienza del pubblico), che le nostre scuole statali dove si dovrebbero formare gli italiani del futuro, oltre a cadere spesso a pezzi e in perenne carenza di fondi, hanno i programmi rallentati per la presenza dei loro figli (che però non entrano nelle scuole religiose private e laiche dove studiano invece i figli dei buonisti della sinistra al caviale) che non capiscono l’italiano e non si vogliono integrare, distanti anni luce dalla nostra cultura, che i nostri lavoratori sempre meno tutelati dagli attacchi portati dai governi di centrosinistra e centrodestra e dalla resa del sindacato concertativo, si trovano in concorrenza oramai diretta con gli stranieri che accettano qualsiasi lavoro anche sottopagato e insicuro (ma qui la colpa è anche di chi l’ impiega per proprio tornaconto incurante dei danni sociali che arreca alla nostra comunità e tra questi imprenditori vi sono anche i famosi padani di Salvini), e si potrebbe continuare ancora con i perché questi invasori, portatori di alcun valore, non serviranno proprio a nulla se non a farci diventare ancora più poveri, meno italiani, meno europei, più terzo mondiali, e quindi anche più disponibili ad accettare passivamente una nuova società multirazziale dominata dal libero mercato, dalla globalizzazione e terra di conquista per il capitale straniero.

                                                                                                                                                         

sabato 28 novembre 2015

Vaticano: una fucina di conti segreti, sprechi, privilegi e spese pazze

Vaticano: una fucina di conti segreti, sprechi, privilegi e spese pazze

Conti segreti, sprechi, privilegi e spese pazze: ecco la nuova Vatileaks che scuote il Vaticano.
  Nelle carte l’attico di Bertone restaurato con i fondi del Bambin Gesù e i 5mila appartamenti della Curia. E dai soldi di carità dello Ior nulla va ai poveri.
La rivoluzione della sobrietà di Francesco ha il piombo nelle ali. I documenti contenuti nei libri «Via Crucis » di Gianluigi Nuzzi e «Avarizia» di Emiliano Fittipaldi illuminano realtà inedite e altre già emerse nei mesi scorsi.
Carte riservate su ricchezza, scandali e incoerenze tra la «Chiesa povera per i poveri» di Bergoglio e il reale svolgimento della vita in Vaticano oggi. Nell’insieme i volumi tracciano a tinte fosche un panorama inquietante. Dai mega-appartamenti da 500metri quadri dei cardinali di Curia al tesoretto ecclesiastico di quattro miliardi di euro in proprietà immobiliari. Segreti non ritenuti così rivelatori della situazione del pontificato da meritare negli Usa l’anteprima dei principali media, che non fanno mai sconti alla Chiesa. Non vi hanno trovato novità o dati sconvolgenti.
La Grande Bellezza in Vaticano in un vortice di peccato e santità. I soldi, tanti soldi, raccolti per opere pie finiscono anche per soddisfare la brama di lusso e potere .
I soldi, certo. Quelli buttati e quelli spariti. La carità raccolta per fare il bene e finita ad alimentare il male. Ma non c’è solo questo nell’inchiesta che ha portato all’arresto di monsignor Vallejo Balda e della Chaouqui (scarcerata, lei, perché sta attivamente collaborando con la Gendarmeria vaticana). A ben vedere quel che è sotto accusa è il modo d’essere del Vaticano a Roma, la città che da sempre ospita il Papa e la Curia, e a poco a poco è riuscita a trasformare questa grande, eterna, istituzione universale, in una colossale centrale di scambio di favori e rapporti clientelari. Tal che si può dire che una parte consistente della popolazione della Capitale, non necessariamente appartenente alla classe dirigente, vive e ha vissuto alle spalle del Romano Pontefice e dei suoi cardinali e monsignori, in un sistema che a tutto è sopravvissuto, la fine della Democrazia cristiana, della Prima e della Seconda Repubblica, il declino e la morte di Andreotti, che di quel mondo è stato l’ambasciatore presso tutti i governi, anche quelli di cui raramente non faceva parte. E poi il divorzio, l’aborto e le unioni gay, l’inaridirsi dei patti del Concordato, le incomprensioni sempre più forti, con Prodi, prima, e poi con Berlusconi; fino a Renzi, ricevuto con la famiglia e con grande simpatia da Papa Francesco, che, dopo l’incontro, si sarebbe lasciato sfuggire: «Però, parla sempre lui!». 
PATRIMONIO IMMOBILIARE: Destinato a cadere, a soccombere all’onda che ha valicato il Tevere dei poveri che cercano giustizia è ciò che al Papa appare come una casta; è quest’intreccio di convenienze, grandi e piccoli privilegi, aiuti chiesti, promessi e restituiti. Un mondo stretto, fatto solo di conoscenze, le tessere di favore per entrare allo spaccio o nella farmacia vaticana; le messe chiuse, esclusive, a inviti, che nei giorni prima di Natale ancora oggi vedono entrare in fila dalla Porta di Sant’Anna le berline scure di ministri e sottosegretari venuti a chiedere la benedizione, con mogli, figli e statuetta del Bambin Gesù da riporre nel presepe. Le sole case dell’Apsa, l’amministrazione del patrimonio immobiliare del Vaticano, 5050 tra appartamenti, negozi, terreni e locali di vario tipo, dislocati in buona parte al centro di Roma, alimentano un mercato sotterraneo di cui invano la commissione papale nominata da Francesco ha cercato di misurare l’entità. Si sa che per diventare inquilini del Santo Padre c’è una fila di aspiranti disposti anche ad aspettare mesi, se non anni; circolano elenchi segreti di occupanti anziani che per motivi di salute, per necessità o per morte, potrebbero lasciare liberi gli alloggi all’improvviso, o forse cedere a una generosa buonuscita. E si racconta di un bravo sarto romano, neppure un grande sarto di firma, accurato nel fasciare le Eminenze con eleganti tonache su misura, cappotti in cachemire e «magne cappe», mantelli lunghi anche otto metri per le cerimonie liturgiche ufficiali, che nelle case dell’Apsa aveva sistemato tutta la famiglia, figli, nuore e nipoti compresi.
FELLINI PROFETICO: Tanti anni fa, quando uscì nei cinema il «Roma» di Fellini, la scena madre della sfilata di moda dei monsignori avvolti nei loro paramenti dorati fu considerata sacrilega, e invece era profetica: vi si affacciavano, descritte per la prima volta con la mano magistrale del grande regista, la mondanità e la vanità tenute nascoste per anni, e una chiara allusione all’effeminatezza, oggi si direbbe la gaiezza, di certi principi della Chiesa rubicondi e appesantiti da pranzi e libagioni, che si godevano la vita terrena non sapendo cosa avrebbe potuto riservargli l’Aldilà. Era – ed è ancora, sono abitudini mai tramontate in certi giri della Capitale – l’epoca in cui un pranzo o un ricevimento importante non era tale se insieme a un ministro o a un leader politico non sedevano, uno accanto all’altro, un ambasciatore, un porporato e un pregiudicato. Le riffe, le cacce al tesoro, perfino il gioco d’azzardo praticato nei circoli cittadini, dove le buste coi soldi venivano servite su vassoi d’argento da camerieri in guanti, si confondevano in un vortice di santità e peccati, preghiere e assoluzioni, vizi e virtù, e tutto nel superiore obiettivo del bene da fare, e dei mezzi necessari da procurare, per accontentare il Papa. Che poi troppo spesso il Papa fosse ignaro di quel che gli girava intorno, che non potesse immaginare fino a dove potesse spingersi la corruzione praticata in suo nome, che non conoscesse, o fosse informato solo in parte, delle pratiche illecite svolte dallo Ior, la banca vaticana che il presidente (fino a luglio 2014) Ernst Von Freiberg ha definito senza mezzi termini dedita «al riciclaggio», al contrario erano in molti a saperlo, dietro il Portone di Bronzo. E in tanti si adoperavano per far sì che questa potesse restare la regola. Le dimissioni di Benedetto XVI, l’11 febbraio di due anni fa, piuttosto che trasmettere il senso di gravità e di eccezionalità della decisione, oltre la quale la Chiesa doveva tornare sui suoi passi, avevano accentuato, inverosimilmente, il senso di precarietà del potere papale e il parallelo rafforzamento di quello temporale della Curia e delle sue diverse fazioni. 
CAMMINO INARRESTABILE: E da questo punto di vista l’arrivo di Francesco non era stato uno di quegli imprevisti che solo l’illuminazione dello Spirito Santo può portare nel Conclave. Molto di più: come ha detto il Pontefice fin dal suo primo giorno, l’inizio di un’epoca nuova in cui l’inferno dei poveri comincia a lambire con le sue fiamme le segrete stanze dei principi della Chiesa. Una crociata, un cammino inarrestabile, per Francesco: che non potrà essere rallentato, né dallo scandalo degli arresti di due giorni fa, né dalla pubblicazione dei due libri che stanno per uscire sulla corruzione in Vaticano. L’ingenuità, come chiamarla diversamente, di un Papa che pensava di scoperchiare gli arcana imperi della monarchia più antica del mondo col solo ausilio della sua commissione, di un uomo come monsignor Vallejo Balda e di una donna come la Chaouqui, che raccontava di mettere ogni sera la crema anti screpolature sulle mani del Santo Padre, non avranno conseguenze sulla sua missione, mirata a rifondare la Chiesa. Dovrà ricredersi, spiega chi lo conosce, chi s’illude che prima o poi Francesco s’arrenda. 
Ultimo viene il Corvo: Una delle ossessioni ingigantite dai social consiste nel privilegiare il retroscena alla scena, le modalità con cui si è venuti a conoscenza di un fatto rispetto al fatto vero e proprio. Ogni volta che affiora un’intercettazione non si discute tanto del suo contenuto ma della sua liceità e del chi l’ha fatta uscire e perché. Lo stesso meccanismo si applica alle gole profonde del Vaticano, i famosi Corvi. Dei primi due scandali che squassarono il Cupolone è rimasto nella memoria il maggiordomo del Papa che passò le carte alla stampa. Non che in quelle carte ci fosse scritto che Giulio Andreotti aveva nella sua disponibilità un conto di sette miliardi di lire presso la banca vaticana.
Lo schema si replica in queste ore. È tutto uno svolazzare di pennuti, un proliferare di allusioni sul monsignore spagnolo offeso col Papa per un mancato scatto di carriera, sulla giovane italo-francese issata senza alcuna ragione apparente ai vertici di un ente della Chiesa, sulle loro feste in terrazza riservate ai potenti. Ma il fumo delle chiacchiere rischia di togliere visibilità all’arrosto, ovvero ai documenti che la strana coppia avrebbe messo in circolo, da cui si scopre che il Vaticano possiede 4 miliardi (in euro) di patrimonio immobiliare soltanto a Roma e che valanghe di denaro raccolte per scopi benefici servono a finanziare la bella vita di qualche cardinalone allergico ai costumi evangelici di papa Francesco. Se ci si può permettere una garbata ingerenza nei confronti di uno Stato confinante che notoriamente non se n’è permesse mai, invece di chiudere in gabbia i corvi, il nuovo corso vaticano farebbe meglio a liberarsi degli sciacalli.
CASI NUOVI E VICENDE NOTE:  Alcune situazioni erano già conosciute. Per esempio, il lussuoso attico dell’ex segretario di Stato, Tarcisio Bertone, la «malagestio» della sanità cattolica dall’Idi all’ospedale di Padre Pio a San Giovanni Rotondo, dai conflitti interni per la gestione delle finanze vaticane tra i vertici vaticani (Pell, Calcagno, Parolin). A questo quadro descritto negli ultimi mesi dai mass media, il libro di Nuzzi aggiunge registrazioni di incontri riservati tra prelati e il Papa («i costi sono fuori controllo, ci sono trappole», dice Francesco).  
Bilanci non ufficiali da cui emergono corruzione e malaffare. Per il resto non sono una novità i fasti delle gerarchie, le regge a canone zero, la fabbrica dei santi, le offerte dei fedeli sottratte alla beneficenza, il buco nero delle pensioni, le veline e i veleni di chi sabota le riforme Nell’inchiesta di Fittipaldi, soldi, immobili, sprechi. Ma anche affari sporchi e privilegi. Lo Ior gestisce 4 fondi di carità ma nel 2013 e nel 2014 neppure un euro è andato ai bisognosi o alla solidarietà nonostante saldi in attivo per decine di milioni di euro.  
SPESE PAZZE IN CURIAPiccole furbizie che diventano business. Come il carburante: garantisce ingenti margini, scrivono gli analisti Ernst&Young. Come si sa, in Vaticano le pompe di benzina sono due, e il prezzo per i consumatori è 20% più basso rispetto a quello italiano. Fittipaldi ricostruisce: ci sono 550 tessere che consentono di fare benzina: 1.800 litri all’anno, 27 mila utenti. Molti non sono autorizzati. Ma non sono solo i due libri in uscita a far affiorare nuovi scandali finanziari in Curia. 
ALTRI SOSPETTI SULLL’APSA: Secondo un documento interno rivelato dall’agenzia Reuters, l’Apsa sarebbe stata usata per riciclare denaro di provenienza oscura dalla Banca Finnat di Giampietro Nattino, il finanziere del quale l’immobiliarista Stefano Ricucci diceva al pm in un interrogatorio: «Chi è Nattino? Ma lei vuole che mi uccidono stasera? Lo lasci stare questo, io lo dico per me poi se lei vuole andare avanti lo faccia. Lei fa quello che le pare, la proteggono 600 persone, ma a me chi mi protegge?». Due milioni sarebbero stati spostati in Svizzera pochi giorni prima che il Vaticano imponesse una stretta con la nuova normativa contro il riciclaggio e mettesse i trasferimenti di denaro sotto controllo minuzioso. Dal 22 maggio 2000 al 29 marzo 2011, a Nattino faceva capo il «Portfolio 339». Origini e finalità di destinazione dei fondi sarebbero «dubbie», si legge nel dossier degli investigatori vaticani di 33 pagine, poi passato alla finanza italiana e svizzera perché potessero a loro volta svolgere accertamenti. L’Apsa gestisce anche finanze e fondi della Santa Sede. Una cassaforte ancora una volta nel mirino.
Mezzo milione in sei mesi, le spese folli del cardinale
George Pell, detto “il Ranger” volava solo in business class. Nell’elenco anche 47 mila euro di mobili e 2.500 euro in sartoria.

Tra le mille rivelazioni del Vatileaks2, ha fatto impressione la lista delle spese del cardinale George Pell, detto «il Ranger», il porporato australiano che è stato chiamato a Roma a mettere ordine nei conti della Curia.
A voler usare un eufemismo, Pell non è amato. Guarda caso la sua preziosa nota spese viene rubata da un ignoto hacker e ora compare nel libro «Avarizia» di Fittipaldi. Notizie del diavolo, si dirà. Sì, ma da leccarsi i baffi. «Da luglio 2014 a gennaio 2015 gli esborsi hanno infatti toccato i 501 mila euro». Nell’elenco c’è un sottolavello da 4600 euro, ma anche 7292 euro di tappezzeria, 47 mila euro per mobili e armadi, lavoretti vari da 33 mila euro. Il cardinale o uno dei suoi segretari hanno messo in nota spese anche gli acquisti fatti al negozio Gammarelli, sartoria storica che dal 1798 veste la curia della Città Eterna: in genere i porporati pagano di tasca loro tuniche e berretta, stavolta la segreteria ha fatturato direttamente abiti per 2508 euro.
Pesante anche il capitolo viaggi. Il «Ranger» per andare da Roma a Londra lo scorso 3 luglio ha speso 1103 euro, business class. Quattro giorni dopo si è fatto rimborsare un volo Roma-Dresda, in Germania, da 1150 euro, un altro per Monaco da 1238, mentre lo scorso settembre la Scuola dell’Annunciazione del Devon, di cui l’ultraconservatore è diventato «patrono», ha dovuto sganciare per un Roma-Londra 1293 euro. Pell e il suo vice Casey si accomodano in business anche quando vanno a Malta, dove vanno ad ascoltare i consigli del finanziere Joseph Zahra. Ma sono tutti gli uomini vicini al cardinale a volare in business, da lord Christopher Patten (ex presidente della Bbc che dovrebbe riformare la comunicazione della Santa Sede) all’industriale di Singapore George Yeo, membro della Commissione per la riforma del Vaticano.
Un menage dispendiosissimo che fa a pugni con i desideri del Papa e non così dissimile da quanto emerso, per dire, dai processi a carico di Don Verzè e altri amministratori del «San Raffaele», i quali hanno dissipato una cinquantina di milioni in fondi neri, jet privati, fazende brasiliane, ville con piscina, e spese strampalate tra cui quella per un’enorme voliera piena di pappagallini in ufficio.
La verità è che quando a saldare le fatture è il Vaticano, non si fanno sconti. Così capita – scrive Gianluigi Nuzzi – che «in tre anni la società Cap Gemini Ernst & Young si è fatta pagare ben 10 miliardi di vecchie lire (5,6 milioni di euro) per una consulenza sul sistema contabile».
Il Vaticano raccoglie donazioni da tutto il mondo, il Governatorato poi le dilapida. «Già nel 2009-10 un’analisi riservata di McKinsey sui conti dell’ente aveva fatto emergere una situazione disastrosa. Diversi centri di spesa, come quelli relativi alla manutenzione, presentavano costi maggiori dal 200 e fino al 400 per cento rispetto alle tariffe di mercato». Quel monsignor Viganò che aveva provato a frenare le spese pazze (famoso il caso di un albero di Natale costato 500 mila euro) è finito screditato e esiliato a Washington.

                                                                                                                                   

mercoledì 25 novembre 2015

ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO



ANCORA QUALCHE NUOVO CONFRONTO
di Filippo Giannini

CIRCA L’ITALIA CHE FRANA, CON RELATIVI MORTI. Avevo 5 o 6 anni; un giorno durante uno dei normali giorni di scuola, la mia insuperabile maestra, la signora Gandolfi, ci disse di avvertire i nostri genitori che il giorno successivo saremmo dovuti andare per una missione in campagna e chi voleva poteva indossare la nostra divisa. Avvertii della cosa mamma e papà e, indossata la divisa di Figlio della Lupa, il giorno dopo mi recai a scuola (Riccardo Grazioli Lante), ma non feci in tempo ad entrare che fuori ci attendeva, fra le altre, anche la maestra, signora Gandolfi, che ci accompagnò ad un autobus che ci attendeva fuori della scuola. Dopo un certo tragitto, giunti in una zona di campagna e, scesi dall’autobus, ci venne incontro addirittura il Duce, il quale dopo un brevissimo discorso ci spronò a svolgere una missione nella quale eravamo tutti impegnati. Missione, ci disse, nell’interesse della Patria e del nostro futuro. Detto questo ci vennero consegnate delle piantine e cominciammo, tutti insieme con il Duce in testa, a piantarle salendo su una collina.
   La sera, stanco quanto mai, mi addormentai felice di aver compiuto, con il mio dovere, anche qualcosa di utile, appunto, per la mia Patria.
   Qualche tempo fa lessi che durante il mai sufficiente deprecabile, infame Ventennio (che sia sempre benedetto) furono piantati un miliardo di alberi; ritengo la cifra esagerata, ma ne furono piantati a sufficienza perché l’albero, grazie alle sue radici opera all’incirca come il ferro-cemento, cioè, ripeto, grazie alle radici queste trattengono la terra impedendo che essa frani. Non so se mi sono spiegato. Provo a farlo meglio: durante il Male Assoluto, vennero piantati degli albero che svolsero nel tempo le loro funzioni. Poi, finalmente (bah!) fummo liberati (doppio bah!, anzi triplo) e grazie ai liberatori (ma quando ce ne libereremo?) è tornata la libertà (quella di rubare, quella di cementificare a cacchio di cane) ed oggi, finalmente possiamo navigare, grazie alle frane, nelle strade e godererne molto più di qualsiasi altro popolo. Quando c’era il Male Assoluto (che sia una volta ancora benedetto) esisteva la salvaguardia dell’ambiente e sorgevano i Parchi Nazionali e, di conseguenza la salvaguarda del verde. Non so se mi sono spiegato!
ORA UNA FAVOLA – CHE E’ STATA REALTA’. Oggi è stata raggiunta un’Italia dei diritti e della libertà (non si espresse così l’onorevole Violante?). A proposito di onorevole, non sarà mai così, ma se fossi deputato e qualcuno mi chiamasse onorevole, per me sarebbe una offesa molto grave. Tornando a noi: il ladro che ruba commette una grave colpa e per questo se acciuffato dovrebbe finire in galera, e questo sarebbe giusto. Ora volgiamo lo sguardo nell’ambito politico. Certi onorevoli – credo che siano tre o quattromila – prima hanno varato una legge attestante che rubare non è un furto, poi si sono concessi dei vitalizi che vanno dai 3.000 ai 10.000 euro mensili, ovviamente senza annullare la ricchissima pensione. Mi spiego meglio dato che il furto è così infame che anch’io sono rimasto incredulo. Ebbene questi signori che a fine rapporto (rapporto che può essere loro riconosciuto anche se si sono presentati nelle aule solo per un paio di mesi) si sono concessi un premio (chiamiamolo così), battezzato vitalizio, cioè vita natural durante, vitalizio che  non intacca la loro super dorata pensione, vitalizio che parte, appunto, da 3.000 a 10.000 Euro mensili. E questi mariuoli da galera, molti di questi, non contenti della furbatina sono anche dei corroti e corruttori. Sapete, tanto per arrotondare, e poi tengono famiglia…
Ed ora per farmi passare l’incombente mal di fegato, trattiamo della favola. E spostiamoci a qualche anno indietro. Sino alla fine del 1943 Mussolini (sì, sì, Lui, l’infame) aveva rifiutato qualsiasi appannaggio, non solo a titolo personale, ma anche per le spese della sua segreteria. Riporta il Candido del 1958, parla il Ministro Pellegrini-Gianpietro: <Nel novembre era stato preparato un decreto, da me controfirmato, con il quale si assegnava al Capo della Rsi, l’appannaggio mensile di 120 mila Lire. Il decreto, però che doveva essere sottoposto alla firma del Capo dello Stato, fu da lui violentemente respinto una prima volta. Alla presentazione, effettuata dal sottosegretario di Stato, Medaglia d’Oro Barracu, seguì una seconda del suo segretario particolare Dolfin. A me, che, sollecitato da Dolfin e dall’economo, ripresentai per la terza volta il decreto, Mussolini disse: “Sentite Pellegrini, noi siamo in quattro: io Rachele, Romano e Annamaria. Mille lire ciascuno sono sufficienti”. Dovetti insistere nel fargli notare che, a parte l’insufficienza della cifra indicata, in relazione dl costo della vita, occorreva tener conto delle spese della sua casa e degli uffici. Dopo vive sollecitazioni finì per accettare, essendo egli anche Ministro degli Esteri, solo l’indennità mensile di 12.500 lire assegnata ad ogni altro Ministro. Nel dicembre 1944, però, mi inviò una lettera che pubblicò, rinunciando ad ogni e qualsiasi emolumento, ritenendo sufficienti alle sue necessità i diritti d’autore>. Cosa ne pensi, caro lettore? Mi dici che vai a Montecitorio o nelle sedi di qualsiasi ufficio delle Regioni? A far che, ti chiedo, in quelle sedi troverai solo esponenti dei diritti e della libertà.
   Concludo. Gli italioti, che come tutti sappiamo sono tanto intelligenti e furbi, cosa hanno escogitato? Hanno messo in atto gli ordini dei liberatori, hanno assassinato il malefico ed hanno instaurato questa democrazia dei diritti e della libertà. Non siete felici?
   E grazie ai liberatori (sì, sì, quelli che con solo due bombette, quelle, cioè, assolutamente fuori da ogni convenzione, uccisero e storpiarono 300 mila esseri umani, tutti scrupolosamente civili!) oggi abbiamo una classe politica, mafiosa, corrotta, corruttrice, ecc. ecc. ecc. Allora avevamo un Jung, un Beneduce, un Serpieri, un Crollalanza ecc. ecc., uomini onestissimi, a capo dei quali c’era un Male Assoluto il più onesto di tutti, e tutti tesi all’interesse del popolo, i quali con gli occhi di oggi possiamo catalogarli fra i fessi.
   E ALLORA, COME USCIRE DALL’ATTUALE CRISI? Sarebbe semplicissimo: ispirandosi a quanto fu fatto durante il mai sufficientemente condannabile, infausto truce Ventennio; sempre che gli attuali mascalzoni lo volessero. Una breve premessa: sapete che nel periodo del Male Assoluto l’Italia uscì dalla crisi congiunturale nata nel 1929 meglio di qualsiasi altro paese, tanto che da ogni parte del mondo giungevano in Italia esperti per studiare il miracolo italiano? Non lo sapevate? Ė ovvio, certe cose si debbono nascondere.
    Concludo: Continuerò in uno dei prossimi miei lavori.
   Allora in bocca al lupo a tutti, anche se sarebbe più veritiero augurare: in bocca a Renzi (o simili che sono tanti e ognuno simile agli altri). Ciao, ciao…
                                                                                                                                                                  

lunedì 23 novembre 2015

SARANNO I SIRIANI A DECIDERE PER ASSAD!

Assad è il legittimo Presidente della Repubblica Araba di Siria.
Ha subito una aggressione senza precedenti da parte degli occidentali e dei paesi arabi servi degli Usa che speravano di abbatterlo "alla Gheddafi".
Si è trovato di fronte degli oppositori (armati e foraggiati da Obama,Cameron ed Hollande) per nulla diversi dai loro degni fratelli dell'Isis,sempre figliastri della Cia e della Casa Bianca.
Ha perso parte del territorio (la meno popolosa) ed ha visto esodare milioni di siriani colpiti da una guerra che civile non è...nel senso che gran parte dei combattenti nemici non sono certo siriani doc ma mercenari stranieri.
Malgrado questi siano arrivati a qualche chilometro dal Palazzo Presidenziale di Damasco,non è mai fuggito ed è rimasto sempre con i suoi soldati ed il suo popolo.
L'aiuto militare della Repubblica Islamica dell'Iran e di Hezbollah sul terreno ha contribuito a resistere fino al massiccio,diretto intervento della Russia con i bombardamenti in atto.
Non possiamo certo sapere noi come evolverà la situazione militarmente e politicamente.
Sappiamo però che Assad non può essere sacrificato da nessuno in nome di "altre" contropartite su altri teatri di crisi.
Noi (io e tantissimi altri,italiani e non) abbiamo sostenuto sempre  (come nelle nostre possibilità,ma mettendoci sempre la faccia) sia l'Iran sia la Russia,viste come baluardo contro il folle imperialismo liberalcapitalista occidentale.
Qualora certe voci interessate su una presunta offerta di "uscita di scena" ad Assad trovassero conferma,verrebbe meno qualunque fiducia in chi,di fatto,lo tradisse.
Non vogliamo neppure credere che queste menzogne  possano avere un fondo di verità.
Assad deve restare al potere fin quando lo vorranno i siriani. Si dovrà andare ad elezioni garantite internazionalmente a tutti e per tutti...compreso Bashar al Assad,se decidesse liberamente di partecipare.
Poi sarebbero i siriani a decidere...

Grazie per l'attenzione
Vincenzo Mannello

domenica 22 novembre 2015

NETTUNIA, UNA CITTA’ FASCISTA

NETTUNIA, UNA CITTA’ FASCISTA 1940-1945

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Autore: Pietro Cappellari
Editore: Herald Editore (Roma 2011)
Formato: 17×24 (429 pagine)
Info: cappellaripietro@gmail.com

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Nettunia venne ufficialmente “fondata” il 24 gennaio 1940-XVIII E.F. con l’organica fusione dei due preesistenti Comuni di Anzio e Nettuno. Questa cittadina è degna di essere annoverata tra le “città fantasma”, tra quegli antichi agglomerati urbani che la storia ha sepolto e delle quali si è persa memoria storica.
Nettunia fu un “progetto” del Regime fascista e per questo fu condannata a una damnatio memoriae che permane tutt’oggi. Anche tra i residenti di Anzio e Nettuno pochi sanno cosa fu Nettunia e questi pochi, molto spesso, hanno delle informazioni – o dei ricordi – del tutto deformati da pregiudizi consolidati, dalle ideologie politiche, dalla televisione e dalla stampa.
La storia di Nettunia è intimamente legata alla Seconda Guerra Mondiale. Non solo per il particolare periodo storico che la vide nascere, ma anche per il rapporto che s’instaurò con i numerosi militari che si avvicendarono sul suo territorio, sede di importanti installazioni delle Regie Forze Armate.
Nettunia, fu devastata dalla guerra, quella guerra che iniziò con i bombardamenti angloamericani ed ebbe il suo apice nello sbarco alleato del 22 gennaio 1944 e nelle successive battaglie che sconvolsero tutto il territorio della testa di ponte.
Tra questi eventi si colloca l’8 settembre 1943: la resa incondizionata dell’Italia, l’occupazione germanica, lo squagliamento dei reparti del Regio Esercito. Anche in questo caso, Nettunia ha una storia da raccontare. Una storia straordinaria e sconosciuta.
Una cattiva “coscienza” elaborò, nel dopoguerra, il mito delle “tre giornate di Nettuno”. Un mito che affermava che, dopo l’8 settembre, il “popolo di Nettuno” era insorto contro i “nazi-fascisti”.
Si trattò semplicemente di una grossolana operazione di manipolazione della storia. I documenti da noi ritrovati hanno, per la prima volta, potuto far luce su cosa avvenne realmente nella cittadina in quei caotici giorni, smantellando la vulgata resistenziale.
Parte non secondaria di questo studio riguarda l’esame delle violenze che gli Alleati commisero contro la popolazione dopo l’operazione di sbarco. Crimini di ogni tipo, oggi dimenticati o addirittura giustificati. Furti, rapine, omicidi, stupri, perdita della dignità nazionale, furono il triste tributo da pagare a coloro che vennero chiamati “liberatori”.
Con questo lavoro, per la prima volta, viene presentata al pubblico la storia di Nettunia, un progetto straordinario nato dalla tenace volontà di riscattare nel Lavoro le Tradizioni millenarie di un Popolo.

                                                                                                                                               
                         

giovedì 19 novembre 2015

VICINO ORIENTE TRA ISIS E IRAQ





Vicino Oriente tra Isis e Iraq
 
Federico Dal Cortivo ha intervistato Padre Jean Marie Benjamin, già funzionario Onu, Presidente del “Benjamin Committee for Iraq e autore del libro“ Iraq effetto boomerang - Da Saddam Hussein allo Stato Islamico”.
 
D: Padre Benjamin dopo aver analizzato la situazione del Vicino Oriente già nel 2002 con il suo primo libro “Obiettivo Iraq”, ora torna ancora ad occuparsi dell’Iraq che pare oggi quasi dimenticato dai media occidentali, questa volta però con uno sguardo approfondito anche all’Isis. Partendo dai tragici fatti di Parigi, dove nel giro di poche ore circolavano già indiscrezioni sui presunti autori che avrebbero fatto capo all’Isis, lei che idea si è fatto al riguardo di questo attacco avvenuto con modalità quasi militari?
JMB- In realtà “Obiettivo Iraq” è il secondo libro che ho pubblicato. Il primo è uscito nel 1999 ed era il primo libro pubblicato in Europa che denunciava l’utilizzo di armi all’uranio impoverito. Il terzo è stato pubblicato in Francia nel febbraio 2003 a 1 mese dell’intervento americano in Iraq. Quest’ultimo “Iraq-L’effetto boomerang” è il quarto.
Questo libro è uscito lo scorso aprile in Francia e a settembre ne è stata pubblicata l’edizione italiana da Editori Riuniti. Ho finito di scriverlo lo scorso gennaio e ho dedicato diverse pagine al rischio che avrebbe corso la Francia con la politica di François Hollande. Anzi, non ho esitato a parlare di futuri probabili eventi in prospettiva, che si sono tragicamente confermati la scorsa settimana a Parigi.
Mi chiede che idea mi faccio al riguardo degli eventi di Parigi di sabato scorso? Non mi faccio un’idea, constato, come dice il proverbio “Chi semina vento raccoglie tempesta”. Fare 3 milioni di morti in Iraq dal 1991 ad oggi, torturare migliaia di iracheni nelle prigioni, fare migliaia di vittime in Libia, mettere questi paesi nel caos e nelle mani degli islamici e poi chiedersi perché sono arrabbiati contro di noi, è fantastico.
 
D: L’Isis, punta di lancia della destabilizzazione nel Vicino Oriente e magari anche dell’Europa, oppure movimento integralista islamico?Come e perché della sua nascita e chi ne muove le fila?
JMB- Abu Bakr al-Baghdadi. Nel 2003, all’indomani dell’occupazione americana, passa alla jihad e adotta il suo primo nome di guerra, Abu Duaa, in seno ad un piccolo gruppo armato – Jaiche al Sunna wal Jamaa – prima di raggiungere le fila di Al Qaeda, allora guidata dal giordano Abu Musab al-Zarqawi. Il 25 ottobre 2005, Abu Bakr al-Baghdadi è bersaglio di un attacco aereo americano avente come obiettivo un presunto covo di jihadisti vicino alla frontiera. Sfugge al bombardamento. Identificato con il nome di Abu Duaa, è descritto come uno dei più alti responsabili del ramo iracheno di Al Quaeda. In particolare è incaricato dello spostamento in Iraq dei combattenti siriani e sauditi. Nello stesso anno, viene arrestato dalle forze americane in un’operazione congiunta con le forze irachene. Passa poco più di quattro anni nel campo di prigionia di Bucca – uno dei campi in Iraq in cui i soldati americani hanno sottoposto i prigionieri a terribili torture, come ad Abu Ghraib.
L’avvicendamento è assicurato. L’America non deve temere di ritrovarsi senza nemico. Sorprendente: nel 2009, Abu Bakr al-Baghdadi viene rilasciato! Un comunicato del consiglio consultivo dello Stato islamico d’Iraq annuncia la sua nomina al posto di Abu Omar al-Baghdadi, ucciso il 18 aprile 2010, in un’operazione congiunta delle forze di sicurezza americane.
Alla fine del 2010, lo Stato islamico d’Iraq, sotto la guida di Abu Bakr al-Baghdadi intensifica gli attacchi contro bersagli del governo e delle forze di polizia irachene con una serie di attentati. Il 31 ottobre 2010, vigilia di Ognissanti, una presa d’ostaggi nella cattedrale di Baghdad si conclude nel sangue, provocando la morte di 46 fedeli, tra cui due sacerdoti e sette poliziotti. Il 3 novembre 2010, lo Stato islamico d’Iraq rivendica la responsabilità del massacro.
Il 9 maggio 2011, in un comunicato, Abu Bakr al-Baghdadi annuncia la sua alleanza con Ayman al-Zawahiri, il successore di Osama Bin Laden, ucciso il 2 maggio 2011 a Bilal, alla periferia di Abbottabad, in Pakistan. Al-Baghdadi conferma la fedeltà dello Stato islamico d’Iraq verso la direzione generale di Al Qaeda, giurando vendetta per il suo capo.
Abu Bakr al-Baghdadi è inserito nella lista dei terroristi più ricercati dal governo americano, che offre un premio di dieci milioni di dollari per la sua cattura (ufficialmente, visto che fine ad oggi lo sostengono con armi e soldi). È abbastanza singolare: prima lo si rilascia, e poi vengono offerti dieci milioni di dollari per riprenderlo, ma in realtà lo sostengono. Fino ad oggi perché le cose fanno cambiare.
Fonti provenienti dal Medio Oriente e dal Maghreb confermerebbero le rivelazioni dell’ex impiegato dell’Agenzia Nazionale di Sicurezza americana, Edward Snowden. Snowden aveva rivelato che i servizi di informazione britannico e americano, come anche il Mossad, avrebbero collaborato insieme per la creazione dello Stato islamico in Iraq e in Oriente. Snowden ha indicato che i servizi segreti di tre paesi, Stati Uniti, Gran Bretagna e Israele, hanno collaborato insieme con lo scopo di creare un’organizzazione terrorista che fosse in grado di attirare gli estremisti islamici sparsi nel mondo, verso un solo luogo: “l’ unica soluzione per proteggere Israele è creare un nemico vicino alle sue frontiere”. L’operazione è chiamata “nido di calabroni”. Secondo Snowden, Bakr al-Baghdadi, avrebbe seguito una formazione militare intensiva, della durata di un anno, sotto la guida del Mossad. Questa versione assicurerebbe lo scenario di un film hollywoodiano ma è molto probabile che in realtà il nostro futuro “califfo” sia stato semplicemente rilasciato per errore, e che il nostro uomo abbia senz’altro fatto il doppio gioco. Ora quando fanno un errore, né la CIA né il governo americano lo dicono ad alta voce.
 
D: Nel suo libro ne descrive l’organizzazione, il reclutamento, la logistica , il perché dei giovani europei si arruolano nelle sue fila, ce ne può parlare?
Molti si chiedono come mai le popolazioni arabe sono “irritate” con l’Occidente. Irritate è una parola leggera, io direi: sono indignate e disgustate dall’arroganza e dalla violenza degli interventi militari dell’Occidente. In Iraq, ad esempio, la popolazione è massacrata dalle bombe americane dal 1991, con centinaia di migliaia di vittime, a questo si aggiungono le torture per le persone recalcitranti alla democrazia, e a tutto questo si aggiungono ancora centinaia di crimini commessi sul territorio iracheno dai soldati americani, gratuitamente, senza ragione (si possono vedere su You tube soldati americani sparare da un elicottero su civili innocenti, o sparare su un’auto che passa e sterminare un’intera famiglia solo per divertirsi). Ci sono, poi, le “prodezze” della Blackwater (che ha proprio il nome giusto) e i crimini sulla coscienza dei propri membri, soldati di una tale barbarie che in confronto a loro i tagliagola dello Stato islamico fanno la figura dei chierichetti.
 
Che non si capisca come mai le popolazioni arabe siano furiose contro di noi è abbastanza sconcertante. L’Occidente, che ha creato lo Stato islamico e Al Qaeda, non capisce come mai tanti giovani, da “casa nostra”, oggi, vogliano combattere al loro fianco. Leggo nella stampa un gran numero di articoli sugli aspiranti jihadisti in Francia e in Europa, giovani ragazzi e ragazze disposti psicologicamente e fisicamente ad andare a combattere per e con lo Stato islamico. Ci si interroga su un fenomeno che non risparmia alcuno strato sociale. Non si comprende. Si parla persino di creare dei centri di de-radicalizzazione per riportare questi giovani sul retto cammino. Per capire, bisogna arrendersi all’evidenza che in Francia e in Europa da qualche anno è in corso uno strappo, una frattura tra Stato e Nazione; una rottura tra una gran parte della gioventù, della popolazione in genere e le istituzioni. Bisogna comprendere che le popolazioni sono disgustate, stanche di essere prese in giro, di essere manipolate e ingannate dalle menzogne dei governi e degli uomini politici, dalle “democrazie” della guerra contro chi non è con noi. La democrazia è una maschera dietro cui viene nascosta la realtà di atti odiosi, la corruzione, la menzogna, la prevaricazione, l’arroganza della forza militare ed economica che vuole imporre la sua legge a chi non condivide la stessa ideologia né gli stessi interessi.
In realtà, questi giovani arabi musulmani francesi (ma anche cristiani francesi) sono disgustati dal sentire i capi politici scandire discorsi con la dialettica della “libertà”, dei “diritti umani”, delle “guerre preventive” delle “guerre contro il terrorismo”, per giustificare i bombardamenti sulla popolazione dell’Iraq, della Siria o di Gaza, dove muoiono milioni di persone. Si ha un bel dire “giovane arabo con passaporto francese”, il DNA è rimasto arabo. Quando un giovane arabo francese, inglese, americano o olandese ha un genitore, un fratello o una sorella o anche un amico, che muore in Iraq, in Siria, in Libia o altrove sotto le bombe di George Bush, Tony Blair, François Hollande o David Cameron, non bisogna aspettarsi che venga a ringraziarci. Si può cercare di far cambiare una mentalità, non si possono cambiare il DNA e le radici nazionali. Per molti di questi giovani, l’Occidente, con le sue democrazie, corrisponde al diritto di dominare dei popoli, di colonizzarli o distruggerli nel caso non si sottomettano. Non sono i giovani che vogliono partire per la jihad che bisogna curare, ma la sindrome della menzogna, dell’inganno, della sufficienza e dell’ipocrisia degli uomini politici. Indubbiamente non è questo l’unico fattore che determina i giovani francesi o europei a schierarsi al fianco dell’Isis, ma è un fattore da non sottovalutare
 
D: Che ne pensa dell’intervento Russo a fianco della Repubblica di Siria contro l’Isis?
JMB-Questa è la faccenda più straordinaria, unica nella storia dell’umanità. Sono 4 anni che il presidente francese François Hollande fa dichiarazioni settimanali contro Bashar El-Assad, il presidente Siriano. Quando lui (Assad) dichiarava che faceva la guerra ai terroristi, Holland e i suoi compagni alleati rispondevano che era propaganda, che non era vero, che il terribile dittatore massacrava il suo popolo. . ecc. Si sono messi al fianco dell’ISIS contro Assad. Risultato: oggi l’ISIS ha conquistato la metà della Siria. Francia, Inghilterra, America e altri alleati hanno appoggiato, direi anche corposamente sostenuto lo Stato islamico di Abu Bakr al-Baghdadi, pensando che l’organizzazione del califfato avrebbe fatto fuori al-Assad. Dunque, pieno appoggio all’ISIS da parte dell’Occidente. Interviene allora un evento inaspettato: V. Putin, dopo aver ricevuto una sberla dall’Europa e dagli Stati Uniti con l’embargo ed essere stato trattato da dittatore (e ben altro) dai media occidentali, organizza la sua piccola “rivincita” e manda le forza armate Russe in Siria dicendo “volete. voi occidentali, liberarvi dell’ISIS che avete sostenuto fino adesso? Non preoccupatevi, ci penso io”.
Risultato, oggi per l’America, Francia, Inghilterra e alleati non serve più sostenere l’ISIS, allora entrano in guerra al fianco di Bashar el-Assad e di Putin. Fantastico, no?! Credo che raramente la Francia abbia fatto una brutta figura simile con la sua politica estera. Prima a testa bassa contro Assad e Putin, oggi a loro fianco contro l’ISIS.
Se fanno fuori i salafiti dell’ISIS sostenuti dall’Arabia Saudita, Kuwait e Emirati, l’Occidente comincerà ad avere seri problemi con questi paesi. Siamo solo all’inizio.
 
D: Padre Benjamin l’Iraq , una nazione a cui Lei ha dedicato molte energie e raccolto innumerevoli dati per denunciare fin dalla prima Guerra del Golfo la tragedia del popolo iracheno e le sue innumerevoli sofferenze, come e perché si è giunti al conflitto del 2003 e inoltre prima di parlare della politica, vorremmo sapere quali sono oggi le condizioni di vita, economiche, culturali di quello che fu lo stato laico di Saddam Hussein?
JMB- Prima del marzo 2003, nell’Iraq di Saddam Hussein, le donne che occupavano posti di responsabilità ai più alti livelli dello Stato erano in più alto numero che in qualsiasi altro paese arabo. Portare il velo non era obbligatorio. All’università di Baghdad, la maggior parte delle ragazze non lo portava, ho varie riprese che lo documentano. Le borse di studio erano per tutti, qualsiasi fosse l’origine sociale o la religione. L’accesso alla sanità era gratuito. Le autostrade erano le più belle e le più lunghe tra tutti i paesi arabi. I negozi cristiani potevano vendere alcool e non vi era guerra né attentati tra sciiti e sunniti. I cristiani erano protetti e rispettati e il primo ministro Tareq Aziz era il solo primo ministro cristiano di un paese arabo.
Oggi non ci sono praticamente più donne al governo o a capo di istituzioni. Devono di nuovo portare il velo e, nel sud, il velo integrale. Non c’è bisogno che l’accesso alla sanità sia gratuito, dal momento che non esiste praticamente più. Le autostrade non sono mantenute. I negozi cristiani sono stati obbligati a chiudere o comunque a non vendere più alcool; chi si è rifiutato ha subito attentati. La situazione tra sunniti e sciiti è odiosa. Infine non solo non c’è più un primo ministro cristiano al governo a Baghdad, ma i cristiani fuggono e abbandonano il paese.
La distruzione della civiltà irachena è stata sistematicamente organizzata in modo da sradicare la memoria storica del paese, origine della nostra stessa civiltà, con la distruzione di uno dei musei più prestigiosi al mondo, quello di Baghdad – che custodiva pezzi unici datati più di 7000 anni -, l’incendio della Biblioteca Nazionale, la distruzione del sistema scientifico e culturale più avanzato di tutto il mondo arabo. Da marzo a settembre 2003, in soli 6 mesi, più di 310 scienziati iracheni sono stati uccisi. Per non parlare dell’Università di Medicina di Baghdad, che prima dell’occupazione americana era la più prestigiosa del Medio Oriente. Ho largamente sviluppato, nelle mie precedenti opere sull’Iraq, i disastri e i danni sulla popolazione irachena degli effetti delle armi all’uranio impoverito e delle armi chimiche utilizzate dalle forze anglo-americane, aventi come conseguenza l’esplosione di mostruose malformazioni infantili, l’aumento di cancri e patologie del sistema immunitario, che colpiscono un importante parte di popolazione.
Le democrazie occidentali, avvolte nei loro “diritti dell’uomo”, cancellano troppo facilmente la memoria storica di disastri, crimini e genocidi di cui sono responsabili. Dubito che nei libri di storia si insegni ai giovani studenti la verità e la realtà su cosa era l’Iraq prima del 1990 e prima del 2003, su cosa questo paese è divenuto oggi e sulle responsabilità di questo disastro. Per parlare solo dell’Iraq. Si tratta di forgiare bene mentalità e coscienze, dalla più giovane età, a scuola, nell’indottrinamento al fondamentalismo laico e ai valori – e metodi – della Democraty Export.
 
D: La popolazione oltre alle innumerevoli perdite dovute agli scontri a fuoco, subisce ancor oggi quello che si potrebbe definire un lento sterminio di massa, dovuto all’Uranio Impoverito disperso nell’aria, nella terra e nell’acqua dalle esplosioni dei proiettili usati dalle nazioni della coalizione occidentale, al pari dei civili serbi, afghani, somali, bosniaci e dei tanti militari della Nato, ci può parlare dei crimini di guerra commessi dalle forze statunitensi?
JMB- Ho dedicato numerose pagine del mio libro alla questione dei crimini di guerra degli americani in Iraq. Voglio solo ricordare questo: nel 1999 l’UNICEF ha pubblicato il suo rapporto annuale sulla situazione dei bambini nel mondo, questa volta interamente dedicato ai bambini in Iraq sottomesso all’embargo. che riporta che in Iraq l’embargo provoca la morte di un numero compreso tra i 5000 e i 6000 bambini al mese, circa 600. 000 in undici anni. In occasione di una conferenza stampa, la Segretaria di Stato americana, Madeleine Albright era stata interpellata da un giornalista: “L’UNICEF ha dichiarato che circa mezzo milione di bambini sono morti a causa dell’embargo. Si tratta di un numero di bimbi morti più elevato che a Hiroshima. È questo il prezzo da pagare?” Madeleine Albright ha risposto: “È una scelta difficile, ma ne vale la pena”.
La morte di 600 000 bambini iracheni… certo, non sono bambini americani, ne vale la pena.
Quando si sente il Segretario di Stato americano rilasciare dichiarazioni così orribili, mentre questa gente si riempie la bocca con parole quali “democrazia”, “diritti dell’uomo” e pretende di dare al mondo intero lezioni di morale, c’è di che restare irritati e indignati.
Queste dichiarazioni non li turbano, ma li turba la barbarie dello Stato islamico quando vengono a fare vittime a casa nostra.
 
Circa la questione dell’uranio impoverito sono intervenuto al riguardo due volte presso la Commissione dell’ONU per i Diritti umani, al parlamento inglese, presso la commissione Affari esteri della Camera, nel 2000 Sergio Mattarella mi avevo lungamente ricevuto al ministero della difesa in relazione alla questione delle armi all’uranio impoverito. Inoltre, mi ha ultimamente inviato una lettera personale manoscritto nella quale ricorda il nostro incontro. Anche Romano Prodi mi ha personalmente scritto recentemente.
 
Circa la questione degli effetti dell’uranio impoverito sulla popolazione irachena l’argomento è troppo vasto per essere trattato qui. Propongo ai nostri lettori di consultare i miei libri e altri scritti da competenti autori, nonché di visitare il mio web site: www. jmbenjamin. org
 
D: Chi governa attualmente l’Iraq e in che consiste la politica interna ed estera dello Stato iracheno?
Guardi che per rispondere a questa domanda si può dedicare un intero libro. Per sintetizzare, attualmente non c’è governo a Baghdad. Quello che chiamano il “governo di Baghdad” è stato messo dagli Stati Uniti; è un governo fantoccio. Chi governa quello che resta dell’Iraq sono i clans, le tribu, gli iraniani, gli americani, soprattutto dopo la firma dell’accordo con l’Iran.
 
D: Lei pensa che si arriverà ad una normalizzazione nell’intera Regione prima o poi , e in che modo sarebbe possibile e auspicabile?
No. Oramai non potranno più fermare il mostro che hanno creato. Anche se riescano ad eliminare lo Stato islamico dalla Siria e dall’Iraq, mi sa dire dire come faranno a eliminare l’ISIS, al Qaeda, al-Noshra e altre circa 60 organizzazione islamiche nel mondo presenti in oltre 50 paesi, in Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco, Yemen, Mali in Africa, in Oriente, in Asia e…in Europa?
 
Grazie per la disponibilità
 

Jean-Marie Benjamin, francese, in Italia da oltre trent’anni, è stato ordinato sacerdote nel 1991. Già funzionario Onu, è presidente del “Benjamin Committee for Iraq”, membro della “Société des gens de Lettres de France” e segretario generale della Fondazione Beato Angelico. È impegnato dal 1997 nella denuncia della tragica situazione del popolo iracheno, ha realizzato tre documentari: Iraq :Genesi del Tempo(1988), Iraq: Viaggio nel regno proibito (1999) e Iraq: Il dossier nascosto ( 2002)

16/11/2015