domenica 24 febbraio 2019

LO STUPRO...


Lo stupro è per i profughi una forma di colonizzazione

Stanno importando bestie feroci tra pecore ammaestrate, il risultato è un’ondata di stupri etnici.
Questo è quello che succede quando l’ideologia secondo la quale gli uomini, le culture e le nazioni siano intercambiabili prende il sopravvento; e quando questa ideologia si mischia, poi, in un mix esplosivo con il nichilismo individualista secondo cui ogni uomo è un universo a sé, non parte di una comunità.
I rifiuti umani di cui trattano la notizie degli stupri etnici che stanno devastando l’Europa e l’Italia da quando è iniziata l’invasione, sono di paesi molto diversi dai nostri, e probabilmente, inseriti in quel contesto nemmeno stuprano; perché in una società, come in un ecosistema, si crea un equilibrio.
Là il potenziale stupratore prima di alzarsi la ‘sottana islamica’ pensa anzitutto a cosa gli farebbero i parenti della vittima, se lo beccano; perché sono di quella società pure loro, e almeno al momento giusto pure loro sono barbari. Perché “ci vuole un barbaro per punire un barbaro’.
Ma poi, questi ‘individui’ non stanno più nei loro paesi; vengono in nella progredita e decadente Europa, dove anche se arrivi illegalmente, senza uno straccio di documento, ti mettono tranquillamente in un hotel, e ti riforniscono di soldi dello stato sociale, verso i quali non avresti alcun diritto ( visto che non è beneficenza il welfare, come qualche idiota ancora non ha compreso, e non può reggere, se viene elargito all’universo mondo, al di fuori della comunità di riferimento).
E qui (dove non ti sei portato moglie o ragazza, perché sei solo un arrivista in cerca di fortuna in terra d’altri) vedi le europee che hanno pelli candide, e anche chioma fulva, e si vestono di abitini succinti. E dove i parenti della vittima l’unica pistola che hanno tenuto in mano era un superliquidator, e l’unico coltello quello a lama piatta per spalmare la marmellata.
E allora perché, tu ‘profugo’ devi frenarti? Tu gli europei li odi, perché sono più ricchi di te, perché sono degli infedeli, magari anche perché li consideri responsabili delle guerre americane e ti fa comodo sentirti vittima di imperialismo altrui. E le loro terre benestanti le vuoi, non sei certo venuto perché magari sei una sorta rifugiato politico…quello solo quegli idioti degli europei lo possono credere veramente. E in effetti, li disprezzi anche perché sono tanto idioti. Perché si fidano di te.
E allora la sottana islamica può andare a farsi benedire, e gli istinti più profondi si possono liberare senza freni.
Se pure va male? Ti mettono al massimo qualche anno, più facile pochi mesi, in una prigione, scandinava per esempio.
Ma le hai viste le prigioni scandinave? Begli edifici, svariate attività ludiche, tv satellitare, e altro; in pratica, non è un gran cambiamento rispetto all’hotel in cui stavi prima.
Nel frattempo, col tuo atto hai anche lanciato un messaggio ‘territoriale’, e altri stanno venendo per imitarti.
E insomma, come si dice, non possono metterci dentro tutti; quindi almeno dovranno iniziare a cambiare le loro abitudini per noi: e questo è già colonizzazione.
da  IDENTITA´

                                                                                                                                           

martedì 19 febbraio 2019

Storia di Tom Ponzi, il parà della Rsi

 

Storia di Tom Ponzi, il parà della Rsi che inventò l’investigazione moderna

Il 9 maggio 1997 moriva a Busto Arsizio Tom (Tommaso) Ponzi, l’uomo che inventò l’investigazione in Italia. Era nato a Pola nel 1921. Giovanissimo, aderì alla Repubblica Sociale Italiana come paracadutista. Non rinnegò mai la sua antica appartenenza, dicendosi sempre “mussoliniano” e non facendo mistero della sua fede. Cosa che gli procurò diversi guai, ma lui se ne fregava, ed era – negli anni di piombo – uno dei pochissimi inserzionisti pubblicitari del quotidiano del Msi, il Secolo d’Italia, quando tutti avevano paura. Era amicissimo di Giorgio Almirante e di molti altri esponenti del Msi. Pur avendo inventato il sistema investigativo moderno nel nostro Paese, Tom Ponzi era un personaggio pubblico, uno scrittore, un editore, uno sportivo, un attore. Dopo la sua morte molti giornali lo definitorno “il Nero Wolfe italiano“. Subito dopo la guerra fondò la Mercurius investigazioni, presto ribattezzata Tom Ponzi investigazioni, agenzia con la quale svelò agli italiani il dopoguerra, passando dalle inchieste matrimoniali e familiari, alle ben più comlesse indagini su società, industrie e patrimoni. Addirittura ai tempi di Tangentopoli si offrì pubblicamente di dare una mano agli inquirenti per vedere dove fossero finiti i soldi razziati dai partiti, ma la proposta rimase lettera morta. Anche perché tra il tribunale di Milano e Tom Ponzi non corse mai buon sangue: negli anni Settanta gli fu revocata la licenza e non gli venne mai più restituita. Ma lui non si arrese e continuò a lavorare nonostante molti gli mettessero i bastoni tra le ruote, e non è assurdo pensare che fosse per la sua mai rinnegata fede politica.

Tom Ponzi divenne famoso per il suo eroismo a Terrazzano

Comunque sia, divenne noto a tutti gli italiani nel 1956, con i famosi fatti di Terrazzano, in Lombardia, dove due balordi avevano sequestrato oltre 60 bambini e tre maestre nella locale scuola elementare. Tom Ponzi e un operaio, Sante Zennaro, riuscirono nascostamente a penetrare nell’edificio con una scala a pioli e l’investigatore strappò la pistola a un malvivente e atterrò l’altro con un pugno. Purtroppo la vicenda si concluse tragicamente, perché la polizia per errore sparò e uccise Zennaro che si era presentato sul portone della scuola per annunciare che i due sequestratori si erano arresi. Tom Ponzi in seguito accusò per questo la polizia. Comunque Sante Zennaro ebbe la Medaglia d’Oro al Valor civile, mentre Ponzi  non ottenne alcun riconoscimento. Solo nel 1984 il procuratore della Repubblica Mauro Gresti, in risposta a un esposto dello stesso Ponzi, scrisse che «il Ponzi ebbe in occasione del tragico episodio di Terrazzano un comportamento estremamente coraggioso e di collaborazione fattiva con le forze dell’ordine». Tom Ponzi continuò la sua carriera fino a quando, nei primi anni Settanta, fu coinvolto in un gigantesco scandalo di intercettazioni non autorizzate ai danni dell’azienda Montedison e di alcuni esponenti politici. L’Italia scoprì in quell’occasione che esistevano le intercettazioni telefoniche e che il Grande Fratello era tra noi. Tom Ponzi fu costretto addirittura alla latitanza per non essere arrestato: andò a Nizza con tutta la famiglia. Riuscì a tornare in patria solo dopo cinque anni, assolto con formula piena: tuttavia in quella circostanza gli fu tolta la licenza investigativa e non gli venne mai più ridata. Lui sostenne che era una sorta di “vendetta” per i fatti di Terrazzano, e i familiari sostennero che era anche da attribuirsi alle sue simpatie fasciste. In ogni caso, Tom Ponzi continuò a lavorare intestando l’agenzia ai figli. I suoi fratelli hanno tutti intrapreso la carriera di investigatori. Ma prima di tutto questo, nel 1970, Tom Ponzi interpretò la parte di un commissario di polizia nella miniserie tv I giovedì della signora Giulia, dall’omonimo romanzo di Piero Chiara. Aveva un bellissimo motoscafo Riva Acquarama, con il quale nel 1968 fece stabilire un record di velocità allo sciatore nautico Bruno Cassa nella tratta Pola-Cervia. Tom Ponzi divenne in quegli anni sinonimo di investigazioni, ed ebbe tra i suoi clienti personaggi famosissimi, tra cui possiamo ricordare l’Aga Khan, Enzo Ferrari, Xavier Cugat, Gino Bramieri, Walter Chiari, la famiglia Agnelli, Nelson Rockfeller e moltissimi altri.


mercoledì 13 febbraio 2019

LETTERA DEL PROF. ROGER DOMMERGUE

 
 
LETTERA DEL PROF. ROGER DOMMERGUE, FRANCESE DI ORIGINE EBRAICA, INDIRIZZATA AL REGISTA STEVEN SPIELBERG
Egregio Sig. Spielberg,
Vorrei che la Sua onestà eguagliasse il Suo grande talento. L’ho vista alla televisione francese, dove Lei ha dichiarato di voler inondare di propaganda olocaustica le scuole tedesche. Lei ha ricordato che i testimoni sono in grado di convincere pienamente, riguardo alla realtà della Shoah (i 6 milioni, le camere a gas). Sento come mio dovere di ebreo e dopo 20 anni di studi sul problema storico dell’olocausto, il richiamare la Sua attenzione sui fatti. I fatti sono alquanto testardi, e visto che nessuno è in grado di negarli, molti della nostra etnia hanno dovuto far sì che disgustosi politici varassero leggi staliniste-orwelliane che proibissero di menzionare qualsiasi cosa concernente il dogma “6 milioni/camere a gas”, portando definitivamente quest’alchimia ad un culto perpetuo.In caso di mancato rispetto del silenzio e dell’adorazione del mito, si viene colpiti da multe, carcere o entrambe le cose. Il professor Faurisson, che ha studiato la materia per 20 anni, è stato praticamente massacrato.Ciò è completamente ridicolo, ma dai la polizia e la giustizia di tutti i paesi in mano al Signor Levi ed egli non sarà più ridicolo: ecco il XX secolo! Tali leggi sono, conformemente, la prova assoluta del falso prima ancora dello studio della sua impossibilità aritmetica e tecnica. No, Signor Spielberg, Lei non troverà UN SOLO testimone che vide 6 milioni di ebrei assassinati. Lei non troverà UN SOLO testimone delle camere a gas al Zyklon-B che, accanto ai forni crematori, avrebbero sterminato da 1.000 a 2.000 persone alla volta. Legga il mio “La Shoah sherlockholmizzata” qui allegato: è il riassunto di 20 anni di studi sulla materia. Il mito “6 milioni/camere a gas” e un nonsenso aritmetico e tecnico. In verità gli strilli e i piagnistei dello Shoah Business, a 50 anni dalla fine della guerra, sono disgustosi, degradanti : è una disonorevole mancanza di pudore.Nessun popolo nella storia è stato mai visto gemere ancora sulle sue perdite 50 anni dopo una guerra, neanche sulle sue perdite effettive e reali. Anche se i “6 milioni/camere a gas” fossero veri, sarebbe un disonore fare tale chiasso e spremere così tanti soldi ovunque: chi erano gli usurai della Repubblica di Weimar? Lei lo sa altrettanto bene quanto me. Ciò è tanto più vero in quanto sappiamo che 6.000.000 sono una rozza esagerazione e che le “camere a gas” al Zyklon B sono un’impossibilità tecnica. (V. Processo Degesch nel 1949).
Nei fatti, 150.000 o 200.000 ebrei morirono nei campi tedeschi di tifo e di fame. Molti altri morirono ma da combattenti contro la Germania, alla quale noi, gli ebrei, avevamo dichiarato guerra nel 1933! (Hitler era allergico all’egemonia dell’oro e del dollaro: così poté dare lavoro a sei milioni di disoccupati, prima della messa in funzione delle industrie belliche tedesche!). Conosce il libro pubblicato in quel periodo e scritto dal nostro congenere Kaufmann: GERMANY MUST PERISH [La Germania deve morire, ndt.]? (1)

Germany Must Perish! Il libro di Theodore N. Kaufman ebreo americano, intimo di Roosevelt scritto nel marzo 1941 prima di molti eventi della guerra, nelle pagine deliranti prevedeva la sterilizzazione del popolo tedesco e la distribuzione delle terre tedesche
Sappiamo che 80.000.000 di Goyim vennero massacrati in URSS, sotto un regime politico quasi interamente ebraico, da Marx a Warburg a Kaganovic, Frenkel, Yagoda, i boia di quel regime. Sappiamo che dopo il 1945 i russi e gli americani uccisero e violentarono comunità tedesche in tutta Europa dalla Lituania all’Albania. Sappiamo che 1 500.000 di prigionieri di guerra tedeschi furono fatti morire di fame dopo la guerra (un famoso libro è stato pubblicato qualche anno fa, ma viene ignorato). Troverà assieme a questa lettera anche un testo in francese di un rabbino: “A rabbi pleads guilty” [un rabbino ammette le colpe]: sfortunatamente non sono in possesso né dell’originale in tedesco né della sua traduzione in inglese. Dovrebbe farselo tradurre. Il rabbino condanna il comportamento ebraico in Germania 50 anni prima del nazismo e giustifica l’apparizione di Hitler. Riguardo al male che abbiamo fatto all’umanità assolutamente non redento dai Suoi eccellenti film o dal virtuosismo di un Yehudi Menuhin, o dalla bomba a neutroni di S.T.Cohen, ho scritto un libro ispirandomi da testi scritti da importanti ebrei che si collocano di gran lunga oltre i maggiori testi anti-semiti scritti da Goyim.
Simone Weil ha tratto un tragico riassunto:
“Gli ebrei, questa manciata di persone sradicate, sono stati la causa dello sradicamento dell’intera umanità”.
E George Steiner:
“Per 5.000 anni abbiamo parlato troppo: parole di morte per noi e per gli altri”.
Sappiamo che tutte le città tedesche con più di 100.000 persone vennero distrutte durante l’ultima guerra, con donne e bambini: non vi è che silenzio riguardo questo vero olocausto. Se consideriamo l’andazzo preso dallo Shoah business, ciò che si intende fare in Germania è in verità la maniera più sicura per accumulare un’enorme quantità di anti-ebraismo la cui esplosione sarà unica nella storia. Discrezione e moderazione devono essere il nostro comportamento: tutte le altre cose sono un suicidio. Né il “mondialismo” né leggi orwelliane contro i “crimini di pensiero” possono prevenire l’esplosione di antisemitismo: solo il NOSTRO comportamento può. Ciò che Lei fa e tutto il frignare e il pompare denaro possono soltanto istigarlo. Esso aumenterà oltre ogni proporzione ragionevole, se vi può essere una proporzione ragionevole nell’antisemitismo. So che è praticamente impossibile controllare la nostra propensione alla speculazione e che solo l’abolizione della circoncisione all’ottavo giorno lo potrebbe (il nostro particolarismo deriva dal turbamento dei ventuno giorni della prima pubertà, che inizia precisamente all’ottavo giorno) ma dobbiamo, almeno, cercare di evitare tali gravi errori quale quello che Lei intende compiere in Germania e che sarebbe terrificante. Sono un grande ammiratore dei Suoi film (tranne che di “Schindler’s List”: chieda alla moglie di Schindler riguardo alla vera realtà storica, ma questa è la pecca minore). Spero che Lei esamini attentamente quanto Le ho mandato e rifugga dalla follia della maggioranza dei nostri congeneri.Le risponderò sempre se vorrà avere la lealtà di scrivermi.
Cordialement à vous.
Roger Dommergue de Menasce
 
                                                                                                                                     

giovedì 7 febbraio 2019

Il martirio di Norma Cossetto

Contro la violenza sulle donne
Il martirio di Norma Cossetto

Paolino Vitolo



Norma Cossetto
Norma Cossetto: chi ricorda questo nome? Pochi, credo. Eppure, in questi giorni in cui giustamente si manifesta contro la violenza sulle donne, dovremmo ricordarla. Anche perché, per rinfrescare la nostra pigra memoria, molto opportunamente, dallo scorso 15 novembre è in programmazione nei cinema italiani un film che narra la storia e la tragica fine di questa ragazza.
Il titolo del film è “Red land – Rosso Istria”, dal colore tipico della terra istriana, dovuto alla presenza di giacimenti di bauxite. E “Istria rossa” era il titolo della tesi di laurea di Norma Cossetto, che stava per laurearsi in Lettere e Filosofia all’Università di Padova. Ma non arrivò alla laurea.
Norma era nata il 17 maggio 1920 a Santa Domenica di Visinada, vicino Pola, che allora era un’importante città italiana, e viveva lì anche all’epoca dei tragici fatti di cui fu vittima. La sua colpa, se si può usare questa parola, fu di essere la figlia del responsabile del Partito Nazionale Fascista del piccolo paese, ma soprattutto di essere italiana
Così avrete capito perché, quando tutti si riempiono la bocca di discorsi e di recriminazioni sulla violenza di genere, non c’è nessuno che si sia ricordato di Norma Cossetto, che pure per la sua tragica fine venne insignita di Medaglia d' oro al merito civile alla memoria, con la seguente motivazione: «Giovane studentessa istriana, catturata e imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba. Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. — Villa Surani (Istria) – 5 Ottobre 1943».
Evidentemente, dopo 75 anni (settantacinque!!!) ancora c’è qualcuno che ha paura di dire e soprattutto di conoscere la verità. E ci accorgiamo purtroppo che anche tra i morti, anzi tra i martiri innocenti, ci sono quelli di serie A e quelli di serie B. Al punto che il film sopra citato, presentato a Venezia il mese scorso, non è stato diretto da nessuno dei nostri gloriosi tromboni, ma da un giovane regista argentino, Maximiliano Hernando Bruno, alla sua opera prima, peraltro riuscitissima.
Ma torniamo alla nostra storia.
Dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio che portò a quello sfacelo che alcuni definirono “morte della Patria”, i partigiani comunisti del famigerato maresciallo Tito cominciarono a risalire la Dalmazia, cercando di cancellare ogni traccia di italianità da quelle terre italiane da sempre, dai tempi della Repubblica Serenissima di Venezia. In verità quelle bande criminali non volevano cancellare solo l’italianità, ma anche e soprattutto gli italiani, Molti ignoranti in mala fede ancora oggi cercano di giustificare queste azioni come naturale reazione all’imposizione della lingua italiana da parte del regime fascista. Cosa falsa naturalmente, perché in Dalmazia si parlava l’italiano, anzi il dialetto veneziano, da alcuni secoli. Circostanza provata anche dal fatto che, sulle navi da guerra dell’Impero Austro-Ungarico dell’Adriatico, gli ordini venivano dati in veneto.
La pulizia etnica ai danni degli italiani continuò anche a guerra finita, anche dopo il 1945. Chi riuscì a scappare in Italia si trovò di fronte all’accoglienza fredda, se non ostile, dei cosiddetti confratelli, avvelenati dalla propaganda di certe parti politiche che additavano i profughi come “fascisti che non avevano voluto vivere nel paradiso rosso di Tito”. Bisogna capirlo: a quei tempi il PCI (Partito Comunista Italiano) non aveva ancora cambiato nome.
E che cosa capitò a quelli che non riuscirono a scappare? Furono uccisi, spesso torturati, e tutti furono gettati nelle foibe, alcuni ancora vivi e legati col fil di ferro. Le foibe sono delle cavità naturali molto diffuse nel Carso, il cui territorio è tutto traforato da queste profonde voragini. Territorio carsico, appunto. Molte di esse furono l’ultima dimora delle vittime italiane della pulizia etnica.
Ma torniamo alla storia di Norma Cossetto.
Nell'estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata “Istria rossa” e spesso girava in bicicletta per i paesi dell'Istria visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi che le consentissero di sviluppare i suoi studi.
Dopo l'8 settembre, secondo la testimonianza della sorella Licia, la famiglia cominciò a ricevere minacce. Il 25 settembre 1943, diciassette giorni dopo la capitolazione dell'Italia e il disfacimento dell'esercito, un gruppo di partigiani titini, appoggiati dai partigiani comunisti italiani, approfittando dello sbandamento generale, irruppe in casa Cossetto, razziando ogni cosa.
Il 26 settembre 1943 un partigiano di nome Giorgio si recò a casa dei Cossetto convocando Norma al comando partigiano nell'ex caserma dei Carabinieri di Visignano.   Il comando partigiano era composto da partigiani comunisti sia italiani sia slavi. Qui, dopo essere stata interrogata, le fu poi richiesto di entrare nel movimento partigiano; proposta che Norma rifiutò.  A quel punto ella fu rilasciata.
Il giorno successivo, 27 settembre, Norma fu arrestata dai partigiani insieme ad altri italiani, parenti e conoscenti. I prigionieri furono tutti confinati nella ex caserma della Guardia di Finanza di Parenzo. Qui fu raggiunta dalla sorella Lidia che tentò inutilmente di ottenerne il rilascio. Un paio di giorni dopo, i tedeschi occuparono Visinada, quindi i partigiani, sentendosi minacciati, trasferirono tutti i prigionieri nella scuola di Antignana trasformata in prigione.
Qui Norma fu separata dagli altri prigionieri e, fra il 1° e il 4 ottobre, legata nuda ad un tavolo, fu sottoposta a sevizie e stuprata dai suoi carcerieri. Secondo alcune testimonianze erano diciassette. L'episodio della violenza carnale fu in seguito riferito da una donna abitante davanti all'ex caserma, che, attirata da gemiti e lamenti, appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse e vide Norma legata al tavolo.
La notte tra il 4 e 5 ottobre Norma e gli altri ventisei prigionieri legati col fil di ferro, furono costretti a spostarsi a piedi fino a Villa Surani. Qui, ancora vivi, furono gettati nella foiba vicina. Ma prima, Norma e le altre donne furono nuovamente sottoposte a violenze.
Norma aveva solo 23 anni.