domenica 21 dicembre 2025

Il Trattato della vergogna

 


Osimo 10 novembre 1975

Il Trattato della vergogna

Il 10 novembre 1975, a Osimo (AN), veniva siglato l'accordo tra Italia e Jugoslavia che fissava in maniera definitiva i nuovi confini tra i due Paesi, fino ad allora compresi in quello che era stato il Territorio Libero di Trieste in base al Memorandum di Londra del 1954.

L'Italia con il trattato di Parigi del 1947 aveva ceduto alla Jugoslavia la quasi totalità dell'Istria con Fiume, le isole del Quarnaro e gli altipiani Carsici e accettato la creazione del Territorio Libero di Trieste con la zona A, da Duino a Muggia, amministrativamente controllata dall'Italia e la zona B, da San Dorligo fino a Cittanova, amministrativamente controllata dalla Jugoslavia.

Con il Trattato di Osimo, firmato dal democristiano Mariano Rumor Ministro degli Esteri italiano e da Milos Minic Ministro degli Esteri jugoslavo, l'Italia rinunciava vergognosamente ad ogni diritto sulla zona B e acquisiva definitivamente la zona A con Trieste e i comuni limitrofi.

Nel 1990-91con la dissoluzione della Jugoslavia e la nascita degli Stati di Slovenia, Croazia, Bosnia Erzegovina, Serbia, Montenegro, Kosovo e Macedonia, la ex zona B veniva spartita tra la Slovenia e la Croazia.

Considerato che tutti i Trattati erano stati stipulati con la Jugoslavia che si era dissolta e non con la Slovenia e la Croazia, quando queste ultime chiesero (e anni dopo ottennero) l'ingresso nell'Unione Europea, l'Italia avrebbe potuto mettere il veto al loro ingresso e pretendere la revisione del Trattato e dei confini, anche se oramai quelle italianissime terre, dopo la fine della Seconda Guerra mondiale, erano state abbandonate dalla stragrande maggioranza degli Italiani che fuggivano dai massacri delle foibe e dalla pulizia etnica del comunista Tito.

Ma i pavidi Governi italiani di allora, quelli di centrosinistra di Andreotti e Amato del 1992 e quello di centrodestra di Berlusconi del 1994, dopo generiche dichiarazioni di voler difendere gli interessi italiani, preferirono non affrontare il problema e si limitarono a sollevare la questione dei beni immobili di proprietà degli Italiani nei territori ora sotto la Slovenia e la Croazia, senza peraltro ottenere grandi risultati.

L'Italia perdeva così l'occasione di rivendicare tutte o in parte quelle italianissime terre, probabilmente perché ritenute retaggio della penetrazione fascista, mentre in realtà il Fascismo si era limitato a riprendere terre che erano italiane fin dal 1848, anche se sotto l'Impero Austroungarico venne favorito l'affermarsi dell'etnia slovena e croata rispetto a quella italiana ritenuta meno leale e affidabile per l'Impero Austroungarico.

 


                                                     SECONDO
 

sabato 13 dicembre 2025

UN FASCISTA Filippo Tommaso Marinetti

 UN FASCISTA

Filippo Tommaso Marinetti

Nasce ad Alessandria d'Egitto il 22 dicembre 1876, il padre originario di Voghera era un avvocato civilista che si era trasferito in Egitto con la famiglia per lavorare, prima come impiegato presso la Compagnia del Canale di Suez e poi come legale personale del Pascià Muhammad Tawfiq, cosa che gli consentì di accumulare un discreto patrimonio.

Nel 1888 Filippo Tommaso inizia gli studi superiori presso il Collegio St.Francois-Xavier dei Gesuiti francesi e nel 1893, a soli 17 anni, fonda “Papyrus”, la sua prima rivista scolastica, ma i Gesuiti lo espellono per aver pubblicato sulla rivista alcuni romanzi di Emile Zola ritenuti scandalosi.

La famiglia lo manda allora a Parigi dove si diploma e successivamente si iscrive alla Facoltà di Legge di Pavia e poi a quella di Genova dove, nel 1899, si laurea il Legge.

Decide però di dedicarsi alla sua passione artistico-letteraria tra Parigi e Milano, come promotore e autore, le sue prime poesie sono in lingua francese e vengono pubblicate su riviste parigine e milanesi e suscitano un certo interesse e, nel 1902, esce il suo primo romanzo “La conquéte des étoiles”.

Nel 1905 fonda e dirige a Milano la rivista internazionale “Poesia”, dove esalta la “città moderna”, il mito “della velocità” e “dell'automobile da corsa” immagine dinamica del progresso.

Nel 1909 invia il suo Manifesto del Futurismo ai principali giornali italiani, ma pochi lo pubblicano, però riesce a farlo pubblicare sul prestigioso giornale francese Le Figaro, cosa che dà al nascente movimento una risonanza europea.

Il “Futurismo” è un movimento rivoluzionario, provocatorio che vuole chiudere i ponti con il passato, vuole liberarsi dagli orpelli decadentisti e passatisti.

Nel 1910 lancia le “Serate futuriste” e pubblica il suo primo romanzo “Mafarka le futuriste” che non ottiene un grande successo e per il quale viene condannato con l'accusa di oltraggio al pudore.

Nel 1911, in occasione della guerra Italo-Turca, Marinetti sostiene la causa della guerra e riesce ad aggregarsi come “osservatore” alle truppe italiane in partenza per la Libia ed è testimone del massacro dei Bersaglieri italiani che presidiavano l'oasi di Sciara Sciat, Bersaglieri dei cui corpi i Turchi-Arabi fecero scempio.

Ritorna in Italia dove scrive il racconto “La battaglia di Tripoli”, che ha un discreto successo in parallelo alla celebre canzone “Tripoli bel suol d'amore” scritta da Giovanni Corvetto.

Nel 1912 scrive il romanzo in versi “Le monoplan du Pape” (L'aeroplano del Papa), violentemente anticattolico.

Acceso interventista, quando nel 1915 l'Italia entra in guerra contro l'Austria-Ungheria, si arruola come volontario, prima nel Battaglione ciclisti e poi negli Alpini e, il 14 marzo 1917, nella battaglia del monte Cucco viene ferito all'inguine e alle gambe e viene decorato con la “Medaglia di bronzo”.

Promosso tenente partecipa alla battaglia del Piave e all'offensiva finale di Vittorio Veneto per la quale riceve un'altra “Medaglia di bronzo” e, il 4 novembre 1918, entra a Tolmezzo liberata con la sua autoblinda Lancia 1Z, vicenda poi narrata nel suo romanzo “L'alcova d'acciaio”.

Nel 1919 Marinetti fonda il Partito Politico Futurista che propone lo “svaticanamento dell'Italia”, il passaggio dalla Monarchia alla Repubblica, la distribuzione delle terre ai Combattenti e Reduci, la lotta all'analfabetismo, il suffragio universale esteso alle donne, le otto ore lavorative ed i contratti collettivi.

Viste le affinità con le idee di Mussolini, il 23 marzo 1919 Marinetti partecipa alla fondazione dei Fasci italiani di Combattimento e vi fa confluire il suo Partito Futurista.

Nel 1920 partecipa al secondo Congresso dei Fasci dove ribadisce i punti del suo programma ma, vista la scarsa attenzione alle sue proposte, si allontana dal Fascismo.

Lasciata la politica ritorna alla letteratura e al teatro assieme alla scrittrice Benedetta Cappa che diventa sua moglie e che gli dà tre figlie.

Deluso dalle ultime esperienze culturali si riavvicina al Fascismo nel 1923 e, nel 1924, pubblica il volume di scritti politici titolato “Futurismo e Fascismo” e, nel 1925, è tra i firmatari del “Manifesto degli intellettuali fascisti”.

Nel 1929 è membro dell'Accademia d'Italia appena fondata e difende a spada tratta la lingua italiana contro il la moda delle parole straniere.

Nel 1930, con Guglielmo Sansoni detto Tato, organizza il “Primo concorso fotografico nazionale” e nel 1931 teorizza la poetica dell'aeropoesia nel “Manifesto dell'aeropoesia”.

Nel 1932 indice il primo “Premio di pittura Golfo della Spezia” e, nel 1934 pubblica il “Manifesto dell'Architettura Aerea”.

Nel 1935, coerente con le sue idee sulla guerra “sola igiene del mondo” e sul patriottismo, partecipa come volontario alla guerra di Etiopia con il grado di “Seniore” nella divisione “28 Ottobre” e, nel 1936, partecipa alla battaglia del passo Uarieu dove guadagna un'altra “Medaglia di bronzo al Valor Militare”.

Nel 1938 è contrario all'alleanza dell'Italia con la Germania (dove le opere dei “Futuristi” sono considerate “arte degenerata”) e, sulla rivista futurista Artecrazia, compaiono alcuni articoli contro l'antisemitismo e le leggi razziali, articoli ispirati probabilmente dallo stesso Marinetti.

Nel 1942, a 66 anni, partecipa sempre come volontario alla sfortunata spedizione dell'ARMIR in Russia, come “Primo Seniore” del “Gruppo 23 Marzo Camicie Nere” e ottiene la “Croce di guerra al Valor Militare”.

Rientra in Italia sofferente di miocardite e, nel 1943, aderisce alla RSI-Repubblica Sociale Italiana-.

Muore a Bellagio (CO) il 2 dicembre 1944 per una crisi cardiaca e il suo funerale di Stato, voluto da Mussolini, viene celebrato il 5 dicembre 1944 nella chiesa di San Sepolcro a Milano, con grande partecipazione dei milanesi ed è sepolto nel Cimitero Monumentale.

 

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sabato 15 novembre 2025

SINTESI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

 

SINTESI DELLA PRIMA GUERRA MONDIALE - UN MACELLO DI OLTRE 30 MILIONI DI MORTI, VENNE PERFIDAMENTE PROGETTATA DALL’ALTA FINANZA.


di MAURIZIO BAROZZI 

Con i primi del ‘900 e il petrolio assurto a primo elemento dell’industria e dei trasporti, si consolidò, sotto la guida dei Rothschild, il grande connubio industria e finanza che elevò il Capitalismo finanziario a grande capitale monopolista.

Tre maledetti esponenti di questo capitalismo monopolista: il Casato dei Rothschild (cinque grandi famiglie, il massimo della finanza mondiale), Morgan (Magnate della siderurgia e della finanza, banche e assicurazioni ) e Rockfeller (Industria, banche e petrolio), con un codazzo di banchieri (in particolare i Warburg) su l’asse City di Londra e Wall Street di New York, escogitarono nel 1910 il Federal System Bank, che poi con un colpo di mano delle loro Power èlites riuscirono a far approvare negli Usa nel natale del 1913.
 
Un Act che gli consentiva il controllo monetario e dei tassi in America estendendolo poi dappertutto.

Nel frattempo Banche, Assicurazioni, Credito e Finanza – ovvero i BANKSTERS - elargirono a piene mani prestiti a tutte le nazioni europee rivali tra loro, indebitandole e facendole armare in modo tale che l’unica loro via di uscita era una guerra.

Con il sostegno della Massoneria, il controllo della stampa e la manipolazione delle diplomazie riuscirono a scatenare il GRANDE MACELLO, al termine del quale la Finanza si trovò a dominare la vita delle nazioni
.

Nel marzo del 1913 il banchiere Morgan, uno dei più esposti nei prestiti a tutti i contendenti, era venuto a Roma, anche con il segreto scopo di sondare il Vaticano a che non si opponesse troppo ad una imminente guerra.
Morì però nel sonno nel lusso di un Grand Hotel di Roma.

Quando a novembre del 1922 Mussolini prese il governo, quel furfante di Re Vittorio Emanuele gli rivelò che la nazione era indebitata per debiti di guerra, di una cifra spropositata con il banchiere Morgan.

Il Duce si ritrovò questa fregatura e pensò bene di non pagare in qualche modo, ma De Stefani, ministro delle Finanze che fece capire che era impossibile: i banchieri avevano particolari leggi e meccanismi internazionali che ci avrebbero rovinato, se non peggio. Si dovette allora accedere un altro prestito per pagare gli interessi, ammortizzandolo negli anni.

Alla fine degli anni ’30 i BANKSTERS ebbero la sgradita sorpresa di ritrovarsi alcune nazioni che sfuggivano alla cessione della loro sovranità, avevano eliminato la truffa del gioco democratico e risolto i problemi sociali dei loro paesi.

Puntavano anche ad eliminare le intermediazioni bancarie negli scambi internazionali e a riappropriarsi delle banche Centrali e della emissione monetaria.

 
Avevano anche edificato degli Stati nazional popolari con il grande ed entusiastico apporto delle masse, dove i rispettivi Stati avevano al primo posto i problemi etici e politici e non quelli finanziari.

UNA MINACCIA MORTALE e fu necessario scatenare un altro macello mondiale per eliminarla.
OGGI I BANKSTERS SONO PROPRIETARI O CONTROLLANO TUTTE LE RISORSE DEL PIANETA.

Quando pagate le tasse, andate allo stadio, sorbite una bevanda, vi fate il bagno, accendete la luce, comprate i preservativi, vi fate un uovo al tegamino, ecc., sappiate che state ingrassando i Banksters.

L’odierno e grande problema dei BANKSTERS , al fine di garantirsi il dominio assoluto per millenni, su una massa di schiavi, è quello di scatenare un altro grande macello mondiale, questo con un numero incalcolabile di morti, ma limitando le conseguenze nucleari.


Quindi ridurre la popolazione a meno di un miliardo di individui, tutti schiavi, formattati nel cervello tramite un depotenziamento della forza di volontà che si ottiene introducendo le pratiche del gender e della bisessualità, ovviamente in una umanità di meticci.

CI RIUSCIRANNO?

mercoledì 5 novembre 2025

IL FALSO SULLA RISIERA DI SAN SABBA!

 

IL FALSO SULLA RISIERA DI SAN SABBA!

Falsari alla ribalta: il mito della Risiera di San Sabba


Carlo Gariglio

Pubblicato sul mensile "Il Popolo d'Italia", aprile 2000


Negli ultimi tempi gli appassionati di fanta-storia stanno monopolizzando l’attenzione, in quel di Trieste, continuando a deliziarci di fantasie circa il mai esistito campo di “sterminio” nazista in Italia, vale a dire la Risiera di San Sabba.Questo grossolano falso, ricostruito con i soldi del Comune di Trieste negli anni 60, ebbe il suo scopo propagandistico di distogliere l’attenzione dell’opinione pubblica dagli stermini, inequivocabilmente veri, commessi da comunisti slavi (inizialmente spalleggiati da quelli italiani) ai danni di decine di migliaia d’italiani, indipendentemente dal fatto che costoro fossero o no fascisti: stiamo parlando delle Foibe. Periodicamente, soprattutto in occasione di successi e avanzate della Destra Europea, la fandonia di San Sabba riprende colore, specie nel triestino, arricchendosi di nuovi particolari e, naturalmente, di nuovi morti; dopo il successo elettorale di Haider non vi è stata TV, radio, giornale che non abbia parlato (a sproposito) della Risiera e dei 5000 (!) ebrei che vi sarebbero stati sterminati mediante una camera a gas che nessuno ha mai visto. Naturalmente la versione ufficiale, buona per Auschwitz come per San Sabba, è che se non vi sono prove di questi avvenimenti dipende dal fatto che i nazisti in ritirata fecero saltare tutto, per cancellare le prove dello sterminio (?).Grandi idioti questi nazisti; tanto affannati nel far saltare le camere a gas di Auschwitz, San Sabba e molte altre località al fine di cancellare le “prove”, ma altrettanto “distratti” da lasciare in vita centinaia di migliaia di scampati pronti a fornirci la loro testimonianza, l’immancabile libro, le interviste a gogò e qualche bel film sul presunto “olocausto”!Ma qual è la realtà di San Sabba? Grazie al compianto Giorgio Pisanò, che dalle pagine del suo Candido fece della questione della Risiera quasi un fatto personale e grazie al più noto degli storici revisionisti italiani, Carlo Mattogno, abbiamo un enorme mole di materiali inconfutabili che smontano completamente le fandonie dell’olocausto triestino e tutti i suoi sostenitori, primo fra tutti quel Ferruccio Folkel, che nel 1979 pubblicò a Milano, grazie alla Arnoldo Mondadori Editore, il testo: “La Risiera di San Sabba”. Mattogno, nel suo contro-testo pubblicato a Monfalcone nel 1985 grazie alle Edizioni Sentinella d’Italia, “La Risiera di San Sabba – Un falso grossolano”, in 40 misere pagine demolisce completamente le argomentazioni ridicole del Folkel, soprattutto quelle inerenti ai cinquemila morti ebrei, cifra pacchiana ottenuta “assumendo” che a San Sabba si uccidessero 50 ebrei al giorno (!) per tre giorni la settimana (!!), ed il tutto naturalmente senza la benché minima prova addotta per confermare tale delirio! Non migliore figura fanno le “testimonianze” presentate dal Folkel, dato che è impossibile trovarne due che collimino fra loro e soprattutto espresse da persone viventi; una delle migliori espressioni di involontaria comicità del Folkel si ha nell’esaminare la testimonianza di un certo Wachsberger, il quale, dopo aver ipotizzato che la “camera a gas” di San Sabba fosse celata nel garage, racconta che durante le “esecuzioni” la porta del garage rimaneva aperta! Che diavoli questi nazisti! Avevano già inventato negli anni 40 delle camere a gas funzionanti “a porta aperta”! Come avranno fatto a perdere la guerra con queste conoscenza tecniche d’avanguardia?Uscendo dal mito tanto caro ai circoncisi e attingendo all’opera di Giorgio Pisanò, la Risiera di San Sabba non fu nulla di più che un campo di detenzione di polizia, riservato a prigionieri ebrei e partigiani che vi transitavano per brevi periodi, in attesa di essere inviati al lager di destinazione. Se così non fosse, difficilmente si spiegherebbero i 22 convogli di deportati che dal 09/10/1943 al 07/11/1944 furono inviati ad Auschwitz.Dal 1945 fino agli inizi degli anni 60 nessuno a Trieste aveva mai osato parlare di un “campo di sterminio”: né i “titini” che avevano occupato la città subito dopo la guerra, né i britannici che la amministrarono fino al 1954, né gli storici antifascisti locali, né tanto meno gli storici resistenzialisti nazionali (Bocca, Secchia, Battaglia…). Eppure, ai primi degli anni 60, per bilanciare gli orrori tragicamente veri delle Foibe, ecco apparire il “campo di sterminio”, edificato ex novo (forno crematorio compreso) nel 1965 con i soldi stanziati dal Comune di Trieste e su progetto dell’architetto Bolco!  Ma c’è di più: nel 1976 a Trieste venne celebrato il processo agli aguzzini di San Sabba, cioè a dei veri e propri criminali in divisa germanica che si resero responsabili della soppressione gratuita di alcuni prigionieri. Ebbene, grazie a quel processo si accertò che a San Sabba morirono una ventina di prigionieri, dei quali si conservano regolarmente i nominativi, ed il responsabile ancora in vita venne condannato per omicidio plurimo aggravato continuato, non certo per strage o sterminio!Dunque nel 1976 per il Tribunale di Trieste non esistevano prove alcune di stermini e/o stragi, mentre nel 1979 il “buon” Folkel pretese di “stimare” il numero dei morti di San Sabba in più di cinquemila!Altra pietra tombale sulle balle olocaustiche venne posta sempre da Giorgio Pisanò, che ripubblicò la testimonianza dell’avvocato ebreo Bruno Piazza, il quale transitò dalla Risiera nel 1944, per poi essere trasferito, vivo e vegeto, alla carceri del Coroneo; tale testimonianza venne cialtronescamente ignorata dai fautori delle balle olocaustiche, nonostante fosse stata pubblicata in tre edizioni successive dalla Casa Editrice Feltrinelli (terza edizione: giugno 1990), in un libro dal titolo “Perché gli altri dimenticano”.Questi dati e questi fatti potrebbero anche bastare per sbugiardare a dovere circoncisi e reggicoda vari a proposito della Risiera, ma esiste la cosiddetta “ciliegine sulla torta”; nel novembre 1992, a Trieste, in occasione di una delle tante commemorazioni dei mai esistiti 4/5000 morti di San Sabba, il Movimento Fascismo e Libertà cittadino diffuse nella Risiera un volantino firmato da Giorgio Pisanò in persona, nel quale si esortavano i giovani a non farsi ulteriormente imbrogliare dai falsari antifascisti. In conseguenza di ciò gli attivisti locali, fra i quali Angelo Cauter e lo stesso Pisanò, vennero denunciati per “ricostituzione del PNF” e “apologia di Fascismo”.Ebbene, il 5 maggio 1994 il Tribunale di Trieste mandò assolti gli attivisti fascisti da ogni accusa, riconoscendo del tutto lecita la contestazione dell’autenticità della Risiera di San Sabba, in quanto diatriba definita ancora aperta fra le versioni antifasciste e quelle fasciste, il che costituisce un’implicita ammissione che sull’autenticità della Risiera come campo di sterminio nessuno è pronto a giurare, tanto meno il Tribunale di Trieste.Questi sono i dati da sbattere in faccia al coro di lamentosi circoncisi sempre pronti ad inventare stermini di massa anche dove non ve ne furono; contro fatti, dati, processi, studi, costoro hanno saputo solo opporre “stime”, testimonianze contraddittorie, falsità macroscopiche e mezzucci vergognosi quali la ricostruzione e novo di un mai esistito campo di sterminio.Tuttavia, alla massa belante di italioti sempre pronti a scusarsi per olocausti mai avvenuti, ciò non basta, dato che continua a prendere per buone le balle colossali di certo ebraismo, catalogando come “falsità” di stampo nazista i fatti precisi e i processi svoltisi negli anni passati.Mai come ora la nota esortazione di Dante ci pare attuale, affinché “il giudeo di noi, fra noi non rida”. 
Carlo Gariglio

venerdì 31 ottobre 2025

EUROPA KAPUT

 

EUROPA KAPUT

 

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L’Europa è finita..!

Anzi, non è mai incominciata come dimostrato dalla storia di questi ultimi anni e, nuovamente per ultimo, dalla cronaca dei fatti dei migranti della motonave Diciotti.

I trattati e gli accordi disporrebbero che questi migranti dovrebbero essere distribuiti nei vari stati europei e non lasciati, come al solito, a carico della sola Italia che già ne ha accolti negli anni passati a centinaia di migliaia.

Ma i vari capi di stato europei sono però sordi ed assenti, pronti solamente a non assumersi la responsabilità degli accordi sottoscritti ed a dimostrare nei fatti e non solamente a parole, che l’Europa è un tutt’uno omogeneo e solidale ed a fare comunque una resistenza passiva ad oltranza.

Non poteva essere diversamente e noi, inascoltati e derisi dalla massa di parolai acefali e logorroici, lo avevamo detto quando affermavamo che questa Europa delle banche e dei poteri politici nazionali NON poteva funzionare e che quella che avrebbe invece funzionato era quella delle Patrie che nessuno voleva per non abdicare al proprio potere individuale e di cosca.

I fatti ci stanno dando ragione!

Avevamo ragione noi e torto gli altri.

L’Europa delle banche e dei tornaconti privati lascia infatti intatte le differenti valutazioni degli interessi di ciascun stato ed impedisce invece la visione unitaria dell’interesse collettivo dei vari Paesi componenti.

In chiave macroscopica è un poco la ripetizione delle discrasie che si verificano in Italia a causa della eccessivo decentramento tra i vari poteri amministrativi e che si traducono alla fine in malgoverno.

Inoltre il persistere della valorizzazione di interessi particolari e non comuni impedisce di fatto l’amalgama necessaria per la creazione di un’Europa Stato che dovrebbe esser il fine ultimo della confederazione.

Insomma il solito pasticciaccio che privilegia la furbizia all’intelligenza, la disonestà alla correttezza, la buona fede ai secondi fini!

D’altronde con questa classe politica che vive da sempre di questi squallidi mezzucci è quasi impossibile realizzare quell’altra Europa.

E’ come se si pretendesse che un imbianchino dipingesse il cenacolo di Leonardo da Vinci…!!

Non ci resta altro che la denuncia che però, siamo sicuri dato l’ambiente in cui viviamo, Non avrà esito alcuno mentre continuerà il teatrino della presa per i fondelli dei cittadini..!!

 

Alessandro Mezzano