venerdì 30 settembre 2016

De profundis per il Servizio Sanitario Nazionale!

 
In nome della sostenibilità
De profundis per il Servizio
Sanitario Nazionale!
Avevamo il sistema sanitario migliore al mondo che tutti ci invidiavano perché in grado di assicurare gratuitamente, anche a chi non avrebbe mai potuto permetterselo, gli interventi sanitari più costosi. Ora questo gioiello, uno dei pochi che questa Repubblica poteva vantare, deteriorato da sprechi e da decisioni dissennate e interessate della politica ha le ore contate.
Motivo? La parola d'ordine è "SOSTENIBILITA'", ma dietro questa parola d'ordine avallata dalle falsità dei media vi sono tanti aspetti che la gente non conosce.
Ci sono l'interesse e le trame della lobby delle Assicurazioni che da tempo vede nella sanità da privatizzare un lucroso affare.
C'è l'accanimento dei media e della Magistratura nei confronti dei medici colpevoli spesso solo di esercitare una scienza nella quale non vi è nessuna certezza e di non garantire quell'immortalità che trasmissioni televisive e riviste pseudo-scientifiche prefigurano ad una massa di creduloni quale è oggi l'opinione pubblica.
Tutto questo ha generato col tempo il fenomeno della medicina difensiva estremamente negativo per il SSN, al quale si cerca ora con colpevole ritardo di porre rimedio.
C'è l'ingente quantità di denaro sottratta agli Italiani per assistere i cosiddetti rifugiati e che finisce per la maggior parte nelle casse delle cooperative (rosse o cattoliche) e delle mafie infiltrate ovunque.
Infine, vi sono gli sprechi e mangerie del sottobosco della politica e le esenzioni clientelari dalla spesa sanitaria concesse anche a gente che può permettersi di girare in Ferrari.
Italiani, cosa aspettate a ribellarvi!
Uno nessuno e centomila
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martedì 27 settembre 2016

EDUCAZIONE DI GENERE E SISTEMA SCOLASTICO


 INTERVISTE 2016 
 
EDUCAZIONE DI GENERE E SISTEMA SCOLASTICO
 
Intervista ad Alessandro Fiore(*) portavoce dell’Associazione ProVita di Federico Dal Cortivo
 
D: Dott. Fiore, ProVita il 15 settembre è stata sentita presso la Commissione Cultura della Camera dei deputati riguardo le varie proposte di Legge relative all’introduzione nel sistema scolastico italiano della cosiddetta «Educazione di Genere», ci vuole spiegare in che consiste questa «educazione»?
 
R: In realtà è abbastanza difficile saperlo, in quanto – come abbiamo notato durante la nostra audizione alla Camera – la concezione di “genere” è intrinsecamente ambigua. In ogni caso, è certo che la cosiddetta “educazione di genere” introduca nel sistema scolastico una nuova prospettiva basata su temi estremamente controversi e su presupposti ideologici che annullano la rilevanza del sesso biologico su ogni comportamento e ruolo sociale, e sanciscono il primato della percezione soggettiva per quanto riguarda la profonda identità sessuale della persona.
 
D: Il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha postato quest’estate su Facebook il seguente commento: «Educazione di genere significa educare al rispetto delle differenze per prevenire violenza e discrimine. Non altro». Lei concorda con questa affermazione che poi è la linea di questo governo?
 
R: Trovo che molti membri del Governo, e persino alcuni proponenti delle proposte di legge sull’educazione di genere, siano poco informati sulla questione. La dichiarazione di Faraone è a questo proposito emblematica. Non so se sia in buona fede oppure sia semplicemente una mossa per tranquillizzare l’opinione pubblica (del resto, ciò ha poca rilevanza): in ogni caso la dichiarazione confonde le finalità educative con la prospettiva educativa. Le finalità – o forse i pretesti – dell’educazione di genere potrebbero ben coincidere, in parte, con la prevenzione della violenza e della discriminazione, e con il rispetto delle differenze. Il problema è: quali mezzi e quale prospettiva si adottano nell’intento di perseguire quelle finalità? Non possiamo indottrinare gli studenti all’ideologia solo perché speriamo di ottenere qualche effetto positivo. La prospettiva non è neutrale e condiziona persino il modo di intendere le finalità. Qualche esempio: secondo la prospettiva di genere, la concezione del matrimonio come unione tra un uomo e una donna – riconosciuta dalla Costituzione - può essere considerata “discriminatoria” verso le persone omosessuali; il riconoscimento del sesso di una persona secondo quello che manifesta la sua biologia, potrebbe essere considerato “discriminatorio” verso una persona che si “percepisce” soggettivamente come appartenente al genere opposto (“transgender”). In altre parole, l’educazione di genere cambia persino il modo di intendere la “discriminazione” e il “rispetto”: quello che, secondo un’impostazione ragionevole, è semplicemente il riconoscimento di un ordine naturale, assolutamente compatibile con il rispetto verso tutte le persone, viene ideologicamente trasformato in “discriminatorio” ed “irrispettoso”.
 
D: A livello europeo quale è la posizione dell’UE al riguardo? Anche in questo caso potremmo dire “ce lo chiede l’Europa”?
 
A prescindere dal fatto che – di questi tempi – l’argomento “ce lo chiede l’Europa” potrebbe ben rivelarsi un argomento “boomerang”, nei Trattati si parla di uguaglianza tra uomini e donne, e l’Unione è intervenuta diverse volte per realizzare questa uguaglianza in diversi settori, tuttavia nel diritto UE non esiste un vincolo giuridico per gli Stati membri di introdurre nel sistema scolastico la prospettiva di genere. Quando parliamo della prospettiva di genere, è necessario allargare lo sguardo oltre l’UE in quanto hanno grande peso le posizioni del Consiglio d’Europa: questo organismo internazionale ha sposato in alcune sue recenti Risoluzioni (non vincolanti) una prospettiva di genere abbastanza radicale. E tuttavia, anche in questo caso, dalla Convenzione di Istanbul fino ad oggi, non si può dire che ci sia un obbligo internazionale di adottare la prospettiva di genere nelle scuole, viste le riserve degli Stati membri in materia anche in sede di firma della predetta Convenzione, e visto – soprattutto – che l’introduzione della teoria di genere contrasta semplicemente con il senso più alto, naturale ed universale di giustizia.
 
D: In quale nazioni europee e anche extra Ue si sta maggiormente diffondendo questa “politica di genere” nelle scuole?
 
Tra le nazioni europee ricordiamo la Svezia, la Gran Bretagna e – più di recente – anche la Spagna. Mentre fuori dall’Europa grandi contrasti a questo proposito sorgono in alcune nazioni del Sud America e negli Stati Uniti. Ricordiamo pure che in alcuni paesi meno sviluppati sta avvenendo una vera e propria “colonizzazione ideologica” che vede ricche organizzazioni occidentali, e persino ambasciate di potenti paesi industrializzate, promuovere un’ideologia di genere in forte contrasto con le convinzioni e le tradizioni delle popolazioni locali.
 
D: Dove c’è maggior resistenza? Cos’è quello che voi definite il cosiddetto “paradosso norvegese” ?
 
Difficile dire dove c’è maggior resistenza. In molti paesi – pensiamo ad alcuni latinoamericani – ci sono state grande mobilitazioni popolari; un dibattito molto acceso c’è anche negli Stati Uniti. L’Europa non è da meno: in Francia la resistenza è stata molto forte ed ha costretto il Governo a fare talvolta qualche passo indietro; l’Italia poi ha mostrato nei tempi recenti una reattività che non si era vista forse per decenni. Le grandi manifestazioni di piazza sul tema del gender, della libertà educative e della famiglia, e il numero di associazioni e iniziative nate nell’ultimo triennio, stanno lì a dimostrarlo.
Tutto questo è indice che il popolo spontaneamente rifiuta imposizioni innaturali venute dall’alto. La gente, generalmente, sa che la complementarietà dei sessi è importate, che il sesso biologico è fondamento dell’identità sessuale, e che esistono differenti tendenze comportamentali in uomini e donne. A quest’ultimo proposito è molto istruttivo il “paradosso norvegese”: la Norvegia è uno dei paesi con maggiore “uguaglianza di genere” e “pari opportunità”. Eppure, è proprio uno dei paesi dove le scelte – ad esempio in termini lavorativi – tra uomini e donne sono più diverse. Ricerche molto solide hanno mostrato che, a livello mondiale, la tendenziale diversità comportamentale tra maschi e femmine non è tanto condizionata da stereotipi culturali quanto da naturali differenze sessuali: ciò smentisce clamorosamente le teorie di genere.
 
D: Infine, chi è che cosa a livello nazionale, europeo e mondiale sta spingendo verso questa direzione che vorrebbe scardinare il naturale ordine delle cose, che ha regolato la vita dell’uomo da sempre? Quali interessi sono in gioco?
 
R: La domanda è complessa e non c’è una risposta unica. A livello politico e sociale dobbiamo registrare l’azione di importanti, ben organizzate e ben finanziate lobby, che ormai da decenni riescono con successo a influenzare enti politici nazionali e internazionali. Si tratta soprattutto in questo caso di organizzazioni LGBT come l’ILGA, oppure organizzazioni che hanno scopi più ampi ma che sposano i dogmi LGBT: pensiamo ad Amnesty o a Planned Parenthood. Negli ultimi anni la promozione di questa agenda ha subito un’accelerazione importante probabilmente a causa dell’amministrazione americana, la quale soprattutto con la presidenza Obama, ha utilizzato finanziamenti e ambasciate per imporre a livello mondiale le istanze LGBT e gender. Inoltre ci sono, naturalmente, gli interessi economici: non è un caso che quasi tutte le aziende più ricche ed influenti abbiamo preso posizione a favore della prospettiva di genere (si pensi a Facebook). Per fare un esempio, ciò si è visto chiaramente negli Stati Uniti quando i colossi della finanza e del consumo hanno esplicitamente richiesto alla Corte Suprema di imporre il “matrimonio gay” in tutti gli Stati. È chiaro che la prospettiva LGBT e gender muove un sacco di soldi: ciò è legato non solo ai mercati specificamente promossi da queste concezioni (la riproduzione artificiale, l’utero in affitto, la contraccezione, gli interventi modificativi del genere, ecc.) ma anche al fatto che il “gender” indebolisce la famiglia, e con essa l’individuo che diventa sempre più dipendente dal consumo e meno incline al risparmio, più ripiegato sulla soddisfazione personale e meno proteso verso il bene comune.
 
(*)Alessandro Fiore è portavoce dell'associazione ProVita onlus, una delle più attive sul fronte della vita e della famiglia naturale. Dopo aver svolto studi in filosofia, storia e bioetica, si è laureato in giurisprudenza con una tesi sui "Reati di omofobia e di transfobia". É stato relatore in decine di conferenze su tutto il territorio nazionale e in convegni internazionali, trattando soprattutto la controversa questione delle teorie di genere.

23/09/2016



                                                                                                                                                 

domenica 25 settembre 2016

IL NEMICO

IL NEMICO


Lo Stato non è  una entità astratta a cui guardare come ad un riferimento mistico, evanescente, e impalpabile, bensì è un organismo reale, concreto, composto da un insieme di strutture, come una sindrome, che ne definiscono l’essenza.
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Gli apparati dello Stato sono noti a tutti, nelle sue più svariate componenti, e rappresentano ognuno un anello di quella catena che ne costituisce l’ossatura stessa.
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La conduzione dell’intero organismo pulsante dipende dall’apparato politico, cioè da un insieme di partiti eletti dal popolo che vengono rappresentati in Parlamento.
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I partiti politici sono quindi, in ultima analisi, coloro che sono deputati a reggere il governo dello Stato, legiferando e compiendo azioni in nome del Popolo italiano.
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I politici che quindi occupano le posizioni di comando in Parlamento lo fanno in nostra vece, in quanto votati da noi ed eletti a tale scopo.
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Va da sé che lo Stato si identifichi con i politici di turno, simbioticamente, poiché tutto ciò che anima la vita politica stessa viene considerato come un evento sviluppatosi in nome del Popolo italiano. .
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Questo vale per la Magistratura, per la Guardia di Finanza, per il Parlamento, per i legislatori, e per ogni altro anello della catena Stato.
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A questo punto viene spontaneo porsi una serie di interrogativi.
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Come può accadere che due Giudici dello Stato, tali Lucio di Pietro e Felice di Persia inquisiscano un cittadino modello di nome Enzo Tortora, dando credito alle dichiarazioni di tre personaggi appartenenti alla schiera dei “pentiti”, dalle seguenti caratteristiche ?
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1 ) Gianni Melluso, detto “il bello”, un mitomane denominato anche “bum bum” per quanto le sparava grosse.
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2 ) Giovanni Panico, il segretario del camorrista Tutolo, descritto dagli psichiatri come uno psicopatico abnorme, affetto da schizofrenia paranoide.
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3 ) Pasquale Barra, definito “o animale” per la crudeltà con cui uccide le sue vittime.
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Il killer, ha attentato in carcere alla vita di un malavitoso, e gli ha mangiato un pezzo di intestino.
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Le dichiarazioni di questi tre “pentiti” hanno avuto, per i Giudici, maggior peso di una vita intera condotta con linearità integerrima, quale quella di Enzo Tortora.
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Risultato : lo Stato è diventato acerrimo nemico di un cittadino onesto e stimato.
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Gli interrogativi proseguono, nella aumentata mole di perplessità in cui sprofonda il Popolo italiano.
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Ci si chiede come mai, ad esempio, perché moltissimi politici, costituenti l’apparato dello Stato, percepiscano stipendi da 20.000 o più euro al mese, mentre i lavoratori stentano a sopravvivere con 1.000 euro al mese.
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Questi parassiti “guadagnano” in un mese quanto il salario di due anni di un operaio, senza contare i benefici aggiuntivi, le auto blu, i rimborsi spese, i vitalizi. .
Costoro non sono forse nemici del popolo italiano ?
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Non sono forse parassiti che andrebbero schiacciati senza pietà ?
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Lo Stato, che permette tutto ciò, ed è anzi rappresentato proprio da questa schiera di personaggi , non è forse nemico ?
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Ministri, onorevoli, deputati, segretari, sottosegretari, manager, supermanager, assessori, direttori, sono accomunati a costituire una grande associazione a delinquere sulla pelle degli italiani.
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Le propaggini che lo Stato allunga sui cittadini sono lunghi tentacoli con cui afferma, a volte, una dispotica autorità cieca e ottusa, che non di rado ha condotto al suicidio dei malcapitati finiti sotto la sua ferrea morsa.
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E’ il caso, ad esempio dei numerosi suicidi di quei lavoratori che, stritolati nel perverso meccanismo di “Equitalia”, si sono trovati dopo una vita di sacrifici davanti ad un bivio : fallire miseramente, o pagare le esorbitanti richieste dello Stato sotto forma di tributi, che come gabelle medioevali pesano sui contribuenti italiani.
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La pressione fiscale è infatti altissima, nel nostro paese, così come gli stipendi di coloro che ci impongono sacrifici e privazioni.
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Lo Stato, oggi, in Italia è tutto ciò, e sfido chiunque a controbattere le mie affermazioni.
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Sfido chiunque a negare il fatto che mentre ogni lavoratore può andare in pensione per riposarsi solamente dopo una vita di duro lavoro, percependo una misera cifra dopo decenni di versamenti, per contro, i parassiti politici possono godere di un vitalizio anche solo dopo una legislatura. .
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Più aumenta il periodo di tempo durante il quale costoro ricoprono cariche politiche, “naturalmente” ultra retribuite anch’esse, e maggiore è l’incremento del vitalizio che riceveranno dopo il compimento del 66° anno di età.
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La disoccupazione in Italia oggi è drammaticamente al 1° posto, rispetto agli altri Paesi europei, ma inspiegabilmente Mario Monti afferma di “vedere la luce” alla fine del tunnel della crisi.
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Chissà cosa ne pensano tutti coloro che non hanno più una occupazione e che non vedono sbocchi e alternative per il loro futuro.
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Chissà cosa ne pensano le persone che, ridotte in stato di povertà, ingrossano le file di coloro che si recano alla Caritas per poter dare da mangiare ai propri figli.
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Lo Stato cosa fa ?
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Continua a nutrire quelle schiere di politici che si ingozzano alla tavola sempre riccamente imbandita del suo stesso apparato.
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Parallelamente all’opulenza dei servitori dello Stato assistiamo all’incedere di situazioni disastrose e allo sfacelo dell’intera società italiana.
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L’ultima trovata di quell’accozzaglia di delinquenti che si arroga il diritto di ergersi a “deus ex machina” sulla nostra pelle è quella di diminuire di 18.000 unità i posti letto della sanità, mentre parallelamente da pochi mesi è stato approvato l’acquisto di 131 caccia F35 Joint Strike Fighter, per una spesa di ben 16 miliardi di euro.
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La stangata per la sanità è stata decisa nell’ottica perversa ideata da chi regge attualmente le sorti di questo Stato, con una manovra denominata “spending review”, e che prevede di recuperare ogni singolo euro possibile dalle nostre tasche, pur di non toccare quelle dei politici.
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Ecco che allora, mentre ogni italiano si reca al lavoro (chi ancora ce l’ha) con mezzi propri, i politici sfruttano i  privilegi loro concessi dallo Stato,  percorrendo i loro itinerari su auto blu in modalità totalmente gratuita (per loro, ma in realtà pagate da noi).
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Lo Stato come nemico si erge oggi in tutta la sua prepotenza, e assomiglia sempre di più ad una struttura di tipo feudale, in cui la nobiltà si spartiva il potere ricorrendo all’uso della violenza e della “santa inquisizione”. .
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Le similitudini sono molteplici, dalle vessazioni subite dai cittadini che assumono sempre di più le sembianze di “servi della gleba”, alle imposizioni fiscali assurde e vergognose che ricordano da vicino le gabelle imposte dai vari signorotti locali con l’uso della forza, l’esclusione del popolo dalla conduzione del potere, lo strapotere di una magistratura che si sovrappone, a volte, allo stesso Stato, e infine ma non ultima, l’annichilimento di ogni strato sociale che non sia quello politico.
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L’informazione e la cultura sono strettamente manipolate dallo Stato, che in questo modo fagocita le coscienze e favorisce una interdipendenza con i partiti responsabili della disinformazione pianificata.
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Tutto ciò è ampiamente dimostrabile, e si evince anche dalle mistificazioni che, sotto forma di insegnamento, vengono instillate negli studenti durante il processo di condizionamento culturale.
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Accade così anche se in maniera più radicale in molti dei Paesi meno democratici del mondo, come in Iran, in Palestina, nella Corea del Nord, e nei Paesi comunisti in genere. .
Lo Stato così facendo, indottrinando e facendo metabolizzare agli studenti ogni insegnamento subdolamente politico loro impartito, si pone nelle condizioni di non dover temere eventuali e improbabili espressioni di dissenso.
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Il menefreghismo della classe politica ha raggiunto livelli veramente disgustosi e l’intera Italia è disseminata di “cattedrali nel deserto” erette a testimoniarlo :
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tratti di autostrada e viadotti che finiscono nel vuoto, nel nulla, senza che si possa ipotizzare, neanche lontanamente, che un giorno saranno terminati ;
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ospedali completati e mai inaugurati, scuole che non sono mai state rese operative e che stanno lentamente ma inesorabilmente diventando rovine, costituiscono una triste e diffusa realtà ;
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E l’autostrada Salerno Reggio-Calabria ? .
Quanti politici corrotti hanno divorato enormi risorse, sottraendole al popolo italiano?
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Quante centinaia di rappresentanti dello Stato sono stati indagati, inquisiti, e condannati ?
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Duilio Poggiolini fu incarcerato per aver permesso la commercializzazione di sangue infetto, e per questa nefandezza che causò la morte di un numero imprecisato di persone, fu lautamente strapagato e protetto.
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Ogni apparato dello Stato italiano ha i suoi scheletri nell’armadio, che costituiscono oramai non l’eccezione, ma la regola.
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La differenza tra i delinquenti comuni e i politici corrotti è solo che questi ultimi difficilmente vengono messi dietro le sbarre.
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Personalmente io non riconosco più l’autorità di questo Stato, nemico e pericoloso per il futuro dei nostri figli e nipoti.
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Personalmente auspico un rinnovamento totale dell’intero sistema politico, la messa al bando dei partiti, che ritengo in toto coinvolti nella corsa all’arraffo, l’uscita dall’Europa e dall’euro.
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Occorre ripristinare lo strumento del “confino”, di mussoliniana memoria, per isolare gli elementi nocivi che parassitano la nostra società.
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Il sistema attuale, e lo Stato italiano, oggi non permettono di fare alcuna ipotesi sul futuro, che appare nebuloso e condizionato esclusivamente dalla voracità di coloro che sono al comando.
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Siamo ostaggio delle Banche, e dei poteri forti rappresentati da quel Club Bilderberg cui appartiene il Presidente del Consiglio Mario Monti. . La spersonalizzazione dell’individuo e la metodicità con cui si tenta di universalizzare le singole identità nazionali, appaiono come aspetti costituenti di un modello operativo tipico del fabianismo, adottato da chi vuole rivoluzionare il mondo esistente, non con la forza, ma con la sottomissione economica, la quiescenza forzata, l’indottrinamento subdolo e coatto.
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Poco importano, quindi, le battaglie di civiltà, o i tentativi di uscire da emarginazioni non solo culturali, oppure le diversificazioni ideologiche che traggono linfa vitale dai retaggi filosofici del passato, poiché tutto è già finalizzato e destinato ad uno scopo preciso :
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l’asservimento totale che i potenti gruppi economici vogliono esercitare sull’umanità intera.
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Lo Stato, in questo preciso momento storico è complice di tutto ciò, poiché si identifica con l’intero apparato politico che sta devastando il Paese, e che è diventato un'unica gigantesca metastasi.
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Lo Stato come nemico … potrei continuare a scriverne il perché, e avrei sufficienti esempi da addurre, riempiendo intere pagine, ma tutto ciò non sarebbe sufficiente a sfogare la tristezza che provo, per le sorti dell’Italia e degli italiani.
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Penso spesso che noi potremmo essere la Nazione numero UNO al mondo, se solo fossimo stati gestiti con un minimo di onestà.
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Invece eccoci qua … in balia degli eventi, a guardare il fluttuare dello spread nei notiziari televisivi …
. Chissà, forse reagiremo a tutto ciò ... .
Oppure, chissà, forse i nostri figli, un domani, ci chiederanno perché non ci siamo ribellati…
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Dissenso
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giovedì 22 settembre 2016

"L' Armata Rossa a caccia di tedesche:

 

Berlino, un film porta alla luce il drammatico stupro di massa dei liberatori sovietici. Parla la regista Sander: "L' Armata Rossa a caccia di tedesche: vittime almeno due milioni di donne. Ho incontrato ragazze di quattordici anni violentate oltre cento volte"

 Lietta Tornabuoni
da LA STAMPA di Torino del 19-02-1992, pag.13


BERLINO DAL NOSTRO INVIATO
Ancora la Storia recente, le sue amnesie non innocenti, le parentesi tra cui sono rimasti chiusi episodi terribili; e ancora il cinema che arriva, a volte prima degli storici o dei giornalisti, a ripercorrere fatti specialmente atroci o politicamente scomodi. L' ha fatto il regista francese Bertrand Tavernier, con il suo film documento sulla guerra d' Algeria. L' hanno fatto i registi italiani Caracciolo e Marino, con il loro film documento I 600 giorni di Salo'. Lo fa la regista tedesca Helke Sander, in un film documento in programma sabato prossimo al FilmFest, Befreier und Befreite Krieg, Vergewaltigungen, Kinder (Liberatori e liberate Guerra, stupri, bambini), che indaga, riflette e rende testimonianza su un tema sinora sempre ignorato: gli stupri di massa perpetrati dai soldati dell' Armata Rossa quando entrarono vittoriosi a Berlino nel 1945, alla fine della seconda guerra mondiale.
Helke Sander, berlinese, cinquantacinque anni, ex attrice e femminista militante, regista ammirata e rispettata, condirettrice dell' Istituto per il cinema e la televisione di Brema, e' una donna bruna, pallida, sottile, tenace. La interroghiamo sul suo film e sulle lunghe ricerche che lo hanno preceduto. Lei parla di "stupri di massa". Cosa vuol dire "di massa"? Vuol dire di massa. E' cosi'. A Berlino vennero stuprate nel 1945 dai soldati dell' Armata Rossa, soprattutto nei mesi di maggio e giugno, almeno 100 mila donne; 500 mila donne vennero stuprate nella zona d' occupazione sovietica, in quella che sarebbe poi stata la Repubblica democratica tedesca; un milione e 400 mila donne vennero stuprate nei territori dell' Est oltre il fiume Oder, in quella che e' oggi la Polonia. Due milioni di donne hanno subito stupro.
E' davvero una cifra minima: certo non furono di meno, probabilmente furono molte, molte di piu'. Durante il lavoro di ricerca, ho parlato con cento donne che ebbero allora questa esperienza feroce, per scegliere le venti testimoni che la raccontano nel mio film. A tutte ho chiesto: "Quante saranno state, a patire violenza?". Hanno risposto: "Almeno il 70 per cento delle donne tedesche".
Sembrano cifre molto alte. Le cifre sono assai piu' alte, ma non possiamo provarlo. Quasi meta' delle donne berlinesi violentate sono state stuprate piu' volte, in varie occasioni, da militari diversi. Ho incontrato donne che sono state violentate oltre cento volte: e avevano tredici, quattordici anni. Soprattutto alle ragazzine e' successo ripetutamente. Il 25 per cento delle donne violentate sono rimaste incinte. Sinora, non se ne sapeva nulla. Nella maggior parte dei casi, le donne non hanno parlato di quanto avevano subito neppure con i parenti stretti. Hanno taciuto. Avevano paura. Sentivano la violenza sofferta come una vergogna. Temevano di venir cacciate dalla famiglia, rifiutate dai mariti.
I tempi erano diversi, eppure anche adesso l' identico silenzio si ripete nel Kuwait, dove moltissime donne sono state violentate durante la guerra del Golfo da militari soprattutto iracheni. Politicamente, l' argomento e' rimasto soffocato da un tabu' assoluto: i liberatori dal nazismo non potevano essere anche violentatori. Soltanto nell' ex Unione Sovietica se n'e' discusso, specialmente nella pubblicistica dei dissidenti. Socialmente, in Germania non e' accaduto che queste vittime si unissero in associazione, e soltanto in rari casi isolati e' stata rivolta allo Stato una richiesta di aiuto, di sussidio. In teoria era possibile chiedere un indennizzo, ma occorreva fornire documentazione, dare prova di essere state violentate: gli unici testimoni possibili sarebbero stati i violentatori.
Nella generale rimozione silenziosa in che modo ha potuto condurre la sua ricerca, arrivare alle sue conclusioni? Durante quarantasei anni, nessuno aveva mai condotto una ricerca del genere: ho cominciato io, sono stata la prima a interessarmi a questo pezzo di Storia. Ci ho lavorato per cinque anni, iniziando da Berlino: ho dovuto fare una ricerca trasversale che ha richiesto moltissimo tempo, tra grandissime difficolta'. Purtroppo non mi e' stato possibile consultare gli archivi militari a Mosca: molti soldati sovietici furono fucilati o duramente puniti per aver stuprato donne tedesche, ogni rapporto con la popolazione tedesca era loro severamente vietato, e i rapporti disciplinari certo recano traccia delle violazioni. I documenti degli uffici amministrativi tedeschi, dove potevano risultare le malattie veneree, gli aborti, le nascite che furono conseguenze degli stupri vennero distrutti dopo trent' anni e non esistono piu'. Per fortuna esistono ancora, e sono risultati i piu' utili, alcuni archivi di ospedali: in molte registrazioni di nuove nascite sta scritto <padre russo, sconosciuto>.
Perche' ha concentrato la sua ricerca sull' Armata Rossa? I primi ad arrivare a Berlino, nel 1945, furono i sovietici. Americani, francesi e inglesi arrivarono poi, a luglio. Nella Storia, gli eserciti vincitori hanno sempre violentato le donne dei Paesi sconfitti. Le sembra che questo caso presenti caratteri particolari? Per le sue proporzioni, in questo secolo e' paragonabile soltanto a quanto hanno fatto i giapponesi a Nanchino, in Cina. Anche i militari tedeschi hanno stuprato donne sovietiche durante la campagna di Russia, ma in misura assai minore Ci sono fattori... Bisogna pensare all' oppressione dello stalinismo, alle pressioni cui i soldati sovietici erano sottoposti nell' esercito, all' odio che avevano per i nazisti: arrivavano, erano i vincitori... Erano soldati molto giovani, ventenni, agivano sempre in gruppo: e pure l' alcol c' entrava la sua parte. Violentavano anche per sfregio, ma soprattutto per sfogo sessuale. Volevano <vivere>, farlo il piu' possibile. Molti non credevano che la guerra fosse finita, avevano paura di venir mandati in Estremo Oriente. Molti erano impressionati dalla ricchezza in Germania: anche se eravamo alla fine e sotto le macerie d' una guerra disastrosa, nelle case c' erano le vasche da bagno, i quadri, i cristalli, i tappeti, le ghiacciaie. I soldati sovietici non arrivavano a crederci, lo raccontano ancora oggi, e si puo' intuire il loro furore: avevate tutto, perche' siete venuti a saccheggiare le nostre case? Abbiamo vinto e ci prendiamo tutto, anche le donne.
Nel suo film venti donne tedesche testimoniano la violenza subita. E' stato difficile indurle a parlare? Dopo aver spiegato e chiarito le mie intenzioni, no. Anzi, ora sono assediata da donne violentate e dai loro figli nati dalla brutalita', non c' e' giorno che nuove persone non mi telefonino per denunciare, per parlare. Soprattutto le donne che erano allora ragazzine, hanno patito traumi profondi: era la prima volta che ne parlavano, e parevano provare quasi un senso di sollievo. Lei ha anche raccolto, a Minsk in Bielorussia, testimonianze di uomini e donne dell' Armata Rossa. Cosa hanno detto? Le donne soldato hanno detto di non averne saputo nulla, di non averne mai sentito parlare. I soldati non hanno negato, hanno ammesso tutti di essere al corrente; e hanno avanzato le giustificazioni della guerra, della paura di morire, del bisogno sessuale, della loro giovinezza. Uno soltanto ha riconosciuto d' aver violentato una tedesca: oggi non riesce a capire, ha detto, come sia stato possibile. Come, perche' ha preso a interessarsi a questa tragedia? Da bambina, sono stata testimone di un episodio del genere. Avevo otto anni, con mia madre e mio fratello dormivamo in un vagone ferroviario in quella che e' oggi la Cecoslovacchia. Le donne che abitavano in quello e in altri scompartimenti del treno letto avevano molta paura: si diceva che stessero per arrivare i liberatori ma non si sapeva chi fossero, se i russi, gli americani, i neri. Dominava un terrore quasi isterico: quelle donne, senza nessuno accanto che potesse proteggerle perche' gli uomini erano tutti in guerra o chissa' dove, cercavano di imbruttirsi, di sporcarsi, di rendersi sgradevoli per non essere prese. Soprattutto di sporcarsi. La notte, sulle cuccette superiori dove dormivamo, mio fratello ed io nascondevamo col nostro corpo il corpo di mia madre e di un' altra signora, perche' si sapeva che i bambini li lasciavano stare. Una notte, vennero i soldati russi e si presero le due donne che dormivano nelle cuccette inferiori: le prelevarono con modi cortesi, gentilmente, ma poi le sentimmo piangere e gridare nel buio. .. Quale utilita' sociale pensa possa avere il suo <Liberatori e liberate> ? Tutta la storia del dopoguerra deve essere riconsiderata, e io vorrei che questa riscrittura avvenisse con la coscienza pure del destino delle donne. Nella Storia, la dimensione femminile non e' mai stata riconosciuta ne' registrata: bisogna cominciare.
Lietta Tornabuoni     
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lunedì 19 settembre 2016

LA MENZOGNA DI ULISSE...

La menzogna di Ulisse - Il fatto storico del presunto olocausto

Verona, primavera 2016
Caro Giovane Ragazzo,
intanto per proseguire questo percorso epistolare, partiamo dalla “Menzogna di Ulisse”. Il fatto “storico” del presunto olocausto, dell’ asserito sterminio programmato di 6 milioni di ebrei.
All’asilo del diritto insegnano che esistono due verità: 1 - la verità storica, o verità “vera”. Quella conosciuta solo dal Buon Dio per chi crede. Una astrazione filosofica; 2 - la verità processuale, ovvero quella raggiunta attraverso il rispetto delle regole del processo. E qui vi possono essere tante diverse verità (anche in contrasto tra loro) a seconda dei vari processi (il processo civile, il processo penale, il processo amministrativo, il processo canonico etc. etc.). A Norimberga nel ’45 può dirsi raggiunta la verità processuale sull’esistenza dell’olocausto? Si può sostenere che a Norimberga si sia tenuto un processo che rispettasse i principi normalmente adottati nelle aule dei tribunali del mondo civile? Assolutamente no!
A partire dai Giudici, prescelti individualmente dalle potenze vincitrici, dalla impossibilità della difesa di poter difendere i propri assistiti. Un esempio tra mille, l’accusa principale nei confronti degli imputati al “Non processo” di Norimberga era quella di aver partecipato ad una guerra di aggressione contro la allora Unione Sovietica.
Al punto 2) della dichiarazione di guerra consegnata dall’Ambasciatore tedesco a Mosca, al Ministro degli esteri dell’allora U.R.S.S., si dà ragione di tale dichiarazione di guerra con il fatto che l’U.R.S.S. fosse in procinto di attaccare la Germania.
Questo fatto dell’imminente attacco sovietico è verosimile perché dalle informazioni dei servizi segreti tedeschi risultavano 190 divisioni sovietiche schierate in assetto di attacco sul confine con la Germania. I “servizi” tedeschi si sbagliavano per difetto, non erano 190 le divisioni sovietiche pronte ad aggredire l’Europa, ma trecento!
Oggi lo storico russo Suvorov conferma la circostanza che Stalin volesse conquistare l’Europa spingendosi fino in Portogallo.
In un processo tale circostanza (dell’imminente attacco sovietico) sarebbe stata dirimente per provare l’infondatezza dell’accusa contro gli imputati.
Alla difesa degli imputati fu negato il diritto di accedere alla documentazione dei sovietici, così come quella delle altre Potenze vincitrici.
Al contrario al “ Non processo” di Norimberga, alla Pubblica Accusa veniva consentito di attingere a piene mani dalla documentazione raccolta da parte dei vincitori. Addirittura questa documentazione raccolta senza alcuna tutela sulla sua genuinità (senza la presenza di difensori, senza alcuna regola), faceva piena prova al dibattimento. Comprese le deposizioni rese sotto tortura.
Passiamo poi all’olocausto. A parti pressoché invertite, quando i tedeschi scoprirono in Polonia le fosse di Katyn con i cadaveri di 2.000 (duemila!) ufficiali dell’esercito polacco, anche se altre fonti parlano di oltre 9000 ufficiali scomparsi, i tedeschi non si limitarono a raccogliere testimonianze orali, ma promossero una Commissione medica internazionale alla quale parteciparono medici patologi anche di Stati neutrali alla guerra in corso (es. Brasile e Svizzera) e persino (nella Commissione) con rappresentanti della resistenza polacca in guerra contro la Germania. Per l’Italia partecipò nella Commissione il professor Franz Pagliani poi dirigente del M.S.I.
Vennero riesumati e numerati tutti i cadaveri trovati sepolti, effettuato un esame autoptico per accertarne ad uno ad uno le cause e il periodo di tempo della morte.
La Commissione medica all’unanimità stabilì la responsabilità dell’U.R.S.S. per quelle morti.
Al “Non processo” di Norimberga niente di tutto questo venne fatto. Le montagne di cadaveri riportati nelle foto erano disgraziati morti di tifo i cui corpi vennero riesumati per la propaganda dei vincitori.
Non venne mai fatta nessuna autopsia! Nessuna commissione medica accertò le cause di quelle morti.
Nella commissione medica avrebbero potuto farne parte Stati neutrali come l’Irlanda di Eamon de Valera e il Portogallo di Salazar (sono gli unici due Stati che listarono a lutto le loro bandiere per la morte di Hitler), oppure medici tedeschi, nessuno venne di tutti costoro venne invece coinvolto per accertare scientificamente l’esistenza dello sterminio per il quale sono stati mandati al patibolo quasi tutti i vertici del Reich.
Quasi tutti andarono al patibolo, non il numero due di Hitler l’architetto Albert Speer, responsabile della produzione bellica nei campi c.d. di sterminio.
Speer si difese dicendo che sarebbe stato “stregato” da Hitler. Per essersi difeso con una sciocchezza del genere venne condannato solo ad una pena detentiva e scampò il patibolo a differenza di tanti altri suoi coimputati con enormi minori responsabilità.
Appare del tutto verosimile che Speer si sia salvato barattando la vita mediante il tradimento e la consegna agli USA delle ricerche sull’arma atomica. Non è certo un caso che solo qualche mese dopo la resa della Germania (maggio ’45) gli USA solo allora furono in grado di perfezionare gli inneschi della bomba atomica sganciandola nel Luglio del 45 sulle città di Hiroshima e Nagasaki (obiettivi civili e non militari).
Il “Non tribunale” di Norimberga è ulteriormente confermato dal divieto di applicare agli imputati la consuetudine di diritto internazionale del “Tu quoque”, (anche Tu l’hai fatto…).
Sempre il “Non Tribunale” di Norimberga si è distinto applicando norme di diritto penale con efficacia retroattiva. Alla faccia del principio giuridico applicato in tutti gli stati civili, della irretroattività delle norme penali (nullum crimen sine lege), ovvero il principio sacro della legalità penale.
Appare del tutto convincente considerare il “Non tribunale“ di Norimberga un plotone di esecuzione mascherato da una finta legalità.
Da un plotone di esecuzione non può certo pervenire una verità processuale . Essendo onere di chi afferma la veridicità dell’olocausto provarne l’esistenza (onus probandi incumbit ei qui dicit…), possiamo con assoluta tranquillità affermare che non sia stata offerta la prova dell’esistenza dell’olocausto.
Finire in galera per avere negato l’esistenza dell’olocausto è un ulteriore conferma della sua inesistenza. Le verità storiche si provano con la razionalità della ragione e non con le manette. Con le manette si impongono le falsità storiche.
Caro il mio giovane ragazzo, non temere di negare l’olocausto. Come disse Ezra Pound agli agenti del F.B.I. che gli chiesero il perché un cosi celebre Poeta fosse stato dalla parte dei vinti, Pound rispose: Se un uomo non ha il coraggio di sacrificarsi per le proprie idee, o le sue idee non valgono nulla, o è quest’uomo a non valere nulla.
Alla prossima lettera.
Luigi Bellazzi
 
                                                                                                                                                   

venerdì 16 settembre 2016

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