martedì 6 giugno 2017

IL FASCISTA EDMONDO ROSSONI

Appunti di Storia
“In quegli anni gli uomini migliori della scienza, della cultura, dell'arte, dell’economia e della finanza,
furono tutti fascisti o sostenitori del Fascismo”.

Il fascista Edmondo Rossoni

Sindacalista, giornalista e politico                 
maggio 1884.  italiano nasce a Tresigallo (Fe) il 6
Dopo aver frequentato il Ginnasio e
ottenuto la maturità classica si iscrive al
Partito Socialista Italiano ed è parte
attiva negli scioperi contadini dei primi
del '900.

Nel 1906 si trasferisce a Milano e
diventa corrispondente del periodico
"Gioventù socialista", si dedica

all'attività sindacale e viene eletto
Commissario amministrativo della
Camera del Lavoro di Piacenza.

Nel 1908 per la sua attività di
sindacalista rivoluzionario viene
condannato a 4 anni di reclusione e a 2
anni di "sorveglianza speciale"; per
sfuggire al carcere si trasferisce prima a
Nizza, poi in Brasile e infine a New
York dove aderisce alla Federazione
socialista italiana.

Mentre collabora al quotidiano "Il
Proletario" viene più volte fermato o
arrestato dalla polizia americana per                             
istigazione allo sciopero.

Nel 1913 rientra in Italia e come
Segretario del Sindacato Edile di
Modena dirige un lungo sciopero degli
edili che si risolve in un nulla di fatto,
ma gli provoca nuovi guai giudiziari a
causa dei quali torna negli Stati Uniti e
diventa Direttore de "Il Proletario".

Socialista rivoluzionario e
"interventista", allo scoppio della
Prima guerra mondiale, lascia la
direzione de "Il Proletario" e assume
quella del quotidiano nazionalista e
patriottico "La Tribuna", poi rientra in
Italia e partecipa alla guerra e, quando
questa finisce nel 1918, diventa
Direttore de "L'Italia Nostra" organo
dell'Unione Sindacale Milanese.

Nel 1918 è tra i fondatori dell'Unione
Italiana del Lavoro e ne diventa
Segretario, carica che lascia nel 1919
per assumere prima la direzione della
Camera del Lavoro di Roma e, nel
1921, la direzione della Camera del
Lavoro di Ferrara a forte vocazione
fascista.

Come altri sindacalisti socialisti
aderisce alla Massoneria e fa parte di

una delle importanti Logge ferraresi.

Nel 1922 si iscrive al Partito
Nazionale Fascista e partecipa al I°
Convegno sindacale di Bologna dove
viene decretata la nascita della
Confederazione Nazionale delle
Corporazioni Sindacali che propugna la
politica corporativa, il superamento
della lotta di classe e la collaborazione
tra le parti sociali nel comune interesse
nazionale, Confederazione della quale è
nominato Segretario Generale.

Assume anche la direzione de "Il
Lavoro d'Italia", sul quale lancia l'idea
di un "sindacalismo integrale", che
unisca in un unico organismo sia i
sindacati dei lavoratori che quelli dei
datori di lavoro per arrivare al futuro
Stato Corporativo.

Negli anni successivi la sua idea di
"sindacalismo integrale" si scontra con
le resistenze degli ambienti
conservatori e liberali rimasti
all'interno delle Istituzioni dopo la
rivoluzione fascista e con il padronato
che si oppone alle nuove linee guida
corporative e scrive: "Sia il Capitale
sia il Lavoro devono essere
disciplinati. L'appetito all'infinito è
malefico e assurdo. Per queste
ragioni il sindacalismo fascista è per
la collaborazione....ma con gli
industriali che si impuntano e dicono
comandiamo noi, occorre lottare
decisamente per dare ai lavoratori il
posto degno nella vita della nazione".

Nel 1926 ottiene
l'istituzionalizzazione dei Sindacati
fascisti e l'avvio della "contrattazione

collettiva dei contratti" e, nel 1927, la
creazione della "Carta del Lavoro" per
il superamento della lotta di classe.

Nel 1930 diventa membro del Gran
Consiglio del Fascismo, nel 1932 viene
nominato Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio e, nel 1935,
Ministro dell'Agricoltura e Foreste
carica che mantiene fino al 1939.

In quegli anni trasforma il suo borgo
natale di Tresigallo, povero
agglomerato di vecchie case, in una
moderna "cittadina corporativa", con
nuove case, strade, piazze, ospedale,
scuole e fabbriche.

Il 25 luglio 1943 vota a favore
dell'Ordine del giorno Grandi che
determina la caduta del Fascismo e
viene condannato a morte dal Tribunale
di Verona, ma in contumacia
essendosi reso irreperibile.

In effetti Rossoni, dopo aver trovato
rifugio in Vaticano, viene aiutato nei
mesi successivi prima dai Superiori dei
Salesiani e poi dall'Abate Generale dei
Benedettini che lo nasconde in un
Monastero sull 'Appennino
meridionale.

Al termine del conflitto il Tribunale
del Regno lo condanna all'ergastolo per
i suoi trascorsi di Gerarca fascista, ma
sempre l'Abate dei Benedettini lo aiuta
ad espatriare prima in Irlanda e poi in
Canada, dove rimane sino all'amnistia
che annulla la precedente condanna
all'ergastolo.

Rientra quindi in Italia, si ritira a vita
privata e muore a Roma l'8 giugno
1965.

                                                                                                         




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