COMUNICATO DEL “COMITATO PER IL RICORDO ED IL RIMPATRIO DELLA
M.O.V.M. CARMELO BORG PISANI” IN OCCASIONE DEL 70° ANNIVERSARIO
DELLA SUA MORTE AVVENUTA A MALTA NEL CARCERE DI CORRADINO Il
28.XI.1942 – XX E.F.
IN ONORE E MEMORIAM DI CARMELO BORG PISANI.
I punti a seguire dimostrano come le presunte ragioni della condanna
inglese di Borg Pisani siano il frutto di un pregiudizio ideologico e
di una evidente ingiustizia giuridica che, sia pur non giustificabili ma
prevedibili in tempo di guerra, divengono nel tempo successivo una
mostruosità da ogni punto di vista. Ma se l’ereditato pregiudizio
inglese è duro a morire, per verità dobbiamo dire che quello italiano,
qualora persista, nel disinteresse o nel colpevole silenzio, è grottesco
ed ancor più gravemente responsabile.
1. jus soli: per il quale gli inglesi hanno considerato
Carmelo Borg Pisani traditore , in quanto nato su un suolo inglese si è
poi messo al servizio dei nemici dell' inghilterra ( ITALIA);
2. jus sanguinis: lui non si sentiva inglese, se non per
usurpazione, in quanto Malta era stata eradicata con la forza dal mondo
latino, quindi lui si sentiva sicuramente più italiano che british !;
3. jus ideae : diritto dell'idea , parafrasando il pensiero in
merito di Julius Evola, lui era fascista “dentro”, aveva il suo ideale
tutto permeato dalla mistica fascista;
4. non era stato assolutamente una spia, in quanto non aveva potuto
averne il tempo ed i mezzi, durante lo sbarco a Malta infatti perse a
causa di un tempesta la radio ed ogni mezzo di comunicazione: quindi
anche se avesse voluto ( intenzionalità) non avrebbe mai potuto compiere
alcun atto di spionaggio, il fatto non sussiste, manca la commissione
del reato !;
5.non gli sono stati riconosciuti i diritti di essere un soldato
dell'Esercito Italiano, per meglio precisare della Marina Militare
Italiana, lo hanno condannato infatti all'impiccagione come un criminale
, avrebbe ben meritato il diritto di essere fucilato, financo alla
schiena e con una benda sugli occhi, ma comunque fucilato..!;
6. a Malta lo considerano ancora adesso un traditore, ma come..??,
se ha in effetti tradito , ha tradito l' inghilterra, ma non certo
Malta, la terra dei suoi Padri , che all'epoca dei fatti era colonia
inglese asservita e sottomessa ad essa;
7. Malta nel 1964 è diventata una nazione indipendente, libera;
delle due una, o alla luce della novella indipendenza Carmelo Borg
Pisani deve essere considerato dai maltesi , secondo noi a dovere, un
Padre della Patria e non un traditore, o Malta non è una vera nazione
libera ed indipendente ma ancora vassalla e sottomessa al Regno Unito in
tutto e per tutto ....!;
8. ultimo ma non meno importante Carmelo Borg Pisani è un Caduto in
Guerra, in più onorato con il massimo delle onoreficenze: la Medaglia
d'Oro al VALORE MILITARE, pertanto deve avere una tomba/un sacello degno
del suo rango, attualmente Malta non ha rispettato e non rispetta un
Soldato Italiano; allora lo si trasporti subito in Patria presso il
Sacrario Dei Caduti d'Oltre Mare di Bari.
Carmelo Borg Pisani nato a Senglea il 10 Agosto 1915 in
una nota famiglia cattolica e nazionalista maltese, a 14 anni si
iscrisse alla OGIE (Organizzazioni Giovanili Italiane all'Estero) di La
Valletta e dopo quattro anni, mentre frequentava con profitto anche il
liceo d'arte Umberto I, fu inviato a Roma per frequentare un corso di
"Capo Centuria".
Terminato gli studi liceali, per perfezionare i suoi
talenti artistici si trasferì a Roma dove frequentò l’ Accademia di
Belle Arti senza trascurare l'attività politica: entrò in contatto col
gruppo degli irredentisti maltesi e collaborò col prof. Umberto
Biscottini ed altri intellettuali dell' Archivio storico di Malta.
Con loro maturò la sua idea che i britannici stavano
distruggendo l'"anima italiana" di Malta e che fosse necessario
scacciare gli inglesi per il ritorno dell'isola alle sue origini. Con
queste motivazioni Pisani (così come altri studenti maltesi che
condividevano le stesse idee) si iscrisse al Partito Fascista divenendo
Camicia Nera.
L'entrata nella guerra dell'Italia, il 10 Giugno 1940,
lo sorprese ancora a Roma. All'indomani dello scoppio della seconda
guerra mondiale , dopo esser stato scartato dal Regio esercito per la
sua forte miopia, si arruolò nella Milizia ( MVSN) ottenendo il grado di
"Sotto Capo Manipolo". Entrò anche a far parte del Servizio
Informazioni Militari (SIM). Chiese ed ottenne, inoltre, la cittadinanza
italiana rinunciando a quella britannica e restituendo il suo
passaporto attraverso l'ambasciata statunitense di Roma che
rappresentava il Regno Unito.
Fu quindi inviato in Grecia con la Compagnia Speciale
del Gruppo CC. NN. da sbarco della 50a Legione partecipando
all'occupazione italiana di Cefalonia.
Offertosi volontario per una spedizione ricognitiva a
Malta propedeutica all' invasione dell’isola, il 18 Maggio 1942 sbarcò
segretamente alle "Scogliere di Dingli" di Ras id-Dawwara divenendo
l'avanguardia informativa nell'invasione dell'isola. Trasferì, quindi, i
viveri in una grotta che conosceva da ragazzino, ma una tempesta
insolitamente forte dopo soli due giorni si portò via viveri ed
equipaggiamenti tanto che, messo alle strette dal bisogno, fu costretto
ad attirare l'attenzione di una barca in perlustrazione e fu ricoverato
in un ospedale militare.
Lì Pisani fu riconosciuto dal capitano Tom Warrington,
un suo amico d'infanzia, che lo denunciò. Fu quindi trasferito nella
prigione Corradino, interrogato ed accusato di tradimento.
Il 12 Novembre fu giudicato a porte chiuse per evitare
le proteste dei Fascisti maltesi, i cui esponenti principali a quel
tempo erano già stati deportati in campi di prigionia ugandesi o espulsi
verso l'Italia.
La giuria, composta da militari in quanto il codice
civile era stato sospeso per lo "Stato di Guerra", lo riconobbe
colpevole di spionaggio e tradimento condannandolo a morte.Contro
l'accusa di tradimento cercò di far valere la sua rinuncia alla
cittadinanza britannica a favore di quella italiana e la partecipazione a
combattimenti inquadrato nel Regio esercito. Quest'ultima annotazione
fu, anzi, considerata come un'aggravante in quanto la Grecia era alleata
del Regno Unito.
Il 19 Novembre fu emessa la sentenza a morte per
impiccagione per tradimento e cospirazione contro il governo di Sua
Maestà britannica.
La sentenza fu eseguita alle 7:34 del28 Novembre 1942 nella prigione Corradino.
Il Re Vittorio Emanuele III gli conferì motu proprio la
Medaglia d’ Oro al Valor Militare alla memoria. Le notizie sulla sua
morte erano però frammentarie: per questo motivo, credendo che Borg
Pisani fosse stato fucilato, nelle motivazioni si fa riferimento al
piombo del plotone di esecuzione.
La sua tomba si trova ancora all'interno del recinto del
carcere "Corradino". Nella sua cella fu ritrovata la scritta: "I vili
ed i servi non sono graditi al Signore".
La sua tomba si trova ancora all'interno del recinto del
carcere "Corradino". Nella sua cella fu ritrovata la scritta: "I vili
ed i servi non sono graditi al Signore".
Non c'è concordia sulla valutazione della figura di
Pisani: alcuni affermano che era un eroe della causa di una Malta
indipendente, altri che era un fantoccio nelle mani del Fascismo, altri
ancora che era un coraggioso irredentista italiano.
Polemiche vi sono anche sul processo perché non gli fu
riconosciuto lo status di prigioniero di guera che gli avrebbe
risparmiato la pena di morte, cosa che invece avvenne, dopo la
conclusione della guerra, per diversi altri irredentisti che aderirono
alla Repubblica Sociale Italiana ed estradati a Malta su richiesta
inglese.
A Malta è visto da alcuni come un eroe per
l'indipendenza nazionale, da altri ancora come un idealista che si
sacrificò coraggiosamente per l'irridentismo italiano.
Del processo, alcuni ritengono sia stato giusto e imparziale. Altri reputano che egli, essendo un prigioniero di guerra,
avrebbe dovuto avere un diverso trattamento. Altri ancora stimano che
fu impiccato dagli inglesi solo perché irredentista in quanto, dopo la
restituzione del passaporto e l'acquisizione della cittadinanza
italiana, non ne era giuridicamente giustificata l'impiccagione.
"Vita e sacrificio di Carmelo Borg Pisani, l'unico italiano sbarcato a Malta"
La missione fatale e la cattura - Alle radici etniche e
culturali della civiltà maltese - Nazionalismo e fascismo plasmano il
carattere del giovane Borg Pisani - Fermezza e dignità nel martirio.
La notte fra il 18 ed il 19 maggio 1942 era più buia del
solito, anche se addolcita dai sapori di una primavera mediterranea in
pieno sviluppo. La condizione ottimale, insieme ad un mare assolutamente
tranquillo, perché avesse inizio la missione di un piccolo gruppo
navale italiano partito sul far della sera dalla base siciliana di
Augusta. Il gruppo era composto dalla torpediniera Abba al comando del
capitano di fregata Max Ponzo, da due MAS e da due MTSM ciascuno dei
quali recava a bordo, oltre ai due operatori abitualmente previsti, un
altro elemento che sarebbe stato il vero protagonista della missione.
Lo scopo di questa consisteva nell'acquisizione di
elementi informativi relativi all'isola di Malta, nella previsione di un
attacco anfibio con aviosbarco da effettuarsi tra il luglio e l'agosto
successivi che avrebbe dovuto portare all'occupazione dell'isola, vera
spina nel fianco per la sicurezza dei rifornimenti italo-tedeschi verso
il fronte dell'Africa Settentrionale.
Ma le missioni affidate ai due «ospiti» di ciascun MTSM
erano diversificate , sia nell'estensione e nell'importanza dei compiti,
sia nella durata. Mentre infatti al sottocapo palombaro Giuseppe
Guglielmo era affidata una ricognizione sulla costa maltese in
prossimità della baia di Marsa Scala, nella zona Sud-Est dell'isola,
allo scopo di rilevare apprestamenti difensivi, nidi di mitragliatrici e
campi minati, un incarico certamente difficile e rischioso ma che si
sarebbe dovuto esaurire nel giro di poche ore, il sottocapo manipolo
Milmart Caio Borghi era preposto ad un compito di più ampio respiro, di
vera natura «intelligence».
Una volta sbarcato in prossimità del promontorio di Ras
id Dawara, sulla costa occidentale, avrebbe dovuto eludere la
sorveglianza inglese e portarsi nel cuore degli insediamenti urbani
dell'isola, raccogliere notizie sulla situazione alimentare e sul morale
della popolazione (provata da due anni di incursioni aeree e da
restrizioni di ogni genere), rilevare le difese di Malta e delle due
isole minori di Gozo e Comino, accertare l'esistenza di una stazione
radio sull'isolotto di Filfla ed assumere informazioni circa il
forzamento del blocco da parte di un'unità navale britannica
abitualmente all'ancora nella rada di Marsa Scirocco, comunicando in
Italia a mezzo di un apparato trasmittente tutto quanto acquisito .
Una volta adempiuto a questi compiti, era previsto il
recupero attraverso una procedura di esfiltrazione anfibia analoga a
quella messa in atto per l'infiltrazione.
La missione del piccolo gruppo navale italiano si svolse
regolarmente sino alla presa di terra dei due passeggeri trasportati a
bordo degli MTSM. Guglielmo, dopo che il 218 lo aveva rilasciato su uno
zatterino gonfiabile all'interno della baia di Marsa Scala, sbarcò sulla
costa per poter meglio individuare le postazioni inglesi poste a
ridosso del forte di S. Tommaso.
L'eccesso di zelo ed il «fascino dell'obiettivo» gli
giocarono però un brutto tiro, perché nel fervore di prendere appunti e
tracciare schizzi non si accorse del sopraggiungere dell'alba.
Riguadagnò frettolosamente il mare alla ricerca del contatto con 1'MTSM
trasportatore, vanamente perseguito nonostante questo avesse continuato
ad incrociare nelle acque di Marsa Scala fino alle 4.10, termine oltre
il quale fu costretto ad allontanarsi. A Guglielmo non restò altra
scelta che quella di ritornare a terra dove, a giorno ormai fatto, finì
nelle mani degli inglesi .
Il mezzo d'assalto 214, a sua volta, dopo aver manovrato
a lungo dosando la velocità per sottrarsi all'azione dei riflettori
della difesa costiera, si portò in prossimità della punta di Ras Dawara
ed a quasi 200 metri dalla riva, verso l'1,30, rilasciò il battellino di
gomma seguendone l'avvicinamento verso terra per circa una ventina di
minuti sino alla ricezione del segnale luminoso convenuto che
significava come lo sbarco fosse avvenuto regolarmente.
L'MTSM attese un'altra ora prima di iniziare la
navigazione di disimpegno perché, anche se non era previsto il recupero
immediato di Borghi, si doveva accertare che la sua missione fosse
iniziata regolarmente e che egli non avesse bisogno di nulla.
Alle 2,45 il mezzo mise in moto puntando verso il largo,
ricongiungendosi dopo circa tre ore e mezzo con la torpediniera Abba e
con l'altro MTSM tornato da Marsa Scala e rientrando tutti insieme ad
Augusta alle 8,40 del 19 maggio.
Per Borghi, le cose purtroppo si misero male sin dai primi momenti.
Aveva con sé 4 contenitori con cibo sufficiente per 20
giorni, una radio ricetrasmittente, il libretto del codice, un set di
sostanze chimiche per distruggere messaggi cifrati, alcuni rotoli di
corda, una pistola, una bomba a mano ed infine banconote per un
ammontare di circa 200 sterline utili per compensare chi lo avesse
aiutato.
Ma il luogo prescelto per lo sbarco non avrebbe potuto
essere peggiore a causa delle alte scogliere perpendicolari alla costa,
assolutamente impraticabili. In meno di due giorni il mare aveva
spazzato via tutti i materiali che Borghi aveva al seguito, gran parte
dei quali (ad eccezione del codice) sarebbe stata poi ritrovata dagli
inglesi. Ridotto allo stremo delle forze ed ormai consapevole della
situazione di assoluta mancanza di risorse, al terzo giorno si decise a
chiedere aiuto, ed i suoi richiami furono uditi da Robert Apap, uno
sfollato da Sliema, che li segnalò al personale di un posto di
osservazione situato nelle vicinanze.
I soldati individuarono con i binocoli una figura indossante una tuta nera da immersione ed avvisarono il proprio comando.
Poiché risultava impossibile un salvataggio via terra a
causa delle alte scogliere, fu fatta salpare dall'idroscalo di
Kalafrana, nella baia di Marsa Scirocco, una motolancia veloce della RAF
adibita al recupero degli equipaggi dei velivoli abbattuti; il tenente
George Crockett, che ne era al comando, una volta giunto sul posto
scorse l'uomo aggrappato agli scogli e dispose perché gli venisse
lanciata una fune alla quale però questi non riuscì ad aggrapparsi.
A quel punto l'aviere Martins si tuffò in mare, si
avvicinò per quanto possibile alla scogliera e convinse Borghi a
tuffarsi a sua volta, venendo infine entrambi tratti a bordo. Borghi era
in condizioni di stress psicofisico, e verosimilmente fu dovuto a ciò
l'essersi lasciato sfuggire con l'unico membro dell'equipaggio della
motolancia, durante la navigazione verso Kalafrana, di provenire
dall'Italia. Giunti all'idroscalo, un'ambulanza lo trasferì all'ospedale
militare di Mtarfa .
Nel frattempo, il capitano medico della RAF Tommy
Warrington ricevette una telefonata che lo informava che si stava
trasportando presso il suddetto nosocomio un civile da sottoporre a
visita. La cosa gli sembrò strana, dal momento che era piuttosto
inusuale inviare civili presso gli ospedali militari, tranne casi di
particolare emergenza. L'ambulanza arrivò a Mtarfa mentre era in corso
un'incursione aerea, e Warrington si recò a controllare se il paziente
necessitasse di terapie prima di inviarlo all'ospedale civile di S.
Spirito, nei pressi di Rsbat, località nella parte centro-occidentale
dell'isola.
Era già buio, ma quando aprì gli sportelli del
l'ambulanza, la luce della torcia elettrica fu sufficiente per
consentirgli di riconoscere nell'uomo un compagno d'infanzia con il
quale era cresciuto insieme a Senglea, uno dei più popolari sobborghi di
La Valletta, Carmelo Borg Pisani.
Era proprio lui, difatti, quel Caio Borghi così indicato
nell'ordine di operazioni della Regia Marina relativo alla missione 111
per attribuirgli un nominativo di copertura atto a salvaguardarne per
quanto possibile la reale identità. Carmelo Borg Pisani era infatti a
tutti gli effetti un suddito inglese e come tale, passato in tempo di
guerra dalla parte del nemico, sarebbe stato passibile della pena di
morte.
L'interessato ne era naturalmente consapevole, ma
nonostante ciò affrontò serenamente e dignitosamente il proprio destino
per una scelta ideo-esistenziale che ne fa una figura eticamente di
primo piano, la cui rievocazione sentiamo come un privilegio ed un
antidoto contro i crescenti miasmi di questa epocale palude dello
spirito. Era nato il 18 agosto 1915 a Senglea, una delle 5 dita che
formano, con i loro prolungamenti ed insenature, quella «mano» che è il
Grand Harbour di Malta, da genitori tipicamente maltesi, cioè cattolici e
nazionalisti.
Fin da ragazzo, aveva coltivato sentimenti filoitaliani,
anche in relazione alla frequenza di quell'istituto Umberto I che,
nell'antico palazzo della Carafa, rappresentava uno fra i centri più
vivi dell'italianità dell'Isola.
Quest'ultimo era un aspetto che riconosceva le proprie
radici soprattutto, se non esclusivamente, in un patrimonio etnico
tradizionale su basi storico-culturali la cui componente fondamentale
era rappresentata dalla lingua.
A seguito della dominazione araba, le poche famiglie
cristiane sopravvissute alle dure persecuzioni musulmane furono
costrette ad adottare molte fra le forme espressive di una presenza,
quella araba appunto, protrattasi per circa tre secoli. Ma dopo la sua
fine ed il passaggio di Malta sotto la sovranità dei Normanni di Sicilia
nel 1091, la mancanza di scuole nell'isola aveva indotto i ceti più
benestanti ad inviare in Sicilia ed a Napoli i propri figli che, al loro
ritorno, insegnavano e diffondevano la lingua appresa al pari dei
numerosi sacerdoti che si andavano stabilendo nel territorio maltese.
La lingua italiana, pertanto, vi seguì lo stesso ampio
sviluppo che andava assumendo nella penisola, pur coesistendo ad essa il
dialetto maltese arabizzante con notevole percentuale di espressioni
italo-sicule. Un processo che si perpetuò nelle fasi storiche
successive, durante il dominio dell'Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni
dal 1530 al 1798 e continuato, a parte la brevissima presenza francese
per un biennio, anche dopo che l'isola fu definitivamente occupata
dall'Inghilterra all'inizio dell'Ottocento.
Il possesso di Malta assicurò agli inglesi il predominio
nel Mediterraneo attraverso il controllo delle due principali rotte,
senza che peraltro venissero meno il riconoscimento ed il rispetto di
questa matrice storico-culturale italiana su base essenzialmente
filologica, verosimilmente dettata anche da ragioni di opportunità
politica legate alla persistente rivalità con la Francia in quel mare.
Da ciò l'atteggiamento di più o meno esplicita simpatia,
e talora di aperto favore, assunto durante il periodo del Risorgimento
italiano nei confronti del processo formativo unitario agevolato, subito
dopo l'avvenuto compimento di questo, dalla nostra debolezza in tema di
politica estera e quindi della totale assenza, sino alla seconda metà
dell'Ottocento, di qualsiasi effettivo contrasto fra la politica
mediterranea dell'Inghilterra e quella dell'Italia.
Una condizione destinata però ad essere compromessa da
quella serie di eventi quali l'apertura del canale di Suez, il congresso
ed il trattato di Berlino e la comparsa dell'Inghilterra a Cipro, in
Egitto, nel Sudan ed in Somalia che determinarono la cessazione della
funzione puramente difensiva, in senso antifrancese ed anti-russo, sino
allora esercitata dal possesso inglese di Malta. L'isola divenne allora
il centro vitale di una politica estera britannica non più
esclusivamente diretta ad impedire l'affermarsi di egemonie mediterranee
altrui, ma decisamente diretta ad affermare in quel mare una illimitata
ed incondizionata egemonia propria nella quale era implicito il
radicale sbarramento ad ogni prospettiva per la recente Italia
post-unitaria.
Di conseguenza, ebbe inizio una opposizione progressiva e
pertinace al patrimonio delle tradizioni storico-culturali italiane
svoltosi su un duplice terreno, quello linguistico e quello
costituzionale. Sotto quest'ultimo aspetto è opportuno ricordare come,
dopo i vari simulacri di costituzione che si erano succeduti sin
dall'Ottocento lasciando peraltro sempre l'effettivo potere legislativo
ed esecutivo nelle mani del governatore, nonostante la presenza
puramente «di facciata» di un Consiglio di Governo con una parte, quasi
sempre minoritaria, di membri elettivi e ad ogni modo soggetto a veti ed
imposizioni di Londra, una reale configurazione costituzionale fu
concessa dopo i moti popolari occorsi nel giugno 1919.
Si trattò però anche in questo caso di una parvenza di
libertà. Il potere legislativo venne conferito ad un corpo bicamerale,
Senato ed Assemblea Legislativa, mentre quello esecutivo fu affidato ad
un gabinetto i cui ministri erano nominati dal governatore a nome del
re, e persisteva inoltre il diritto alla Corona di porre il veto a
qualunque legge fatta dal parlamento maltese.
Vi era inoltre un elenco molto fitto, aumentabile a
volontà dell'Inghilterra, di larghissima interpretazione, di cosiddette
«materie riservate» sulle quali la Corona si arrogava la facoltà di
legiferare. In aderenza al raffinato criterio molto britannico di
concedere variazioni riformistiche, distraenti e foriere di auspicabili
contrasti interni di fazione, nel 1939 fu promulgata una nuova edizione
elaborata in pratica sulla falsariga delle precedenti, perché nella
realtà, ogni forma di autonomia continuava a risultare inefficace di per
se stessa in quanto minoritaria sul piano dei voti, ovvero ad essere
neutralizzata con estrema facilità attraverso gli ampi spazi che il
governo inglese si riservava.
È ovvio che nei confronti di quella componente della
popolazione che si riconosceva in una identità etnolinguistica italiana,
la penalizzazione fosse ancora più immediata e senza remore.
Per guanto riguardava le tradizioni storico-culturali
italiane il boicottaggio britannico si sviluppò sotto varie forme, e ciò
soprattutto nella seconda metà degli anni Trenta allorché l'Italia
aveva osato assumere una valenza nello scenario politico internazionale,
e mediterraneo in particolare, assolutamente incompatibile con gli
orientamenti strategici del governo di Londra.
Con metodica progressione, si procedette pertanto ad una
serie di restrizioni tra le quali la soppressione della lingua italiana
per un determinato àmbito e sua sostituzione con il dialetto maltese,
nonché la proibizione a tutti i sudditi di essere iscritti e di
frequentare istituzioni straniere (leggasi italiane).
Cercò di opporsi per quanto poteva il Partito
Nazionalista, propugnatore dell'italianità dell'isola, sorto a Malta
negli ultimi decenni dell'Ottocento per opera di Fortunato Mizzi ed il
cui figlio Enrico, che gli era succeduto alla guida, ne aveva
riaffermato nel 1935 il presupposto programmatico sul giornale Malta
fondato dal padre: «Da molti anni, per la difesa e la conservazione
della lingua italiana in ogni ramo della sua vita sociale, la immensa
maggioranza dei maltesi ha condotto una strenua lotta. Siamo decisi a
continuarla sino al completo trionfo della nostra causa nazionale che io
mi auguro sinceramente non lontano, nell'interesse di Malta e
dell'Inghilterra e dell'amicizia anglo-italiana»
Si è già accennato all'istituto italiano Umberto I°.
Esso, e la Regia Deputazione per la Storia di Malta, costituivano i
centri propulsori della cultura italiana, mentre una connotazione più
decisamente politica avevano il Gruppo maltese delle O.G.I.E.
(Organizzazioni Giovanili Italiane all'Estero), la Sezione del Partito
Nazionale Fascista e quella degli ex-combattenti, che furono infatti
quegli enti la cui attività fu in pratica impedita con il già accennato
divieto di iscrizione per i sudditi inglesi, ma che riguardò non solo i
maltesi in quanto tali ma anche i figli di cittadini italiani nati in
territorio a sovranità inglese.
L'ostruzionismo nei confronti
dell'Umberto I e dell'altra più piccola scuola italiana di Casa Paola fu
applicato attraverso la prescrizione di un numero chiuso, ridotto per
entrambi a sole 193 unità fra elementari e liceo. Delle aspirazioni
filoitaliane, Carmelo Borg Pisani divenne, nella fase di passaggio fra
l'adolescenza e la giovinezza, uno degli interpreti più fervidi.
L'istituto Umberto I sopperì alle difficoltà di
conduzione della propria attività didattica con lo sviluppo di una
filodrammatica di allievi ed ex-allievi che recitavano commedie di vario
genere. Forse il livello teatrale poteva anche non essere di prima
qualità, ma era l'occasione, una delle poche rimaste, di ritrovarsi fra
italiani d'Italia e di Malta, di sentir parlare la propria lingua. Molto
perspicacemente, il preside di allora (si era nel 1933) prof. Ruggero
Roghi indusse il suo omologo del liceo governativo a creare
un'associazione di Old Boys nella tradizione di quelle dei collegi
inglesi, così da stornare ogni eventuale preoccupazione per questo
gruppo di ex-allievi della scuola italiana.
Fu aggiunto un cinematografo ed una sezione sportiva e
ricreativa, ed in breve l'associazione degli ex-allievi dell'Umberto I
raggiunse gli 800 iscritti, che certamente non erano tutti ex-allievi.
Borg Pisani divenne un pò il factotum della filodrammatica: regista,
trovarobe, truccatore, buttafuori. Sempre presente ad ogni prova, avesse
o no una parte; non gli interessava dover assumere un ruolo anche
secondario, gli era sufficiente stare con gli altri e rendersi utile in
qualche modo.
Un carattere mite, tale da non suscitare mai neanche
quelle piccole invidie che da sempre hanno costituito gioia e delizia
degli ambienti similari. Ma non c'era, si può dire, istituzione od
iniziativa italiana a Malta che non lo vedesse in prima linea, sempre
disponibile, sempre alacre.
Dall'ottobre 1939 avevano preso a riunirsi nella
biblioteca della Deputazione per la storia Maltese alcuni studenti ed, a
turno, due professori per parlare dell'Italia e della sua storia: un
vero e proprio corso diviso in due sezioni, una dedicata al periodo
risorgimentale ed un'altra a quello fascista in atto, aventi come punto
ideale di orientamento politico, e come base concreta per un dibattito,
un autore ed un libro.
Borg Pisani, la cui preparazione culturale e politica
era unanimamente riconosciuta, fu uno degli animatori del programma e
colui che prima di ogni altro prescelse il volume «La vita di Arnaldo»
di Benito Mussolini, così come fu l'ideatore e l'organizzatore del
viaggio collettivo a Predappio, svoltosi nel mese di novembre,
indossando tutti per la prima volta la divisa dei Giovani Universitari
Fascisti.
Ma accanto alla passione storico-politica, un'altra
aspirazione culturale ne aveva alimentato sogni e speranze, quella di
poter coltivare la pittura. Il 13 maggio 1936 aveva indirizzato al
Console Generale d'Italia a Malta un'istanza per ottenere una borsa di
studio presso la Regia Accademia di Belle Arti in Roma.
Grazie all'appoggio del funzionario e delle persone più
influenti della comunità italiana, gli fu concessa una borsa di 3000
lire e la possibilità di poter concorrere per l'iscrizione all'Accademia
e seguirvi il previsto quadriennio di studio. La sommarietà della
preparazione specifica, conseguenza del carente ambiente di provenienza,
si manifestò nel saggio per l'ammissione. Venne respinto, ma oltre alla
delusione ciò che più lo ferì in quella circostanza fu l'essergli stato
detto da qualcuno che all'Accademia i posti per gli stranieri erano
limitati: straniero lui, solo perché aveva un passaporto britannico.
Presentò una domanda per la Scuola Libera del Nudo, ma
non si rassegnò, e vincendo la naturale ritrosia si recò direttamente
dal prof. Carlo Siviero, titolare della cattedra di pittura presso
l'Accademia di Belle Arti, chiedendogli di poter frequentare il corso
regolare da lui diretto. Si aprì così un'altra pagina di vita che, a 21
anni, non ne avrebbe avute più molte da sfogliare. E quì il discorso va
aperto sugli aspetti umani ed artistici della sua personalità, per
completarne il profilo ricollegandolo a quelle che sarebbero state le
coordinate della sua morte.
Per chi lo conobbe più da vicino ed anche per quanti lo
incontrarono occasionalmente, quel che più colpiva di lui era la serena
austerità del volto. Sin dall'adolescenza aveva assunto un'espressione
di compostezza che l'ombra delle spesse lenti, necessarie per correggere
una marcata miopia, rendeva lievemente malinconica contribuendo altresì
ad ingrandire lo sguardo dolce ed un pò smarrito di due grandi pupille.
Parlava poco, a voce bassa e quasi a denti stretti,
dondolando la testa come cercasse di accompagnare con quella aggiunta
fisica la riflessione di un pensiero pacato. Ascoltandolo lo si sarebbe
detto un ligure, se la cadenza della voce ed i lineamenti tipicamente
meridionali non lo avessero tradito.
Volitivo e determinato, si dedicò allo studio con la
tenacia insita nel proprio carattere. Aveva compreso che la scuola non
era un'officina di invenzioni e tanto meno un ufficio brevetti, e non ne
confondeva il clima didattico con quello artistico.
Studiava con dedizione, consapevole di non essere tra i
più dotati, e. si sottoponeva pertanto agli esercizi più severi. Era un
innamorato del colore, e la sua sensibilità lo portava istintivamente
verso le sfumature tenui, per cui prediligeva i panni ed i drappeggi che
riusciva a rendere con efficacia. Progrediva piuttosto lentamente nello
studio del disegno, ed il prof. Siviero, che si era affezionato al
giovane allievo maltese, lo scuoteva pretendendo progressi più rapidi,
talvolta con intransigenza.
In proposito, lo stesso Siviero, nel corso della
commossa commemorazione che di Borg Pisani avrebbe fatto all'Accademia
il 3 aprile 1943, si sarebbe espresso con parole che val la pena
riprodurre testualmente perché ne mettevano a fuoco l'essenza
emotivo-affettiva della personalità:
«Non di rado, dopo un richiamo alla maggiore severità
dello studio che seguiva, ero assalito dal rimorso di averne toccato
troppo la sensibilità; e mi accorgevo poi che la sofferenza era più per
il mio disappunto che per la sua pena. E alla sera se eravamo soli a
passeggiare per le vie solitarie della vecchia Roma, cercava ai farmi
dimenticare le piccole tempeste della giornata che credeva avessero
annebbiato la nostra cordialità, e prometteva progressi più positivi per
l'indomani. Traspariva dal calore della voce, dalle parole di
riconoscenza che affioravano dall'anima, più il desiderio di compensare
le mie premure che il proposito di superare se stesso».
Se, sotto l'aspetto didattico, Carmelo Borg Pisani non
poté certo dirsi fra gli allievi più dotati di Carlo Siviero, fu
certamente quello che recepì al meglio il contenuto ideativo trasmesso
dal maestro attraverso l'esercizio stesso dell'insegnamento.
Realizzò che la vita di un uomo, come quella dell'opera
d'arte, non valeva per ampiezza ma per profondità e bellezza
intimistica. Si poteva morire a 20 anni, sull'onda di un elevato ideale,
e legare il proprio nome alla storia, e restare invece nelle zone
grigie dell'umanità anche avendo riempito di figure muri e tele o
scolpito metri cubi di marmo. Fuori di un alto contenuto ideale, la vita
per lui non aveva un senso.
L'ultimo saggio, dipinto prima che si allontanasse dalla
scuola (un interno con una modella che si veste «dopo la posa») mostrò
un notevole progresso per unità di valori coloristici e tonali, per
efficacia d'espressione e di resa. Fu la prima ed anche la conclusiva
affermazione della sensibilità artistica di Carmelo Borg Pisani.
Nel giugno 1940, allo scoppio della guerra, gli
mancavano solo pochi esami per il conseguimento del diploma. Non ebbe
esitazioni, lasciò perdere tutto, scrisse al Duce una nobilissima
lettera chiedendogli di potersi arruolare come volontario; fu
accontentato e con lui tutti i suoi compagni maltesi .
Nell'aprile 1941 partecipò come milite della compagnia
speciale del Gruppo Camice Nere da sbarco della 50° Legione
all'occupazione delle isole di Zante e Cefalonia, e nel settembre
successivo fu inviato alla scuola allievi ufficiali della Milmart di
Messina dalla quale uscì nell'aprile 1942 con il grado di
sottocapomanipolo (sottotenente).
Era in pieno corso l'«esigenza Malta», e Borg Pisani si
offrì per l'adempimento di quei particolari compiti informativi dei
quali s'è detto all'inizio. Non gli fu facile farsi accettare per le
riserve nei riguardi delle sue caratteristiche fisiche e circa il
possesso di attitudini specifiche al difficile incarico. Prima di
partire, andò a congedarsi dal presidente del Comitato d'Azione Maltese,
Carlo Mallia, consegnandogli una lettera per i genitori che era anche
il proprio testamento spirituale, incentrato sulla «liberazione dei
fratelli di Malta italiana». Pur nella doverosa riservatezza circa la
missione da compiere, all'affettuosa preoccupazione del concittadino che
ne aveva comunque intuito la natura e quindi l'estrema pericolosità
rispose, con l'abituale sguardo soffusamente malinconico riverberante
però una compiuta gratificazione: «Io sono già distaccato dalla vita».
Fu ammesso infine alla scuola dei mezzi d'assalto della
Marina dove fu addestrato su tutta una serie di argomenti
teorico-pratici (radiotelegrafia, segnalazioni luminose, cifrari,
organizzazione clandestina, riconoscimento di mezzi nemici, ecc.). A
metà maggio 1942 un ordine improvviso lo trasferì a Porto Palo, in
Sicilia, nei pressi di Capo Passero, dove erano state riunite tutte le
unità e tutti gli uomini destinati alle due missioni 110 e 111, e lì
prese conoscenza degli ordini d'operazione.
Dall'ospedale di Mtarfa, dove abbiamo interrotto il
resoconto della sua vicenda bellica, dopo che il cap. Warrington aveva
redatto per il controspionaggio un rapporto su quanto accaduto
avvalendosi delle spontanee ammissioni di Borg Pisani circa lo scopo
della propria missione (poi confermate anche durante l'interrogatorio di
un ufficiale del Counter Intelligence), quello che era ormai un
prigioniero a tutti gli effetti fu trasferito a Sliema al n° 11 di Ghar
id Dud Street, una delle numerose sedi occulte dell'Intelligence Service
utilizzate per alloggiare agenti dei servizi segreti alleati. Le
notizie su questo periodo sono piuttosto scarse, ma pare che il
prigioniero abbia mantenuto un atteggiamento oscillante fra una
disponibilità alla collaborazione ed una marcia indietro fondata sulla
certezza di non avere più alcuna possibilità di scampare alla condanna a
morte.
Probabilmente, non si trattava che di un artificio
dilatorio per guadagnare tempo, scopo perseguito anche dagli inglesi
nell'intento di ritardare a loro volta il processo e la scontata
sentenza, preoccupati che di un'intempestiva «eliminazione» di Borg
Pisani avrebbero dovuto render conto agli italiani dei quali era ormai
ritenuto imminente lo sbarco.
Quando questa eventualità sembrò diminuire
progressivamente di consistenza, il 7 agosto 1942 il prigioniero fu
trasferito alla prigione civile di Kordin. Il 12 ottobre iniziò il
giudizio a suo carico presso la Corte Criminale.
Un emendamento apportato ai Regolamenti 1939 della
Difesa di Malta aveva comportato la sospensione dello svolgimento del
processo secondo il rito normale, per cui esso si svolse a porte chiuse.
Borg Pisani fu accusato:
di aver cospirato per rimuovere il governo di Sua Maestà aiutandone sotto varie forme i nemici;
di essersi arruolato nelle forze armate italiane,
partecipando all'occupazione di varie località della Grecia nel periodo
nel quale questa era alleata del l'Inghilterra;
di essere sbarcato a Malta, quale sottotenente delle
forze armate italiane, nella notte fra il 18 ed il 19 maggio 1942 con
l'obiettivo di trasmettere informazioni al nemico, missione per la quale
si era offerto volontario.
Le ultime due accuse, e soprattutto l'ultima, erano quelle che comportavano la pena di morte.
La sentenza fu pronunciata, il 19 novembre 1942 (le forze
dell'Asse sono ormai in ritirata da El Alamein e gli Americani sono
sbarcati in Algeria) alla presenza di una decina di persone: l'imputato
fu riconosciuto colpevole di tutti e tre i capi d'accusa, e condannato
alla pena capitale mediante impiccagione. Dall'aula fu direttamente
accompagnato nella cella dei giustiziandi delle carceri di Casal Paola,
dette prigioni di Corradino.
Pochi giorni prima dell'esecuzione, il governatore di Malta
trasmise al direttore delle carceri una domanda di grazia che egli
consegnò a Borg Pisani per la firma. Si limitò semplicemente a
bruciarla. Il 23 novembre gli fu notificato, con britannica precisione,
che l'esecuzione avrebbe avuto luogo il 28 tra le 6 e le 10 del mattino.
Durante i giorni rimastigli, poté incontrare membri della sua famiglia,
e qualche amico intimo. Chiese ed ottenne l'assistenza religiosa di un
frate, che per due giorni lo guidò negli esercizi spirituali.
Alle 7 del giorno 28 una ventina di componenti del
l'Arciconfraternita del Santissimo Rosario e della Misericordia, una
delle più antiche istituzioni cattoliche di Malta sorta nel 1578,
accompagnarono l'arciconfratello Carmelo nella cappella delle carceri
dove fu celebrata la messa.
Da lì, il corteo raggiunse il cortile del patibolo. Chi
assistette alla scena, riferì che il condannato incedeva a passi lenti e
cadenzati, pregando ad alta voce e scandendo le parole, senza essere
sorretto né aiutato da nessuno, in un atteggiamento di grande dignità.
Continuò a pregare anche quando il boia lo bendò, gli legò i polsi e gli
assicurò i gomiti ai fianchi.
Salì da solo i gradini del palco di legno, e quando il carnefice
cercò di posizionarlo sotto il laccio alzò la testa per riuscire a
vedere nonostante la benda, e con estrema precisione assestò i piedi al
centro della botola, sulla perpendicolare del cappio. Infine, ad un
cenno del commissario Axisa fu attivata la leva che aprì di scatto la
botola.
Dopo l'esecuzione, uscendo dalla cella che era stata occupata da
Carmelo Borg Pisani,qualcuno scoprì sul cornicione esterno della porta
questa frase frettolosamente scritta con un pezzo di carbone: «I servi
ed i vili, non sono graditi a Dio».
Questa asserzione ci sembra possa costituire l'epigrafe più
consona per metterne a fuoco la figura ed accreditarne la coerenza
ideologica e comportamentale ben oltre i riconoscimenti e le omissioni .
Il giovane maltese non fu un eroe nell'accezione convenzionale e
stereotipata del termine, e nelle stesse circostanze della presa di
terra - piuttosto avventata da parte di chi la programmò - e della
cattura non mise in evidenza particolari doti di grintosa risolutezza,
che d'altra parte non facevano parte del suo habitus né fisico né
mentale; ma interpretò al meglio l'espressione «innamorato di morire»,
una locuzione bellissima ed aderente all'arcana ebrezza di chi si è
spogliato di ogni peso e di ogni vincolo e non si volta più indietro, ma
guarda nel profondo spazio intorno a sé, invaghito di imprimere la
propria immagine nell'eterno.
Il 4.5.1943, con sovrano «motu proprio», Vittorio Emanuele III
concesse alla memoria di Carmelo Borg Pisani la medaglia d'oro al v.m.,
rimessa materialmente nelle mani del I° Seniore (ieri. col.) Milmart De
Palma durante la cerimonia svoltasi a Roma nella caserma «Grazioli
Lante» il 10 giugno in occasione della giornata celebrativa, della
Marina.
La motivazione era formulata erroneamente nella sua parte
conclusiva perché vi si diceva che Borg Pisani era caduto «sotto il
piombo del plotone d'esecuzione»; é probabile si trattasse o di una
carenza di informazioni, ovvero di un consapevole tentativo di
nobilitare le modalità dell'esecuzione stessa. Non risulterebbe che la
decorazione sia mai stata ritirata dai familiari, né che la Marina abbia
mai pensato di richiedere la salma e di darle onorata sepoltura. La
tomba ha tuttora sede nel cimitero di Corradino, in un settore disadorno
e semi-abbandonato, contrassegnato da una targa arrugginita ed ormai
quasi indecifrabile. Sembra che nessuno dei tre ammiragli italiani che
dal 1967 al 1971 hanno retto il comando NATO di Malta abbia mai ritenuto
di doverle rendere omaggio.
Carmelo Borg Pisani fu l'alfiere di un irredentismo, quello
maltese, che certamente non ebbe mai lo spessore di quello trentino e
giuliano-dalmata, senza dubbio di maggiore dimensione partecipativa e,
per alcuni dei suoi protagonisti, carismatica. Ma, con qualcuno di
questi - ed il pensiero va subito a Guglielmo Oberdan ancor prima che ad
altri
egli condivise lo stesso anelito motivazionale, che andava oltre la rivendicazione puramente argomentativa
ed isterilita dalla mancanza dell'azione
di un'identità etnica e spirituale che invece solo attraverso
l'azione avrebbe potuto avere un senso, una valenza pragmatica, una
trascendenza.
Luigi Emilio Longo
LA VOCE REPUBBLICANA 13 MARZO 1943