giovedì 21 novembre 2013

Chi è veramente Cecil Kyenge, la "Congolese"? - Ercolina Milanesi -

Chi è veramente Cecil Kyenge, la "Congolese"?

“Cene, visite pagate, ospedale fantasma: ecco il volontariato della Kyenge in Africa”
10 nov -Domani il ministro dell’Integrazione Cécile Kyenge sarà ospite del consiglio comunale di Reggio Emilia. Qui non troverà razzisti con l’anello al naso pronti a lanciarle bucce di banana come hanno già fatto altri idioti. Ma ci sarà chi invece di applaudirla proverà a contestarle il suo passato prossimo e l’attività della sua associazione di volontariato Dawa, con sede nella vicina Modena. Infatti in comune c’è un consigliere, Zeffirino Irali,che in questi mesi ha raccolto numerosi resoconti e ha realizzato un dossier sulle attività di Dawa. Un piccolo libro nero di cose non fatte o fatte male. All’interno diverse testimonianze dirette di volontari e collaboratori della Kyenge. Libero ha incontrato con Irali diverse di queste persone e ha ascoltato le loro storie. C’è la funzionaria della Provincia sposata con un cittadino congolose, c’è la pensionata, c’è il professore universitario. Ma soprattutto c’è l’infermiera che ha lavorato nello stesso ambulatorio di Kyenge per molti anni. Tutta gente che, cedendo ai cliché, potremmo definire impegnati e di sinistra. E tutti, per usare un eufemismo, sono rimasti molto delusi dall’attività dell’associazione.
Ma chi c’è dietro a questa onlus? È praticamente un’organizzazione a conduzione familiare: il presidente di Dawa è Franca Capotosto, amica personale di Kyenge, il «responsabile relazione esteri e comunicazione» è il marito di Kyenge, Domenico Grispino; la «responsabile arte e cultura» è sua cognata,la preside di scuola media Maria Teresa Grispino; il revisore dei conti è l’altro cognato, il farmacista Gianni Mazzini. Su facebook la pagina dell’associazione ha un unico amministratore: il ministro Kyenge.
Sul sito Internet si legge: «Dawa (magia, medicina, star bene in lingua swahili) è un’associazione non profit nata nel 2002» e che «concentra maggiormente i suoi sforzi nella Repubblica Democratica del Congo», Paese natio della Kyenge. In particolare a Lubumbashi, la seconda città del Paese, e nel villaggio dove il ministro è nato. A leggere Internet, l’iniziativa più concreta risale al 2006: «Cene di beneficenza per il trasporto di un container e di un’autoambulanza». In effetti il carico prende il volo nel 2007 e i giornali locali strillano entusiasti: «Una delegazione di 12 reggiani guidati da due primari dell’arcispedale Santa Maria Nuova e composta da medici, farmacisti,biologi, infermieri, un geometra e un ingegnere sta partendo alla volta della Repubblica democratica del Congo».La squadra dovrebbe inaugurare una nuova struttura sanitaria: «L’ingegner Domenico Grispino (marito di Kyenge ndr) è il responsabile del pro- getto per la costruzione di un ospedale all’interno del parco Kundelungu» scrive il giornale. E Kyengesul quotidiano «ricorda di destinare il 5 per mille all’associazione che possiede». Di seguito, per i lettori, il codice fiscale. Sin qui tutto regolare. Peccato che in Congo le cose cambino e almeno metà dei partecipanti alla missione torni in Italia inorridita. Gli altri, a onor del vero, sono quasi tutti parenti della Kyenge. Con i nostri testimoni approfondiamo il racconto di quel viaggio. A partire dall’acquisto dei biglietti aerei.
Sul punto le versioni raccolte da Libero combaciano. «Avevamo trovato tariffe inferiori ai mille euro, ma Kyenge ci disse che ci avrebbe pensato lei» dichiara Manuela,professione infermiera. I volontari sono certi di risparmiare e invece il prezzo lievita sino a 1.200-1.400 euro a cranio. I malcapitati non capiscono,ma si adeguano. Nel frattempo, grazie alle cene di finanziamento, vengono riempiti due container di materiale, compresa un’ambulanza. Il trasporto viene organizzato da una zia di Manuela. Il percorso previsto è Sassuolo-Bruxelles-Kinshasa. In Belgio vive una delle tante sorelle di Kyenge. E qui avviene il primo disguido, visto che uno dei due cassoni d’acciaio non riesce a partire.Le cose peggiorano in Africa. «Avevo chiesto sei mesi di aspettativa per questa esperienza. Avrei dovuto occuparmi di seguire l’apertura di un poliambulatorio»avverte l’infermiera. «Ho rifatto i bagagli appena ho capito la situazione. Là non c’era proprio nessuna struttura da avviare». A Lubumbashi, all’interno di una delle proprietà dei Kyenge, i volontari trovano solo un «Centre maternité Kyenge»: «Un vero disastro. Non c’era un generatore elettrico, non esisteva il pavimento, i lettini erano praticamente inservibili. In più venivano usati due soli strumenti perquindici donne per volta e la luce era quella delle candele. Condizioni estreme in cui era impossibile operare».Bruno, docente universitario di origini straniere ed ex collega di Kyenge, rincara: «Ho portato con me dall’Italia due ostetriche, ma quando sono entrate per poco non vomitano, non sono riuscite a continuare perché la situazione era atroce. Non ho mai visto una cosa simile in vita mia e ho girato abbastanza». In quei giorni vengono organizzate due cene di finanziamento. La prima si svolge al villaggio Kyenge,quello dove è capotribù il padre del ministro, Kikoko, un omone vestito con scettro e pelle di leopardo, mise che ha sfoggiato, tra lo stupore generale, pure a Modena in occasione di una visita specialistica. Esborso per la serata 60dollari a testa. Una cifra così alta che alcuni volontari danno forfait. «L’altra cena è stata organizzata dal Rotary locale e costò ai partecipanti addirittura 100 dollari» assicura Mariangela, funzionaria della Provincia.
Ma l’episodio che lascia esterrefatti diversi partecipanti è un altro. Uno dei volontari, Antoine, cittadino congolese trapiantato in Italia, in quei giorni si fa raggiungere da alcuni parenti residenti a Kinshasa. A spese loro. La madre viene visitata da Kyenge. Poi si avvicina al figlio: «Mi servono dieci dollari». Come dieci dollari? Domanda il giovane, cercando spiegazioni. I testimoni sostengono che Kyenge, senza batter ciglio, avrebbe replicato: «Certo.Devono imparare a pagare, se no pretendono tutto gratis». I presenti in linea di principio avrebbero potuto pure essere d’accordo, ma ancora oggi si domandano dove siano finiti quei soldi, avendo loro partecipato all’impresa a titolo completamente gratuito. Anche perché dell’ospedale nessuno di loro ha più avuto notizie. Neppure dal sito Dawa.
«Non mi risulta che sia stato realizzato. Il nostro sforzo socio-sanitario non è andato a buon fine nonostante il padre della Kyenge avesse molte conoscenze» ammette Bruno. La cui delusione è doppia. Infatti in quella sfortunata trasferta aveva il compito di realizzare un gemellaggio con l’ateneo congolese per scambi universitari. «Per questo incontrai con Kyenge le autorità della provincia di Lubumbashi, il presidente della facoltà di medicina, firmai una convenzione.Cécile mi disse che si sarebbe occupata personalmente di tenere i contatti con la controparte congolese. Dopo sei anni sto ancora aspettando, nonostante i contratti firmati, l’inizio di quello scambio. Anche in questo caso, è andata buca». Non alla signora Kyenge che, grazie a quella sua attività non profit,si è fatta un nome ed è diventata ministro della Repubblica italiana.

ERCOLINA MILANESI


                                                                                                                                             

mercoledì 20 novembre 2013

FINI ISCARIOTA, RESURGE..!!

FINI ISCARIOTA, RESURGE..!!

( 18-11-13 )


Dopo anni di assoluto silenzio mediatico, da circa un mese Fini Iscariota è riemerso dal limbo politico dove era stato relegato ed imperversa nuovamente sugli schermi televisivi con una frequenza quasi quotidiana…
Non ci sembra che abbia improvvisamente riacquistato i favori dell’elettorato, né che sia in grado di dire cose nuove tali da giustificare una tale insistente presenza mediatica.
Più probabilmente è anche questo un segno che sono iniziati i giochi del “dopo Berlusconi” e che qualcuno dei burattinai che tirano i fili della politica da dietro le quinte si sta muovendo per trattenere al centrodestra i volti di un elettorato che sarà presto privo di quel polo di attrazione costituito da Silvio Berlusconi e lo fa riempiendo tutti i possibili spazi in modo da saturare quella parte del bipolarismo che oramai si considera acquisito!
Noi abbiamo dei dubbi sul fatto che gli elettori italiani non siano nauseati da un bipolarismo che si è rivelato niente altro che un sistema mafioso di dividersi il potere in un’ottica di “inciucio” perenne ed alla faccia degli interessi veri dei cittadini ( ed il livello di astensione elettorale è a dimostrarlo ) e pensiamo che sia giunto il momento per un ritorno ad un panorama più sfaccettato e polivalente che rappresenti tutte le visioni ed i progetti di una società composita che esprime diversità e peculiarità che ne sono poi la ricchezza!
Il bipolarismo è nell’interesse di chi vuole un sistema semplificato che non gli frapponga ostacoli e complicazioni nella gestione del potere.
NON è nell’interesse dei cittadini che in tale situazione abdicano al loro diritto di rappresentare tutte le componenti delle loro aspirazioni e dei loro progetti!
Staremo a vedere..

Alessandro Mezzano

                                                                                                                                                                                       

lunedì 18 novembre 2013

Matteo Renzi ed il suo "Consigliere economico" (di Nicola Bizzi)


ALZO ZERO 2013

Matteo Renzi ed il suo "Consigliere economico"

di Nicola Bizzi

Itzhak Yoram Gutgeld: l’economista israeliano che è diventato consigliere e “guru” del premier in pectore Matteo Renzi
Pochi sanno che Matteo Renzi, oltre a godere dell’appoggio incondizionato di Carlo De Benedetti, ha da alcuni mesi un personale consigliere economico, e non si tratta di una persona qualsiasi. Stiamo parlando di Itzhak Yoram Gutgeld, economista israeliano naturalizzato italiano e, da questa legislatura, anche membro del Parlamento, essendo stato eletto alla Camera dei Deputati nelle liste del PD.
Nato a Tel Aviv nel 1959, Gutgeld si è laureato all’Università Ebraica di Gerusalemme nel 1984, specializzandosi nel 1989 a Los Angeles, presso l’Università della California. È stato fino al Marzo di quest’anno Senior Partner e Direttore della McKinsey & Company, una delle principali multinazionali nel settore delle consulenze, ma non è nuovo al mondo della politica italiana, avendo partecipato nel 2006 alla stesura del programma di Romano Prodi (e questo la dice lunga!
Come emerso oggi dai principali quotidiani, Gutgeld avrebbe confezionato per Renzi un vero e proprio programma di governo tendenzialmente liberista, con tutta una serie di proposte e provvedimenti per “risanare e riqualificare la situazione economica e il mondo della politica”. In questo programma, presto disponibile nelle librerie, Gutgeld ringrazia per i consigli raccolti molti personaggi della finanza, fra cui, in qualità di “ex colleghi”, i banchieri Roberto Nicastro e Alessandro Profumo.
Come se la nomina del Sindaco di Firenze a Presidente del Consiglio fosse ormai cosa certa (evidentemente è già da tempo nell’agenda dei burattinai del Nuovo Ordine Mondiale), vi riassumo sinteticamente ciò che questo “Casaleggio in salsa renziana”, come lo ha definito Dagospia, prevede di far attuare, anno dopo anno, allo showman di Rignano sull’Arno.
Non si tratta solo di misure in bilico fra la demagogia “democratica” e il liberalismo più sfrenato, come vuole la tradizione dei programmi del PD, ma di qualcosa che va molto oltre, di una serie di ricette per cucinare e servire su un vassoio d’argento quel che resta del patrimonio industriale dello Stato. Misure in regime straordinario per il primo anno, vendendo le aziende di Stato “in parte o totalmente, a seconda di ciò che serve”. Dal secondo anno, invece, “con i proventi della lotta all’evasione fiscale” Gutgeld prevede di far realizzare a Matteino demagogica e generica “una riduzione dei costi dello Stato”, da attuarsi con un ulteriore giro di vite sull’uso del contante, che il guru renziano ipotizza di limitare a 300 Euro! Per non parlare dell’introduzione dell’obbligatorietà dei pagamenti elettronici in tutti i settori. E così, via, fra ripetute lodi all’Euro e inviti ad una rapida e auspicabile (per lui) unione ban caria europea.
Si tratta di un programma criticato persino dall’Internation Business Times, che giudica le proposte di Gutgeld “concetti già ascoltati negli ultimi anni, senza che nessuno abbia potuto (o voluto) metterli in patica”.
Prevedo l’arrivo all’orizzonte di foschi e pesanti nuvoloni neri, se il Popolo Italiano non aprirà gli occhi in tempo.

15/11/2013

                                                                                                                                                

sabato 16 novembre 2013

POPULISMO ED IMBONITORI IN EUROPA

 POPULISMO ED IMBONITORI IN EUROPA

                                                                                               
 

Iniziamo dal dato certo : alle europee del 2009 votò solo il 43% dei cittadini europei aventi diritto. Già in partenza,quindi,tutte le idiozie che venivano sparate sul gradimento e la necessità della UE e delle varie strutture,Parlamento in testa,venivano spazzate in toto dalla libera scelta degli stessi interessati.
Gli europei,in maggioranza,sdegnavano politici e media, attori protagonisti di quel triste spettacolo.
Era stato provato con l'astensionismo che l'Europa Unita era indigesta ai popoli che avrebbero dovuto comporla.
Almeno,forse, "questo" tipo di Europa.
E non era certo una novità.
Quando mai gli imbonitori della democrazia hanno sottoposto a referendum i trattati istitutivi dell'Unione ?
Quando lo fecero singoli governi,mal gliene incorse. Francia,Olanda,Irlanda sono esempi di mancate ratifiche popolari.Allegramente superate dai voti dei parlamenti. Esempio sublime di cosa intendano gli imbonitori per democrazia reale.
Ma qualcuno vede mai un "lorsignore" chiedersi perché i cittadini non votano in Europa (e pure nei singoli stati) ?
Vegliardi lucidissimi,capi di stato e governo,ministri,sottosegretari ed onorevoli vari strepitano ogni giorno contro "il populismo" dilagante ed il pericolo mortale che corre la democrazia.
E,su questo,sono tutta una cosa con i banchieri,i tecnocrati della burocrazia ed i media partitocratici.
"Fermiamo la deriva populista" il grido bipartisan che unisce destre,sinistre e centri d'Europa.
Manca la prossima benedizione di Papa Francesco e la Crociata avrà pure una protezione in alto loco.
Signori governanti,europei ed italiani,magari quanti non decantiamo la vostra creatura prediletta,l'Europa delle banche e della finanza e ne predichiamo la fine saremo "populisti".
Meglio questo,che sempre al popolo fa riferimento,dell'essere imbonitori.
Al servizio di quel potere economico che ci sta portando alla fame.

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello

giovedì 14 novembre 2013

La Grecia si consegna alla dittatura della Ue -- (di Ida Magli)




 eDITORIALE
La Grecia si consegna
alla dittatura della Ue
di Ida Magli

  La Grecia! Sembra impossibile, nonostante tutto quello che è avvenuto in questi ultimi anni di crisi, che sia la Grecia a cancellare definitivamente se stessa come Stato indipendente e come faro di civiltà. Quella Grecia della quale l’Europa non si è mai dimenticata durante i lunghi secoli della sua storia, con il suo Omero e il suo Partenone, con le sue Olimpiadi e il suo Ulisse, quella Grecia per la cui libertà hanno combattuto e sono morti Santorre di Santarosa e George Byron, oggi rinuncia del tutto alla propria identità e si consegna alla dittatura europea. Il Parlamento sta per approvare, infatti, una norma che, riassumendone in poche parole il senso, punisce con la reclusione per almeno sei mesi chiunque violi le decisioni del “regolamento UE”. A questo punto di sottomissione sono giunti, dunque, i governanti greci? Non ce ne dobbiamo meravigliare, per quanto ci addolori immensamente, perché, quando si è accettato di vendere (di svendere) tutte le proprietà di un Popolo, come hanno fatto in quest’ultimo periodo i politici, dimenticando che non ne sono i proprietari, ma soltanto i temporanei amministratori; quando si è accettata la conduzione economica della cosiddetta Troika, ossia degli inviati del Fondo monetario internazionale e della Bce, costringendo i greci a vivere nelle più misere condizioni pur di continuare a far parte dell’euro, l’abbrutimento finale è inevitabile.

 Di fronte a questa normativa, però, noi abbiamo l’obbligo di accantonare le riflessioni sulla schiavitù della Grecia per mettere in luce il conclamato totalitarismo dell’impero europeo. Anche se è il Parlamento greco ad approvare questa norma, essa è diretta espressione delle autorità europee e nessuno si deve illudere che riguardi soltanto la Grecia: si tratta di norme praticamente indispensabili per una costruzione che è stata fatta sulla testa dei popoli e che non potrebbe reggere a lungo senza la dittatura. Questa è di fatto la situazione nella quale si troverà ben presto la tanto decantata Unione europea con i suoi 28 e forse più Stati da tenere soggetti e le sue centinaia di milioni di persone cui imporre la propria volontà, la propria ideologia, il proprio potere. Le menti pensanti nascoste dietro alle “autorità” praticamente senza nome (Troika, Oms, Bce, Onu) che già comandano, si sono preparate  perciò alle eventuali, prossime ribellioni e  stanno predisponendo la gabbia normativa entro la quale ogni libertà tanto delle persone quanto delle istituzioni sarà calpestata. La Grecia non si è ribellata: buon segno per loro, ma ultima possibilità per noi e per nostri governanti di salvarci dallo stesso destino. Quella di oggi ci si presenta con una faccia immediatamente politica, ma tutte le norme coercitive che provengono dall’Europa, anche quando non sembrano “politiche”,  sono finalizzate allo stesso scopo: omogeneizzare i popoli che saranno governati da un unico centro di comando, riducendoli a singoli individui tutti uguali perché privi di ogni bene che li differenzi (senza sesso, senza parenti, senza patria) e sono tutte provviste della stessa pena per chi non le osservi: il carcere. Lo è la legge sull’omofobia e nessuno, sebbene si tratti di reati d’opinione, se ne è meravigliato. L’idea che “Europa” e “carcere” siano un tutt’uno è già stata introiettata, o meglio: tutti sanno che soltanto con la dittatura e il carcere sarà possibile tenere unito l’impero europeo.

Ida Magli
Roma, 5 novembre 2013 

link originale: http://www.ilgiornale.it/news/interni/grecia-prigione-chi-si-opporr-ai-diktat-ue-965249.html

(in caso di riproduzione si prega di citare la fonte e di riportare il link originale)

                                                                                                                                                      

mercoledì 13 novembre 2013

SOCIALIZZAZIONE DOC! - QUELLA “MERAVIGLIOSA UTOPIA” (di Filippo Giannini)



 








QUELLA “MERAVIGLIOSA UTOPIA
di Filippo Giannini

    Viviamo l’anno 2013;  novembre. sarà l’anniversario dell’enunciazione di quello che viene ricordato come il “Manifesto dei 18 Punti di Verona”. Quanto in esso contenuto è la logica conseguenza delle origini fasciste del 1919: principi che hanno attraversato il “Ventennio”, con un susseguirsi costante di decreti e leggi, di chiarissime finalità sociali, che già allora erano all’avanguardia, non solo in Italia, ma nel mondo intero e senza le quali oggi vivremmo su “palafitte sociali”. Tappa fondamentale di questo processo sono i principi essenziali dell’ordinamento corporativo, espressi e ordinati dalla “Carta del Lavoro” che vide la luce il 21 aprile 1927. La “Carta del Lavoro” portava il lavoratore fuori dal buio del medioevo sociale per immetterlo in un contesto di diritti dove i rapporti fra capitale e lavoro erano, per la prima volta nel mondo, previsti e codificati.
   In altre parole, la nascita dello Stato Corporativo rappresentò l’intento di superare sia le angustie imposte dallo Stato liberale, sia le sanguinose illusioni dello Stato sovietico. Questo esperimento, tutto italiano, incontrò vasti consensi presso i lavoratori di tutto il mondo, tanto da spaventare i manovratori della finanza internazionale che avvertì il pericolo mortale e operò per abbattere il Fascismo e le sue idee. Cosa che si verificò con la violenza delle armi. 
   Il 14 ottobre 1944 Benito Mussolini così sintetizzava, lapidariamente, quei “Punti” i cui aspetti vitali erano le leggi sulla socializzazione delle imprese: <La socializzazione altro non è se non la realizzazione italiana, umana, nostra, effettuabile del socialismo. Dico nostra in quanto fa del lavoro il soggetto unico dell’economia, ma respinge le meccaniche livellazioni di tutto e di tutti, livellazioni inesistenti nella natura e impossibili nella storia>.
   Questa “meravigliosa utopia” è oggi riproponibile per risolvere i problemi che angustiano l’attuale mondo, privo di ogni remora e adagiato sul sistema di vita americano?
   Il teorico e storico della dottrina cattolica Don Ennio Innocenti, che tanti anni ha dedicato allo studio e all’insegnamento, ha scritto che il problema affrontato da Mussolini nell’ultimo decennio della vita <fu quello di far entrare il corporativismo nelle imprese per elevare il lavoratore da collaboratore dell’impresa a partecipe alla gestione e alla proprietà e, quindi, ai risultati economici della produzione>. E ha aggiunto: <Durante la R.S.I. fu emanato un decreto che prevedeva la socializzazione delle imprese. E’ stato questo, sostanzialmente, il messaggio che Mussolini ha affidato al futuro. E’ un messaggio in perfetta armonia con la Dottrina Sociale Cattolica, che è e resterà sempre radicalmente avversa sia al capitalismo, sia al socialismo. In quest’ultimo messaggio mussoliniano di esaltazione del lavoro noi ravvediamo qualcosa di profetico>.
   Che il messaggio mussoliniano sia <in perfetta armonia con la Dottrina Sociale Cattolica>, si evince chiaramente anche dall’ enciclica “Rerum Novarum” di Papa Leone XIII del 1891, nella quale è definita la dottrina sociale della Chiesa. In essa è ben chiara la condanna degli eccessi del capitalismo e dei monopoli; la denuncia dello sfruttamento dei lavoratori qualificandolo come peccato sociale, ribadisce, nel contempo, la legittimità della proprietà, ma solo come funzione sociale che deve essere rispettata.
   Pure se sembra strano, anche da oltre Oceano giunsero segni di apprezzamento per l’opera messa in atto dall’Italia del Ventennio. J.P. Giggins, autore del libro L’America, Mussolini e il Fascismo, a pag. 45, ha scritto: <Negli anni Trenta lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici, offriva un allettante esempio di azione diretta di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover affrontò la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività (…)>. E Renzo De Felice aggiungeva: <La liberale e antifascista “Nation” arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti>.
   Nonostante l’accostamento di principi così elevati, il “messaggio” del novembre 1943 è stato obliato proprio da quegli stessi che si sono considerati gli epigoni e i continuatori delle idee del Fascismo e della Repubblica Sociale.
   In questo secondo interminabile dopoguerra è stato scritto dai seguaci di questa “Repubblica nata dalla Resistenza” che l’idea mussoliniana della Socializzazione <fu un tardivo espediente per ingannare le masse lavoratrici>.  E’ uno dei tanti artifizi di un regime corrotto e inetto,  terrorizzato dal dover affrontare un serio confronto con lo Stato che lo aveva preceduto; tanto terrorizzato che è stato costretto a creare una cortina di menzogne e, contestualmente, a varare leggi antidemocratiche e liberticide, quali la “Legge Scelba”, la “Legge Reale” e la “Legge Mancino”. L’attuabilità della socializzazione delle imprese è dimostrata dalla storia. Infatti, anche se la situazione nel 1944 stava precipitando a causa del disastroso corso della guerra, nelle imprese socializzate si riscontrò un notevole incremento della produzione. A dicembre 1944 Nicola Bombacci programmò una serie di comizi e conferenze fra le imprese socializzate e, tra queste, visitò la Mondadori, traendone sorpresa e emozione. A seguito di ciò, inviò una lettera a Mussolini nella quale, fra l’altro, scrisse: <Ho parlato con gli operai che fanno parte del Consiglio di Gestione, che ho trovato pieni di entusiasmo e compresi di questa loro missione, dato che gli utili, dopo questi primi mesi, è di circa 3 milioni>.
   La guerra volgeva ormai alla fine e, come ha scritto Amicucci ne “I 600 giorni di Mussolini”: <Mussolini voleva che gli anglo-americani e i monarchici trovassero il nord Italia socializzato, avviato a mete sociali molto spinte; voleva che gli operai decidessero nei confronti dei nuovi occupanti e degli antifascisti, le conquiste sociali raggiunte con la R.S.I.>.
   Il 20 aprile 1945 gli eserciti invasori ruppero il fronte a Bologna e dilagarono nella pianura Padana.
Era la fine.
   I comunisti che controllavano il C.L.N.A.I., come primo atto ufficiale, firmato da Mario Berlinguer (padre di Enrico), addirittura il 25 aprile, mentre si continuava a sparare ed era iniziato “l’olocausto nero”, come primo atto ufficiale abolirono la legge sulla socializzazione. Era il dovuto riconoscimento da parte dei comunisti verso il grande capitale, per l’aiuto economico elargito da quest’ultimo al movimento partigiano, dominato al novanta per cento dai comunisti.
















IL TRISTE ED IMMONDO SPETTACOLO DELLA "DEMOCRAZIA 2.0" - (di Enrico Galoppini )


ALZO ZERO 2013


Il triste ed immondo spettacolo della "democrazia 2.0"

di Enrico Galoppini

Nel panorama già avvilente della politica italiana, sta emergendo – a colpi di battage mediatico - un personaggio che rappresenta al massimo grado l’evanescenza dell’uso moderno di concepire e fare politica, ridotta a puro spettacolo per masse di smidollati. Si tratta del sindaco di Firenze Matteo Renzi.

Intendiamoci, nella sostanza vanno avanti – come dappertutto - i consueti intrallazzi "legali" e "paralegali" con le banche, gli industriali, le varie società "partecipate", il mondo degli affari locali e nazionali eccetera, senza i quali non esisterebbe nemmeno quest’ennesimo emulo di Kennedy espresso dalla "sinistra" (vi ricordate di Rutelli o Veltroni, per il quale parlarono addirittura di "veltronite" per definire la nuova "mania"?).

Insomma, un "sistema" incentrato sulla figura di Renzi, che al tempo stesso è – come ogni bravo politico democratico - sia facciata che sostanza, maschera e volto. E naturalmente non manca un ben "selezionato" sussurratore che gli dice cos’è meglio fare e cosa no in materia economica... Ma anche qui, nulla di nuovo, perché a destra e a manca è purtroppo normale circondarsi di certi sinistri "consiglieri", scelti da quelle parti in cui il quattrino è da sempre preso a divinità.

Ma per capire la vera novità costituita da Renzi, bisogna soffermarsi attentamente, con un approccio tra l’antropologico e l’etologico, sulla fauna bipede che lo circonda adorante e che ha popolato la Leopolda di Firenze nei giorni addietro in occasione della kermesse renziana: nessun notiziario o giornale ha mancato di sottolineare il fatto che tutti i presenti alla Leopolda, in tempo reale, mentre si svolgeva "l’evento", "cinguettavano" a più non posso su Twitter, realizzando l'agognata e salvifica "community" reale/virtuale.

Credo non ci sia cosa che faccia più schifo che vedere la politica ridotta a questo.

Cosa possa aggirarsi nella mente di un individuo beato e soddisfatto di "condividere" immediatamente i suoi pareri addirittura coi compresenti in carne ed ossa, lo sa solo il satanasso che ha inventato questi gingilli. Ma tutto si chiarisce appena uno di questi aedi della "democrazia 2.0" viene interpellato: tra l’eccitato e lo stralunato, è tutto un profondersi – con un linguaggio d’una vacuità sconcertante - in lodi per la "democrazia" finalmente realizzata o in procinto di realizzarsi grazie alla tecnologia. La stessa, per inciso, che potrebbe ‘regalarci’ la scomparsa del denaro contante, con la fine di ogni libertà.

Ma queste pinzillacchere non interessano certo a chi all’eskimo ha sostituito un costumino da agente di borsa, col "pugno chiuso" dei bei tempi andati riciclato quale sostegno dell’onnipresente "tablet". Ovvio che dalla "dittatura del proletariato" si sia passati, in quattro e quattr’otto e senza porsi alcuno scrupolo morale, alla "dittatura delle banche".

Non ci si stupisca più di tanto, tuttavia, perché nella sinistra hanno sempre convissuto due anime, all’insegna dell’equivoco e di una fondamentale ed insanabile lacerazione interna: l’una "sovietica" e l’altra filo-americana, nel senso dell’amore per quella "America buona" (dei Kennedy, del Martin Luther King, dei "diritti civili" eccetera) contrapposta a quella "di destra" (Nixon, Reagan, Bush eccetera), che ovviamente, nella mente mononeuronale di costoro, è l’unica responsabile delle guerre scatenate di continuo e di tutti i mali che, innegabilmente, l’America ha sparso per il mondo. Così, mentre la componente "rossa" aveva almeno una sua coerenza (ed una minima sanità mentale, perché non avrebbe mai plaudito a un "Gray Pride", che infatti in Russia ancora non si può fare), l’altra è quella che alla fine è rimasta a caratterizzare tutta la "sinistra", che in definitiva è una costola dell’America, per non dire la sua quinta colonna inserita in ogni nazione sulla quale essa esercita un’influenza. Ed agisce, come dicevamo all’inizio, secondo il doppio binario della facciata e della sostanza, della maschera e del volto: da una parte le magnifiche sorti e progressive perennemente scorte all’orizzonte e sventolate sotto il naso di una massa di creduloni (meticciato universale, "nuovi modelli di famiglia", droghe libere eccetera), dall’altra la realizzazione ovunque di una replica dell’America, con tutto il suo spietato ordinamento economico e sociale ed il suo parodistico "modello" di gerarchie.

Ma attenzione a non dare tutta la colpa alla "sinistra" della frana che stiamo facendo. Perché se quella ci propone alternativamente personaggi di "apparato" (D'Alema, Bersani, Fassino) e dei "Kennedy de noantri", sempre più evanescenti e fumosi, la "destra" è quella che, dopo aver liquidato ogni residuo di "filo-fascismo", ha compiuto la svolta più eclatante e meno scontata nel senso dell’americanizzazione, con la "discesa in campo" del celebre venditore di promesse mai mantenute.

Tutto un mondo di gente che si profondeva in saluti romani e "a noi" nel giro di qualche anno conquistato da un abile affabulatore prestato all'industria e alla banca, non può che essere indice dell’assenza di qualsiasi sostanza, esattamente come la gente "di sinistra". Guardate come per anni un "anticomunismo" davvero fuori tempo massimo (quando i comunisti erano già mosche bianche) è bastato per attirare facile consenso "a destra", mentre gli ultimi bastioni della sovranità nazionale venivano demoliti a colpi di "più Europa per tutti" e "globalizzazione".

A chi possiede una visione chiara della nostra storia e di che cosa serve adesso, non può che fare un estremo ribrezzo sia questo che quell'altro modo di abbindolare la gente. Renzi e Berlusconi, sinistra e destra, uguali sono, e forse proprio per questo gli ammiccamenti tra i due non mancano.

Il bello è che ancora oggi – dopo decenni di truffa democratica - raccontano che il Duce "dava spettacolo" quando si metteva a torso nudo per mietere il grano coi contadini. Invece la scena la fanno questi buffoni e venduti, perché basta dare un'occhiata ad una sbandierata di Forza Italia e alle sue "hostess" o ai cretinetti che affollavano la Leopolda col "tablet" in mano, per capire che siamo sideralmente lontani da un tipo umano sano e virile nel vero senso del termine, che è l’unico in grado di raddrizzare le sorti di questa come di qualsiasi altra nazione.

P.S.: Dopo aver passato alcune ore nel campo, Mussolini – che viveva dei proventi del suo giornale, "Il Popolo d’Italia", e rifiutava perciò l’emolumento di Presidente del Consiglio - firmava regolarmente i documenti della giornata di lavoro... La gente è scema fino a un certo punto, ricordiamocelo, e siccome Lorsignori lo sanno bene, non fanno che promuovere incessantemente dei figuranti da strapazzo come quelli che ci tocca sopportare da troppo tempo. Per la cronaca, la "Battaglia del grano" fu vinta, e l’Italia divenne un paese autosufficiente dal punto di vista alimentare. La democrazia delle banche, invece, ci offre gli OGM.

10/11/2013