venerdì 24 marzo 2017

DITTATURE IN ARRIVO.

Dittature in arrivo. Ecco i cretini della post verità.

É l’anno dei cretini della post verità. Termine già certificato dal prestigiosissimo Oxford Dictionary e infatti tutti i più saccenti giornaloni si sono affrettati a mandare a memoria questa parola: dal Guardian al Washington Post, dal Times al Corriere della Sera, dal radicalchicchissimo Internazionale a Repubblica. È la parola dell’anno finito e senza dubbio ci romperanno le balle con questa strampalata teoria anche in quello che ha appena iniziato.
di Francesco Maria Del Vigo dal blog de il Giornale, notizie quotidiane del 1 gennaio 2017
Ma cos’è dunque questa post verità? Di cosa si tratta? È il solito giro di parole che le elite radical chic si inventano per darsi un po’ di arie. Questi sterminatori di parole e di buon senso hanno decretato che siamo nell’era della posto verità; e, per intenderci, sono gli stessi che chiamano lo spazzino operatore ecologico e l’handicappato diversamente abile; quelli che hanno inventato decine di perifrasi per catalogare (con estremo rispetto, ovviamente!) tutti i gusti sessuali, quelli che si dice genitore 1 e 2, quelli che se dici negro ti mettono alla gogna e che prima o poi chiameranno i bianchi diversamente neri per non essere troppo razzisti, senza accorgersi di essere gli ultimi razzisti rimasti sul pianeta terra. Hanno ecceduto a tal punto in questa ossessione politicamente corretta da essere diventati la caricatura di loro stessi. E qualcuno, esasperato da questo galateo dell’ipocrisia, ha sbroccato e ha pensato bene di ruttargli in faccia. L’ultimo in ordine temporale è stato Beppe Grillo. Ma torniamo alla post verità e al suo significato. Post verità è un modo per dire bufala, balla, bugia. Ma siccome – come dicevamo prima  – loro non chiamano mai le cose col loro nome hanno pensato di apparecchiare questo termine paludato. La post verità è una bufala di nome e di fatto. La teoria è che nel far west della rete circolino così tante bugie che la gente (che se avessero il coraggio delle loro azioni definirebbero “plebi”) finisce per crederci e per farsene influenzare. Per non cadere nel loro stesso gioco: siamo di fronte a una cagata pazzesca. Provate un po’ a indovinare quando ha preso campo questa idea? Vi aiuto io: si è fatta largo silenziosamente dopo il successo della Brexit, è esplosa a livello mondiale a seguito della vittoria di Donald Trump e in Italia è diventata verbo dopo il trionfo del No al referendum costituzionale. Un caso? No. Anche perché coloro che la hanno inventata e la utilizzano come una scimitarra contro le folle populiste, sono gli stessi che non avevano capito niente di quello che stava ribollendo nei loro rispettivi paesi. Quelli che fino al giorno prima dicevano che se la Gran Bretagna fosse uscita dall’Europa il secolare impero di sua Maestà sarebbe andato gambe all’aria, che quell’arricchito di Trump avrebbe fatto esplodere il mondo e che lo stop alle riforme avrebbe portato ogni forma di distruzione sullo Stivale (queste non erano post verità ma semplicemente delle idiozie). Invece la regina è ancora lì con la sua imperturbabile permanente, Trump rispetto all’ultimo, isterico, Obama sembra uno statista e in Italia non è cambiato un tubo.
Dunque, lorsignori, non adattandosi a un mondo che va per i fatti suoi e non si adatta ai fatti che circolano nella loro testa, hanno deciso di ribaltare il tavolo: hanno vinto i populisti perché la menzogna ha prevalso sulla verità e gli elettori hanno preso lucciole per lanterne. Insomma, è stato solo un gigantesco abbaglio. Ed è tutta colpa di internet e dei social network. Il passo successivo – e qualcuno già lo ha fatto capire tra le righe – è dire che gli elettori sono solo una massa di imbecilli e quindi bisogna abolire il suffragio universale.
Così improvvisamente la post verità è stata spalmata come un balsamo su tutti i mezzi di comunicazione. Quando non sai come giustificare un clamoroso fallimento della tua combriccola ideologica tiri fuori la post verità e tac è fatta. 
Un manipolo di cretini che non capisce un cavolo di quello che vuole realmente la gente ha risolto la situazione classificando come ebeti qualche centinaio di milioni di persone: noi stiamo dalla parte giusta, loro da quella sbagliata perché sono ignoranti che si bevono qualunque fesseria. Perché è rassicurante, per chi ha perso ogni punto di rifermento, convincersi che è tutta colpa delle balle e di chi le posta su Facebook. Come se non fossero mai esistite le bufale, come se i cittadini, gli internauti e dunque gli elettori, non fossero capaci di distinguere autonomamente il vero dal falso. E così da strampalata teoria autoassolutoria e popolodenigratoria si è trasformata in un’istanza politica. Ed è questo il pericolo. Perché i governi hanno iniziato a dire che bisogna porre rimedio a questa cosa, che i social network sono delle cloache a cielo aperto dove tutti – ohibò! – possono dire quello che gli pare. Giovanni Pitruzzella, il presidente dell’Antitrust, ha dichiarato al Financial Times che “i pubblici poteri devono controllare l’informazione”. Oh, finalmente qualcuno ha calato la maschera. Beppe Grillo, una volta in vita sua, ha detto una cosa giusta: questa è una nuova inquisizione. Ha ragione. Ci manca solo che i burocrati di Roma o – ancora peggio – di Bruxelles si mettano a censurare quello che scriviamo sui nostri profili Facebook… Anche perché, allora, se si dichiara guerra alle balle bisogna mettere alla berlina tutti, ma proprio tutti i pinocchi del mondo, e non solo su Facebook. Sento tintinnare le ginocchia in Parlamento. Vogliamo imbavagliare Maria Elena Boschi perché in televisione diceva che con la vittoria del No sarebbe stato più difficile combattere il terrorismo islamico? E quella non era post verità, ma proprio una stronzata. Difatti i cittadini lo hanno capito, hanno smontato una per una tutte le trimalcioniche promesse referendarie e hanno dato il benservito a Renzi e al suo governo. A dimostrazione del fatto che gli elettori non hanno bisogno di una badante di Stato che verifichi e selezioni per loro quello che possono o non possono leggere. Ma loro, questa badante ce la vorrebbero appioppare. Vorrebbero mettere le nostre idee in libertà vigilata, sigillare una zona traffico limitato del pensiero, mettere fuori legge gli eretici. Perché ci vuole un attimo a infilare le critiche nel cestino della spazzatura, dello spam illeggibile. Sognano una discarica indifferenziata del pensiero politicamente diverso. Non scorretto. Gli scorretti – quelli che vogliono cambiare le regole del gioco – sono soltanto loro. 
Non ce la faranno, perché cercare di fermare la rete – la gente – con qualche carta bollata è come pensare di poter svuotare il Sahara con un cucchiaino da tè. Ma il 2017 sarà comunque l’anno in cui i cretini della post verità cercheranno di mangiarsi pezzi della nostra libertà. Libertà di informazione, libertà di critica e financo politica. Stiamo all’erta. 

martedì 21 marzo 2017

ERDOGAN

Erdogan pianifica..la crescita demografica a casa nostra !!    So benissimo che le analisi da me messe in rete sono alquanto “scomode e politicamente scorrette” e che offrono il fianco a critiche (spesso offensive e minacciose sul piano personale) non solo verso la mia persona ma pure verso quelle testate che mi ospitano,magari non condividendo ma nel rispetto del tanto decantato pluralismo.
Colgo pertanto l’occasione per ringraziare chi ancora offra lo spazio telematico necessario a quanti poi mi onorino della loro attenzione leggendo quello che scrivo..ovvero,oggi,quanto sotto🙂
Su Erdogan ed il suo scontro con la Merkel (e l'Olanda prima)..le balle UEiste sono davvero spaziali !! BombObama,la Nato e l’ UEismo lo volevano deposto e magari morto..questo è l'unico dato di fatto emerso dal tentato golpe.
Lo ha salvato Putin ed oggi si vede..malgrado il grande problema Assad (odiato da Erdogan),
la Turchia sta sgretolando i propri vincoli con UEismo e Nato avvicinandosi alla Russia.
Questo non può star bene alla comacchia di Bruxelles che,conseguentemente,fa di tutto per screditarlo e metterlo in difficoltà..dove ? Ovunque ci sia una foltissima comunità turca,ovvio !!
Fino al punto di aver permesso,ieri,ai Curdi di inneggiare nelle piazze al terrorismo del PKK di Ocalan,quello che lo stesso UEismo (e non certamente io) dichiarano di voler combattere mettendolo fuorilegge..roba da manicomio !!
Così,a parte le ritorsioni immediate che davvero Erdogan (forte del consenso popolare) può mettere in campo (vedi ripresa del flusso profughi),quale è la vera arma puntata sull’Europa che il Sultano ha impugnato ??
“Fate a testa 5 figli” ha ordinato ad ogni famiglia turca immigrata nella UE..chiamalo fesso !!
Quante generazioni occorreranno per ottenere (a costo zero per loro) un esercito turco già all’interno dei confini UEisti ?
Se aggiungiamo poi tutte le altre etnie musulmane sunnite presenti in Europa occidentale, la indicazione data da Erdogan al suo popolo risulta chiara : saremo prima o poi maggioranza fisica o,al lmite, minoranza religiosa fortissima e compatta..saremo l’Islam politicizzato che attaccherà l'Occidente dall’interno..poi vedremo come andrà a finire !!

Grazie per l’attenzione
Vincenzo Mannello      

sabato 18 marzo 2017

LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA FINANZIATA DA NEW YORK

LA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA FINANZIATA DA NEW YORK



Nel libro 'La guerra occulta' viene reso noto come i finanziamenti per la Rivoluzione russa giunsero alla Massoneria dell'est proprio da alcune grandi banche d'affari di New York. Il presidente americano di origine ebraica e Gran Maestro massone del 33° grado Theodore Roosevelt si incontro' pubblicamente alla Casa Bianca e in privato nella sua villa di campagna con gli esponenti del B'nai B'rith nel 1903 (loggia ebraica da cui sono esclusi tutti i non israeliti). A queste riunioni partecipo' Napoleon Levi, l'ideatore della lettera diplomatica di protesta che gli USA inviarono alla Russia per condannare i pogrom di Kishineff del 19 aprile 1903. La missiva venne inviata tramite il segretario di stato americano John Hay il 14 luglio seguente, e a essa venne allegata anche una petizione firmata da ben 30 mila membri del B'nai B'rith e dai suoi simpatizzanti, ma lo zar si rifiuto' anche solo di prenderla in considerazione.
Egli infatti non vedeva di buon occhio le ingerenze della lobby ebraica negli affari interni della nazione che rappresentava, e una volta constatato che gli ebrei erano alla testa dei rivoluzionari russi le relazioni diplomatiche si inaspriscono ulteriormente. Pertanto gli stranieri di origine ebraica vennero sottoposti a un regime speciale di passaporto, al fine di controllarne gli spostamenti e la strategia d'azione. In tal modo lo zar riteneva di poter impedire l'ingresso degli agitatori di professione responsabili degli episodi rivoluzionari, ma quando si accorge del problema era gia' troppo tardi. Nel 1905 il banchiere ebreo Jacob Schiff, membro di spicco del B'nai B'rith, affermo' : ''Se lo zar non vuole dare al nostro popolo la desiderata liberta', allora una rivoluzione instaurera' una repubblica tramite la quale si otterranno quei diritti''. Nel 1917, ovvero appena dodici anni dopo il rilascio di questa dichiarazione, la rivoluzione bolscevica condusse la comunita' ebraica russa alla testa del Paese, mentre lo zar venne barbaramente trucidato con tutta la sua famiglia.
A partire, dal 1905 la Banca Kuhn, Loeb & Co. Inizio' a sostenere economicamente la Rivoluzione russa fornendo appoggio a Lenin, Trotzky e Zinoviev. Incaricati della distruzione del denaro, proveniente oltre che da Schiff anche da suo genero Felix Warburg (fondatore della Federal Reserve nel 1913), da Otto Kahn, Mortimer Schiff, max Breitung, Jerome H. Hanauer, Guggenheim, tutti affiliati del B'nai B'rith, furono due membri della Pilgrims inglese e della Round Table, i massoni lord Alfred Milner e sir George Buchanan, l'ambasciatore britannico a Mosca, per autorizzazione dello stesso governo britannico. Tra le molte prove raccolte dai ricercatori indipendenti esiste poi il cablogramma con cui William Boyce Thompson (uno dei direttori della FED di New York, nonche' importante azionista della Chase Manhattan Bank) finanzio' la propaganda della rivoluzione bolscevica con un milione di dollari . Senza contare che John Reed, il membro americano del Comitato Esecutivo della Terza Internazionale, venne finanziato e sostenuto da un banchiere di New York di nome Eugene Boissevain.
La Rivoluzione russa ebbe inoltre il pieno appoggio dello stato maggiore tedesco: la rete bancaria passava infatti per la Germania attraverso il Sindacato Reno Westfalia, un consorzio ebraico diretto dal magnate del carbone Kirdorf, la banca Warburg e Co. di Amburgo e la Speyer di Francoforte, per estendersi in Svezia alla Nya Banken passando attraverso l'israelita Olaf Aschberg.
Partecipo' anche la banca ebraica Gunzburg con sede a San Pietroburgo, rappresentata da 31 compagni e da una lettera di accredito di 40 milioni di franchi oro. Qualche tempo dopo la Standard Oil of New Jersey dei Rockfeller acquisi' il cinquanta per cento dei giganteschi campi petroliferi del Caucaso, nonostante fossero ufficialmente di proprieta' dello Stato. L'alta finanza internazionale, insomma, preparo' la Rivoluzione russa allo stesso modo della Rivoluzione francese, preoccupandosi innanzitutto di creare le condizioni per una crisi economica che destabilizzasse il governo della nazione.
Per i finanzieri israeliti il rifiuto dello zar di accordare loro l'autorizzazione a creare nel 1905 una Banca Centrale, come avvenne piu' tardi in America con l'istituzione della Federal Reserve, era semplicamente inaccettabile. Per tale motivo i Rothschild indussero lo zar ad avviare una guerra contro il Giappone, assicurandolo che avrebbe ricevuto il loro appoggio economico per affrontarla. Ma in realta' i Rothschild, come la Kuhm, Loeb & Co. e tutti gli altri grandi finanzieri, stavano segretamente sostenendo economicamente il Giappone a partire dagli Stati Uniti . E quando nel 1914 scoppio' il conflitto contro la Germania, l'armata russa venne pesantemente indebolita dai gravi ritardi nell'approvigionamento degli armamenti che le avrebbe dovuto garantire l'elite. Gia' nel 1915 il futuro primo ministro britannico Lloyd George pote' constatare che la situazione sul fronte russo si era fatta disperata a causa del ritardo di ben cinque mesi nella consegna del materiale bellico. In pratica era disponibile un solo fucile ogni sei uomini.
La lobby ebraica aveva quindi intenzione di trascinare la Russia in miseria spargendo i semi della ribellione contro lo zar, favorendo in questo modo il lavoro degli agitatori rivoluzionari. Molti soldati russi, ridotti allo stremo delle forze, si ammutinarono. La compagnia responsabile del ritardo nelle commesse militari dello zar era la Vickers Maxim, controllata da sir Ernest Cassel, un socio in affari della Kuhn, Loeb & Co. nel periodo in cui il principale azionista della Vickers era un Rothschild. Vista la gravita' della situazione, il governo britannico invio' lord Kitchener in missione dall'alleato russo con il compito di riorganizzare l'esercito, ma purtroppo egli annego' durante il viaggio in circostanze 'misteriose'.
Contestualmente in Russia veniva fomentato il dissenso dall'ebreo massone Alexander Kerensky. E come dimostrano dal ricercatore Paolo Taufer, i versamenti della Federal Reserve Bank di New York del 1917 alla National Bank dei Rockfeller (l'unica banca di Pietroburgo scampata alla nazionalizzazione) rientrava tutti nel piano rivoluzionario ordito gia' nel 1903.Nel 1918, infatti, si riunirono a New York molti illustri personaggi di origine ebraica per pianificare gli esiti finali della Rivoluzione russa. Tra coloro che parteciparono all'esclusivo consesso possono essere citati Jakob Schiff, L. Marschall (presidente del comitato giudeo-americano), O. A. Rosalsky, O.A. Kahn ( a capo della banca Schiff e proprietario del New York Times), B. Schlesinger (il quale si reco' piu' volte in Russia per incontrare Lenin), Joseph Schlossberg (segretario dell'unione operai), M. Pine, David Rinski e Barondess, leader dei movimenti operai. Sulla rivista 'L'ebreo americano' del 10 settembre 1920, la stessa lobby ebraica ammetteva quindi : '' La rivoluzione bolscevica fu opera esclusiva della riflessione e dello scontento ebraico''. E a conferma di dove fosse veramente ubicato il quartier generale della rivoluzione, basti ricordare che il grande demagogo Leone Trotsky viveva proprio a New York quando nel 1917 venne deposto lo zar. Il rivoluzionario infatti si imbarco' dagli USA il 26 marzo 1917 alla volta di Pietrogrado, in Russia, sul piroscafo Kristianiafjord con in tasca diecimila dollari dei Rockfeller. E come se non bastasse, Trotsky riusci' a entrare in Russia solo grazie a un passaporto americano ottenuto grazie all'intervento personale del presidente massone USA Woodrow Wilson, un fantoccio in mano ai poteri forti.
Il 19 marzo 1917 Jacok Schiff spediva il ministro degli Affari Esteri del governo provvisorio russo Milioukov il seguente telegramma : '' Permettetemi in qualita' di nemico inconciliabile dell'autocrazia tirannica che perseguitava i nostri correligionari, di congratularmi per l'azione compiuta cosi' brillantemente per mezzo del popolo russo e di augurare pieno successo ai vostri compagni del governo e a voi stesso''. Il nipote dell'omonimo banchiere giunse addirittura ad affermare pubblicamente sul 'New York Journal American' del 3 febbraio 1949 che suo nonno aveva versato 20 milioni di dollari oro ai rivoluzionari russi, per i quali Lenin pago' un rimborso di 600 milioni di rubli oro (pari a 450 milioni di dollari oro) alla banca Kuhm, Loeb & Co. Tra il 1918 e il 1922. Gli aiuti economici ai rivoluzionari 'bolscevichi'' provennero quindi anche dalle banche Morgan-Rothschild-Lazare e M.M. Warburg, a cui si affiancarono finanziatori inglesi come sir George Buchanan o lord Milner.
Un documento dei servizi informativi americani datato 6 marzo 1920 rivelo' poi quantosegue : ''...nel febbraio 1916 si seppe per la prima volta che una rivoluzione era stata fomentata in Russia''. A tale affermazione seguiva poi la lista degli istituti di credito e dei banchieri che risultavano essere coinvolti personalmente : Jackob Schiff, la Banca, Kuhn Loeb & Co., Jerome I. Hanauer, Guggenheim e Max Breitung, ovvero tutte personalita' appartenenti alla'alta finanza ebraica. Tra i magnati che finanziarono direttamente l'impegno politico di Karl Marx troviamo i nomi di Clinton Roosevelt e Horace Greely, ovvero due personaggi iscritti alla Loggia Columbia fondata dagli Illuminati di Baviera a New York nel 1785. Equando H. Greely divenne direttore del New York Tribune, nomino' Karl Marx corrispondente da Londra! Clinton Roosevelt d'altronde mostrava apertamente di perseguire gli stessi programmi degli Illuminati e infatti nel 1841 aveva gia' pubblicato l'opera 'The Science of Government Founded on Natural Law (La scienza del governare fondata sulla legge naturale), un volume che riprendeva il piano di Weishaupt per una dittatura mondiale di tipo ONU. Nel 1920 l'elite deteneva anche il controllo delle principali testate giornalistiche internazionali, tra le quali possono essere citate : 'The Times', 'Le Figaro', 'Petit Parisienne' 'L'Humanite', Daily Telegraph, Westminster Gazzette, Daily Express, Daily Herald, Cronicle, English Review, National News, Daily News, la prestigiosa agenzia stampa Reuter. Ma se davvero le cose andarono in questo modo, per quale 'strano' motivo dei banchieri avrebbero dovuto sostenere la causa proletaria contro i proprio interessi capitalistici? Forse la ragione di tale comportamento e' da far risalire a progetti di dominio che non possono essere compresi alla luce della storia ufficiale? Ebbene, stando alle circostanze di fatto sembrerebbero proprio di si.


I protagonisti della Rivoluzione russa


In questo paragrafo verranno esposti alcuni sconcertanti 'particolari' a proposito della cosiddetta rivoluzione bolscevica su cui i popoli dovrebbero essere informati. In primis il dato di fatto che tutti i piu' grandi ispiratori della rivoluzione e i loro piu' stretti collaboratori furono ebrei, massoni o le sue due cose insieme.
Il vero nome di uno dei maggiori profeti del socialismo reale passato alla storia come 'Leone Trotsky' era in realta' Lev Bronstein, un intellettuale di origine ebraica che parlava addirittura meglio la lingua tedesca del russo. Trotsky si era stabilito a New York dopo essere stato espulso dalla Germania e, quando nel 1917 si imbarco' per Pietroburgo, il piroscafo fece scalo in Canada, dove venne fermato e poi rilasciato dalle autorita' locali. Il. Sottotenente colonnello John Bayne MacLean (fondatore e presidente della MacLean Publishing), che era in stretto contatto con i servizi segreti canadesi, nel 1918 scrisse un articolo sul suo 'MacLeane Magazine' intitolato : ''Perche' abbiamo lasciato scappare Trotsky? Come il Canada ha perso la possibilita' di abbreviare la guerra''.
Nell'articolo in questione l'ufficiale rivelo' che Trotsky non era nato in Russia ma in Germania e che anche molti altri rivoluzionari russi reclutati da lui erano per la maggior parte tedeschi e austriaci che si facevano passare per russi.
Lo stesso Trotsky ammise poi nelle sue memorie di aver ricevuto prestiti dai grandi banchieri sin dal 1907. Una circostanza questa a cui vanno aggiunti altri 'dettagli' sfuggiti ai libri di scuola, e cioe' che dal 1917 in poi la 'causa proletaria' della rivoluzione bolscevica venne sostenuta principalmente dall'elite dell'alta finanza internazionale, ovvero da insigni capitalisti di origine ebraica come Jacok Schiff e Kuhn, Loeb & Co, (membri esclusivi della cosiddetta 'Tavola Rotonda', nota a livello internazionale come 'Round Table''). Un apparente paradosso che dovrebbe servire a dimostrare una volta per tutte quanto le cosiddette grandi rivoluzioni 'popolari e proletarie' siano state in realta' programmate dai poteri forti secondo piani di dominio a lungo termine. Nel 1917 insomma, al cupola dei banchieri di origine ebraica di cui facevano parte personaggi come i Morgan, i Rothschild, i Lazard, finanziarono alcuni propri fedeli connazionali affinche' svolgessero il compito rivoluzionario a loro assegnato. Parallelamente Max Warburg (un altro grande capitalista di origine ebraica) controllava da Stoccolma (Svezia) la ditta Trotsky & Co. Insieme all'ebreo Olaf Aschberg della Nya Banken di Stoccolma, all'ebreo Givotovsky e all'impresa ebraica del Sindacato Westfaliano-Renano. I rapporti tra banchieri e capi rivoluzionari erano cosi evidenti che Trotsky si sposo' addirittura con la figlia di Givotovsky.
In pratica accadeva che Trotsky, Lenin, Marx e gli altri rivoluzionari del socialismo reale, proprio mentre denunciavano i mali del capitalismo, ricevevano segretamente i soldi necessari alla rivoluzione operaia proprio dagli stessi banchieri di Londra e di New York che in pubblico giuravano di voler mandare in bancarotta. Senza contare poi che grandi ideologi del socialismo reale come Lenin, Karl Marx, Friedrich Engels e Leone Trotsky furono tutti insigni massoni di origine ebraica. Alla lista vanno poi aggiunti i nomi meno famosi degli altri intellettuali, come i Lassales o Heine, che ebbero comunque un ruolo determinante nello sviluppo di questa ideologia. Il debutto pubblico del Marx giornalista avvenne il 5 maggio 1842 grazie alla pubblicazione dei suoi 'Dibattiti sulla liberta' di stampa' e alle sue dissertazioni sulla 'Dieta' della Rheinische Zeitung' , un quotidiano di Colonia finanziato dalla borghesia liberale renana in cauta opposizione al regime prussiano. Il suddetto giornale veniva gestito dal circolo radicale capeggiato da Moses Hess, un attivista' politico soprannominato il 'rabbino rosso' per le origini ebraiche e le sue idee comuniste. La maggior parte degli agitatori socialisti insomma erano di chiara origine ebraica persino in un paese come la Germania, dove i membri di tale comunita' non superavano le 500.000 unita' e non rappresentavano neppur l'un per cento della popolazione totale,
Ecco alcuni nome della nutrita nomenclatura ebraica posta alla testa dei partiti socialisti tedeschi degli anni Venti : Guglielmo e Carlo Liebknecht, Singer (il quale si facevano chiamare Paolo in luogo di Pinkus), Bernstein, Oskar Kohn, Nordhausen, Davidsohn, Frank , Gradnauer, Hirsch, Herzfeld, Simon, Stadthagen e Rosa Luxemburg: Persino i famosi 'ventidue indipendenti' che ruppero la cosiddetta' 'unione sacra socialista' erano quasi tutti ebreim, come lo erano i loro leader Liebknecht, Haase e Cohn. Una situazione anomala che ritroviamo che ritroviamo anche tra i dirigenti dei Consigli Operai e delle altre organizzazioni socialiste. In ciascun Land tedesco infatti gli agitatori socialisti di origine ebraica si distinsero con particolare fervore rivoluzionario ponendosi alla testa di tutte le rivendicazioni proletarie; in Prussia Hirsch, in Baviera Kurt Eisner (il cui vero nome era Salomone Kosmanousky), in Sassonia Gradnsuer, nel Wurttemberg Heinemann e Thalbeimer nell'Assia Fulda. Tale strana circostanza divenne ancora piu' palese nel primo governo repubblicano tedesco, dove i membri di origine ebraica presenti nei ministeri e nelle direzioni nevralgiche del potere costituivano l'ottanta per cento del totale.


Un capovolgimento storico preparato a tavolino


E' chiaro dunque che al di la' di ogni ragionevole dubbio sono gli stessi numeri a descrivere
materialmente l'esistenza di una cospirazione dell'elite ebraico-massonica (e quindi degli Illuminati) all'epoca dei primi tumulti socialisti europei. Persino lo stesso termine 'socialismo' (inteso in senso moderno) trova le sue origini nella Massoneria, in quanto venne utilizzato per la prima volta nel 1830 dal sansionisto Leroux, un personaggio che, guarda caso, era affiliato alla 'Loggia dei diritti dell'uomo' di Grasse. Ne consegue che per attuare i suoi scopi la cupola dell'alta finanza di origine ebraica ricorse sia ai membri piu' omertosi della propria comunita' che agli spregiudicati affiliati della Massoneria, proprio come agisce di norma la mafia italiana, affidandosi sempre a 'sicura manovalanza nazionale.
Ma, anche se furono effettivamente degli ebrei a eseguire i piani dell'elite, al resto della loro comunita' non puo' essere imputata alcuna responsabilita'. Ritenere invece il contrario o scambiare addirittura una religione per una razza, come hanno fatto i nazisti e i sionisti revisionisti, (il cui movimento e' stato finanziato dai Rothschild) significa cadere nella trappola dei poteri forti che si avvantaggiano dei sentimenti antiebraici per giustificare la persecuzione di chi denuncia i disegni criminali della lobby ai vertici dell'alta finanza. In realta', infatti, i grandi casati dei banchieri ritengono di appartenere a una casta esclusiva posta al di sopra di tutte le nazionalita', compresa quella ebraica. E cio' significa che quest'ultima, dietro l'apparente protezione dell'elite, viene raggirata e sfruttata ancora piu' delle altre.


L'ombra inquietante degli Illuminati


Le prove dell'appartenenza di Lenin alla confranternita provengono dal 'Dizionario Universale della Framassoneria', che lo cita 'guarda caso' come un affiliato alla loggia di Belleville del Grande Oriente di Francia, presso Parigi, prima del 1914. A conferma di questo assunto segue l'eloquente circostanza che la mummia del noto ideologo e' stata dedicata all'ordine massonico dell'apprendista con una lapide celebrativa. E Lenin stesso, appena sali' al potere con la rivoluzione d'ottobre insieme ai suoi collaboratori Krassin e Salomon, si lascio' scappare una frase rivelatrice sui veri scopi di quella rivoluzione. Egli espresse infatti un ragionamento la cui matrice non puo' che essere fatta risalire alle idee propagandate dalla potente setta massonica degli Illuminati : ''Non si tratta della sola Russia, io sulla Russia ci sputo; questa non e' che una fase transitoria per giungere alla rivoluzione mondiale, al dominio del mondo. Ricordatelo, ora saremo spietati con tutti, distruggeremo ogni cosa e sulle rovine innalzeremo il nostro tempio''.
Persino il concetto di Soviet non e' una novita' introdotta da Trotsky o da Lenin, ma trae la sua vera origine nella cultura ebraica arcaica degli esseni, dove tutti i beni della collettivita' erano in comunione. Il suo originario appellativo ebraico era quindi 'Kahal', attualmente posto in atto nei kibbutz israeliani. Anche gli agitatori rivoluzionari che trucidarono materialmente lo zar Nicola Romanov con sua moglie e i suoi figli si rivelarono poi essere cinque deputati di origine ebraica. Considerando infatti che la componente ebraica presente in Russia negli anni in cui venne rovesciato lo zar era nell'ordine di pochi punti percentuale dell'intera popolazione, la massiccia presenza a vario titolo dei loro esponenti nella direzione della Rivoluzione russa e poi a capo del partito comunista non puo' lasciare spazio alle mere coincidenze.
La Rivoluzione russa e' stata preparata a 'tavolino' dalla Massoneria e dall'alta finanza internazionale, megli nota come lobby ebraica. Il primo presidente della Repubblica sovietica fu infatti Iakov Sverdlov, un ebreo influente del gruppo rivoluzionario leninista, lo stesso personaggio che durante gli anni della rivoluzione diede ordine alla Tche'ka di provvedere all'esecuzione dello zar. Infatti la squadra dei sicari che trucido' lo zar Nicola II, sua moglie, lo zarevic, le granduchesse, il dottor Botkine e una parte dei loro domestici era comandata da un altro suo correligionario, un certo Yourowsky. Una mattanza che si consumo' nella cittadina di Ekaterinburg (oggi Sverdlavsk) il 17 luglio del 1919 senza alcun processo. E come se la rivoluzione non avesse gia' sparso abbastanza sangue, la notte seguente vennero massacrati anche tutti i membri della famiglia imperiale. Eccidi e persecuzioni che come tristemente noto continuarono a vario titolo per molti anni.
Stalin, Josif Vissarionovich Dzugasvili stesso, nonostante si sia distinto per comportamenti antisemiti, studio' come Adam Wheishaupt presso l'ordine dei gesuiti, ed era in realta' di origine ebraica georgiana.
Il suo vero nome di famiglia era infatti un altro, Ioseb Besarionis Dze Jughashvili. E Jughashvili in georgiano significa 'figlio (shvili) di israelita (Jugha)''. Nella biografia del dittatore scritta da Iman Raguza viene inoltre affermato che i suoi genitori, Bessarionis Jugashvili (il padre) e Ekaterina Jugashvili (la madre) di religione cristiano-ortodossa (secondo la tradizione ebraica dell'alacha' per essere definito ebreo non ha alcuna rilevanza la religione professata) si sposarono con un matrimonio combinato e che il nonno materno era un giudeo dei monti Kontaissi.
Durante la sua ascesa al potere Stalin sposo' Rosa Kaganovitch, la sorella del capo del comitato centrale del partito, l'ebreo L.M: Kaganovitch. E anche nell'ufficio che sovrintendeva all'organizzazione del potere, il sanguinario dittatore venne affiancato da altri membri della comunita' ebraica come Egoff, Gamarnik e Schwernik. La preponderante presenza ebraica nella dirigenza del partito divenne quindi del tutto evidente, per non dire spudorata. Tra i membri di
questa troviamo per esempio Litvinoff, Manouilki, Pyatakoff, Chvernil, Pagoda, Kaminsky, Kalmanovitch, Ougarof, Rozenoltz, Sokonikoff. Inoltre, sulla base dei dati ufficiali stilati dai
bolscevichi, l'Association Unity of Russia nel 1920 pubblico' a New York l'elenco dei suoi funzionari di stato, dati ufficiali che parlavano chiaro : su 503 funzionari dello stato, 406 risultavano essere ebrei e tra i 42 giornalisti che plasmavano l'opinione pubblica, solo uno non era di origine ebraica. Nel Consiglio dei commissari del popolo 17 membri su un totale di 22 erano ebrei. Nel commissariato di guerra che venne diretto da Trotsky il loro numero era di 34 membri su 43. Nel commissariato dell'interno diretto da Zinovieff lo erano 45 su 64; nel comitato degli esteri addirittura 16 su 17. Nel commissariato di giustizia ancora 18 su 19; nel consiglio supremo dell'economia 45 su 56; nel comitato centrale dei soviet gli stessi rapporti smisurati : 33 su 34; al commissariato della pubblica istruzione 44 su 53; nell'ufficio centrale del partito comunista 55 su 56 ecc.
Basta poi dare un'occhiata ai nominativi dei ministri 'del popolo', per capire a colpo d'occhio quanto fosse anomala una simile concentrazione ebraica nei gangli del potere post. Rivoluzionario:

  1. Isidore Lyubimoff (nato Koslevsky), ministro dell'Industria leggera;
  2. Moisei I. Kalmanovitch, ministro delle Fattorie di Stato;
  3. M.A. Techernoff, ministro dell'Agricoltura;
  4. Lev Efimovitch, presidente della Banca di stato;
  5. A.P. Rozengoltz, ministro per il Commercio estero:
  6. V. Kaminsky, ministro della Sanita' pubblica;
  7. I.A. Zalensky, presidente dell'Unione centrale delle cooperative;
  8. M. Woul, presidente della Banca cooperativa pansovietica.ù


Solomon Lozovsky, direttore del servizio informazioni durante tutta la Seconda guerra mondiale. Persino lo spietato uomo di fiducia di Stalin che venne posto a capo dei servizi segreti sovietici, il famigerato Lavrenti Pavlovich Beria era di origine ebraica, come lo era David Zaslavsky, l'editore del giornale di stato Pravda.
Ecco poi come cambia la nomenclatura ebraica del potere sovietico nel 1951:
  1. Fedor Gousev, ministro degli Esteri;
  2. A.M. Jacobsonm, membro del Presidium del Soviet Supremo;
  3. Alexei F. Gorkin, segretario del Presidium del Soviet Supremo;
  4. P.A. Judin, ministro delle Costruzioni dell'industria pesante;
  5. Paval Judin, editore del giornale Cominform;
  6. A.M. Kirchenstein, presidente del Presidium;
  7. Peter Levitsky, capo del consiglio delle nazionalita';
  8. B.A. Dvinsky, ministro delle Provviste agricole;
  9. Semyon Yakovlevich Fomin, ministro dell'Industria macchine da costruzione
  10. D.I.Fomin, ministro dell'Alimentazione e riserve;
  11. Ivan Isidorevich Nossenko, viceministro dei Trasporti navali.
Nel 1919 Korolenko, un noto social-rivoluzionario, affermo' : ''Tra i bolscevichi gli ebrei sono in gran numero. La loro assenza di tatto, la loro presunzione colpiscono e irritano...specie nella Ceka,
compaiono dappertutto fisionomie ebraiche, e questo esacerba i sentimenti tradizionali del popolo''.
Peraltro, tra le migliaia di nomi di origine ebraica presenti nella nomenclatura di potere dell'ex partito comunista sovietico spicca anche quello di Mathias Berman, il quale prima divenne coordinatore dei Gulag (1936) e poi vice-ministro del NKVD, l'organismo da cui nacque il famigerato KGB. A lui seguono numerosi altri importanti personaggi come Jacob Agranov, un cekista che si conquisto' la fama di essere un uomo feroce durante i crudeli interrogatori svolti contro i partecipanti alla rivolta di Cronstadt.
Lev Ilic Injir invece, venne nominato capo contabile dei Gulag grazie all'appoggio politico del suo correligionario Iejov, un veterano del NKVD che punteggiava i suoi discorsi con citazioni del Talmud. E quando nel 1933 giunse a termine la costruzione del canale sito tra il Mar Bianco e il Mar Baltico, si seppe che a causa delle insostenibili condizioni di lavoro forzato a cui furono costrette le maestranze erano periti in condizioni disumane centinaia di migliaia di prigionieri russi, asiatici, e ucraini. Ma ciononostante i responsabili dell'ecatacombe vennero premiati con medaglie e onorificienze dal partito di regime. I nomi degli 'illustri' signori che diressero i 'lavori' sono elencati qui di seguito : Iagoda, commissario del NKVD; Matvei Berman, capo dei Gulag; Semion (Shimon) Firin, direttore del BelBal; Lazare Kogan, capo delle costruzioni; Iakov Rappoport, suo vice; Naftali Frenkel, capo dei cantieri del Mar Bianco. Tutte personalita' di origine ebraica. Nel 1923, Bieckerma (anche lui di nazionalita' ebraica), aveva scritto cinicamente : ''Oggi l'ebreo e' dovunque, a tutti i livelli del potere. L'uomo russo lo vede a capo di Mosca, alla testa della capitale della Neva (Pietroburgo, allora Petrograd), alla testa dell'Armata Russa, questa incomparabile macchina di autodistruzione....il russo vede nel giudeo il giudice e il boia; a ogni passo, incontra dei giudei che non sono comunisti, ma che prendono tutto in mano e operano a favore del potere sovietico...Non c'e' da stupire che il russo si indurisca nell'idea che il potere attuale e' ebraico, che e' fatto per gli ebrei, che serve i loro interessi: e' il potere stesso che lo conferma in questa certezza''.
L.V. Kritchevski, nel 1999 dopo aver consultato i documenti rimasti a lungo segreti negli archivi del potente apparato di repressione sovietico ha pubblicato un'opera dal titolo ' Gli ebrei e la Rivoluzione russa' contestualmente a Mosca e a Gerusalemme. Nel libro si legge : ''All'epoca del 'Terrore Rosso', le minoranze nazionali componevano il cinquanta per cento dell'apparato centrale della Vetcheka, e circa il settanta per cento dei posti dirigenziali in seno all'apparato''. Le minoranze a cui faceva riferimento l'autore erano prevalentemente lettoni, ebrei e polacchi. Infatti egli prosegue rivelando che ' fra i giudici istruttori incaricati alla lotta alla contro-rivoluzione, la meta' erano ebrei''. Inoltre le icone della falce e del martello che campeggiavano sulla bandiera sovietica insieme alla stella a cinque punte appartengono al repertorio dei simboli tradizionalmente adoperati dalla Massoneria. Sono infatti entrambe presenti in posizioni separate nel cosiddetto 'quadro della loggia', dove la falce rappresenta la filosofia e il martello la forza. Solo a partire dal 1919 divennero l'emblema del partito comunista.
Va ribadito pero' che la stragrande maggioranza del popolo ebraico non ha alcun tipo di
responsabilita' ne' con l'elite ne' tanto meno con l'operato dei suoi gregari correligionari. Come del resto nessuno puo' essere incriminato solo perche' parente, amico o connazionale di un criminale.
Sono solo alcune 'mele marce' (per quanto potentissime) a infangare il nome di una intera nazione.
Infatti a denunciare episodi del genere si sono coraggiosamente esposti anche molti ebrei. Ecco per esempio alcune affermazioni importanti fatte da storici di origine ebraica come Gabriel Landau : '' Siamo colpiti da quello che ci si aspettava di meno di trovare nell'ambiente ebraico: crudelta', sadismo, violenza, che parevano cosi' estranee a un popolo lontano da ogni vita guerresca. Coloro che ieri non sapevano ancora maneggiare un fucile, si sono trovati a fare i boia e gli aguzzini''. Denunce come queste non possono essere interpretate come una ammissione di colpa, in quanto esprimono, viceversa, l'indignazione e il disagio della maggior parte degli ebrei di fronte ad accertate responsabilita' criminali di alcuni propri connazionali. Il fatto che il popolo ebraico sia una delle comunita' piu' nazionaliste e unite del mondo non deve trarre in inganno coloro che interpretano tale solidarieta' come un elemento certo di connivenza ai giochi di potere dell'elite. Al contrario l'unita' di popolo e i richiami nazionalistici che sono caratteristiche pregnanti del popolo d'Israele vengono abilmente sfruttate dagli Illuminati per raggiungere i propri farneticanti progetti di supremazia.


L'inganno del popolo e la rivoluzione tradita


La maggior parte degli esperti politici ritiene che il tracollo dell'URSS abbia comportato il definitivo fallimento degli ideali socialisti e cio' in quanto costoro continuano erroneamente a identificare tale regime con ogni forma possibile di comunismo reale. Ciononostante non possiamo dimenticare il fatto oggettivo che nella ex Unione Sovietica la dottrina socialista non e' mai stata applicata veramente. Di fatto, Lenin e tutti gli altri agitatori della rivoluzione che vennero finanziati dai poteri forti tradirono le promesse fatte ai lavoratori e alla classe proletaria, consegnando il comando del Paese a un'elite privilegiata alto borghese. Il socialismo reale infatti avrebbe dovuto eliminare le cause della miseria popolare e abbattere il potere illimitato dei pochi sui molti, ma al di la' dei grandi proclami avvenne esattamente il contrario. Appena conclusa la rivoluzione Lenin e Trotsky non fecero altro che smantellare tutte le organizzazioni indipendenti dei lavoratori ponendole fuori legge. Essi istituirono persino uno dei piu' celebri strumenti di controllo e di terrore sulla popolazione, il KGB, con il quale ridussero il popolo russo a una nuova schiavitu'. Lenin realizzo' poi una netta separazione tra la classe dirigente e il resto della popolazione, escludendo quest'ultima da qualsiasi concreta possibilita' di manifestare il proprio dissenso politico.
Rosa Luxemburg ( 5 marzo 1870-15 gennaio 1919), una fervente sostenitrice del socialismo, denuncio' tale situazione aberrante del periodo postrivoluzionario russo. L'attivista di origine ebraica affermo' infatti quanto segue : ''Al posto dei corpi rappresentativi usciti dalle elezioni popolari i generali Lenin e Trotsky hanno installato i Soviet in qualita' di unica autentica rappresentanza delle masse lavoratrici.Ma con il soffocamento della vita politica in tutto il Paese anche la vita del Soviet non potra' sfuggire a una paralisi piu' estesa. Senza elezioni generali, liberta' di stampa e di riunione illimitata, libera lotta d'opinione in ogni pubblica istituzione, la vita si spegne, diventa apparente e in essa l'unico elemento attivo rimane la burocrazia...una dittatura, certo; non la dittatura del proletariato, tuttavia, ma la dittatura di un pugno di politici, vale a dire dittatura in senso borghese, nel senso del dominio giacobino''.
La sedicente dittatura del proletariato divenne a tutti gli effetti una dittatura contro di esso e il popolo venne usato come carne da macello per attuare una rivoluzione che proveniva dall'elite borghese. Gli ideali comunisti furono utilizzati cinicamente per ingannare le masse. In pratica la rivoluzione lascio' assolutamente invariato il rapporto tra oppressori e oppressi, nel massimo sconcerto della popolazione, che cominciava a comprendere di essere stata illusa. Nel periodo dal 1921 al 1929, infatti, furono realizzate molte riforme in favore della lobby di potere. Tutte le questioni legate alle nazionalizzazioni e alla proprieta' privata vennero affrontate nella prospettiva del gruppo dominante, che comprendeva nobili, borghesi e funzionari del vecchio regime. La rivoluzione quindi si risolse in una truffa al proletariato e l'economia russa precipito' disastrosamente, lasciando perire decine di migliaia di indigenti per fame o epidemie. Due anni dopo l'inizio dell'era comunista c'erano piu' di un milione di senza lavoro e i salari erano scesi di un terzo.
Appena acquisito il potere l'elite russa elimino' fisicamente tutti i veri comunisti instaurando un regime dittatoriale fondato sul terrore. L'attivista comunista Nikolai Bucharin venne fucilato dopo un processo sommario per avere tentato di introdurre riforme di stampo socialista nel nuovo regime. Le sue ultime parole furono : ''Sto per morire.Chino la testa, ma non davanti alla falce proletaria, che giustamente e' spietata, ma e' anche casta. Io sono impotente, invece, davanti a una macchina infernale che sembra usare metodi medievali, eppure possiede un potere gigantesco, inventa calunnie ad arte, agisce sfrontatamente e con fiducia...Oggi, i cosiddetti organismi della Gpu sono per la maggior parte un'organizzazione degenerata di funzionari senza scrupoli, dissoluti e ben pagati''. Tutti i leader storici bolscevichi che sapevano troppo, che non appartenevano o che si ribellarono all'elite vennero sterminati. Persino Trotsky il 20 agosto 1940 venne aggredito alle spalle dal suo segretario, Ramon Mercader, rivelatosi poi essere un agente di Stalin. Mercader gli sfondo' il cranio usando una piccozza e Trotsky mori' dopo ore di agonia il giorno seguente. In nome di un socialismo reale mai realizzato venne addirittura ripristinata la schiavitu' umana dei famigerati Gulag, dove perirono centinaia di migliaia di persone.
Se e' vero che il buon giorno si vede dal mattino, una lettera della scrittrice russa Aleksandra Kollontaj testimonia questa drammatica realta' gia' a partire dal 1917:''... Fui accolta dai vecchi addetti al ministero non senza una certa resistenza. La maggior parte di loro ci sabotavano apertamente. In ultima analisi, il comunismo non fu altro che una farsa magistralmente interpretata dai finanzieri internazionali per controllare le masse e promuovere cosi' la prima forma moderna di tirannide mondiale mascherata da socialismo reale. Ad accorgersene,pero', ci furono, come gia' visto, anche molti brillanti attivisti comunisti che avevano ingenuamente creduto nella causa della 'rivoluzione proletaria', e tra questi possono sicuramente citare la statunitense Bella Dodd (1904-1969),membro del Consiglio Nazionale del Partito Comunista americano (CPUSA). Bella Dodd scrisse infatti 'The School of Darkness (La scuola delle tenebre), uno straordinario volume rivelatorio dal titolo emblematico divenuto ormai praticamente introvabile. Il contenuto esplosivo dell'opera ripercorre le tappe della Rivoluzione russa, soffermandosi poi sulle prove inoppugnabili che riguardavano il vero motivo per cui venne realizzata. E poiche' come gia' visto furono proprio i banchieri di Wall Street a finanziare le attivita' rivoluzionarie internazionali sorge spontanea una domanda : per quale recondito motivo dei grandi capitalisti, tra i quali spiccava l'impero finanziario di J.P. Morgan, patrocinarono i comunisti? Gary Allen fornisce questa spiegazione:
''Se si riconosce che il comunismo non e' un programma per la condivisione del benessere,bensi' un metodo per il suo controllo, allora l'apparente paradosso del super-ricco che promuove il comunismo non e' piu' tale. Diventa il logico, il perfetto strumento per megalomani in cerca di potere. Il comunismo non e' il movimento delle masse oppresse, ma dell'elite economica''.


Il materialismo scientifico e il lavoro delle donne come mezzi per sovvertire tutti i valori tradizionali della societa' secondo il programma degli Illuminati.


La Dodd descrive parimenti il comunismo come il prodotto di un 'culto segreto' (lo gnosticismo luciferiamo degli Illuminati) il cui vero obiettivo 'sotterraneo' e' la distruzione dei valori tradizionali della civilta'. Attraverso quest'ultimo infatti milioni di ingenui idealisti sono stati raggirati con il pretesto del bene comune e dell'aiuto ai piu' bisognosi, quando in realta' l'unico scopo dell'elite' e' l'instaurazione di un nuovo ordine mondiale. Cio' e' testimoniato anche dal fatto che Dodd constato' come nella sede del partito non fosse condotta alcuna ricerca sociale. Le fu 'spiegato' allora che : ''Il nostro non e' un partito riformista, ma rivoluzionario''.
Il Partito Comunista operava insomma infiltrandosi e sovvertendo istituzioni sociali quali le chiese, le scuole, i mass media e il governo per arrivare infine a sottomettere i popoli proprio a quello stesso modello di governo mondiale di sfruttamento del piu' debole che ufficialmente si proponeva di voler contrastare e distruggere. Dodd rivelo' ad esempio che 1.100 membri del CPUSA furono ordinati preti cattolici negli anni Trenta, mentre altri agenti comunisti sovvertivano il sistema educativo americano mediante l'assoggettamento dei sindacati degli insegnamenti alla direzione di alcune specifiche 'associazioni culturali' controllate dall'elite, e solamente chi accettava l'approccio materialistico (ovvero la stessa ideologia materialistica di fondo comune al liberismo e al darwinismo massonico) della 'lotta di classe internazionale' riusciva a mettersi in luce in tali strutture.
Il programma a lungo termine dei comunisti prevedeva poi il coinvolgimento delle donne nel mondo del lavoro (oggi perfettamente realizzato anche in ambito capitalista mediante l'innalzamento del costo della vita da parte dell'alta finanza e la conseguente impossibilita' di sopravvivere con un solo stipendio) per smembrare l'unita' familiare e fare cosi in modo che le nuove generazioni venissero 'educate' esclusivamente dagli enti collettivi del partito (nella societa' capitalista lo stesso scopo viene ottenuto costringendo entrambi i genitori a ritmi di lavoro incompatibili con la possibilita' di seguire i figli, lasciando che questi ultimi seguano il modello sociale loro imposto da strumenti di manipolazione mentali di massa come la televisione). La famiglia, quindi, in quanto roccaforte dei valori umani tradizionali (la donna era il collante del nucleo familiare) doveva essere completamente annientata, conferendo il ruolo d'insegnamento dei genitori al partito e allo stato.
Dodd diede il suo contributo all'organizzazione del 'Congresso delle Donne Americane' (il precursore del movimento femminista) in perfetta buona fede e, dal momento che questa associazione sembrava promuovere la pace, il movimento attrasse anche molte altre donne.Ma si
tratto' in realta' solo di una rinnovata offensiva dell'elite per destabilizzare la famiglia e avere campo libero sulla formazione delle nuove generazioni. Al pari dei giovani e dei gruppi minoritari, le donne erano e sono ancora considerate una forza di riserva della rivoluzione per la loro attitudine ad essere facilmente trascinate da sollecitazioni emotive.
La Seconda guerra mondiale porto' il CPUSA a rinunciare definitivamente alla lotta di classe e ad aggregarsi al cosiddetto ''campo Rooseveltiano del progresso 'che comprendeva i cosiddetti 'capitalisti progressisti''. Il Partito Comunista Sovietico cominicio' cosi' ad assumersi la responsabilita' di instaurare una rigida disciplina tra i lavoratori, e nessun datore di lavoro fu piu' abile o inflessibile dei capi comunisti nel contenere gli scioperi o nel ridimensionare le rimostranze degli operai. In quegli anni infatti l'aumento delle paghe era notevolmente inferiore a quello dei profitti e del controllo monopolista sui generi di prima necessita'. I profitti della produzione bellica quindi erano esclusivo appannaggio di dieci grandi corporations e i dirigenti comunisti evitarono diligentemente la diffusione di tale informazione. Il periodo bellico fu contrassegnato da uno straordinario coordinamento tra il Partito Comunista e l'elite finanziaria americana. L'elite finanzio' una sofisticata agenzia di propaganda,, l'Istituto Russo, che aveva sede a New York, in Park Avenue, di fronte a quella del Council on Foreign Relations (CFR) di Rockfeller, situato sulla 68ma Strada. Personalita' famose come Vanderbilt, Lamont, Whitney e Morgan erano in quella sede a stretto contatto con la nomenklatura comunista. Stalin dissolse il Comintern (l'Internazionale Comunista), su insistenza di Roosevelt, anche per rendere politicamente piu' 'presentabile' il CPUSA. Earl Browder (1934-1945), il suo leader, acquisi' un rilievo nazionale e si consulto' con i ministri dell'amministrazione di Franklin Delano Roosevelt, presidente degli USA negli anni critici che vanno dal 1933 al 1945.Il comune sforzo bellico di USA e URSS doveva porre le basi della creazione del Nuovo Ordine Mondiale. Ma la linea politica muto' inspiegabilmente e Browder divenne un signor nessuno. Apparentemente l'elite finanziaria decise che i tempi non erano ancora maturi per un governo mondiale, mentre una guerra sarebbe stata molto piu' proficua.
A Dodd fu riferito che in futuro il Partito Comunista avrebbe dovuto spesso subire l'opposizione non solo del governo, ma anche dei lavoratori americani. Dodd comprese allora che le migliori aspirazioni di servire i lavoratori erano state tradite sin dall'inizio per servire alla causa dell'elite e del suo nuovo ordine mondiale. I membri del CPUSA si precipitarono, come topi impauriti, ad adottare la nuova linea di partito. Dodd tento' di abbandonare l'organizzazione, ma le fu detto che 'nessuno esce dal partito. O muori o sei sbattuto fuori''. Alla fine Dodd fu espulsa e bollata come 'razzista, anti-portoricana, antisemita, nemica dei lavoratori e serva dei padroni''. Non c'e' forse qualcosa di familiare in tali accuse? Dopo piu' di vent'anni di sacrificio indefesso fu lasciata senza famiglia o amici. Il partito era stato la sua famiglia! ''Questa e' la chiave per l'asservimento mentale del genere umano. L'individuo e' soppresso...egli opera come l'ingranaggio di un meccanismo superiore (un ingranaggio che si puo' scartare quando non serve piu' o quando viene ritenuto dannoso)...Non possiede alcuna cognizione dei programmi ideati dal gruppo dirigente per usarlo''


L'ombra dell'elite dietro ogni grande ideologia di massa


Bella Dodd fu alquanto cauta nei confronti di chi, dietro le quinte, manovrava il Partito Comunista. Una volta le fu detto che se avesse perso il contatto con Mosca avrebbe dovuto telefonare a due multi-milionari che vivevano nelle Waldorf Towers. Altrove fa riferimenti a un 'potere mondiale segreto e ben organizzato''. Aveva evidentemente paura di rivelare troppo, anche perche' sospettava che il suicidio di un leader del CPUSA avesse mascherato in realta' una esecuzione in piena regola.
Tuttavia si e' lascia sfuggire un probabile indizio. Dodd afferma che tutti i nove piani della sede adibiti agli affari del CPUSA. Il sesto piano era riservato all'ufficio stampa del quotidiano yiddish 'Freiheit o Frayhayt (Liberta') e alla 'Commissione Ebraica'. Gli israeliti, come gia' visto, erano in effetti prominenti tra i comunisti ingenui. ''Cio' che mi divenne chiaro fu la collusione tra queste due forze : i comunisti, con il loro progetto di dominio mondiale, e certe forze mercenarie del mondo libero intente a speculare sullo spargimento di sangue''.
Dodd riferisce, come se ' un tassello del puzzle rivelasse l'immagine', la storia della nave 'Erica Reed', che rispecchia centinaia di altre. Durante la guerra civile spagnola gli americani donarono fondi per caricare la nave diretta in Spagna di forniture mediche e alimentari, ma i comunisti dirottarono invece la nave in Russia. Dodd aggiunge che la censura e' per i comunisti un elemento essenziale, affermando : ''Ho spesso visto i dirigenti sfilare libri dagli scaffali delle case dei membri e raccomandare la loro distruzione''. Il comunismo e' essenzialmente un losco sistema di controllo da parte dell'elite internazionale, e non fu affatto soppresso durante il periodo del maccartismo; si riciclo' piuttosto nella Nuova Sinistra, nella controcultura, nel movimento dei Diritti Civili e in quelli di liberazione delle donne e avversi alla guerra. In seguito si mimetizzo' nella pletora delle ONG (Organizzazioni Non Governative) sponsorizzate dall'elite, in fazioni dei partiti Repubblicano e Democratico, e nei gruppi liberal, sionisti, sindacali e dei diritti dei gay. Questi gruppi, al pari dello stesso CPUSA, sono tutti a struttura piramidale e pertanto i membri dei livelli piu' bassi sono completamente ignari di essere usati. All'obiezione secondo la quale alcuni dei gruppi sopra menzionati si oppongono alla globalizzazione, Dodd riferisce casi in cui il CPUSA ha formalmente sostenuto cause che in realta' desideravano sabotare.
In conclusione, il comunismo fu ed e' tuttora una frode utopistica escogitata da personaggi enormemente facoltosi per boicottare i sogni della gente ordinaria e arrestare il progresso della coscienza umana. Si tratta della medesima congiura che ha innescato le guerre attualmente in corso. Il comunismo propugna i valori della fratellanza e della pace solo per confondere le masse, rinnegandoli poi di fatto fin dalle prime fondamenta della sua ideologia materialista (la quale sia attraverso la forma individualista del capitalismo che quella collettiva del bolscevismo non puo' riconoscere realmente alcun valore eticoe morale) al solo scopo di ingannare i popoli. Sotto la pelle dell'agnello dei buoni propositi si nasconde il 'lupo' sanguinario e vorace dell'elite finanziaria internazionale, che sfrutta continuamente il corpo e la mente di miliardi di persone, e tutto cio' che viene spacciato come verita' nei media e nelle scuole fa parte di questo mostruoso imbroglio. L'espressione 'politicamente corretto', ormai universalmente adottata, non e' altro che un vecchio concetto comunista, un segno di distinzione e di appartenenza all'ortodossia ideologica di quel partito. Anche il movimento femminista e' comunista sia nelle origini che nello spirito; esso pretende di difendere i diritti delle donne, mentre in pratica isterilisce entrambi i sessi e distrugge la famiglia, che rappresenta l'unita' sociale di base, il vero fondamento della societa'. L'attuale societa' appare insomma come una nave che sta affondando tragicamente in un mare di malvagita' e di ipocrisia, senza che i suoi passeggeri possano accorgersene. A tenere loro la mente frastornata e distratta ci pensano infatti lo sport e ogni altro genere di spettacolo offerto a buon mercato dal circo mediatico di chi governa la cabina di pilotaggio.


La cosiddetta guerra fredda


Per quanto possa sembrare strano, se non addirittura paradossale, la costituzione delle due super potenze nate dalle ceneri della Seconda guerra mondiale (USA e URSS) era gia' stata scritta nell'agenda degli Illuminati sin dal lontano 1917. Note famiglie di banchieri di origine ebraica come quella dei Morgan o dei Rockfeller, che sono l'apparente espressione del 'libero mercato' occidentale, possiedono infatti le proprie filiali nei Paesi dell'area socialista sovietica sin dai tempi della rivoluzione.
Un dossier pubblicato dal periodico 'OP Nuovo' nel maggio 1982 rese noto inoltre che la Gosbank, ovvero l'ex banca centrale sovietica, era in realta' una societa' per azioni, con capitali provenienti dall'alta finanza internazionale, Nel 1937, infatti, l'Istituto di emissione sovietico fu privatizzato in assoluta contraddizione ai principi ideologici a cui si sarebbe dovuta ispirare la rivoluzione e Armand Hammer (un plurimiliardario ebreo americano) entro' a pieno titolo nel Consiglio di amministrazione della Gosbank. In pratica, il destino della Rivoluzione russa e dei regimi politici che seguirono a essa fu sempre guidato da una unica cabina di regia, la lobby dei banchieri che si riconobbe nel culto degli Illuminati. Peraltro, tale paradossale stato di collaborazione tra regimi apparentemente opposti e in contrasto tra loro e' stato gia' brillantemente denunicata dallo scrittore ebreo Charles Levinson nel suo libro 'Vodka-Cola' e puo' essere simbolicamente riassunta nella celebre stretta di mano avvenuta secondo il rito massonico degli Illuminati tra il presidente USA Reagan e il presidente sovietico Gorbaciov durante il summit di Reykjavik (Islanda) nel 1986.
Una volta cessata la contrapposizione di facciata tra i due grandi blocchi, l'elite punta ora a realizzare l'ultimo stadio del nuovo ordine mondiale, la cosiddetta globalizzazione. Un processo che ha avuto una brusca accellerata con i fatti dell'11 settembre e che terminera' solo con l'instaurazione di una dittatura a livello planetario. Il pretesto della sicurezza e del terrorismo verra' quindi sempre maggiormente utilizzato contro le nazioni per legittimare un controllo sempre piu' invadente e oppressivo da parte del super-governo globale previsto nell'agenda degli Illuminati (come ad esempio nel Patriot Act americano). Il consenso popolare a questo progetto verra' ottenuto grazie all'opera del fantomatico terrorismo di Bin Lade, ''il signore del male'. Al contempo i mass media alimenteranno la convizione nell'opinione pubblica che l'unica soluzione possibile contro il terrorismo internazionale sia la restrizione della liberta' personale (super poteri alla polizia, ai servizi segreti, schedatura della popolazione)
''Oggi, l'ulteriore progresso del mondo e' possibile solamente attraverso una ricerca rivolta a un concetto universale dell'uomo muovendoci verso un Nuovo Ordine Mondiale''-Mikhail Gorbaciov.


Fonte : Rivelazioni non autorizzate


TRATTO DA:
http://nomassoneriamacerata.blogspot.it/2016/01/la-rivoluzione-bolscevica-finanziata-da.html


                                                                                                                                               

mercoledì 15 marzo 2017

L’Unione Europea? l’ha fatta nascere la CIA

L’Unione Europea? l’ha fatta nascere la CIA


I servizi segreti americani finanziarono in modo massiccio i leader europei. Indicazioni anche per la creazione dell’euro. I documenti scoperto da Joshua Paul, professore della Georgetown university.
di Giuseppe De Lorenzo dal Giornale del 23/01/2016 

È di pochi giorni fa la notizia secondo cui i servizi segreti americani avrebbero messo gli occhi sui partiti europei che sognano la dissoluzione dell’Ue. La Cia, per intenderci, sta indagando sulla Lega Nord, sula Front National di Marine Le Pen e sugli altri partiti anti-Euro di tutta Europa. Una mossa in qualche modo destabilizzante dell’equilibrio della democrazia europea, considerando che – qualunque sia il loro programma politico – i partiti euroscettici hanno comunque diritto d’esistere. Alla luce di tutto ciò, è giusto ricordare però che la storia non ricorda solo i finanziamenti del Kgb e dell’Urss al Partito comunista italiano e i presunti fondi di Putin al FN. Anche la Cia ha fatto la sua parte nella guerra fredda dei finanziamenti occulti ai partiti. Fu proprio l’agenzia investigativa americana, infatti, a spingere l’acceleratore sull’unificazione europea e sulla creazione dell’unione monetaria. In che modo? Finanziando i leader europeisti.
A portare alla luce i documenti che provano questo flusso finanziario fu un ricercatore della Georgetown University, Joshua Paul. Il quale negli Us national archives trovò delle carte che provano lo sforzo americano nella progettazione dell’Unione Europea. Come scrive ItaliaOggi, tra i documenti scovati dal ricercatore uno in particolare ottenne l’attenzione dei media americani nel 2000, notizia che non riuscì a sfondare invece in Italia. Un memorandum del 1950 dava istruzioni precise su come condurre una campagna per favorire la realizzazione e la creazione di un Parlamento europeo. Cosa che poi puntualmente accadde. Il documento venne firmato da un generale di nome William Donovan, che durante la II Guerra Mondiale fu direttore dell’Oss, l’agenzia che poi cambiò nome in Cia. Il modo per finanziare il progetto europeo e sostenerlo fu principalmente l’American Commitee for a United Europe (Acue). Nella direzione dell’Acue troviamo proprio Donovan e alcuni altri ufficiali della Cia.
In poche parole, i documenti dimostrano che l’Acue ha finanziato il Movimento europeo, ovvero il “partito” che più di ogni altra organizzazione ha spinto per creare l’Europa federale. Il movimento nel 1958 ha incassato il 53,5% dei suoi fondi proprio dagli Usa. Movimento che vantava tra i suoi più illustri membri personaggi del calibro di Winston Churchill, Konrad Adenauer, Léon Blum e Alcide De Gasperi. Finanziamenti direttamente dal governo americano arrivavano anche per la European Youth Campaign, il ramo operativo del Movimento Europeo. Non solo. Secondo quanto fece emergere il ricercatore della Georgetown, alcuni leader del Movimento, tra cui anche il “padre” dell’Ue, Robert Schuman, venivano “usati” dagli Stati Uniti e senza troppi complimenti.
Per coprire questi finanziamenti gli Usa si servivano delle fondazioni Rockefeller e Ford,. Tra i documenti appare anche un ultimo memorandum, forse il più pesante: la sezione “affari europei” del dipartimento di stato Usa “consigliò” all’economista Robert Mariolin di far di tutto per dare il via all’unione monetaria. In particolare, gli raccomanda di tenere nascosto il dibattito il più possibile fino a che “l’adozione di tali proposte diventerà virtualmente inevitabile”. In poche parole quello che è successo in seguito. Con il dibattito sull’Euro, soprattutto in Italia, praticamente assente fino al giorno dell’entrata in vigore.
da Storia in rete
                                                                                           

domenica 12 marzo 2017

GUERRA CIVILE GRECA (1944-1949)

UNA PAGINA ORRENDA E DIMENTICATA DELLA GUERRA CIVILE GRECA (1944-1949) IL RAPIMENTO DI MASSA DEI BAMBINI EFFETTUATO DALLE BANDE PARTIGIANE COMUNISTE (di Alberto Rosselli)

UNA PAGINA ORRENDA E DIMENTICATA DELLA GUERRA CIVILE GRECA (1944-1949)
IL RAPIMENTO DI MASSA DEI BAMBINI EFFETTUATO DALLE BANDE PARTIGIANE COMUNISTE 
di Alberto Rosselli
Durante la terza fase della Guerra Civile, i comunisti avviarono una vasta campagna di sequestri ai danni di bambini e ragazzi greci, in modo da sottrarre al governo linfa vitale (anche se i capi marxisti sostennero sempre – anche dopo la fine della Guerra Civile – che tale pratica venne adottata per “porre in salvo la gioventù greca, allontanandola dai luoghi di combattimento”). Nelle regioni poste sotto il loro controllo, i comunisti non ebbero difficoltà nel censire e nell’individuare e sottrarre i fanciulli alla famiglie. Essi erano infatti in possesso dei registri di natalità di tutte le città e i villaggi.
Nel marzo 1948, i primi 2.000 ragazzini sequestrati vennero trasferiti al nord e poi espatriati in Albania, Bulgaria e Iugoslavia. Gli abitanti dei villaggi che tentarono di proteggere i fanciulli nascondendoli nei boschi, finirono fucilati o impiccati. Messa al corrente del piano comunista,la Croce Rossacercò di muoversi, ma a fronte degli enormi ostacoli trovati sul suo cammino, non riuscì a fare nulla, tranne redigere, con l’aiuto delle autorità governative e grazie alle centinaia di testimonianze dei famigliari dei sequestrati, un censimento che, dopo una serie di aggiornamenti, portò, a stabilire che i bambini sequestrati e fatti espatriare forzosamente ammontavano, alla fine del1948, a28.296 (talune fonti fanno lievitare la cifra ad oltre 30.000) unità di età compresa tra i tre e i 14 anni. Questa massa di piccoli disperati venne suddivisa per sesso e poi rinchiusa in appositi “centri di rieducazione socialista”. Secondo i dati della Croce Rossa, 18.500 bambini finirono distribuiti in 17 campi bulgari e il resto in 11 campi romeni, altrettanti ungheresi, diciotto cecoslovacchi, tre polacchi, cinque albanesi e della Germania Orientale e 15 iugoslavi (dove ne furono segregati dai 9.500 agli 11.600). Più dettagliatamente, sembra che nel 1950, cinquemila 132 bimbi risultassero presenti in Romania, quattromila148 inCecoslovacchia, tremila590 inPolonia, duemila859 inUngheria e2.660 inBulgaria.
Va inoltre precisato che i frequenti sequestri di fanciulli portati a compimento dai guerriglieri comunisti greci rientravano nell’ambito di una strategia di tipo geopolitico. Forti del consenso di  Tito e di quello di Stalin,  le bande marxiste del nord agirono in questo modo per cercare di separare la Macedoniagreca dal resto dello stato ellenico, per poi trasformarla in una repubblica socialista indipendente. Non a caso ai bambini di razza macedone residenti in Grecia che furono rapiti venne affibbiato l’appellativo di Detsa Begaltsi  (bambini sfollati). Detto questo, va ricordato che a molti altri bimbi greci non di origini macedoni trasferiti in Bulgaria o Iugoslavia fu poi fatto loro credere di vantare egualmente origini macedoni. Nell’estate del 1948, quando la rottura tra il leader Tito e il Cominform divenne una realtà, il dittatore iugoslavo volle sganciarsi da ogni responsabilità e di conseguenza 11.600 bambini reclusi nelle “case del Popolo” iugoslave vennero spediti in Cecoslovacchia, Ungheria, Romania e Polonia. E tutto ciò nonostante le ripetute, vane proteste del governo greco.
Il17 novembre 1948,la Terza Assemblea  Generale delle Nazioni Unite votò una risoluzione (la n. 193) che condannò senza mezzi termini l’operato dei partigiani comunisti ellenici, e nel novembre dell’anno successivo, l’ONU richiese inutilmente (con la risoluzione n. 288) agli Stati comunisti di riconsegnare alla Grecia tutti i bambini sequestrati. Ma i governi di Praga, Budapest, Bucarest e Varsavia negarono la restituzione affermando in un comunicato congiunto “che la deportazione  era stata in realtà un atto umanitario atto a salvaguardare la vita dei bambini greci dagli orrori della Guerra Civile”.
Nulla di più falso in quanto, secondo i resoconti della Croce Rossa Internazionale forniti alle Nazioni Unite e molteplici dossier redatti dalle ambasciate e dai consolati occidentali in Europa Orientale, il vero scopo dei rapimenti portati a compimento dalle bande comuniste elleniche era ben altro. I ragazzini sequestrati, che venivano sottratti alla famiglie in quanto considerate “cellule primarie di una società contadina corrotta in quanto legata alla religione e alla monarchia”, erano solitamente trasferiti in appositi “villaggi proletari per l’infanzia” ubicati in Albania, Iugoslavia, Bulgaria, Ungheria e poi, come si è visto, in altri Paesi d’oltre cortina, dove venivano sì nutriti e vestiti, ma anche sottoposti ad una martellante propaganda politica, o meglio ad un vero e proprio lavaggio del cervello, con lo scopo di trasformarli in fedeli esecutori del verbo marxista. Tuttavia, stando alle memorie di Zavros Constandinides, giovane greco che, recluso per anni in Ungheria, nel 1956 riuscì a fuggire – partecipando tra l’altro alla rivolta anti sovietica di Budapest (23 ottobre al 10 -11 novembre 1956) – “pochi furono i miei coetanei a piegarsi alla dottrina comunista”. Con il compimento del tredicesimo anno di età tutti i ragazzi venivano poi impiegati, o meglio ‘schiavizzati’, per effettuare pesanti lavori di pubblica o militare utilità. Come accadde per i piccoli deportati in Ungheria, costretti ad effettuare massacranti lavori di bonifica nella regione paludosa dell’Hartchag.
Dopo la fine della Guerra Civile Greca, un ristretto nucleo di fanciulli riuscì a fare ritorno alle proprie famiglie. Tra il 1950 e il 1952, i regimi d’oltre cortina permisero ad appena 684 di essi di rimpatriare: fortuna che, nel 1963, arrise ad altri 4.000 bambini, divenuti ormai uomini. Va ricordato che anche altri fanciulli greci rapiti, poi diventati adulti, riuscirono per vie traverse a raggiungere, verso la fine degli anni Cinquanta, il confine della Germania occidentale e a mettersi in salvo.
Ciononostante, dopo la fine della Guerra Civile, moltissimi bambini non fecero più rientro in Grecia, alcuni perché avevano deciso di rimanere nei Paesi del Blocco Orientale, molti altri perché erano “misteriosamente scomparsi” nei campi di rieducazione, come riferì la Croce RossaGreca.Successivamente, la regina di Grecia Federica di Hannover creò, grazie al sostegno della Nazioni Unite,  58 “Città dei  Bambini” o Paidopolei, suscitando la violenta contestazione di tutta la sinistra europea che aveva in odio l’aristocratica tedesca) nei quali confluiranno molti orfani greci ed anche i figli di combattenti del DSE.
Ma torniamo al destino dei fanciulli dispersi in Europa Orientale. Ancora agli inizi degli anni Ottanta, in Polonia risultavano presenti circa 1.000/1.500 (alcune fonti riportano cifre ancora più elevate) greci rapiti, ancora in tenerissima età, nel 1948. Inseguito, molti di essi entrarono a fare parte del Movimento “Solidarność” (Sindacato Autonomo dei Lavoratori “Solidarietà”) fondato nel settembre 1980 da Lech Wałesa, ed alcuni vennero incarcerati anche dal regime comunista di Varsavia dopo l’introduzione della legge marziale del dicembre 1981. Nel 1989, con l’inizio del processo di democratizzazione del Paese, la quasi totalità degli ex ‘piccoli’ profughi ellenici fece domanda per ritornare in Grecia.
Nel 1985, il fenomeno del rapimento in massa dei bimbi venne ripreso dal noto regista e produttore cinematografico e televisivo inglese Peter Yates con il film Eleni, interpretato, tra gli altri, da John Malkovich e Linda Hunt. La pellicola venne però snobbata dalla quasi totalità della critica di sinistra (soprattutto quella italiana) alla quale non andò evidentemente a genio l’imbarazzante soggetto. La trama del film narra la storia, un po’ romanzata, della quarantunenne Eleni Gatzoyiannis, assassinata dai guerriglieri comunisti il 28 agosto del 1948 nel villaggio montano di Lia. La donna venne fucilata e finita con un colpo alla nuca  suo figlio Nicholas, emigrato fortunosamente in America, riuscirà poi, alla fine della Guerra Civile, a fare rientro in Grecia per capire le vere ragioni della morte di sua madre.
La tragedia dei bambini greci rimasti orfani o rapiti e deportati in Albania, Iugoslavia e Bulgaria dai partigiani comunisti per farne ‘buoni marxisti, secondo i dettami di Lenin (“dateci un ragazzino e nell’arco di otto anni lo rieducheremo”) era stata in realtà già affrontata da un altro precedente film del 1957, Il Bandito dell’Epiro (titolo originale, Action of the Tiger) del regista statunitense Terence Young. La pellicola, che si avvalse della partecipazione di parecchi attori, tra cui Van Johnson, Martine Carol e il giovane Sean Connery, narra la storia di una ragazza francese che, dopo l’instaurazione del regime marxista di Enver Hoxha, sbarca segretamente in Albania per cercare suo fratello, militante volontario comunista, scomparso durantela Guerra Civile Greca. Affianca la donna, tale Carson, un avventuriero americano che, giunto sul posto, viene a sapere della deportazione dei bambini greci in terra albanese. A quel punto, egli vuole tentare di riportare in occidente un certo numero di fanciulli scoperti in un remoto villaggio dell’interno. Lungo la loro fuga per la libertà, essi troveranno anche ex partigiani comunisti e poliziotti del regime albanese, anch’essi intenti a fuggire dal “paradiso marxista” del sanguinario Hoxha.

Il primo resoconto del Times di Londra del15 marzo 1948

Oltre alle testimonianze della Croce Rossa Internazionale, riprese anche dai rappresentanti diplomatici occidentali presenti ad Atene, riportiamo il primo vero e proprio resoconto giornalistico straniero dell’epoca sulla tragedia dei bambini in corso in Grecia, stilato il 15 marzo 1948 dalla redazione del Times di Londra. Quale testimonianza diretta ne riassumiamo in parte il contenuto. “Nell’abbandonato municipio di Kozani [Macedonia occidentale, n.d.a.] – riporta la testata inglese – una piccola città situata nelle montagne dell’Ellade, dodici tra contadine e contadini macedoni furono soccorsi dagli uomini di una squadra inviata sul posto dalle Nazioni Unite. Quegli individui riferirono di essere rimasti per molto tempo ostaggio dei guerriglieri ‘rossi’ del generale Markos Vafiadis. Nel loro ostico dialetto greco-slavo-albanese raccontarono la loro avventura. Avvolta in uno scialle nero, una donna, la cinquantenne Athena Papalexiou, narrò per prima la sua storia. “Una volta giunti nel nostro villaggio, gli Andartes (i partigiani comunisti) registrarono tutti i bambini tra i tre e i 14 anni”, dopodiché dissero ai genitori che i loro figli sarebbero stati trasferiti all’estero, nei vicini Paesi comunisti, per essere nutriti ed assistiti in apposite Case della Gioventù”. “Vi dissero se un giorno i vostri figli sarebbero ritornati?”, chiese alla donna un funzionario delle Nazioni Unite. “No di certo. E poi era  proibito discutere la questione”. John Natsis e Zagarus Voiliotis riferirono di avere osservato tempo prima nel villaggio di Kranies un contadino fornire le generalità dei suoi tre figlioletti ad un ufficiale ribelle. “A quell’uomo i comunisti dissero di stare tranquillo e di collaborare poiché i suoi bambini sarebbero stati posti in salvo in Romania dove avrebbero ricevuto alimenti e buona istruzione. Ed aggiunsero che tutti i genitori di Kranies avrebbero dovuto fare altrettanto poiché di lì a poco “le truppe monarco-fasciste (l’Esercito regolare greco) avrebbero bombardato il villaggio”. Sulle prime – riporta sempre il quotidiano Times – molti osservatori stranieri non vollero credere alla storia dei rapimenti dei bambini compiuti dai ‘rossi’, ma poi furono costretti a ricredersi, anche in base ai resoconti stilati dai funzionari delle Nazioni Unite invitati ad indagare sul fatto dallo stesso governo di Atene […].
D’altra parte, la conferma di questi sequestri la diedero gli stessi leader ribelli. Nel marzo 1948, ‘Radio Grecia Libera’ (emittente clandestina comunista ubicata in Grecia settentrionale) annunciò che 12.000 bambini greci (8.000 dei quali provenienti dalla regione di Kastoria) erano già stati salvati ed inviati nei Paesi socialisti per scopi istruttivi, e che gli emissari di Markos presenti in Romania, Bulgaria e Iugoslavia, avevano già predisposto, con la collaborazione delle locali autorità, l’accoglienza dei ragazzi provenienti dalla Grecia (per la cronaca, quale responsabile operativo di tale operazione venne nominato Georgios Manoukas che, rifugiatosi dopo la sconfitta comunista del 1949 all’estero, nel 1961 rientrerà in Grecia, dove pubblicherà un testo sull’argomento.
A questa notizia ne fece eco una seconda, più dettagliata. Pochi giorni dopo, infatti, l’emittente di Markos annunciò che “le forze partigiane avevano provveduto a trasferire 4.884 bambini residenti in 69 villaggi della “Libera Grecia” in Albania, Yugoslavia e Bulgaria” per salvarli dagli orrori della Guerra Civile e per consentire a questi piccoli “Rifugiati Politici della Guerra Civile Greca” (in realtà, soltanto il 2% delle famiglie greche accettò spontaneamente che i propri figli venissero trasferiti all’estero) di godere di un migliore tenore di vita e soprattutto di “frequentare scuole adatte”. “La verità – commentò laconicamente un portavoce del governo di Atene – è che i ‘rossi’, attraverso i sequestri di massa, intendono privare la Grecia del suo futuro”. Di conseguenza, l’esecutivo ellenico si affrettò ad inviare un’aspra nota al comitato balcanico delle Nazioni Unite a Salonicco, accusando i comunisti di “genocidio” e chiedendo un intervento ufficiale immediato che si concretizzò, di lì a poco, con la nomina di due appositi Comitati che avrebbero dovuto raccogliere, esaminare e catalogare “con la massima celerità” tutti i casi di sequestro segnalati sul territorio dai loro osservatori. Il governo greco definì il sequestro di massa dei bambini come paidomazoma, in quanto esso richiamava alla mente i tempi in cui i turchi razziavano la popolazione ellenica.

La professoressa Irina Lagani, docente di Storia delle Relazioni Internazionali presso al Dipartimento di Legge dell’Università Democrito in Tracia, (vedi Lagani, Irina: To “Paidomazoma”, kai ellinojugoslavikes schesis 1949-1953, Athina 1996) ha studiato a fondo il dramma del sequestro dei bambini greci e la loro deportazione nelle nazioni del blocco orientale durante l’ultima fase della Guerra Civile Greca. Stando alle sue ricerche,la Croce Rossa greca stimò che il numero complessivo dei ragazzini prelevati si aggirasse intorno alle 28.296 unità, 11.600 dei quali furono trasferiti in Iugoslavia, mentre i restanti vennero sparpagliati in Albania, Ungheria, Polonia, Romania e Cecoslovacchia. Secondo la Lagani, la storiografia greca ha però voluto obliterare ed evitare di analizzare questa scabrosa vicenda per evitare possibili attriti con le nazioni confinanti. Per la stesura del suo lavoro, l’autrice ha utilizzato materiale d’archivio inedito di ministeri degli Esteri di Gran Bretagna, Australia e Francia, poiché gli archivi greci di quel periodo risultano ancora ‘inaccessibili’.
Circa la contestualità storica,la professoressa Laganiha poi specificato che il suddetto dramma debba essere inserito nell’ambito del travagliato periodo della Guerra Fredda e nel quadro della situazione iugoslava postbellica. Non a caso, l’autrice concentra gran parte della sua attenzione sulla Iugoslavia proprio in virtù del gran numero di ragazzini deportati e rimasti in questo paese: bambini che, in seguito, furono politicizzati e trasformati in fanatici attivisti della causa indipendentista macedone, entrando a fare parte del FYROM (o Repubblica di Macedonia)
Nei suoi scritti, la Lagani solleva alcune questioni molto delicate, se non addirittura controverse. “Si è trattato di qualcosa di inevitabile? Si può dire che la Grecia ‘abbia perso’ questi ragazzi? Quella comunista (dell’ELAS) fu una politica mirata a creare una specie di ‘legione’ “giannizzera”? In che modo Gran Bretagna e Stati Uniti influenzarono il comportamento e le decisioni di Atene su questo argomento? Allo scopo di porre questi interrogativi, la Lagani analizza la politica iugoslava in relazione alla questione macedone, come pure quella greca.
Inizialmente, presso le Nazioni Unite, il governo greco affrontò il problema del rimpatrio dei bambini come parte integrante della “questione greca”: impostazione che implicava giocoforza riferimenti chiari sia di tipo umanitario sia politico, cioè relativi alle dinamiche della Guerra Fredda. Stati Uniti e Inghilterra minimizzarono la seconda opzione. Ma la mancanza di una vera politica poggiante su una maggiore pressione diplomatica nei confronti della Iugoslavia titina,  portò ad un basso numero di rimpatri, permettendo a Tito di ottenere il proprio scopo trattenendo i bambini sul suolo iugoslavo, anche a fronte del loro desiderio di riunirsi alle loro famiglie.
La Lagani esamina poi le intenzioni di Tito dietro la sua politica verso i ragazzi e conclude che fin dall’inizio il governo iugoslavo falsificò le cifre dei sequestri e delle deportazioni dei fanciulli che, come si è accennato, furono poi integrati, almeno in buona misura, nella popolazione della Repubblica Federale di Macedonia. Dalla lettura dei documenti contenuti negli archivi inglesi emerge che il Foreign Office britannico, in contrasto con il ministero degli Esteri greco, si premurò di rendere note le intenzioni di Tito, pur non preoccupandosi delle conseguenze a lungo termine delle azioni del dittatore di Belgrado. Inizialmente, il governo greco tentò la via del rimpatrio di tutti i ragazzini dalla Iugoslavia e dagli altri paesi del blocco sovietico; ma con l’andare del tempo cambiò idea. L’esecutivo di Atene era infatti preoccupato del fatto che il “lavaggio del cervello” ideologico subito dai ragazzi potesse contribuire a fare perdere ad essi la coscienza di appartenere interamente alla cultura e al popolo ellenici.
Inghilterra e Stati Uniti non sembravano condividere però queste preoccupazioni, Al contrario, essi legarono la questione del rimpatrio alla presenza di slavi nel nord della Grecia. Di conseguenza Londra e Washington sostennero il rimpatrio di bambini di lingua greca, ma non quelli di lingua ‘slava’. La ragione che sta dietro a questa politica fu che sia Usa che Regno Unito credevano che la sicurezza della Grecia sarebbe stata garantita nella misura in cui tutti gli elementi slavi avessero lasciato la Macedonia greca. Oltre a ciò, entrambe vollero favorire un riavvicinamento greco-iugoslavo, impedendo che la ‘questione delle minoranze etnico-linguistiche’ potesse in qualche modo rovinare i rapporti di buon vicinato. Va ricordato a questo proposito che, in quel periodo, sia Londra che Washington stavano lavorando alacremente per favorire la rottura tra Tito e il Cominform.
In ultima analisi, sia gli inglesi che gli americani influenzarono con la loro politica anche quella greca. E lentamente il governo di Atene dovette adattare la propria politica all’alternativa meno dolorosa. I rimpatri divennero quindi più mirati e selettivi e soltanto una piccola parte dei bambini ritornò in Grecia. E con il passare del tempo la questione, o meglio l’opportunità, di un ricongiungimento dei ragazzi espatriati forzatamente alle rispettive famiglie venne poi definitivamente accantonata.

FONTE: Breve storia della Guerra Civile Greca, 1944-1949, di Alberto Rosselli, Edizioni
Settimo Sigillo, Roma, 2009

                                                                                                                                                        

venerdì 10 marzo 2017

IL FALSO SULLA RISIERA DI SAN SABBA!

IL FALSO SULLA RISIERA DI SAN SABBA!

Falsari alla ribalta: il mito della Risiera di San Sabba

Carlo Gariglio

Pubblicato sul mensile "Il Popolo d'Italia", aprile 2000


Negli ultimi tempi gli appassionati di fanta-storia stanno monopolizzando l’attenzione, in quel di Trieste, continuando a deliziarci di fantasie circa il mai esistito campo di “sterminio” nazista in Italia, vale a dire la Risiera di San Sabba.Questo grossolano falso, ricostruito con i soldi del Comune di Trieste negli anni 60, ebbe il suo scopo propagandistico di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli stermini, inequivocabilmente veri, commessi da comunisti slavi (inizialmente spalleggiati da quelli italiani) ai danni di decine di migliaia d’italiani, indipendentemente dal fatto che costoro fossero o no fascisti: stiamo parlando delle Foibe. Periodicamente, soprattutto in occasione di successi e avanzate della Destra Europea, la fandonia di San Sabba riprende colore, specie nel triestino, arricchendosi di nuovi particolari e, naturalmente, di nuovi morti; dopo il successo elettorale di Haider non vi è stata TV, radio, giornale che non abbia parlato (a sproposito) della Risiera e dei 5000 (!) ebrei che vi sarebbero stati sterminati mediante una camera a gas che nessuno ha mai visto. Naturalmente la versione ufficiale, buona per Auschwitz come per San Sabba, è che se non vi sono prove di questi avvenimenti dipende dal fatto che i nazisti in ritirata fecero saltare tutto, per cancellare le prove dello sterminio (?).Grandi idioti questi nazisti; tanto affannati nel far saltare le camere a gas di Auschwitz, San Sabba e molte altre località al fine di cancellare le “prove”, ma altrettanto “distratti” da lasciare in vita centinaia di migliaia di scampati pronti a fornirci la loro testimonianza, l’immancabile libro, le interviste a gogò e qualche bel film sul presunto “olocausto”!Ma qual è la realtà di San Sabba? Grazie al compianto Giorgio Pisanò, che dalle pagine del suo Candido fece della questione della Risiera quasi un fatto personale e grazie al più noto degli storici revisionisti italiani, Carlo Mattogno, abbiamo un enorme mole di materiali inconfutabili che smontano completamente le fandonie dell’olocausto triestino e tutti i suoi sostenitori, primo fra tutti quel Ferruccio Folkel, che nel 1979 pubblicò a Milano, grazie alla Arnoldo Mondadori Editore, il testo: “La Risiera di San Sabba”. Mattogno, nel suo contro-testo pubblicato a Monfalcone nel 1985 grazie alle Edizioni Sentinella d’Italia, “La Risiera di San Sabba – Un falso grossolano”, in 40 misere pagine demolisce completamente le argomentazioni ridicole del Folkel, soprattutto quelle inerenti ai cinquemila morti ebrei, cifra pacchiana ottenuta “assumendo” che a San Sabba si uccidessero 50 ebrei al giorno (!) per tre giorni la settimana (!!), ed il tutto naturalmente senza la benché minima prova addotta per confermare tale delirio! Non migliore figura fanno le “testimonianze” presentate dal Folkel, dato che è impossibile trovarne due che collimino fra loro e soprattutto espresse da persone viventi; una delle migliori espressioni di involontaria comicità del Folkel si ha nell’esaminare la testimonianza di un certo Wachsberger, il quale, dopo aver ipotizzato che la “camera a gas” di San Sabba fosse celata nel garage, racconta che durante le “esecuzioni” la porta del garage rimaneva aperta! Che diavoli questi nazisti! Avevano già inventato negli anni 40 delle camere a gas funzionanti “a porta aperta”! Come avranno fatto a perdere la guerra con queste conoscenza tecniche d’avanguardia?Uscendo dal mito tanto caro ai circoncisi e attingendo all’opera di Giorgio Pisanò, la Risiera di San Sabba non fu nulla di più che un campo di detenzione di polizia, riservato a prigionieri ebrei e partigiani che vi transitavano per brevi periodi, in attesa di essere inviati al lager di destinazione. Se così non fosse, difficilmente si spiegherebbero i 22 convogli di deportati che dal 09/10/1943 al 07/11/1944 furono inviati ad Auschwitz.Dal 1945 fino agli inizi degli anni 60 nessuno a Trieste aveva mai osato parlare di un “campo di sterminio”: né i “titini” che avevano occupato la città subito dopo la guerra, né i britannici che la amministrarono fino al 1954, né gli storici antifascisti locali, né tanto meno gli storici resistenzialisti nazionali (Bocca, Secchia, Battaglia…). Eppure, ai primi degli anni 60, per bilanciare gli orrori tragicamente veri delle Foibe, ecco apparire il “campo di sterminio”, edificato ex novo (forno crematorio compreso) nel 1965 con i soldi stanziati dal Comune di Trieste e su progetto dell’architetto Bolco!  Ma c’è di più: nel 1976 a Trieste venne celebrato il processo agli aguzzini di San Sabba, cioè a dei veri e propri criminali in divisa germanica che si resero responsabili della soppressione gratuita di alcuni prigionieri. Ebbene, grazie a quel processo si accertò che a San Sabba morirono una ventina di prigionieri, dei quali si conservano regolarmente i nominativi, ed il responsabile ancora in vita venne condannato per omicidio plurimo aggravato continuato, non certo per strage o sterminio!Dunque nel 1976 per il Tribunale di Trieste non esistevano prove alcune di stermini e/o stragi, mentre nel 1979 il “buon” Folkel pretese di “stimare” il numero dei morti di San Sabba in più di cinquemila!Altra pietra tombale sulle balle olocaustiche venne posta sempre da Giorgio Pisanò, che ripubblicò la testimonianza dell’avvocato ebreo Bruno Piazza, il quale transitò dalla Risiera nel 1944, per poi essere trasferito, vivo e vegeto, alla carceri del Coroneo; tale testimonianza venne cialtronescamente ignorata dai fautori delle balle olocaustiche, nonostante fosse stata pubblicata in tre edizioni successive dalla Casa Editrice Feltrinelli (terza edizione: giugno 1990), in un libro dal titolo “Perché gli altri dimenticano”.Questi dati e questi fatti potrebbero anche bastare per sbugiardare a dovere circoncisi e reggicoda vari a proposito della Risiera, ma esiste la cosiddetta “ciliegine sulla torta”; nel novembre 1992, a Trieste, in occasione di una delle tante commemorazioni dei mai esistiti 4/5000 morti di San Sabba, il Movimento Fascismo e Libertà cittadino diffuse nella Risiera un volantino firmato da Giorgio Pisanò in persona, nel quale si esortavano i giovani a non farsi ulteriormente imbrogliare dai falsari antifascisti. In conseguenza di ciò gli attivisti locali, fra i quali Angelo Cauter e lo stesso Pisanò, vennero denunciati per “ricostituzione del PNF” e “apologia di Fascismo”.Ebbene, il 5 maggio 1994 il Tribunale di Trieste mandò assolti gli attivisti fascisti da ogni accusa, riconoscendo del tutto lecita la contestazione dell’autenticità della Risiera di San Sabba, in quanto diatriba definita ancora aperta fra le versioni antifasciste e quelle fasciste, il che costituisce un’implicita ammissione che sull’autenticità della Risiera come campo di sterminio nessuno è pronto a giurare, tanto meno il Tribunale di Trieste.Questi sono i dati da sbattere in faccia al coro di lamentosi circoncisi sempre pronti ad inventare stermini di massa anche dove non ve ne furono; contro fatti, dati, processi, studi, costoro hanno saputo solo opporre “stime”, testimonianze contraddittorie, falsità macroscopiche e mezzucci vergognosi quali la ricostruzione e novo di un mai esistito campo di sterminio.Tuttavia, alla massa belante di italioti sempre pronti a scusarsi per olocausti mai avvenuti, ciò non basta, dato che continua a prendere per buone le balle colossali di certo ebraismo, catalogando come “falsità” di stampo nazista i fatti precisi e i processi svoltisi negli anni passati.Mai come ora la nota esortazione di Dante ci pare attuale, affinché “il giudeo di noi, fra noi non rida”. 
Carlo Gariglio