venerdì 27 marzo 2020

Dio ci salvi dall’Europa Unita

Dio ci salvi dall’Europa Unita

Europa Unita
Se ancora non vi era chiaro quanto fosse fallimentare l’Unione Europea come progetto politico (quando finirà l’idolatria per l’Ue in Italia sarà sempre troppo tardi) il coronavirus dovrebbe cominciare a minare le convinzioni di molti di voi.
In fondo questa Europa del nord alla quale piace stabilire regole e regolette sui bilanci e sulle merci, ma non sa come combattere l’evasione fiscale delle grandi multinazionali, ma anzi la incoraggia tollerando l’istituzione di veri e propri paradisi fiscali all’interno dell’Unione è come una grande e bionda “Padania”.
L’Italia recita il ruolo del Regno Delle Due Sicilie colonizzato dal Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II. L’italiano è considerato razzialmente inferiore, deve dare solidarietà, attenersi alle regole che vengono imposte, ma mai riceverla. Quando la banche francesi e tedesche erano nei guai a causa della loro esposizione con la Grecia, l’Italia ha dovuto tirar fuori per i fondi europei salva-stati ben 50 miliardi di euro. Delle migliaia di immigrati che vorrebbero raggiungere i paesi europei passando per le coste greche e italiane ci è stato detto di occuparcene, perché l’Europa deve “fermare gli egoismi” secondo il presidente francese Macron. Peccato che proprio lo Stato francese è avvezzo ai respingimenti di orde di immigrati al confine di Ventimiglia.
Tante belle parole, tante belle lezioni e tante grazie, la questione migratoria tanto allegramente abbracciata da Hollande e Merkel e che aveva l’intento mal celato di poter controllare il mondo arabo-musulmano tra il 2012 e il 2017 ha causato in Francia la quasi cancellazione del partito socialista che era stato di Mitterand e in Germania un calo dei consensi tale da portare lo scompiglio nella CDU e una crisi di governo di ben sei mesi alle politiche del 2018, seguiti dall’annuncio del ritiro della Merkel come leader del maggiore partito conservatore tedesco. Meglio lasciare tutto il peso degli ingressi irregolari ai paesi “transfrontalieri”, ovvero alla povera Grecia e alla povera Italia.
Quella fessa Italia, che dopo aver svolto tutti i “compiti a casa”, dopo aver contribuito alle istituzioni europee per sessant’anni si vede ancora costretta a tagliare servizi fondamentali dello Stato a non poter fare investimenti preziosi per il proprio futuro. Una fessa Italia che dopo aver consentito a banche e multinazionali francesi di occupare il mercato italiano si vede estromessa dai Cantieri di Saint-Nazaire, dopo che la Leonardo aveva vinto una regolare gara per aggiudicarsi le quote della sudcoreana STX, in barba a tutte le regole europee su aiuti di Stato e nazionalizzazioni.
Mentre nel nostro paese orde di uomini di buon cuore solidarizzano con francesi, tedeschi, danesi, e altri popoli europei per disgrazie e attentati, mentre in Italia tutti “je suis Charlie (Hebdo)”, che dopo aver insultato e preso per i fondelli la divinità ed il profeta di qualche miliardo di persone, ha subito la reazione di qualche estremista, mentre tutti in Italia volevano “defend Paris” e tutti i politici europei scendevano in piazza (anche in modo abbastanza raccapricciante) per sconfiggere il terrorismo. Mentre facciamo tutte queste belle cose, i francesi continuano a prendere per i fondelli Roma con la loro satira da strapazzo, una satira che non prende di mira i potenti, ma ridicolizza le vittime: dalle vignette di quel Charlie Hebdo per il quale tutti solidarizzavano e che mettevano in ridicolo i poveri disgraziati finiti vittima del terremoto nel Centro Italia del 2017, all’ultimo video del pizzaiolo “italiano” che sputa nel piatto e diffonde il coronavirus, tanto “è satira!”.
Il messaggio è chiaro: “voi italiani siete sporchi e zozzoni e vi ammalate per questo”, all’Unione Europea serviamo per tenere a bada tutte le potenzialità di una penisola al centro del mediterraneo riconosciuta in tutto il mondo per il proprio stile di vita e per il proprio artigianato. I paesi del sud dell’Europa servono a Francia e Germania come grandi mercati di esportazione, grandi bacini di consumo finanziati dalle loro stesse banche, un circolo vizioso, che arricchisce alcuni paesi a scapito di altri, un vero e proprio imperialismo da terzo mondo.
È il segreto di pulcinella che nelle trattative per la moneta unica, Berlino pretese che anche l’Italia entrasse dentro i meccanismi di quello che sarebbe stato il trattato di Maastricht, o altrimenti l’economia tedesca sarebbe perita a causa delle grandi capacità di esportazione italiane. Siamo poco più che una colonia alla quale dal 2011 è stato tolto anche il velo di ipocrisia di una qualche presunta democrazia: Napolitano e Mattarella svolgono la funzione di Vicerè, il presidente del consiglio, chiunque esso sia, è un semplice commissario che si barcamena tra consenso politico e gli ordini dall’alto.
Niente mascherine dunque per l’Italia, l’Europa se li tiene per sé, muoia Sansone con tutti i filistei. Gli italiani sono sacrificabili, se crepano li pagherà qualcun altro i loro debiti. Se il calcio italiano si ferma, si può giocare sempre senza le italiane. Differente invece l’atteggiamento della Cina, la quale avrebbe offerto all’Italia oltre a ogni genere di rifornimenti medici e sanitari, anche la messa a disposizione di personale sanitario. In fondo in Europa guardano al nostro paese come Merkel e Sarkozy guardavano Berlusconi nel 2011, un sorriso bonario e pacche sulle spalle, come il grande proprietario alla sua servitù, come il genitore al bambino che crede di essere diventato grande, ma è ancora inesperto, come il leghista di un tempo, per tornare al nostro incipit, con il meridionale, che può essere bravo, educato e lavoratore quanto vuole lui, ma resta sempre un terrone, brutto, sporco, che non ha voglia di far nulla. “Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello!” diceva qualcuno.

                                                                                                                                                

venerdì 20 marzo 2020

CITTA' FONDATE DAL FASCISMO



Onore d'Italia

Città di fondazione nel periodo fascista


Le città di fondazione nel periodo fascista, ovvero i centri urbani fondati in quell'epoca, hanno delle caratteristiche peculiari legate alle teorie urbanistiche dell'epoca. Riguardano alcune zone del territorio nazionale del Regno d'Italia e delle sue colonie a partire dal 1928, anno di fondazione di Mussolinia, oggi Arborea, e nei territori dell'Impero dopo la sua fondazione (1936).Le fonti sono discordanti sopratutto su alcuni borghi e zone periferiche vediamo nel dettaglio regione per regione.

Caratteristiche

Tali centri urbani fanno parte del più vasto fenomeno delle bonifiche integrali che videro la realizzazione di un gran numero di nuovi insediamenti. Solo alcuni di questi hanno però il carattere di complessità di centro urbano residenziale. Gli insediamenti avevano spesso modesta estensione territoriale e demografica e uno specifico carattere rurale, e non erano allora assimilabili, sia per dimensioni che per caratteristiche progettuali, ad una città vera e propria, intesa come insediamento urbano intensivo, separato dalla campagna, sede di attività economiche di vario tipo, luogo di integrazione, concentrazione ed interrelazione tra varie funzioni ed istituzioni. La più frequente tipologia insediativa corrispondeva infatti ad un centro di servizi posto all'interno di un'area d'insediamento agricolo sparso, in cui le case rurali sono poste direttamente sull'appezzamento agricolo assegnato alla famiglia colonica. Il centro di aggregazione non aveva carattere residenziale, ma comprendeva edifici pubblici (chiesa, casa del fascio, ambulatorio, a volte municipio, caserma della milizia e scuola) e servizi (consorzio agrario, spaccio, barbiere, locanda), organizzati intorno ad una piazza o ad un asse viario. La consolidata definizione di "città di fondazione", non comprende quindi, anche alla luce di recenti studi, riscoperte e pubblicazioni, la complessità ed il gran numero di urbanizzazioni di varia tipologia insediativa programmate nel contesto di pianificazione territoriale ed agricola di più ampia scala della "bonifica integrale" che prevedeva la bonifica idrica o il disboscamento di aree vaste, la suddivisione del territorio agricolo in appezzamenti podarili e l'infrastrutturazione del territorio. Fecero eccezione alcune città fondate nel Lazio, come Littoria, poste all'interno di una vasta area d'insediamento (Agro Pontino) che necessitava di servizi di maggior scala, ed altre in Sardegna come Carbonia, sorte per finalità diverse da quelle agricole.

Scopi e presupposti politici ed ideologici

L'intensa attività di fondazione di questi nuovi insediamenti e le loro caratteristiche, nascevano da specifici caratteri dell'ideologia fascista ed in particolare dalle istanze antimoderne ed antiurbane che caratterizzavano una parte del movimento, senza per questo esaurirne la complessità. Le nuove fondazioni avevano quindi carattere di piccoli centri rurali, nell'ottica di un tradizionalista ritorno alla terra e alla civiltà contadina, che il fascismo mostrava di preferire alla grande urbanizzazione, nonostante una parte di esso si presentasse come modernista. Tale antiurbanesimo fu chiaramente espresso nel "Discorso dell'Ascensione" pronunciato da Mussolini al parlamento il 26 maggio del 1927 in cui si metteva l'accento sulla necessità di limitare la crescita urbana, l'inurbamento del proletariato e lo spopolamento delle campagne al fine di combattere la denatalità. Aprilia nel 1936 La creazione di nuove possibilità di sfruttamento agricolo avrebbe, nelle intenzioni, creato una classe sociale di piccoli mezzadri o proprietari agricoli, legati alla terra con tutta la famiglia, immuni alla crisi d'identità causata dal rapporto salariale e dall'inurbamento, tematica già oggetto di uno dei libri fondativi delle ideologie totalitarie, Il tramonto dell'Occidente, di Oswald Spengler, ammiratissimo da Mussolini. La mezzadria fu vista come esempio e origine del corporativismo e propugnata fortemente. Si sperava quindi che la ruralizzazione avrebbe combattuto la denatalità, vista come degenerazione, ed i disordini sociali. Le aree necessarie a realizzare gli interventi venivano recuperate quasi sempre attingendo a terreni demaniali incolti o da bonificare che venivano ceduti all'ente incaricato della bonifica, spesso l'O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti) che provvedeva alla pianificazione, all'appoderamento ed all'assegnazione dei vari appezzamenti a famiglie di mezzadri che avrebbero nel tempo ripagato gli investimenti iniziali e anche riscattata la proprietà. I nuovi centri avevano uno scopo economico e sociale, in quanto volevano essere centri propulsivi dello sviluppo (agricolo o industriale, a seconda dei casi) di zone precedentemente poco o nulla abitate, come l'Agro Pontino e il Metapontino. Molti sorsero in aree agricole appena bonificate o espropriate al latifondo[senza fonte], altre sorsero come borghi di minatori, come accadde in Sardegna e in Istria. La fondazione di nuovi centri rappresentò in breve un'operazione di grande valenza propagandistica per il regime, nonostante le primissime fondazioni (fra tutte quella di Littoria) si fossero svolte in un clima di contrasto e con la parziale contrarietà dello stesso Mussolini, fautore inizialmente di una politica e di una propaganda radicalmente anti-urbana, tradottasi successivamente in forme più moderate.

Urbanistica

Il centro di Pomezia Torre Littoria a Sabaudia, oggi Torre civica. I nuovi centri, in particolar modo i più grandi, erano costruiti a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), l'ufficio postale, la scuola) e così via. Intorno a questo nucleo centrale si estendevano, nei centri più grandi, i quartieri abitati veri e propri, mentre nei centri rurali si passava direttamente alle campagne appoderate.

Architettura

L'architettura degli insediamenti di fondazione riflette la complessità del panorama architettonico italiano degli anni trenta, in cui convivevano le istanze del razionalismo europeo più rigoroso, con il cosiddetto stile "novecento" che perseguiva una rilettura della tradizione, per tacere delle posizioni più accademiche. Tra tali posizioni vigeva un'accesa polemica che non impediva compromessi e ibridazioni sulla strada di ricerca di un razionalismo "italiano" portata avanti, per esempio da Libera e sull'attenzione per l'architettura spontanea "mediterranea". Questo scontro e questa contemporanea ricerca di conciliare modernità e tradizione possiamo vederla per esempio nella realizzazione dei cinque maggiori centri dell'Agro Pontino. Littoria fu progettata da Oriolo Frezzotti in uno stile eclettico e monumentale in cui spiccano solo due edifici di Angiolo Mazzoni con caratteri che richiamano il futurismo. Dopo le critiche dei razionalisti per la seconda città, Sabaudia, viene bandito un concorso vinto, tra le polemiche, da un gruppo di giovani progettisti che propone un linguaggio razionalista, sia pure con qualche elemento novecentista. Il terzo centro Pontinia, viene affidata all'ufficio tecnico dell'ONC, per evitare le polemiche che avevano provocato anche una gazzarra in Parlamento, ma il risultato è una contaminazione poco riuscita di razionalismo con forme vernacolari. Per Aprilia e Pomezia si ritorna al concorso a cui partecipano progetti molto interessanti (Libera e Muratori-Quaroni), anche se vincono i progetti del collettivo 2PST (Concezio Petrucci, Mario (Mosè) Tufaroli, Emanuele Filiberto Paolini e Riccardo Silenzi), già autori di Fertilia, progetto spesso definiti piuttosto anonimi e vernacolari. La polemica tra il razionalismo di Sabaudia, "la vuota magniloquenza" di Littoria e "il falso folclore imitativo dei cosiddetti stili minori" o "l'insulso populismo ruralista" di Pontinia o di Aprilia, continuò nel dopoguerra e restituisce la complessità di un dibattito architettonico che coinvolse tutte le realizzazioni di quel decennio e che oggi può sfuggire portando a confondere in un generico stile razionalista, le forme architettoniche prive di ornamenti architettonici, se non i simboli del regime (aquile e fasci) in altorilievi sui muri o sulle pavimentazioni, che tanto richiamano la pittura metafisica.

Popolamento

Il popolamento delle nuove città veniva pianificato in ragione delle dimensioni dell'area e della funzione produttiva principale per essa prevista. Per le aree rurali si parla di "colonizzazione", specialmente nel caso di aree paludose bonificate o di ex latifondi, appoderate secondo il modello "a poderi diffusi": queste nuove aree rurali furono popolate principalmente da cittadini provenienti da zone dell'Italia settentrionale caratterizzate da un'agricoltura tradizionale più avanzata, ma depresse dalla crisi economica: in particolare da Friuli, Veneto, Emilia, Romagna e Marche; v'erano però anche famiglie autoctone o prossime dell'area appoderata, come accadeva in modo particolare per le bonifiche dell'Italia meridionale, ossia del foggiano, del Metapontino e del latifondo siciliano.

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sabato 14 marzo 2020

Stati Uniti e Israele...

Stati Uniti e Israele: due democrazie solo presunte

Da
a.carancini
L’amministrazione Trump si comporta con modalità mafiose e gangsteristiche.
Gli aggettivi non sembrino immoderati: è stato un illustre militare come il generale Angioni a definire “mafiosa” l’eliminazione del generale persiano Soleimani ordinata da Trump:
Il generale Angioni: “L’eliminazione di Soleimani fatta da Trump è un’azione mafiosa”[1].
Franco Angioni
Ed è stato un illustre storico come Franco Cardini, sempre riferendosi all’uccisione di Soleimani, a definire “gangster” l’attuale presidente degli Stati Uniti:
“L’azione criminosa in quanto mirata direttamente ed esplicitamente all’assassinio dell’alto ufficiale è stata ordinata dal gangster che attualmente occupa la Casa Bianca, Donald Trump”[2].
Franco Cardini
Nei giorni scorsi sono emersi ulteriori dettagli sui retroscena che hanno preceduto la predetta uccisione. Scrive il sito globalresearch.ca[3]:
“La storia dietro l’assassinio di Soleimani sembra andare molto più in profondità di quanto finora è stato riportato, coinvolgendo l’Arabia Saudita e la Cina come pure il ruolo del dollaro americano in quanto valuta d riserva globale. Il primo ministro iracheno, Adil Abdul-Mahdi, ha rivelato, in un discorso al parlamento iracheno, dettagli sulle sue interazioni con Trump nelle settimane che hanno condotto all’assassinio di Soleimani. Egli ha cercato di spiegare molte volte in diretta televisiva come Washington abbia cercato di intimidire lui e altri membri del parlamento iracheno per ottenere ubbidienza alla linea americana, arrivando persino a minacciare di dare corso a sparatorie di cecchini sotto falsa bandiera contro manifestanti e addetti alla sicurezza per infiammare la situazione, richiamando un simile modus operandi già visto al Cairo nel 2009, in Libia nel 2011 e a Maidan nel 2014…Abdul-Mahdi ha parlato con indignazione del modo in cui gli americani hanno rovinato il paese e di come ora si siano rifiutati di ultimare le infrastrutture e i progetti di rete elettrica a meno che venisse loro promesso il 50% degli introiti del petrolio”.
Abdul-Mahdi ha inoltre precisato: “Ecco perché sono andato in Cina e ho firmato un importante accordo per intraprendere con loro i progetti di ricostruzione. Al mio ritorno, Trump mi ha chiamato per chiedermi di disdire questo accordo. Al mio rifiuto, ha minacciato di scatenare enormi dimostrazioni contro di me che avrebbero segnato la fine del mio premierato”.
Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi
Trump non è nuovo a progetti gangsteristici riguardanti il petrolio iracheno. Nel 2016, durante la campagna per le presidenziali aveva infatti affermato di volersene impadronire:
“Il piano di Trump per impadronirsi del petrolio dell’Iraq: ‘Non è un furto, stiamo rimborsando noi stessi”, titolava all’epoca il Guardian[4]. “Le spoglie appartengono al vincitore”, aveva detto Trump. Ma già nel 2011 aveva dichiarato che se fosse stato eletto presidente se ne sarebbe impadronito: “Prenderei il petrolio. Non me ne andrei dall’Iraq lasciando che l’Iran prenda il petrolio”.
Ma Trump non sta rubando solo il petrolio iracheno. Sta rubando anche il petrolio siriano:
“Le sole truppe che ho [in Siria] stanno prendendo il petrolio, stanno proteggendo il petrolio”, ha dichiarato solo due giorni fa[5]. Ma già nel mese di ottobre aveva detto:
Quello che intendo fare, forse, è fare un accordo con un ExxonMobil o con una delle nostre grandi compagnie per andare lì [in Siria] e farlo nel modo appropriato”.
Inutile dire che questi comportamenti costituiscono un furto e che azioni del genere sono considerate illegali dal diritto internazionale. Trump e il cosiddetto “Deep State” se ne fregano.
E continuano a mietere vittime, come se niente fosse:
Attacco americano contro comandante talebano provoca vittime tra i civili”, titolava il 9 gennaio scorso aljazeera.com[6]. Più di 60 civili sono stati uccisi e feriti nel corso dell’attacco eseguito da un drone. Sono notizie che la stampa italiana a malapena riporta.
Gli Stati Uniti sono e rimangono un paese pericoloso, come scriveva 20 anni fa il compianto John Kleeves. I dati aggiornati di questi ultimi 20 anni lo confermano in pieno:
“L’America ha speso 6.4 trilioni di dollari in guerre nel Medio Oriente e in Asia dal 2001, afferma un nuovo studio”, ha riferito il sito cnbc.com lo scorso 20 novembre[7]. Tre i punti chiave emersi da tale studio:
  1. Le guerre americane in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan sono costate ai contribuenti americani 6.4 trilioni da quando sono cominciate nel 2001.
  2. Questo totale esorbita di 2 trilioni l’intera spesa del governo federale durante l’anno fiscale recentemente completato.
  3. Il rapporto, elaborato dal Watson Institute of International and Public Affairs della Brown University, rivela anche che più di 801.000 persone sono morte come diretto risultato di queste guerre.
A quanto pare, però, se i costi delle guerre sono stati esorbitanti per i contribuenti americani, qualcuno ci deve aver guadagnato e anche parecchio, altrimenti tali guerre non sarebbero state scatenate: il libro War is a Racket (“La guerra è un racket”), scritto nel 1935 dal generale Smedley D. Butler, da questo punto di vista è più che mai attuale[8].
Queste sono dunque le conseguenze che il mondo ha dovuto subire a causa dell’11 settembre: centinaia di migliaia di vittime e spese belliche “folli” (e profitti, presumibilmente colossali, per il complesso militare-industriale).
Ma quanti 11 settembre gli Stati Uniti hanno scatenato nel mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale?
A questa domanda ha risposto un articolo di Globalresearch pubblicato nel 2015[9]. Secondo l’articolo in questione, gli Stati Uniti sono responsabili della morte di almeno 20 milioni di persone in guerre e conflitti scatenati in tutto il mondo (la cifra di 20 milioni è approssimata per difetto). In questi 75 anni le nazioni vittime degli Stati Uniti sono state 37. Ad esempio, 900.000 cinesi sono stati uccisi nel corso della guerra di Corea.
Comunque, se gli Stati Uniti sono un “paese pericoloso”, Israele non è da meno nel creare conflitti e tensioni, e non solo in Medio Oriente:
Israele sta esercitando un grande ruolo nella crescita del conflitto dell’India con il Pakistan”, intitolava l’anno scorso l’Independent[10]. L’India è diventato il più grande mercato di armi per il commercio israeliano delle armi: nel 2017, ha pagato 530 milioni di sterline per sistemi di difesa aerea, radar e munizioni di provenienza israeliana, inclusi missili aria-terra, la maggior parte dei quali testati durante le offensive militari israeliane contro (gli indifesi) palestinesi e nelle incursioni contro la Siria.
A questo punto, qualcuno mi potrebbe dire: se Trump è un criminale la colpa non è di Israele. Ha già provato a dirlo, ad esempio, l’attivista americana Ariel Gold, dirigente dell’associazione Code-Pink[11]. In realtà, Ariel Gold è smentita sul punto da un ulteriore dato emerso in questi giorni: “Gli israeliani sostengono Trump più di quasi ogni altra nazione, mostra un sondaggio”, rivelava lo scorso 8 gennaio il quotidiano Haaretz[12]. I cittadini di Israele (e delle Filippine) hanno più fiducia in Donald Trump dei cittadini di ogni altro paese del mondo.
Quanto agli americani, non bisogna sottovalutare un altro dato inquietante: un altro sondaggio, condotto nei giorni scorsi, ha rivelato che il 43% degli americani approva l’uccisione del generale iraniano[13]. Il 43%: dunque la maggioranza relativa (mentre dallo stesso sondaggio apprendiamo che il 38% la disapprova).
Un’uccisione che si rivela peraltro essere sempre più un atto di pura barbarie: “Usa-Iran, il Pentagono smentisce Trump: “Nessun attacco imminente da Soleimani”. Così cadono le motivazioni del raid americano”, titolava ieri il Fatto Quotidiano[14].
Quindi, che Trump sia un gangster non è la cosa più grave: la cosa più grave è il consenso di cui gode in due (presunte) democrazie come Stati Uniti e Israele.
 
                                                                                                                                       

sabato 7 marzo 2020

LA LIBERTA' ''DEMOCRATICA''

Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.

Legge Scelba

(Gazz. Uff., 23 giugno 1952, n. 143)
Legge 20 giugno 1952, n. 645
Art. 1 – Riorganizzazione del disciolto partito fascista
Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.
Art. 2 – Sanzioni penali
Chiunque promuove, organizza o dirige le associazioni, i movimenti o i gruppi indicati nell’art. 1, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da due a venti milioni di lire .Chiunque partecipa a tali associazioni, movimenti o gruppi è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 1.000.000 a 10.000.000 di lire .Se l’associazione, il movimento o il gruppo assume in tutto o in parte il carattere di organizzazione armata o paramilitare, ovvero fa uso della violenza, le pene indicate nei commi precedenti sono raddoppiate .L’organizzazione si considera armata se i promotori e i partecipanti hanno comunque la disponibilità di armi o esplosivi ovunque siano custoditi .Fermo il disposto dell’art. 29, comma primo, del Codice penale, la condanna dei promotori, degli organizzatori o dei dirigenti importa in ogni caso la privazione dei diritti e degli uffici indicati nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del Codice penale per un periodo di cinque anni. La condanna dei partecipanti importa per lo stesso periodo di cinque anni la privazione dei diritti previsti dall’art. 28, comma secondo, n. 1, del Codice penale.
Art. 3 – Scioglimento e confisca dei beni
Qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il Ministro per l’interno, sentito il Consiglio dei Ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell’associazione, del movimento o del gruppo .Nei casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo, sempre che ricorra taluna delle ipotesi previste nell’art. 1, adotta il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto-legge ai sensi del secondo comma dell’art. 77 della Costituzione.
Art. 4 – Apologia del fascismo
Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000. .Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni .La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa.La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale, per usi periodo di cinque anni.
Art. 5 – Manifestazioni fasciste
Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 400.000 a 1.000.000 lire .Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni.
Art. 5-bis
Per i reati previsti dall’art. 2 della presente legge è obbligatoria l’emissione del mandato di cattura.
Art. 6 – Aggravamento di pene
Le pene sono aumentate quando i colpevoli abbiano ricoperto una delle cariche indicate dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1947, n. 1453, o risultino condannati per collaborazionismo ancorchè amnistiati.Le pene sono altresì aumentate per coloro che abbiano comunque finanziato, per i fatti preveduti come reati negli articoli precedenti, l’associazione, il movimento, il gruppo o la stampa .
Art. 7 – Competenza e procedimenti
La cognizione dei delitti preveduti dalla presente legge appartiene al Tribunale.
Art. 8 – Provvedimenti cautelari in materia di stampa
Anche prima dell’inizio dell’azione penale, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro dei giornali, delle pubblicazioni o degli stampati nell’ipotesi del delitto preveduto dall’art. 4 della presente legge.Nel caso previsto dal precedente comma, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni periodiche può essere eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, che debbono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, farne denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto.Nella sentenza di condanna il giudice dispone la cessazione dell’efficacia della registrazione, stabilita dall’art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per un periodo da tre mesi a un anno e, in caso di recidiva, da sei mesi a tre anni.
Art. 9 – Pubblicazioni sull’attività antidemocratica del fascismo
La Presidenza del Consiglio bandisce concorsi per la compilazione di cronache dell’azione fascista, sui temi e secondo le norme stabilite da una Commissione di dieci membri, nominati dai Presidenti delle due Camere, presieduta dal Ministro per la pubblica istruzione, allo scopo di far conoscere in forma obbiettiva ai cittadini e particolarmente ai giovani delle scuole, per i quali dovranno compilarsi apposite pubblicazioni da adottare per l’insegnamento, l’attività antidemocratica del fascismo.La spesa per i premi dei concorsi, per la stampa e la diffusione è a carico dei capitoli degli stati di previsione della spesa per acquisto e stampa di pubblicazioni della Presidenza del Consiglio e del Ministero della pubblica istruzione.
Art. 10 – Norme di coordinamento e finali
Le disposizioni della presente legge si applicano senza pregiudizio delle maggiori pene previste dal Codice penale.Sono abrogate le disposizioni della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, concernenti la repressione dell’attività fascista, in quanto incompatibili con la presente legge.La presente legge e le norme della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, non abrogate, cesseranno di aver vigore appena che saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

lunedì 2 marzo 2020

Sempre più numerose

Sempre più numerose le pressioni della Chiesa di Dio Onnipotente sulla politica italiana

Negli ultimi tempi sembra che l'interesse da parte dei media italiani per la Chiesa di Dio Onnipotente e i suoi richiedenti asilo in Italia stia crescendo esponenzialmente. Sempre più numerosi sono di conseguenza anche gli appelli al mondo politico.
Chiesa di Dio Onnipotente
Qualche giorno fa, consultando come di consueto “Google News”, ci siamo imbattuti in svariati nuovi articoli sulla Chiesa di Dio Onnipotente, secondo una tendenza che vede sempre più giornali e testate online occuparsene rispetto anche soltanto a poco tempo fa. Di questo gruppo religioso, nato in Cina tra la fine degli Anni ’80 e l’inizio degli Anni ’90 e messo al bando pochi anni più tardi, nel 1995, ci siamo già occupati e continueremo a farlo, anche perché abbiamo notato come, nel corso del tempo, abbia cominciato a diventare sempre più noto persino nel nostro paese, e non soltanto negli ambienti religiosi.
Due prestigiosi istituti  italiani dediti allo studio delle religioni ed in particolare delle cosiddette “Nuove Religioni” (termine con cui, eufemisticamente, in genere vengono chiamate molte sette) come il CESNUR ed il LIREC, per esempio, dedicano molta della loro attenzione a questo gruppo religioso, non soltanto nelle loro pubblicazioni online ma anche in pubbliche occasioni che spesso si tengono in sedi importanti e prestigiose come la Camera dei Deputati, l’Università di Torino o Palazzo Marino a Milano. Ciò testimonia come questo movimento religioso, che pure in Italia non raggiunge se non a fatica i mille membri accertati, risulti comunque molto importante, al punto da riscuotere anche dai professionisti del settore un’attenzione addirittura maggiore rispetto a quella riservata ad altri gruppi o sette ben più numerosi e maggiormente noti all’opinione pubblica. Si potrebbe insomma dire che il peso specifico della Chiesa di Dio Onnipotente (che d’ora in poi, per maggior comodità, chiameremo col suo acronimo, CDO) sia persino superiore a gruppi molto più estesi e famosi nel nostro paese come Scientology, Damanhur, i Testimoni di Geova, Hare Krishna, Soka Gakkai ed altri ancora. Proprio questa particolarità ci ha da sempre incuriositi.
Come ormai molti nostri lettori sapranno, la CDO nacque per iniziativa di Zhao Weishan, nato nel 1951 nella provincia dell’Heilongjiang e predicatore e leader di una branca indipendente di un’altra contestata setta cinese di stampo evangelico e millenarista, gli Shouters, che di lì a breve sarebbe stata anch’essa bandita dal governo di Pechino, nel 1995. Nello stesso periodo, intorno al 1989, in una fase di forte risveglio del movimento evangelico in Cina, una donna entrava nel complesso mondo delle “Chiese domestiche” cinesi, ovvero le varie Chiese protestanti non autorizzate dal governo, iniziando a sua volta la predicazione all’interno del movimento fondato anni prima dal predicatore cinese Watchman Nee (1903-1972).  Costei era Yang Xiangbin, nata nella Cina nordoccidentale nel 1973, che diventò poco dopo la compagna di vita di Zhao Weishan e che fu da questi identificata come la nuova personificazione di Dio figlio, ovvero di Gesù, a suo dire stavolta nato in Cina con sembianze di donna. La CDO non parla mai di lei, ed è persino proibito menzionare il suo nome, ma molti studiosi ritengono che il Dio Onnipotente predicato e venerato dalla setta sia proprio lei, mentre il suo compagno Zhao Weishan viene identificato come “l’Uomo usato dallo Spirito Santo” e “il Prete” della CDO, ovvero il suo “braccio amministrativo”.
Già questa visione “teologica”, quantomeno bizzarra, dovrebbe far riflettere sulla natura di questo culto e, com’è pure facile immaginarsi, spiega anche la diffidenza e talvolta persino l’ironia con cui esso viene guardato dalla maggior parte degli altri cristiani, a cominciare da quelli che nel nostro paese se ne sono anche soltanto occasionalmente occupati. Non è infatti difficile, navigando su internet, imbattersi in qualche forum o sito di fedeli, soprattutto cattolici ma anche protestanti o evangelici, che mettono in guardia i loro fratelli e correligionari dal pericolo e dagli errori contenuti nel messaggio diffuso dai seguaci della CDO. Ne parlano, per esempio, con dovizia di particolari e di fonti, i cattolici più conservatori in questo loro forum, o i battisti della Chiesa di Cristo di Ciampino nel loro sito internet.
Tuttavia, fin qui non vi sarebbe nulla di male se non fosse che questa setta, che in Italia suscita tante attenzioni dagli addetti alla materia e che ultimamente si sta guadagnando sempre più spazi anche in molte agenzie e testate online, in Cina risulta essersi macchiata di gravi reati, che proprio per questo ne hanno determinato l’inevitabile messa al bando. Il caso più famoso è certamente quello dell’omicidio settario del McDonald’s di Zhaoyuan, nella provincia dello Shandong, costato la vita ad una commessa 37enne: in quell’occasione i “missionari” della CDO, entrati nell’esercizio, cominciarono a predicare e a chiedere ai vari avventori i loro numeri di telefono per essere ricontattati in seguito. La giovane Wu Shuoyan, tuttavia, si rifiutò e due di loro, per reazione, cominciarono a picchiarla fino ad ucciderla, mentre gli altri “missionari” impedivano, con le minacce, agli altri avventori di soccorrerla e d’interrompere quello scempio. Quando la polizia arrivò, arrestò i responsabili ma per la giovane commessa ormai non c’era più niente da fare. Le telecamere, tuttavia, avevano ripreso l’intera scena, ed il fatto apparve sin da subito talmente grave da indurre anche la stessa BBC, la più prestigiosa rete televisiva pubblica al mondo, ad occuparsene con un suo apposito programma.
Prima ancora di quel grave fatto, avvenuto il 28 maggio 2014, ve ne erano comunque stati già altri di molto allarmanti: l’anno precedente, il 24 agosto 2013, nella provincia dello Shanxi una seguace della CDO aveva rapito un bambino di sei anni, Guo Bin, e gli aveva strappato via gli occhi; mentre l’anno prima ancora, nei giorni successivi al 21 dicembre 2012, sull’onda delle profezie dei Maya sull’imminente fine del mondo, numerosi membri della CDO provocarono vari crimini e veri e propri tumulti in varie località della Cina. Indipendentemente dal giudizio che ognuno di noi può avere della Cina o del suo governo, bisogna comunque concordare sul fatto che un simile movimento religioso costituisca di fatto un pericolo e che nessuna autorità politica responsabile possa permettersi il lusso di lasciarlo agire e prosperare liberamente, data la sua provata pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini.
Tuttavia, sono stati numerosi i tentativi di smentire anche questi episodi, che pure sono provati da numerosi elementi come foto e riprese, difficilmente oppugnabili. Inoltre, non sono soltanto le autorità politiche cinesi ad accusare la Chiesa di Dio Onnipotente dei crimini compiuti dai suoi esponenti, ma anche molte altre Chiese del paese, i cui fedeli hanno subito la predicazione aggressiva dei seguaci della setta. In Italia poco o niente si dice di quei crimini e delle prove che li dimostrano, preferendo invece elencare le obiezioni che li smentirebbero, sullo sfondo di una trattazione che fa perno sulla tutela dei diritti umani, sull’anticomunismo, sulla minaccia del “pericolo giallo”, ecc. Così, si finisce per ridurre la questione della Chiesa di Dio Onnipotente ad una gratuita ed ingiusta persecuzione per ragioni politiche ed ideologiche e di mancanza di libertà religiosa e non ad una più complessa questione di sicurezza sociale e nazionale. Inoltre, andrebbe notato come, a questa sorta di “convivio”, sieda un “convitato di pietra” che è la politica o meglio ancora la geopolitica: la CDO, al pari del Falun Gong, hanno ben presto trovato simpatie ed appoggi negli Stati Uniti così come in Europa, presso gli ambienti più atlantisti o che sposano una politica tradizionalmente anticinese, secondo il ben noto principio per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Venendosi a creare anche tal genere di “strumentalizzazione”, diventa a quel punto davvero difficile fare e pretendere chiarezza.
Che nella guerra fra la Chiesa di Dio Onnipotente e le autorità di Pechino, molti in Occidente (e non solo) stiano dalla parte della prima, lo si nota nella “chiamata alle armi” che una giovane seguace della setta, Giulia Lu, fa in un’intervista pubblicata dall’agenzia DIRE: “Non bisogna avere paura di questo virus. Dobbiamo prendere le necessarie misure di protezione, ma non escludere la comunità cinese. Noi della Chiesa di Dio onnipotente vogliamo aiutare il prossimo. Penso anche ai miei confratelli rimasti in Cina, ma anche agli abitanti del Tibet e di Hong Kong, ai cristiani e agli altri gruppi religiosi, che subiscono ulteriori discriminazioni da parte di Pechino. Bisogna informarsi e fare pressioni affinché le autorità smettano di perseguitare le persone”. Il riferimento è, ovviamente, al famigerato Coronavirus, per il quale la Cina è stata messa sul banco degli imputati in più sensi (è stato detto che avesse fabbricato quel virus in un suo laboratorio perdendone poi il controllo, che fosse scaturito da una generalizzata mancanza d’igiene o da certe cattive abitudini alimentari, che avesse nascosto la verità il più a lungo possibile col risultato di amplificare la gravità del problema, e ora viene accusata di voler approfittare dell’emergenza sanitaria da Coronavirus per aumentare la censura e le repressioni, soprattutto a danno dei perseguitati per ragioni politiche o religiose, dalle sette cristiane ai musulmani uiguri, ecc). Ma la “chiamata alle armi” si rivolge anche a tutti coloro che, in Occidente, sulla difesa dei diritti umani hanno imbastito varie campagne e fatto attivismo contro le autorità di Pechino, ciascuno in base all’argomento a cui era più sensibile: dal Tibet e quindi la causa del Dalai Lama a Hong Kong e quindi la causa dei suoi manifestanti, entrambi con uno sguardo rivolto a Washington e a Londra, fino ai vari gruppi cristiani, musulmani, spirituali, ecc.
Non a caso, parlando della situazione della Chiesa di Dio Onnipotente in Italia, viene poi dichiarato dalla testimone: “Attualmente, più di 800 confratelli hanno fatto la richiesta di protezione internazionale in Italia, ma solo il 19% delle domande sono state approvate. Quindi la maggior parte delle domande sono state respinte. Io e più di 90 persone abbiamo già fatto appello al Corte di cassazione. Nel frattempo non abbiamo alcun modo per aggiornare il permesso di soggiorno, affrontando il rischio di essere rimpatriati in qualsiasi momento. Ma noi vorremmo finalmente ricostruirci una vita”. Come si può notare, in effetti, anche da molti articoli apparsi recentemente, quella di dare a tutti i membri della Chiesa di Dio Onnipotente giunti in Italia dalla Cina l’asilo politico e la protezione internazionale, avvicinandosi così al 100% di richieste accolte come in Australia o Nuova Zelanda o ad una quasi totalità come in Canada ed Inghilterra, è diventato ormai il nuovo traguardo a cui la CDO e molti suoi amici o sostenitori guardano con determinazione.

Da Opinione Pubblica.com