La storia d’Italia fu fermata nel 1943 per essere sostituita da quella delle turlupinature più abiette, da quella delle menzogne più efferate, delle falsità più luride, secondo un piano ben preciso che prevedeva la sepoltura della nostra grande Nazione, nelle loro cloache do viziosamente definite “liberatrici”.
sabato 1 novembre 2025
venerdì 31 ottobre 2025
EUROPA KAPUT
EUROPA KAPUT
L’Europa è finita..!
Anzi, non è mai incominciata come dimostrato dalla storia di questi ultimi anni e, nuovamente per ultimo, dalla cronaca dei fatti dei migranti della motonave Diciotti.
I trattati e gli accordi disporrebbero che questi migranti dovrebbero essere distribuiti nei vari stati europei e non lasciati, come al solito, a carico della sola Italia che già ne ha accolti negli anni passati a centinaia di migliaia.
Ma i vari capi di stato europei sono però sordi ed assenti, pronti solamente a non assumersi la responsabilità degli accordi sottoscritti ed a dimostrare nei fatti e non solamente a parole, che l’Europa è un tutt’uno omogeneo e solidale ed a fare comunque una resistenza passiva ad oltranza.
Non poteva essere diversamente e noi, inascoltati e derisi dalla massa di parolai acefali e logorroici, lo avevamo detto quando affermavamo che questa Europa delle banche e dei poteri politici nazionali NON poteva funzionare e che quella che avrebbe invece funzionato era quella delle Patrie che nessuno voleva per non abdicare al proprio potere individuale e di cosca.
I fatti ci stanno dando ragione!
Avevamo ragione noi e torto gli altri.
L’Europa delle banche e dei tornaconti privati lascia infatti intatte le differenti valutazioni degli interessi di ciascun stato ed impedisce invece la visione unitaria dell’interesse collettivo dei vari Paesi componenti.
In chiave macroscopica è un poco la ripetizione delle discrasie che si verificano in Italia a causa della eccessivo decentramento tra i vari poteri amministrativi e che si traducono alla fine in malgoverno.
Inoltre il persistere della valorizzazione di interessi particolari e non comuni impedisce di fatto l’amalgama necessaria per la creazione di un’Europa Stato che dovrebbe esser il fine ultimo della confederazione.
Insomma il solito pasticciaccio che privilegia la furbizia all’intelligenza, la disonestà alla correttezza, la buona fede ai secondi fini!
D’altronde con questa classe politica che vive da sempre di questi squallidi mezzucci è quasi impossibile realizzare quell’altra Europa.
E’ come se si pretendesse che un imbianchino dipingesse il cenacolo di Leonardo da Vinci…!!
Non ci resta altro che la denuncia che però, siamo sicuri dato l’ambiente in cui viviamo, Non avrà esito alcuno mentre continuerà il teatrino della presa per i fondelli dei cittadini..!!
Alessandro Mezzano
domenica 26 ottobre 2025
28 ottobre 1922
CREDERE IN UN'IDEA
RIVOLUZIONARIA COMPORTA DEI DOVERI. IL PRIMO, E PIU'
GRANDE, E' QUELLO DI ABBANDONARE I PIGRI AL LORO OBLIO E
DI DEDICARSI
A QUANTO DI NUOVO
SI PREANNUNZIA ALL'ORIZZONTE.
IL PASSATO HA
SENSO SOLO SE COLTIVATO COME RADICE DELL'AVVENIRE.
I RICORDI
MALINCONICI FUNESTANO LE ENERGIE E LE CONVINZIONI POSITIVE DI
CHI LOTTA PER NON OMOLOGARSI AL SISTEMA.
domenica 19 ottobre 2025
I PENSIONATI
I PENSIONATI
La faccia nascosta della crisi
Siamo i milioni di cittadini oramai fuori dal ciclo del lavoro, senza un futuro e senza prospettive di miglioramento, se non quelle che può darci la magra pensione che riceviamo ogni mese.
Una pensione che dovrebbe garantirci una decorosa e dignitosa vecchiaia dopo una vita di lavoro e, invece, essendo bloccata da anni senza aumenti malgrado i continui rincari del costo della vita, fa sì che siamo quelli che pagano più di tutti il peso della crisi.
E sarà ancora peggio perchè:
L'INFLAZIONE - già aumentata ma tutti sappiamo che l'inflazione “reale” (cioè l'aumento di prezzi e tariffe) è sempre stata molto più alta di quello che vuole farci credere il Governo, anche per nascondere la sua incapacità di controllare i prezzi.
BOLLETTE e TARIFFE - AUMENTANO!
+ benzina e gasolio
+ biglietti ferroviari
+ bollette luce e gas
+ assicurazione auto
+ servizi bancari
+ trasporto pubblico locale
+ raccolta dei rifiuti
tariffe dell'acqua
Altri aumenti sono previsti per gli
affitti, per la Sanità (dove saranno sempre di più
i
servizi a pagamento), mentre i Servizi Sociali verranno
pesantemente tagliati e il reddito degli italiani DIMINUISCE
E noi PENSIONATI siamo ancora una volta i più penalizzati,
perchè i vari Governi di centrodestra e centrosinistra, d'accordo con gli imprenditori e con la complicità dei Sindacati, hanno praticamente cancellato tutti gli adeguamenti delle nostre pensioni al costo della vita.
CHIEDIAMO IL RIPRISTINO IMMEDIATO DELL' INDICIZZAZIONE DELLE PENSIONI AL REALE COSTO DELLA VITA.
LA PENSIONE NON E' UNA GENTILE CONCESSIONE, E' UN DIRITTO!
NON E' VERO CHE MANCANO I SOLDI, BASTA TAGLIARE, MA REALMENTE:
DELLA SPECULAZIONE FINANZIARIA
DEL MALGOVERNO
DELLA CORRUZIONE.
martedì 14 ottobre 2025
domenica 5 ottobre 2025
Come Benito Mussolini affrontò e risolse il problema mafioso.
Come Benito Mussolini affrontò e risolse il problema mafioso. [ di Filippo Giannini ]
Mussolini approdò in Sicilia, a Palermo il 6 maggio 1924. Era in programma una visita ufficiale di quindici giorni.
Da continentale, aveva una visione vaga della mafia, ma ben presto la sua conoscenza su quel fenomeno si sarebbe approfondita.
Acompagnato in auto, a Piana degli Albanesi, dal sindaco di quella cittadina, Francesco Cuccia, detto Don Ciccio, che ostentava sul petto la Croce di Cavaliere del Regno, pur essendo stato chiamato in giudizio per omicidio in otto processi, tutti risolti per insufficienza di prove, Mussolini avvertì un certo imbarazzo per il comportamento del notabile seduto al suo fianco.
Don Ciccio, osservato che il suo ospite era seguito da alcuni agenti, confidenzialmente diede un colpetto sul braccio di Mussolini e, ammiccando, gli disse: «Perché vi portate dietro gli sbirri? Vossia è con me. Nulla deve temere!».
Mussolini non rispose, ordinò di fermare la macchina e di far ritorno a Palermo.
Il giorno dopo ad Agrigento parlò ai siciliani e fu una dichiarazione di guerra alla mafia: «Voi avete dei bisogni di ordine materiale che conosco: si è parlato di strade, di bonifica, si è detto che bisogna garantire la proprietà e l'incolumità dei cittadini che lavorano. Ebbene vi dichiaro che prenderò tutte le misure necessarie per tutelare i galantuomini dai delitti dei criminali. Non deve essere più oltre tollerato che poche centinaia di malviventi soverchino, immiseriscano, danneggino una popolazione magnifica come la vostra».
Mussolini rientrò a Roma il 12 maggio e il giorno dopo convocò i ministri De Bono e Federzoni e il capo della polizia Moncarda e chiese ad essi il nome di un uomo idoneo a battere il fenomeno malavitoso siciliano. Federzoni propose Cesare Mori. Mussolini ordinò che venisse immediatamente convocato e, conferendogli l’incarico, gli raccomandò: «Spero che sarete duro con i mafiosi come lo siete stato con i miei squadristi!».
Il Governo Giolitti aveva già inviato, precedentemente, Cesare Mori in Sicilia per combattere il fenomeno mafioso. Pur avendo dimostrato notevole perizia, Mori non era riuscito a conseguire un apprezzabile risultato, dati i limitati mezzi legislativi conferitigli.
Il successo dell'azione di antimafia dipendeva dalla serietà e dalla reale volontà del Governo fascista di recuperare la Sicilia allo Stato. La risposta la dette lo stesso Mussolini: «II fascismo, che ha liberato l'Italia da tante piaghe cauterizzerà, se necessario, col ferro e col fuoco, la piaga della delinquenza siciliana».
Vennero quindi concessi a Mori, che si avvalse dell'opera dell'ottimo maresciallo Spanò, i pieni poteri e già a fine anno 1925 ottenne i primi successi: oltre 700 arresti di mafiosi accusati di omicidio, abigeato, grassazione, operati con fulminee azioni nelle Madonie, a Misilmeri, a Marineo, a Piazza Armerina. Seguì un'operazione, forse la più spettacolare, nel comune di Gangi, tra Nicosia e Castelnuovo, dove da oltre un trentennio spadroneggiavano le bande degli Andaloro e Ferrarello, bande che vennero interamente catturate.
Marzo e aprile 1926 videro nuovi successi e nuovi arresti a Termini Imerese, a Marsala, a Mazzarino, a Castelvetrano, a Gibellina. Così di seguito, mese dopo mese, centinaia di arresti liberarono dalla piovra ampie aree della Sicilia.
Il 26 maggio 1927, in apertura del dibattito sul bilancio dell'Interno, Mussolini tenne alla Camera uno dei discorsi più famosi e più interessanti ed anche uno dei più lunghi: il cosiddetto discorso dell'Ascensione, di cui citiamo un passo: «E tempo che io vi riveli la mafia. Ma, prima di tutto, io voglio spogliare questa associazione brigantesca da tutta quella specie di fascino, di poesia, che non merita minimamente. Non si parli di nobiltà e di cavalleria della mafia, se non si vuole veramente insultare tutta la Sicilia. Vediamo. Poiché molti di voi non conoscono ancora l'ampiezza del fenomeno, ve lo porto io sopra un tavolo clinico: ed il corpo è già inciso dal mio bisturi».
Così Mussolini scandisce momenti e cifre dell'offensiva scatenata dal fascismo contro il fenomeno mafioso: successi ottenuti non solo in termini di repressione, e di miglioramento dell'ordine pubblico. Ma il successo maggiore fu l'aver ripristinato l'autorità dello Stato. Ecco i dati: rispetto al 1923, nel 1926 gli omicidi erano passati da 675 a 299, le rapine da 1200 a 298, gli abigeati da 696 a 126, le estorsioni da 238 a 121, i danneggiamenti da 1327 a 815, gli incendi dolosi da 739 a 469, i ricatti da 16 a 2.
Sono successi significativi che avvalorano la capacità operativa del prefetto Mori. Questi, continuando nella sua operazione, punta su patrimoni sospetti: si aprono inchieste sulle amministrazioni comunali, si indaga sui beni di cui godono famiglie sospette e si pretende che ne venga dimostrata la liceità, pena la confisca.
A tutto ciò faceva seguito la continua attenzione di Mussolini che sollecitava, con lettere e telegrammi, di perseverare nell'azione e l'accelerazione dei processi.
Nel 1929 l'opera del prefetto di ferro si poté considerare conclusa con l'indiscussa vittoria del nuovo Stato sulla mafia.
La storiografia del dopoguerra, per motivi facilmente intuibili, sostiene che Mori fu allontanato perché cominciava a colpire in alto. I fatti dimostrano il contrario e cioè che Mori colpiva dove c'era da colpire, indipendentemente dai nomi, coerentemente alle disposizioni ricevute al momento dell'incarico.
Certamente si cercò di fermare l'azione dello Stato in diversi modi. Una petizione fu inviata al Duce, firmata da 400 fascisti trapanasi, con la quale si chiedeva di allontanare «l'antipatriottico prefetto di Bologna amico dei bolscevichi». La risposta di Mussolini fu fulminea: l'immediata espulsione dal partito dei firmatari della petizione. Per gli stessi motivi, a febbraio 1927, venne sciolto d'autorità il fascio di Palermo, rinviando a giudizio, addirittura, il segretario, On. Alfredo Cucco, che fu poi processato e assolto.
Un ufficiale della Milizia, accusato di connivenza con la criminalità, fu condannato a dieci anni, tutti scontati.
Nel maggio 1927 venne sciolto anche il fascio di Catania.
La mafia per sopravvivere dovette emigrare oltre Atlantico e si risvegliò in Sicilia soltanto nel 1943 con lo sbarco angloamericano.
Lo scorso anno andai per pochi giorni di vacanza in Sicilia. Un giorno entrai in un negozio di artigianato e mi intrattenni per alcuni minuti con il proprietario, una persona colta, di “una certa età”. Ebbene egli mi assicurò che quando sbarcarono gli anglo americani in Sicilia – e questo me lo ha garantito – le truppe di invasione erano precedute da drappelli, quasi sicuramente di siculo-americani, che innalzavano una bandiera color oro, dove al centro era ben disegnato una doppia “L”. Quel signore mi ha garantito che quel simbolo indicava “Lucky Luciano”, un famoso mafioso “vittima del Fascismo” fuggito negli Usa negli anni Venti-Trenta. Su questa testimonianza non posso porre il sigillo dell’autenticità; ma è noto che gli Usa utilizzarono la mafia americana per invadere la Sicilia. In merito a questa testimonianza invito i lettori a documentarmi se a conoscenza di particolari.
Don Calogero Vizzini, uno dei capi della mafia, indicava agli alleati gli uomini giusti da mettere alla guida dei Comuni e delle Province. Genco Russo, boss mafioso che Mori aveva confinato a Chianciano, ottenne la Croce di Cavaliere della Repubblica in quanto gli venne riconosciuta la qualifica di vittima del fascismo.
Certamente Mori si avvalse di poteri eccezionali, indispensabili e proporzionati alla pecularietà del fenomeno mafioso. Questo è stato ben compreso ed esposto nel 1929, nel corso del processone contro la mafia, dal deputato fascista Michelangelo Abisso, patrono di Parte Civile. Nella sua lunga arringa fra l'altro ammonì: «La vittoria contro la delinquenza non è un fatto isolato: essa va inquadrata nel nuovo ordine di cose, nel nuovo metodo di governo; in breve, è la più tangibile manifestazione dello Stato forte e veramente sovrano (...). Debellato il male, occorre far seguire quella che i medici chiamerebbero cura ricostituente, occorre ritemprare l'organismo, in modo che possa vittoriosamente resistere ad un nuovo attacco. Occorrono strade principali e soprattutto agrarie attraverso le quali il lavoro e la civiltà possano toccare quelle zone remote e deserte che finora furono solo accessibili alla barbarie e al delitto; occorrono acqua e luce, telefoni e scuole che vincano gli ultimi residui di analfabetismo e di ignoranza, occorrono opere di irrigazione e di bonifica che consentano un più intenso sfruttamento delle aride zolle ed impediscano il depauperamento della razza, l'insidia della malaria; occorrono la piccola proprietà ed una sempre più illuminata giustizia nei rapporti tra lavoro e proprietà, sempre chiusa nella concezione gretta del privilegio e restia alle influenze delle correnti nuove che travolgono le dighe e aprono irresistibilmente le vie dell'avvenire».
All'opera di Mori farà seguito quella del Governo, impostata su un grandioso programma di interventi, anche se ostacolata da una serie di difficoltà di origini esterne e, alla fine, forzatamente interrotta dalla disfatta militare.
Termino citando lo storico Emil Ludwig: <Mussolini sognò col Fascismo una grande Nazione. Si mise all’opera per trasformare il sogno in realtà. Creò la Nazione Italia e questa è una delle ragioni della sua grandezza di fronte al mondo e alla Storia>.
Voglio anche ricordare il rimprovero che partì dalla ,penna del più grande giornalista svizzero Paul Gentizon: <Tra i milioni di suoi compatrioti ai quali aveva reso l’orgoglio di essere italiani, non se ne è trovato uno solo, nell’ora suprema, per ricoprirlo pietosamente con un lenzuolo, e di chiudergli gli occhi. E’ la sorte dei Grandi>.
Nell'immagine, Cesare Mori, il Prefetto di Ferro.
domenica 21 settembre 2025
I giovani e la R.S.I.
I giovani e la R.S.I.
(dal Bollettino ACTA della Fondazione della R.S.I. – Istituto Storico, numero 69 – maggio-luglio 2009, riprendiamo il seguente molto significativo scritto)
NOI GIOVANI ABBIAMO UNA MISSIONE
Le “chiacchiere” non ci sono mai piaciute, così come le persone tanto avvezze a parlar bene ma a razzolar poco. Il nostro riferimento è la Tradizione, parola che racchiude un universo di simboli, miti, eroi, ma soprattutto parola che richiama in maniera indiscutibile all’azione. Questa premessa è necessaria poiché quando abbiamo l’onore di collaborare con i reduci della R.S.I. dobbiamo essere consapevoli di avere di fronte uomini d’azione, di milizia, dei soldati. La Tradizione etimologicamente significa tramandare qualcosa, un qualcosa che si spiega con i valori quali la lealtà, il sacrificio, l’onore e la fedeltà. Coloro che l’8 settembre scelsero di combattere per la patria, lo fecero in modo disinteressato, con l’impersonalità attiva di chi è animato dalla virtù e dai valori dello spirito, di chi ha un fuoco che brucia nel petto; impersonalità tipica dei legionari, ardore tipico del combattente. L’esperienza che intrapresero, per molti fino all’estremo sacrificio, è un bagaglio inestimabile di un “altro sapere”, come ebbe a dire un “vecchio” guerriero di nome Rutilio Sermonti, un sapere che solo chi coltiva il proprio spirito può conoscere ed ammirare. E il nostro compito, oggi, è far sì che questo bagaglio non venga lasciato nell’oblio della dimenticanza, perché la Tradizione è anche testimonianza, conservazione della memoria storica di un popolo: abbiamo la possibilità di ascoltare le loro esperienze, di conoscere il significato dell’essere fedeli, per oltre mezzo secolo, ad una linea ed uno stile, sia in pace sia in guerra. Loro hanno vissuto l’onore, la fedeltà, la fratellanza, in cameratismo, hanno conosciuto il dolore per un fratello ucciso in battaglia, il coraggio e la forza di volontà che spinge ad andare avanti sempre, anche quando sei allo stremo. Loro hanno avuto nella vita almeno un’ora immortale, come dice il generale Degrelle. Loro hanno vissuto ! E noi, oggi, possiamo dire lo stesso ? Siamo i figli di un’epoca dominata dal lusso e dalla comodità, dalla mentalità borghese dell’uomo vile, di colui che non sa cosa significhi sacrificarsi per un’idea, di chi, codardo e menzognero, è traditore prima di tutto di se stesso. Siamo i giovani del terzo millennio, i figli della decadente cultura occidentale, siamo quelli che consumano la vita senza sapere chi siamo, quelli che la società moderna vuole sonnambuli prigionieri della caverna di Platone che non sanno neanche dell’esistenza del sole. Ma una possibilità l’abbiamo ancora, a patto di conservare l’umiltà di chi vuole imparare, la volontà di chi vuole lottare, l’abnegazione di fare militanza in nome di quei valori della Tradizione che i combattenti della R.S.I. hanno saputo incarnare nella vita. Sono loro gli ultimi baluardi di cosa significhi vivere la Tradizione, contro tutto e contro tutti, col coraggio di chi, animato dalla verità e dalla giustizia, non cede neanche un metro. Possiamo lavorarci a fianco, guardarli negli occhi, imparare dalle loro esperienze, scoprire il patrimonio di virtù e di coraggio di cui sono portatori, aiutandoli nel contempo nell’incredìbile opera di conservazione, tutela e riscoperta storica di testi, documenti, foto, che raccontino le gesta di quegli uomini che hanno combattuto “dalla parte sbagliata”. Racconti che ci aiutino a vivere, perché se vogliamo affermare un’idea, se vogliamo essere in grado di combattere un nemico diverso da quello di sessant’anni fa ma altrettanto forte e disposto a sopraffarci, abbiamo bisogno di esempi, di testimoni di coraggio e forza d’animo, di uomini. La loro eredità è la nostra eredità ed anche se oggi molti si affrettano a definirla scomoda ed ingombrante, il nostro compito è quello di farla conoscere, divulgarla, svolgere un’operazione di verità che cancelli il fango che l’ha ricoperta. Il nostro vuol essere un aiuto concreto, partecipativo, attivo, ci mettiamo a disposizione per organizzare iniziative in cui la cultura sia azione e formazione, in cui si conosca e si impari da chi, dopo l’8 settembre, ha scelto la strada più difficile, da chi è ancora leone in un mondo di pecore.
Abbiamo bisogno della forza di chi ha occhi che ancora brillano.
Il tepore di una stufa elettrica non ci basta più, abbiamo bisogno del calore di un fuoco che brucia.
In alto i cuori !
Comunità
militante Raido, Roma






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