mercoledì 27 luglio 2016

LA STRATEGIA DELL'IGNORANZA


 

 

 

 

La strategia dell’ignoranza


Che la nostra società sia costituita da una massa informe di persone pronte ad imitare atteggiamenti e modi dei trascinatori non è cosa nuova, eppure dal dopoguerra in special modo negli ultimi decenni con l’emergere della comunicazione mediata da computer, la cultura ha subito un danno senza precedenti causata da un eccesso di informazioni che impedisce di selezionare e di riflettere con la giusta dose di comprensione, critica e preparazione.
La perdita del valore pubblico o meglio l’epidemica “ignoranza popolare” sta prendendo pieno possesso delle nuove tecnologie. Una realtà scoraggiante dalla quale emerge un popolo superficiale che della propria ignoranza non solo non si vergogna ma si vanta con assoluta noncuranza.
Una volta si chiamavano “discorsi da bar”, oggi con l’avvento della rete sociale virtuale che intrappola in una realtà fittizia milioni di cervelli altrimenti addormentati in un’apatia senza precedenti, questi discorsi trovano un riscontro ben più ampio e purtroppo maggiormente dannoso. Persone chiuse nella propria realtà quotidiana che nella condivisione semplificata della rete trovano spazio e consenso.
Se una volta si scendeva al bar sotto casa per intraprendere un dibattito sul mancato rigore concesso alla squadra del cuore, tra un caffè e un amaro, un’occhiata alla televisione accesa ed uno al giornale lasciato aperto sul bancone, oggi basta poltrire davanti ad un computer, digitare qualche parola sconnessa per veder rimbalzare le proprie opinioni ovunque nel mondo della rete. Che si parli di calcio o di politica poco importa, l’importante è dire ciò che si pensa, in una realtà in cui l’atto stesso del pensare è divenuto accessorio non indispensabile, tutto viene legittimato dall’uso indiscriminato della rete che nella piena libertà individuale pone le sue basi.
Per quanto lo spirito critico – come atteggiamento riflessivo essenziale per capire in profondità la società – sia cosa apprezzabile, i discorsi da bar avevano il pregio di intrappolare dentro quattro mura le convinzioni e i risentimenti personali spesso e volentieri di bassa lega. Nel mondo della rete invece la patetica messa in scena di insulti, denigrazioni e offese hanno la possibilità di vedere accrescere il proprio valore con una semplice influenza di maggior “mi piace”.
In un contesto in cui tutto si pubblica senza troppe difficoltà e senza filtro, la quantità di informazioni che la rete distribuisce indiscriminatamente alimenta un problema in termini di giudizio critico qualitativo. Se i discorsi da bar si esaurivano con l’ultimo sorso di caffè, oggi le opinioni, amplificate dalle reti sociali vengono protette e legittimate dalla cosidetta libertà di espressione, libertà che autorizza a censurare commenti o riflessioni contrarie all’opinione di cento voci uguali che ripetono acriticamente la dottrina del capo di turno.
Nell’insoddisfazione generale trovare un capro espiatorio comune risulta assai vantaggioso e soddisfacente. Ecco che allora la comunicazione libera diventa libera distruzione di massa cerebrale, dove l’individuo pensante viene emarginato e sbeffeggiato e dove la realtà viene liberamente e democraticamente capovolta e invertita a seconda dell’umore dei commentatori.
Il sempre maggior malessere della popolazione ristagna in un avvilente immobilismo interrotto solo dal florilegio di aggressività, frustrazioni e volgare conformismo che spesso e volentieri viene scagliato verso il bersaglio sbagliato. Un esempio attualissimo è la massiccia denigrazione degli immigrati, che senza ombra di razzismo (per carità!) vengono definiti di volta in volta zoticoni, incivili, delinquenti da chi razzista non è ma….
Ogni punto di vista è legittimo fintanto non si discosti dai principi liberali e democratici imposti liberamente e democraticamente dalla massa di esperti della rete.
Inutile ironizzare ulteriormente su questi paladini della giustizia democratica, esenti da responsabilità (i colpevoli sono sempre gli altri neanche a dirlo..), il problema centrale infatti risiede nell’uso negativo di questo potentissimo strumento, la rete, come veicolo di una delle maggiori patologie contagiose del nostro secolo: l’ignoranza.
E dopo il razzismo non razzista ben venga lo storico improvvisato a spiegare cosa sia il fascismo, il teologo di turno pronto a giudicare le religioni, lo psicologo mancato pronto a denunciare problemi psicologici e comportamentali. Nel mondo illusorio della rete tutto è possibile, tutti protagonisti di una realtà che annulla la meritocrazia in nome di un livellamento democratico che nella diversità trova il suo nemico naturale da abbattere. Tutti maesti, scienziati, storici, dottori, tutti in grado di fornire risposte scientifiche occulate. Studiare? Perchè sacrificarsi sopra i libri quando gli insegnamenti vengono decretati dalle voci incontrollate che circolano nella rete?
È in atto una vera e propria strategia dell’ignoranza, uno svuotamento della cultura e delle conoscenze di base, un’attività di dominio sugli altri che nasconde una volontà precisa di non far sapere e vedere. Il disorientamento generale è ormai evidente, il controllo è quasi totale. Persi nel mondo illusorio della rete la realtà inizia a farsi nebulosa e sempre più lontana. Come disse Ippocrate “Esistono soltanto due cose: scienza ed opinione; la prima genera conoscenza, la seconda ignoranza.”
Dall’ignoranza nasce l’ingiustizia e l’arroganza del potere. Guarire da questa involuzione e decadenza civile è necessario, partendo da una pulizia interiore e da un’educazione integrale dell’uomo è possibile recuperare quanto abbiamo perso. Noi crediamo sia possibile ed eticamente necessario un cambio di rotta, una presa di coscienza indispensabile per difendere la nostra esistenza come essere umani. Nel nostro piccolo continueremo imperterriti ad incentivare una sana conoscenza della storia perchè convinti che senza formazione non sarà possibile intervenire. L’Italia per rinascere deve ripartire da qui, perchè per essere consapevoli e reagire occorre capire, conoscere e riflettere autonomamente.
La cultura dunque come punto di partenza, noi fascisti oggi come ieri rinneghiamo questa cultura dell’ignoranza, consci che solo una rivoluzione totale dell’uomo possa portare ad un reale cambiamento:
Il Fascismo, che non ha aspettato, per diventare rivoluzionario, l’anno 1921 (secondo una tesi cara all’on. Ivanoe Bonomi) è nato precisamente da un rivoluzionario gesto di rifiuto della cultura che lo precedette nella pratica e nei metodi di governo delle vecchie classi dirigenti.
Rifiutare la cultura del secolo XIX° non significa votarsi all’ignoranza, non significa neppure rifiutare in blocco un periodo storico determinato e risalire a ritroso il corso della tradizione.
Significa molto più semplicemente, mettere la propria intelligenza in condizioni di comprendere con immediatezza le cose, ossia di ricomprenderle, di rivalutarle. […]Il Fascismo è una rivoluzione di intellettuali. Dirò più esplicitamente: è una rivoluzione intellettuale. (1)
1) Giuseppe Bottai in una conferenza pronunciata a Roma il 27 marzo 1924

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