lunedì 27 maggio 2019

Che cosa è questo Fascismo….

Che cosa è questo Fascismo…. scritto da Benito Mussolini


23 Marzo 1921 – Dal diario della volontà

– .” Che cosa è questo Fascismo….”

“” Che cosa é questo fascismo, contro il quale si accaniscono invano i nemici vecchi e nuovi? Che cosa é questo Fascismo le cui gesta riempiono le cronache italiane?

Sia concesso a noi, che abbiamo l’orgoglio di aver lanciato nel mondo questa superba creatura, piena di tutti gli impeti e gli ardori di una giovinezza traboccante di vita; sia concesso a noi di rispondere a queste domande.
Il Fascismo é una grande mobilitazione di forze materiali e morali.
Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione.
Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano.
Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non é antitetico ed é piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese.
Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che é ipoteca arbitraria sul misterioso futuro.

Oggi si compiono i due anni dal giorno in cui sorsero i Fasci italiani di Combattimento. Abbiamo appena il tempo di evocare la data. La battaglia infuria dovunque. Le cronache sono rosse o arrossate dal latin sangue gentile fascista. E poi, non abbiamo la stoffa dei commemoratori. Camminiamo avanti e guardando dinanzi a noi. E’ il nostro stile. Siamo giovani, nati ieri e non abbiamo storia. O ne abbiamo troppa. Ma non ci pesa. Non grava sulle nostre anime il passato, perché il tumultuoso presente c’incalza verso l’avvenire.

Non eravamo in molti, nella sala di Piazza San Sepolcro due anni fa, quando gettammo le prime basi della nostra costruzione ideale. Un centinaio forse. Io stesso non mi cullavo in illusioni eccessive. Mi contentavo di costituire, in prosieguo di tempo, un centinaio di Fasci nelle principali città d’Italia.

Il Fascismo non aveva molti numeri per conseguire un successo di adesioni e di popolarità. Si chiamava di “combattimento” e questa parola, dopo quaranta mesi di guerra, suonava ingrata alle orecchie di molta gente; partiva in lotta contro il rinunciatarismo, il che alienava al fascismo le simpatie di coloro che fanno dell'”imperialismo” per tutti i popoli, salvo che per quello italiano; rivendicava la necessità dell’intervento in guerra e la grandezza della vittoria, la qual cosa urtava i nervi di quelli che intendevano superate le storiche differenze di neutralismo e interventismo, finalmente scendeva in campo apertamente contro la demagogia socialista che consigliava tutti i malcontenti delle classi medie ed esasperava, nell’assurda aspettazione del paradiso russo, tutti i fanatismi politici e le miserie morali del proletariato.
Dopo due anni di lotte, varie e tempestose vicende, gettiamo uno sguardo sulla strada percorsa; il punto di partenza ci appare straordinariamente lontano. Il Fascismo dopo essersi affermato trionfalmente nelle grandi città, dilaga, straripa nei piccoli paesi e sin nelle più remote campagne..

Due anni! rapida successione di eventi! Tumulto e passare di uomini! Giornate grigie e giornate di sole. Giornate di lutto e giornate di trionfo. Sordo rintocco di campane funebri; squillore gioioso di fanfare all’attacco. Fra poco il Fascismo dominerà la situazione.

Nell’annuale della fondazione, inchiniamoci dinanzi ai morti e salutiamo in piedi i vivi che si raccolgono a fiumane attorno alle nostre bandiere. E’ la migliore gioventù d’Italia, la più sana, la più ardimentosa. Intanto, dietro le armature possenti, tutto il cantiere fascista é all’opera. Chi porta le pietre, chi le depone, chi dirige e traccia i piani.
Avanti, Fascisti! Tra poco saremo una cosa sola! Fascismo e Italia! ( Benito Mussolini, Diario della volontà, 23 marzo 1921 )

“” Io riconosco e mi vanto di possedere uno spirito nobile ed alacre: e aggiungo che il giorno in cui non mi sentissi più stimolato da questa inquietudine mi riterrei diminuito e liquidato.
Io non mi “adagio” mai in nessuna posizione; non mi siedo non mi addormento sul già raggiunto; non sono un impiegato tardo e marginatore di pratiche, ma un camminante che non riconosce mai nella mèta raggiunta, quella definitiva o suprema.
Ho l’orgoglio di aggiungere a questo quadro auto-biografico che non mi mancano e volontà e tenacia. Sono trenta mesi oramai che io, giorno per giorno, implacabilmente, ho tenuto fermo nella battaglia contro le forze che minacciavano di rovina la Nazione. Trenta mesi di duro lavoro, di quotidiano lavoro, alternato da vittorie e da sconfitte; confortato talvolta da vasti consensi, gelato talora da isolamenti improvvisi. E non ho mai piegato.

Sono infiniti i campi nei quali possiamo applicare le nostre energie. Comprendo e compiango quelli che non sanno astrarre dai loro ambienti, vi si inchiodano e non vedono altro, e non credono alla esistenza di un più vasto e complesso e formidabile mondo. Sono i riflessi del campanilismo, riflessi che sono estranei a noi, che vogliamo sprovincializzare l’Italia e proiettarla come “entità nazionale” , come blocco fuso oltre i mari e oltre le Alpi.
Ma l’uomo che ha fondato e diretto un movimento e gli ha dato fior di energia, ha diritto di prescindere dalle analisi di mille elementi locali per vedere il panorama politico e morale nella sua antitesi; ha il diritto di vedere dall’alto di una montagna, cioé da un ampio orizzonte, il panorama, che non é di Bologna o di Venezia o di Cuneo, ma é italiano, ma é europeo, ma é mondiale. “
(Benito Mussolini, 19 agosto 1921 – Diario della Volontà).


Prefazione di AUGUSTO TURATI , Diario della volontàà: “””” ….Tutta la fede, l’entusiasmo e la passione del Duce sono espressi nelle pagine del Popolo d’Italia” === “Bisogna leggere e meditare su tutte le pagine, su tutti gli articoli di Mussolini, su tutti i discorsi. Egli é il primo esempio e “modello” di quello che possiamo chiamare Letteratura squadrista.. Mussolini non ha scritto trattati, ma leggendo tutti i suoi articoli, si può mentalmente comporre molto di più, e certo molto di meglio di un trattato”.
…..Queste parole le prime di Arnaldo Mussolini, le seconde di Sergio Pannunzio, ci permettiamo di farle nostre.
Per la mia passione, per la mia febbre di comprensione, ho consultato molti testi, e ho cercato, in essi, la grande parola che potesse dare una ragione alla mia fede. E’ troppo spesso mi sono accorto che mancava il libro: Il Vangelo.
E allora l’ho chiesto e ho potuto averlo (grandissimo dono) nella raccolta del POPOLO d’ITALIA dalla fondazione ad oggi. Mi era necessario. Perché nessuno può vivere e sentire il Fascismo senza ricorrere a queste pagine nelle quali Lui – il Duce – ha incise indistruttibilmente le norme del Regime. Fino a ieri qualche cosa mi mancava. Oggi no e il dono mi supera.
Necessita pertanto fermare in forma elementare i più importanti concetti della nostra struttura politica.
Questo libro, che il camerata Berlutti ha preparato, ha pretesa molto modesta e si rivolge ai giovanissimi ed al popolo.
Con umiltà, ricorrendo al testo unico e perfetto, i discorsi del Duce, ha segnato in forma piana le risposte alle domande che ognuno può rivolgere nel desiderio saggio di conoscere la luce di questa nostra fede nella Patria. “””” (A. Turati)


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LO STATO – LE CORPORAZIONI – CAPISALDI DI POLITICA INTERNA
CAPISALDI DI POLITICA ESTERA – CAPISALDI DI POLITICA SOCIALE
LA GIUSTIZIA – LA DIFESA NAZIONALE
Punti programmatici esposti da Mussolini al Congresso del 7-11 novembre 1921 a Roma, in occasione della fondazione del Partito Nazionale Fascista, trasformando il suo movimento che si era costituito il 23 marzo del 1919 a Milano in piazza San Sepolcro.
Il programma é meno contraddittorio di allora: ha perso i toni anticapitalistici, antimonarchici, anticlericali, antiborghesi, e su alcune svolte sociali gli é rimasto solo quello antisocialista e per questo sempre più appoggiato e finanziato da agrari e industriali in funzione antisocialista. Il partito trova subito i suoi seguaci fra i gruppi giovanili, i ceti impiegatizi e industriali, la piccola borghesia e i numerosi ex combattenti della Grande guerra.
Ci sono alcune divergenze all’interno del vecchio movimento ma verranno meno nei successivi mesi quando le adesioni rapidamente allargandosi quadruplicarono gli iscritti a 216.000.
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parla Mussolini
” Il Fascismo è costituito in partito politico per rinsaldare la sua disciplina e per individuare il suo “credo”.
La Nazione non è la semplice somma degli individui viventi nè lo strumento dei partiti per loro fini, ma un organismo comprendente la serie indefinita delle generazioni di cui i singoli sono elementi transeunti; è la sintesi suprema di tutti i valori materiali e immateriali della stirpe.
Lo Stato è l’incarnazione giuridica della Nazione. Gli Istituti politici sono forme efficaci in quanto i valori nazionali vi trovino espressione e tutela.
I valori autonomi dell’individuo e quelli comuni a più individui espressi in persone collettive organizzate (famiglie, comuni, corporazioni, ecc.), vanno promossi, sviluppati e difesi, sempre nell’ambito della Nazione a cui sono subordinati.
Il Partito Nazionale Fascista afferma che nell’attuale momento storico la forma di organizzazione sociale dominante nel mondo è la Società Nazionale e che la legge essenziale della vita nel mondo non è la unificazione delle varie Società in una sola immensa Società: “l’Umanità”, come crede la dottrina internazionalistica, ma la feconda e, augurabile, pacifica concorrenza tra le varie Società Nazionali.
Lo Stato
Lo Stato va ridotto alle sue funzioni essenziali di ordine politico e giuridico.
Lo Stato deve investire di capacità e di responsabilità le Associazioni conferendo anche alle corporazioni professionali ed economiche diritto di elettorato al corpo dei Consigli Tecnici Nazionali.
Per conseguenza debbono essere limitati i poteri e le funzioni attualmente attribuiti al Parlamento. Di competenza del Parlamento i problemi che riguardano l’individuo come cittadino dello Stato e lo Stato come organo di realizzazione e di tutela dei supremi interessi nazionali; di competenza dei Consigli Tecnici Nazionali i problemi che si riferiscono alle varie forme di attività degli individui nella loro qualità di produttori.
Lo Stato è sovrano: e tale sovranità non può nè deve essere intaccata o sminuita dalla Chiesa alla quale si deve garantire la più ampia libertà dell’esercizio del suo ministero spirituale.
Il Partito Nazionale Fascista subordina il proprio atteggiamento, di fronte alle forme delle singole Istituzioni politiche, agl’interessi morali e materiali della Nazione intesa nella sua realtà e nel suo divenire storico.
Le corporazioni
Il Fascismo non può contestare il fatto storico dello sviluppo delle corporazioni, ma vuol coordinare tale sviluppo ai fini nazionali. Le corporazioni vanno promosse secondo due obiettivi fondamentali: e cioè come espressione della solidarietà nazionale e come mezzo di sviluppo della produzione.
Le corporazioni non debbono tendere ad annegare l’individuo nella collettività livellando arbitrariamente le capacità e le forze dei singoli, ma anzi a valorizzarle ed a svilupparle.
Il Partito Nazionale Fascista si propone di agitare i seguenti postulati a favore delle classi lavoratrici ed impiegatizie:
** La promulgazione di una legge dello Stato che sancisca per tutti i salariati la giornata (legale) media di otto ore, colle eventuali deroghe consigliate dalle necessità agricole o industriali.
** Una legislazione sociale aggiornata alle necessità odierne, specie per ciò che riguarda gli infortuni, l’invalidità e la vecchiaia, sia agricoli che industriali o im-piegatizi, sempre che non inceppi la produzione.
** na rappresentanza dei lavoratori nel funzionamento di ogni industria, limitatamente per ciò che riguarda il personale.
** L’affidamento ad organizzazioni operaie, che siano moralmente degne e tecnicamente preparate, della gestione di industrie o di servizi pubblici.
** La diffusione della piccola proprietà in quelle zone e per quelle coltivazioni che produttivamente lo consentono.
Capisaldi di politica interna
Il Partito Nazionale Fascista intende elevare a piena dignità i costumi politici così che la morale pubblica e quella privata cessino di trovarsi in antitesi nella vita della Nazione. Esso aspira all’onore supremo del Governo del Paese; a restaurare il concetto etico che i governi debbono amministrare la cosa pubblica non già nell’interesse dei partiti e delle clientele ma nel supremo interesse della Nazione.
Va restaurato il prestigio dello Stato Nazionale e cioè dello Stato che non assistita indifferente allo scatenarsi ed al prepotere delle forze che attentino o comunque minaccino di indebolimento materialmente e spiritualmente la compagine, ma sia geloso custode e difensore e propagatore della tradizione nazionale, del sentimento nazionale, della volontà nazionale.
La libertà del cittadino trova un duplice limite: nella libertà delle altre persone giuridiche e nel diritto sovrano della nazione a vivere e svilupparsi.
Lo Stato deve favorire lo sviluppo della Nazione, non monopolizzando, ma promuovendo ogni opera intesa al progresso etico, intellettuale, religioso, artistico, giuridico, sociale, economico, fisiologico della collettività nazionale.
Capisaldi di politica estera
L’Italia riaffermi il diritto alla sua completa unità storica e geografica, anche là dove non è ancora raggiunta, adempia la sua funzione di baluardo della civiltà latina sul Mediterraneo; affermi sui popoli di nazionalità diversa annessi all’Italia saldo e stabile l’impero dei la sua legge; dia valida tutela agli italiani all’estero cui deve aver conferito diritto di rappresentanza politica.
Il Fascismo non crede alla vitalità e ai principi che ispirano la così detta Società delle Nazioni in quanto che non tutte le nazioni vi sono rappresentate e quelle che lo sono non vi si trovano su di un piede di eguaglianza.
Il Fascismo non crede alla vitalità e alla efficienza, delle internazionali rosse, bianche o di altro colore, perché si tratta di costruzioni artificiali e formalistiche le quali raccolgono piccole minoranze di individui più o meno convinti in confronto delle vaste masse delle popolazioni che vivendo, progredendo o regredendo, finiscono per determinare quegli spostamenti di interessi davanti ai quali tutte le costruzioni internazionalistiche sono destinate a cadere, come la recente esperienza storica documenta.
L’espansione commerciale e l’influenza politica dei trattati internazionali devono tendere a una maggiore diffusione della italianità nel mondo. I trattati internazionali vanno riveduti e modificati in quelle parti che si sono palesate inapplicabili e quindi regolati secondo le esigenze della economia nazionale e mondiale.
Lo Stato deve valorizzare le colonie italiane nel mediterraneo e d’oltre oceano con istruzioni speciali, culturali, e rapide comunicazioni.
Il Partito Nazionale Fascista si dichiara favorevole a una politica di amichevoli rapporti con tutti i popoli dell’oriente vicino e lontano.
La difesa e lo sviluppo dell’Italia all’estero vanno affidate a un Esercito ed una Marina adeguati alle necessità della sua politica e all’efficienza delle altre nazioni, e ad organi diplomatici compresi della loro funzione e forniti di cultura, di animo e di mezzi, sì da esprimere nel simbolo e nella sostanza la grandezza d’Italia di fronte al mondo.
Capisaldi di politica sociale
Lo Stato riconosce la funzione sociale della proprietà privata, la quale è, insieme, un diritto ed un dovere. Essa è la forma di amministrazione che la Società ha storicamente delegato agli individui per l’incremento del patrimonio stesso. Il Partito Nazionale Fascista di fronte ai progetti socialisti di ricostruzione a base di economia pregiudizialmente collettivistica, si pone sul terreno della realtà storica nazionale che non consente un tipo unico di economia agricola o industriale che si dichiara favorevole a quelle forme che garantiscano il massimo di produzione ed il massimo di Benessere.
Il Partito Nazionale Fascista, propugna un regime che spronando le iniziative e le energie individuali (le quali formano il fattore più possente ed operoso della produzione economica) favorisca l’accrescimento della ricchezza nazionale con rinuncia assoluta a tutto il farraginoso, costoso ed antieconomico macchinario delle statizzazioni, socializzazioni, municipalizzazioni ecc. Il Partito Nazionale Fascista appoggerà quindi ogni iniziativa che tenderà ad un miglioramento dell’assetto produttivo, avente lo scopo di eliminare ogni forma di parassitismo individuale o di categoria.
Il Partito Nazionale Fascista agirà:
* perché siano disciplinati le incomposte lotte degli interessi di categorie e di classi e quindi riconoscimento giuridico con conseguenti responsabilità delle organizzazioni operaie e patronali.
* Perché sia sancito e fatto osservare, sempre e comunque, il divieto di sciopero nei servizi pubblici con contemporanea istituzione di tribunali abituali composti di una rappresentanza della categoria operaia o impiegatizia e di una rappresentanza del pubblico che paga.
La giustizia
Vanno intensamente promossi i mezzi preventivi e terapeutici della delinquenza (riformatori, scuole per i traviati, manicomi criminali). La pena, mezzo di difesa della Società lesa nel diritto, deve adempiere normalmente la funzione intimidatrice ed emendatrice: i sistemi penitenziari vanno in considerazione della seconda funzione igienicamente migliorati e socialmente perfezionati (sviluppo del lavoro carcerario).
Vanno abolite le magistrature speciali. Il Partito Nazionale Fascista si dichiara favorevole alla revisione del codice penale militare. La procedura deve essere spedita.
La difesa nazionale
Ogni cittadino ha l’obbligo del servizio militare.
L’Esercito si deve avviare verso la forma della Nazione Armata in cui ogni forza individuale, collettiva, economica, industriale e agricola sia compiutamente inquadrata al fine supremo della difesa degli interessi nazionali.
All’uopo il Partito Nazionale Fascista propugna l’immediato ordinamento di un esercito che in formazione completa e perfetta, da una parte, sorvegli e vigili le conquistate frontiere, e dall’altra, tenga preparati in Paese, addestrati ed inquadrati, gli spiriti, gli uomini ed i mezzi che la Nazione sa esprimere nelle sue infinite risorse nell’ora del pericolo e della gloria.
Agli stessi fini l’Esercito, in concorso con la scuola e con le organizzazioni sportive, deve dare fin dai primi anni, al corpo ed allo spirito del cittadino, l’attitudine per l’educazione al combattimento ed al sacrificio per la Patria. ( BENITO MUSSOLINI)
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“Antiprefazione “
Scrive, AUGUSTO TURATI , in prefazione del Diario della volontà:: “Per la mia passione, per la mia febbre di comprensione, ho consultato molti testi, e ho cercato, in essi, la grande parola che potesse dare una ragione alla mia fede. E troppo spesso mi sono accorto che mancava il libro: Il Vangelo.
E allora l’ho chiesto e ho potuto averlo nella raccolta del POPOLO d’ITALIA dalla fondazione ad oggi. Mi era necessario. Perchè nessuno può vivere e sentire il Fascismo senza ricorrere a queste pagine nelle quali Lui – il Duce – ha incise indistruttibilmente le norme del Regime.
Fino a ieri qualche cosa mi mancava. Oggi no e il dono mi supera.
Necessita pertanto fermare in forma elementare i più importanti concetti della nostra struttura politica.
Questo libro, che il camerata Berlutti ha preparato, ha pretesa molto modesta e si rivolge ai giovanissimi ed al popolo.
Con umiltà, ricorrendo al testo unico e perfetto, i discorsi del Duce, ha segnato in forma piana le risposte alle domande che ognuno può rivolgere nel desiderio saggio di conoscere la luce di questa nostra fede nella Patria. “”
La Dottrina Fascista
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IL FASCISMO SALVEZZA DELLA PATRIA
Quando e come nacque il fascismo?
Il Fascismo nacque dopo la guerra mondiale, allorchè l’Italia non ebbe la pace che meritava, e i difensori furono amnistiati, e gli eroi furono scherniti, feriti e uccisi. Quando i comunisti potettero spadroneggiare prepotentemente e crudelmente sopra alcune regioni d’Italia, e i campi furono abbandonati, e le officine disertate, e gli scioperi aumentavano la miseria, Benito Mussolini gridò: – Basta! – e gli italiani degni di questo nome si strinsero intorno a lui.
Non c’era allora un Governo?
Non c’era un vero Governo: c’erano degli uomini che cercavano di evitare certe responsabilità anzichè affrontarle. Il popolo vedeva, giudicava, e aspettava il momento di liberarsi da quegli uomini.
Il Fascismo era già nato dunque nel popolo?
Si. Prima che nei pochi uomini che si strinsero intorno al Duce, il Fascismo era nella coscienza della Nazione, la quale avvertì il pericolo e giudicò il Governo impotente a salvarla.
Ecco perchè pochi uomini potettero sollevare tutta una Nazione.
Perchè il popolo fu subito col Duce?
Appunto perchè Egli era l’espressione della Patria che non voleva morire: Egli personificava il sentimento del popolo tradito e la volontà tenace della Stirpe.
Ci fu dunque un cambiamento di ministero?
Nell’ottobre 1922 non ci fu un semplice cambiamento di ministero, ma una profonda rivoluzione politica, morale, sociale.
Perchè il Fascismo non seguì la via legale e preferì la rivoluzione?
Perchè un nuovo ministero non avrebbe risolto il problema; lo avrebbe soltanto rinviato.
Soltanto la rivoluzione, dando al Fascismo tutto il potere, poteva assicurare la continuità dell’esperimento, sino al completo raggiungimento del fine.
Quali furono i primi risultati dell’avvento del Fascismo?
Al disordine interno fu sostituito un Governo; cessò l’indisciplina nelle officine; cessarono gli scioperi; fu rimessa in attività tutta la produzione del paese; fu ispirato ai funzionari un maggior senso di dovere e di responsabilità; fu impresso un andamento più severo ed energico alle funzioni dello Stato, delle Provincie e dei Comuni.
Oggi che cosa è questo Fascismo?
Oggi il Fascismo è un movimento sindacale che raccoglie tutte le forze produttrici della Nazione obbedienti alla stessa legge e alla medesima idea. È un movimento politico con milioni di iscritti di una stessa fede adamantina. È un movimento militare con un vero esercito di Camicie Nere. E tutto ciò è fuso in una devozione quasi religiosa: la devozione alla Patria.
Il Fascismo non è forse un partito?
Si, ma non soltanto un partito, bensì una fede, che ha conquistato il popolo italiano.
Questa fede potrà modificare il popolo italiano?
Questa fede modificherà profondamente lo spirito del popolo italiano: darà ad esso un nuovo modo di vivere.
Qual’ è questo modo di vivere?
Vivere coraggiosamente, pericolosamente; sentire ripugnanza per la vita comoda e molle, essere sempre pronti a osare tanto nella vita individuale quanto nella collettiva; amare la verità e aborrire la menzogna; amare la schietta sincerità e aborrire ciò che è subdolo; sentire in ogni ora l’orgoglio d’essere italiani; lavorare con disciplina; rispettare l’autorità.
E il Fascismo vuole imporre questo modo di vita?
Il Fascismo l’ha già imposto per forgiare la grande Italia dei nostri poeti, dei nostri guerrieri, dei nostri martiri. Di un popolo che invecchiava soddisfatto di meschini interessi, il fascismo ha fatto un popolo nuovo che ha una superba meta da raggiungere.
Se il Fascismo vuole costruire, perchè qualche volta abbatte?
Se qualche volta abbatte, distrugge, è per preparare le fondamenta del futuro edificio. Come il muratore non può costruire se non ha spianato e liberato il terreno da sassi e dai pruni, così il Fascismo non potrebbe costruire ove fosse ancora la vecchia mentalità, le vecchie camarille, i vecchi interessi egoistici.
Qual è la meta ultima?
Il secolo scorso è stato il secolo della nostra indipendenza. Il secolo attuale deve essere il secolo della nostra potenza: potenza in tutti i campi, da quello della materia a quello dello spirito.
Che cosa occorre per raggiungerla?
Occorre soltanto che i militi dell’idea fascista abbiano la volontà di raggiungerla a qualunque costo.
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COME I MILITI DEVONO SERVIRE L’IDEA FASCISTA
Di che cosa ha bisogno un’idea per trionfare?
Perchè un’idea possa trionfare ha bisogno di servitori fedeli, di militi disciplinati, di credenti intransigenti.
Chi è fedele servitore del Fascismo?
Non è fedele servitore del Fascismo cioè non è un buon fascista, chiunque pensa che la propria fortuna vale più di quella della Patria. È fedele servitore del fascismo ogni fascista che si considera soldato anche se non indossa il grigio verde; soldato anche quando lavora nell’ufficio, nelle officine, nei cantieri, o nei campi; soldato legato a tutto il resto dell’esercito.
Come deve essere la disciplina del vero fascista?
La disciplina del vero fascista deve essere silenziosa, operante e devota.
Che significa disciplina silenziosa, operante e devota?
Significa che la disciplina deve essere nello spirito più che nella forma; che non deve manifestarsi solo nella parata, ma essere sentimento che anima la vita.
Ma se obbedire costa sacrificio?
La vera, la saggia, la santa disciplina è nell’obbedire quando dispiace, quando rappresenta sacrificio.
E se questa disciplina non venisse accettata?
Se questa disciplina non venisse accettata, verrebbe imposta.
Non sono permesse mormorazioni o critiche?
Il Fascismo bandisce dalle sue file i litigiosi, quelli che hanno bisogno costante di creare difficoltà, che non potrebbero vivere senza seminare intorno a sé il litigio e la discordia.
Anche i capi hanno una disciplina?
Si: la disciplina serve anche a chi comanda. Solo obbedendo ed avendo l’orgoglio umile, ma severo, di obbedire, si conquista poi il diritto di comandare.
Perchè bisogna obbedire a un Capo?
Perchè nella subordinazione di tutti alla volontà di un Capo, che non è la volontà capricciosa, ma è la volontà seriamente meditativa, e provata dagli avvenimenti, il Fascismo ha trovato la sua forza ieri e troverà la sua forza e la sua gloria domani.
Quali limiti ha questa obbedienza al Capo?
Non deve aver limiti. Bisogna obbedire anche se il Capo chiede troppo. Se qualche volta il Capo del Fascismo è duro, se qualche volta è inflessibile, se qualche volta pare che voglia comprimere e chiedere più dello stretto necessario, è perchè porta sulle spalle il peso formidabile del destino di tutta la nazione.
I veri fascisti hanno l’obbligo di aiutarlo a portare il grave fardello.
Come il fascista deve allora trattare il non fascista?
Vi sono dei cittadini non iscritti al partito, ma onesti, lavoratori, disciplinati. Essi vanno rispettati.
Vi sono degli altri che sordamente si adoperano ai danni del Fascismo: combatterli senza quartiere è un dovere.
Anche con la violenza?
Anche con la violenza, se questa è necessaria: ma poichè il Fascismo è forte e nessun pericolo lo minaccia, la violenza non è necessaria.
E se sarà necessaria?
Quando sarà necessaria essa non dovrà essere lasciata all’arbitrio di ognuno.
In ogni circostanza poi non dovrà andare mai disgiunta dal senso di cavalleria e di generosità; dovrà essere sempre guidata da un’idea e mai da un basso calcolo.
Ma è morale la violenza?
Quando è una dolorosa necessità, quando è una necessità chirurgica, la violenza è morale, più morale del compromesso e della transazione.
Quali violenze sono da riprovare?
Le violenze spicciole, le violenze brute, non intelligenti, quelle che hanno carattere di vendetta personale e non di difesa nazionale, soprattutto quelle di dieci contro uno.
È da augurarsi però di non doverla mai usare?
Certo. La violenza può essere necessità durissima di certe determinate ore storiche, ma ogni fascista deve portare nel cuore il sogno dell’Italia pacifica, concorde, laboriosa, in cui tutti si sentano figli della stessa Patria.
Allora la Camicia Nera non è simbolo di violenza?
No. La Camicia Nera è simbolo di ardente devozione alla Patria, di spirito di sacrificio, di coraggio e di forza, ma non di violenza: essa perciò non può essere indossata se non da coloro che nel petto albergano una fede pura.
Basta la fede?
Si, se la fede nasce da una volontà ferrea, tenace, che non indietreggia davanti ad alcun ostacolo.
Come si costruisce la propria volontà?
Non si costruisce con gli evviva e con gli alalà, ma con la fatica quotidiana, aspra, dolorosa, che non vuole e non chiede conforto di parole.
Qual è il comandamento del fascista?
Ecco il comandamento del fascista:ama il lavoro per l’orgoglio che dà all’individuo e per l’armonia che crea nella Nazione.
Fa che la fede vinca sempre su la ragione egoista del tornaconto, del puntiglio e del personalismo.
Pensa che ogni bega ed ogni dissenso sono un ritardo frapposto all’ordine mirabile del Costruttore.
Pensa che ogni gesto inconsulto è un’offesa a coloro che realmente combatterono nella guerra e nella Rivoluzione.
Come deve vivere il vero fascista?
Il fascista puro, degno, veramente servi fedele e milite disciplinato dell’idea, deve contentarsi di servire con devota umiltà la Nazione.
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LA NAZIONE E LE SUE BASI
Che cosa è la Nazione?
Oltre cinquanta milioni di italiani che hanno lo stesso linguaggio, lo stesso costume, lo stesso sangue, lo stesso destino, gli stessi interessi: una unità morale, politica ed economica che si realizza integralmente nello Stato fascista: ecco la Nazione.
Un cittadino però può vivere a sé?
Vivere a sé per amore di tranquillità significa disinteressarsi della Nazione per egoismo, e ciò è da vile, ed essendo da vile non è fascista.
Poi non è possibile straniarsi dalla vita della Nazione.
Perchè non è possibile?
Non è possibile, anche volendo, perchè non è possibile rinnegare la propria madre.
Che cosa ci lega alla Nazione?
Ciò che soprattutto ci lega alla Nazione è l’orgoglio di sentirci suoi figli, l’orgoglio
di esser figli di questa Italia che le altre genti invidiano per il suo passato glorioso e
il suo sicuro fulgido avvenire.
Anche il Fascismo sente l’orgoglio del passato?
Si, ma per il Fascismo esso non è un orgoglio di passività: bisogna essere degni di quella grandezza, non viverci sopra, non sfruttarla come figli degeneri.
Dire: “Noi siamo grandi perchè fummo grandi”, no!
Noi saremo grandi quando il passato sarà un impulso, un fermento di vita.
C’è anche un interesse che ci lega alla Nazione?
Quali che siano le fortune della Patria, un figlio le resta sempre devoto; ma se la Nazione è pacifica, è concorde, è laboriosa, è prospera ed è ricca, è evidente che tutti coloro che sono in essa ne trarranno beneficio. Sta in ciò l’interesse che ci lega alla Nazione.
Che occorre perchè la Nazione sia potente?
Non si arriva alla potenza senza una disciplina interna, senza la collaborazione intelligente, razionale, quotidiana di tutte le energie. Soltanto così la Nazione apparirà come un esercito solo, inquadrato, saldo, sereno e silenzioso.
Siamo dunque servitori della Nazione?
Dobbiamo sentirci tutti servitori della Nazione, a cominciare da Capo del Governo. Dobbiamo avere l’orgoglio sacro di questa devota servitù.
Che cosa ci chiede la Nazione?
Soltanto questo: l’adempimento silenzioso del nostro dovere.
Qual è questo dovere?
È il dovere del figlio verso la madre. Amarla gelosamente, tenacemente, devotamente.
Onorarla con ogni atto della propria vita.
Aver fede nei destini di essa, non dubitarne mai, non permettere che altri ne dubiti.
Servirla fedelmente, senza chiedere, senza neanche aspettare compensi.
Lavorare con l’orgogliosa certezza di giovarle.
Difenderla dentro e fuori da qualsiasi nemico.
Perdonare tutto al fratello disgraziato, eccetto un atto, una parola ostile alla Patria.
Adoperarsi perchè il Governo possa interamente ed efficacemente esplicare la sua opera.
Quali sono, secondo il Fascismo, le basi della Nazione?
Il Fascismo considera basi della società nazionale lo Statuto, la Monarchia, la Chiesa, il Parlamento, l’Esercito.
Che cos’è lo Statuto?
Lo Statuto è il Patto tra il Re e l’Italia stipulato nel 1848, quando l’Italia era formata dal Piemonte, dalla Liguria, dalla Sardegna e dalla Savoia.
È dunque un patto inviolabile?
Si, non potrà assolutamente essere violati in ciò che è conquista incorruttibile del nostro Risorgimento, ma potrà essere aggiornato per renderlo, là dove è incompleto o manchevole, consono ai nostri tempi.
E potrà essere modificato un patto tanto solenne?
Il potere legislativo può modificare lo Statuto, e l’ha già fatto per parecchi articoli che sono stati adattati a bisogni nuovi non prevedibili nel 1848.
Qual è la più importante di queste modificazioni?
L’inserzione del Gran Consiglio Fascista tra i massimi organi della Costituzione italiana al fine di regolare i supremi rapporti tra il Sovrano, il Governo e la Nazione, salvaguardando così gli inesorabili sviluppi della Rivoluzione Fascista.
E la Monarchia che cos’è per il Fascismo?
La Monarchia è il simbolo sacro, glorioso, tradizionale, millenario della Patria.
Perchè la Rivoluzione fascista non l’ha toccata?
Perchè essa rappresenta la continuità storica della Nazione e adempie perciò ad un compito d’una importanza incalcolabile.
Non solo la Rivoluzione fascista non l’ha toccata, ma l’ha fortificata, l’ha resa più augusta.
E la Monarchia si oppose al Fascismo?
Non si oppose e non poteva, perchè il Fascismo si prefiggeva, prima di tutto, di ristabilire il prestigio dell’autorità.
Del resto, Casa Savoia non si è mai opposta alla volontà popolare. E nell’ottobre del 1922 permise d’immettere nelle stracche arterie dello Stato Parlamentare la nuova impetuosa corrente fascista uscita dalla Guerra ed esaltata dalla Vittoria.
Perchè la Chiesa è considerata una delle basi della società nazionale?
Perchè la Religione è patrimonio sacro dei popoli e la Chiesa ne ha la suprema podestà.
Che cosa il Fascismo riconosce alla Chiesa?
Il Fascismo riconosce alla Chiesa questa suprema podestà, la sua universalità, la sua necessaria libertà nel campo religioso, la forza morale immensa esercitata nel mondo ed ha imposto ed impone nella vita pubblica il massimo rispetto per la Chiesa.
Ha la Chiesa qualche particolare significato per il Fascismo?
Per il Fascismo la tradizione latina ed imperiale di Roma è rappresentata anche dal Cattolicesimo, che è un’idea universale che si irradia da Roma.
Può il Fascismo non essere religioso?
No. Il Fascismo non è ateo, è un esercito di credenti. Soltanto la religione rende possibile la realizzazione dei grandi ideali umani. La scienza cerca affannosamente di spiegare i fenomeni della vita, ma non arriva a spiegare tutto: rimane sempre una zona di mistero, una parete chiusa su cui una sola parola deve essere scritta: “Dio”.
E l’Esercito che cosa rappresenta per il Fascismo?
L’Esercito ha diritto al maggior rispetto e alla devozione più profonda: infatti esso occupa un posto d’onore nello spirito degli italiani devoti alla Patria.
E perchè in altri tempi era possibile vilipendere l’Esercito?
Erano tempi bastardi. Se oggi i soldati possono portare sul petto i segni della gloria da loro conquistata in guerra, se i mutilati non sono costretti a piangere sui loro moncherini, lo si deve al Fascismo.
Qual è il compito dell’Esercito secondo il Fascismo?
Il Fascismo non chiede all’Esercito nulla che non sia l’adempimento del suo dovere. L’Esercito ha un compito solo, il compito supremo: prepararsi per essere pronto in ogni momento a difendere gli interessi della Nazione.
E il compito della Milizia?
Il compito della Milizia è la difesa della Nazione e della Rivoluzione fascista.
È un supplemento all’Esercito?
No, non è e non deve essere un supplemento all’Esercito, o, peggio, un doppione dell’Esercito: i suoi compiti sono tali che l’Esercito, per la sua stessa natura, non puo’ più sopportare: e sono compiti limitati, specifici, nettamente definiti, in modo da evitare contrasti.
Di chi è composta la Milizia?
È composta di cittadini, contadini, operai, combattenti che lavorano tutta la settimana e si presentano solo quando sono chiamati. La Nazione fa affidamento sul loro spirito volontaristico.
Chi la comanda?
I tre quarti degli ufficiali della Milizia vengono dall’Esercito: quasi tutti i comandanti sono generali dell’Esercito. Capo supremo è il Duce.
Questo è una garanzia della completa devozione della Milizia alla Patria.
Quali sono pertanto gli organi fondamentali del Regime?
Sono tre: il Partito che è la riserva politica del Regime, mentre le Corporazioni ne sono la riserva economica e la Milizia ne è la sua salvaguardia militare.
Qual’ è il compito del Partito?
Il partito deve fascistizzare la Nazione dall’alto al basso e dal basso all’alto, il Partito deve dare le classi dirigenti fasciste per tutte le istituzioni maggiori e minori del Regime.
Il Fascismo e il Partito sono una cosa sola?
Il Fascismo non è soltanto un raggruppamento d’italiani intorno ad un determinato programma realizzato e da realizzare, ma è soprattutto una fede che ha avuto i suoi confessori e nei cui ordinamenti operano, come militanti, gli Italiani nuovi. Il Partito è la parte essenziale di questi ordinamenti e la funzione del Partito è fondamentalmente indispensabile per la vitalità del Regime.
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LO STATO FASCISTA
Che cosa è lo Stato?
Lo Stato è l’organizzazione politica e giuridica della Società Nazionale, e si estrinseca in una serie di istituzioni di vario ordine.
Ma più precisamente, secondo il Fascismo, che cosa è lo Stato?
Secondo il Fascismo lo Stato è l’Autorità suprema che subordina l’attività e gli interessi sei singoli cittadini all’interesse generale della Nazione.
Questa Autorità si esplica col potere esecutivo.
E gli interessi della Nazione coincidono allora con gli interessi dello Stato?
Si. Lo Stato non può essere che la espressione unitaria, assoluta della volontà, della potenza e della coscienza della Nazione intesa come espressione di razza, e tutto ciò che è dentro i confini della Nazione deve essere sottoposto all’autorità dello Stato. Lo Stato inteso in questo sensi ha non solo il dovere ma ha il diritto di fissare le norme, le vie e le leggi con le quali, e attraverso le quali, l’attività delle classi e degli individui è nettamente determinata.
Che cos’è il Potere esecutivo?
È il potere onnipossente ed operante nella vita della Nazione: il potere che decreta le cose più grandi che possono avvenire nella storia di un popolo: è il potere che dichiara la guerra e conclude la pace.
È allora un Potere sovrano?
Questo potere esecutivo, che dispone di tutte le forze armate dello Stato, è il potere sovrano della Nazione. Capo supremo di esso è il Re.
Questa nuova concezione dello Stato urta contro vecchie concezioni?
Si. Urta contro la concezione dello Stato marxista e contro la concezione dello Stato liberale, ambedue poggiate su errori fondamentali.
Qual è l’errore fondamentale del marxismo?
L’errore fondamentale del marxismo è quello di credere che nello Stato vi siano due classi soltanto: quella degli operai e quella dei capitalisti. Errore maggiore il credere che queste due classi siano in perenne contrasto fra di loro. Il contrasto vi può essere, ma è di un momento e non è sistematico.
In merito alla lotta di classe quale differenza v’è tra il marxismo e il Fascismo?
Questa: che per i socialisti la lotta di classe è la regola, mentre per il Fascismo la lotta di classe è la eccezione: la collaborazione di classe per loro è la eccezione e per il Fascismo la regola.
Perchè la lotta di classe non potrebbe essere la regola?
La lotta di classe può essere un episodio nella vita di un popolo, non può essere la regola quotidiana, perchè, se fosse la regola, produrrebbe la distruzione della ricchezza e quindi la miseria universale.
Allora capitale e lavoro non sono termini in opposizione?
No. Capitale e lavoro non sono due termini in opposizione, sono due termini che si completano: l’uno non può fare a meno dell’altro, e quindi devono intendersi.
Come devono intendersi?
Collaborando reciprocamente.
È nell’interesse degli industriali che gli operai siano sereni, conducano una vita tranquilla, e non siano assillati da bisogni insoddisfatti.
Ma è anche nell’interesse degli operai che la produzione si svolga con ritmo ordinato, poichè il lavoro è la cosa più solenne, più nobile, più religiosa della vita.
Anche il socialismo riconosceva i legittimi diritti degli operai?
Si, ma perchè riteneva che il numero, la massa, la quantità senz’altro potesse creare un tipo speciale di civiltà nell’avvenire.
Il Fascismo, invece, vuole il benessere del proletariato perchè è convinto che non ci può essere nazione tranquilla, concorde e forte, se i suoi operai sono condannati a condizioni di vita disagiata.
È dunque giusto che gli operai vogliano migliorare le loro condizioni di vita?
È giusto ed è legittimo che gli operai si difendano per migliorare le loro condizioni di vita, materiali e morali. Ma per far ciò non è necessario di seguire le chimere internazionalistiche; per far ciò non è necessario di rinnegare la Patria e la Nazione, perchè è assurdo, prima ancora di essere criminoso, rinnegare la propria madre.
Perchè il Fascismo ha combattuto i dirigenti del socialismo?
Se il Fascismo non può avversare le legittime aspirazioni dei lavoratori, ha il preciso dovere di combattere i falsi profeti, che, profittando della ingenuità e della ignoranza delle masse, dei loro reali bisogni, delle reali loro sofferenze, le spingevano ciecamente e brutalmente contro la Nazione.
I capitalisti non sono i nemici del proletariato?
Secondo la dottrina socialista, i capitalisti sono gli aguzzini, i vampiri del povero proletario. Secondo la dottrina fascista, i capitalisti moderni sono dei capitani di industria, dei grandissimi organizzatori; uomini che hanno e devono avere altissimo senso di responsabilità civile ed economica, uomini dai quali dipende il destino di migliaia e decine di migliaia di operai.
E che cosa è la proprietà?
La proprietà non è già un furto, come si legge nella bassa letteratura socialista, ma spesso è il risultato di risparmi e di fatiche da parte di gente che si è sottoposta a prove durissime, si è spesso privata del necessario pur di raggranellare quel peculio che ha poi il sacrosanto diritto di trasmettere a coloro che verranno dopo.
Allora la proprietà è un diritto?
Si, ma non è soltanto un diritto, bensì anche un dovere; non è un bene egoistico, ma piuttosto un bene che bisogna impiegare e sviluppare a vantaggio degli altri.
Qual è l’errore fondamentale dello Stato liberale?
L’errore fondamentale dello Stato liberale è quello della neutralità assoluta davanti alle competizioni collettive dei cittadini, i quali possono combattersi sino ad annullarsi e a colpire, di conseguenza, lo stesso Stato.
Quali erano le relazioni tra il popolo e lo Stato prima del Fascismo?
Durante gli anni del regime demo-liberale, le masse lavoratrici guardavano con diffidenza allo Stato, la cui autorità non era benefica a loro; erano al di fuori dello Stato e perciò operavano senza curarsi di esso; erano contro lo Stato che consideravano come un nemico d’ogni giorno e di ogni ora.
Quale posizione prendeva lo Stato liberale nei conflitti fra capitale e lavoro?
Davanti ai conflitti fra capitale e lavoro lo Stato liberale si tirava in disparte, e solo quando il contrasto veniva a minacciare troppo pericolosamente e apertamente la compagine statale, esso interveniva e troncava il contrasto pronunciando la sentenza.
E risolveva il conflitto?
Non lo risolveva, perchè nessuna delle parti accettava l’arbitrato, non riconoscendo allo Stato il diritto di sentenziare, ma preoccupandosi piuttosto di sfuggire alla volontà statale.
Che cosa si è sostituito al vecchio Stato?
Al vecchio Stato ormai sepolto, si è sostituito lo Stato corporativo nazionale, lo Stato che raccoglie, controlla e accorda gli interessi di tutte le classi sociali.
È possibile questa corporazione integrale?
Si, ma solo sul terreno dello Stato, perchè solo lo Stato sta al disopra degl’interessi contrastanti dei singoli e dei gruppi, per coordinarli a un fine superiore. L’attuazione è resa più spedita dal fatto che tutte le organizzazioni economiche riconosciute, garantite, tutelate nello Stato corporativo, vivono nel Fascismo; accettano cioè la dottrina e la pratica del Fascismo.
Qual è il caposaldo dello Stato fascista?
Il caposaldo dello Stato fascista è lo Stato forte: cioè lo Stato capace di difendersi e di difendere la Nazione da tutti gli attacchi.
Il concetto di Stato forte non urta contro il concetto di libertà?
Il concetto di Stato fascista urta certamente contro il vecchio concetto di libertà, per cui un cittadino può tutto, perfino impunemente cospirare contro lo Stato, vilipendere le istituzioni e negare la Patria.
Qual è il giusto concetto di libertà?
Il concetto di libertà non può essere assoluto, perchè nella vita nulla vi è di assoluto. Anche nelle prime società barbare non era possibile la libertà illimitata, la libertà di fare ciò che si vuole contro l’altro individuo o contro la comunità. Anche allora c’era un capo, una legge o semplicemente un patto che limitava la libertà individuale.
Allora il concetto di libertà può essere modificato dalle vicende storiche?
Certo, il concetto di libertà cambia secondo le vicende e il grado di civiltà.
C’è una libertà in tempo di pace e una libertà in tempo di ricchezza che non può essere goduta in tempo di povertà.
E come allora ogni partito invoca la libertà?
Ogni partito invoca non la libertà, ma la propria libertà. La libertà dei comunisti, infatti, non è quella dei democratici, e la libertà dei liberali non è quella dei popolari.
A ogni modo, la libertà è un diritto del cittadino?
Nella concezione fascista la libertà non è un diritto del cittadino, è un dovere del cittadino. È dovere del cittadino giudicare liberamente, lavorare liberamente, servire liberamente la Nazione.
La libertà non è una concessione del Governo; è una conquista che i cittadini devono fare sopra se stessi, per rendersi cioè assolutamente liberi da ogni altra idea, da ogni partito davanti alla Patria.
Quale libertà Fascismo non potrà mai dare?
Se per libertà s’intende il diritto di sospendere ogni giorno il ritmo tranquillo e ordinato del lavoro della Nazione; se per libertà s’intende il diritto di cospirare contro lo Stato; se per libertà s’intende il diritto di offendere simboli della Religione, della Patria e dello Stato, questa libertà il Fascismo non la darà mai.
Quali sono allora le libertà del Fascismo?
Quella di lavorare, quella di possedere, quella di onorare pubblicamente Dio, quella di esaltare la Patria e le istituzioni, quella di avere la coscienza di se stesso e del proprio destino, quella di sentirsi un popolo forte e non già un semplice satellite della cupidigia e della demagogia altrui. Ecco le libertà, già compromesse o perdute, e ridate dal Governo fascista al popolo italiano.
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CAPITALE E LAVORO
Perchè il lavoro è dovere sociale?
Il lavoro è dovere sociale perchè colui che lavora non fa soltanto il suo interesse, ma collabora agl’interessi della Nazione.
Allora le sorti del lavoratore sono legate a quelle della Nazione?
Si. Le sorti del popolo lavoratore sono intimamente legate alle sorti della Nazione. Se la Nazione grandeggia, anche il popolo diventa grande e ricco; ma se la Nazione perisce, anche il popolo muore.
Per questa superiore ragione sociale la collaborazione tra capitale e lavoro è indispensabile.
Da che cosa è regolata la collaborazione tra capitale e lavoro nello Stato fascista?
La collaborazione tra capitale e lavoro nello Stato corporativo fascista è regolata dalla Carta del Lavoro.
Che cosa è la Carta del Lavoro?
La Carta del Lavoro è una specie di statuto il quale determina la formula dell’accordo che deve regolare la prestazione dell’opera.
Perchè lo Stato fascista tutela il lavoro?
Perchè il lavoro, sotto tutte le sue forme intellettuali, tecniche e manuali – è un dovere sociale; e come tale, e soltanto come tale, lo Stato lo tutela e lo disciplina.
Significa ciò che l’organizzazione è obbligatoria?
No. L’organizzazione sindacale o professionale è libera; ma solo il sindacato legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha diritto di rappresentare la categoria di datori del lavoro e di lavoratori per cui è costituito.
Quali diritti concede questo riconoscimento?
L’organizzazione sindacale riconosciuta dallo Stato, per questo riconoscimento, può tutelare i suoi iscritti di fronte allo Stato e alle altre associazioni professionali, stipulare contratti collettivi di lavoro, imporre contributi agli appartenenti, esercitare, rispetto ad essi, funzioni delegate di interesse pubblico.
Allora le corporazioni sono organi dello Stato?
La legge infatti le riconosce come organi di Stato.
Quali doveri hanno verso lo Stato i datori di lavoro?
Le associazioni professionali di datori di lavoro hanno l’obbligo di promuovere in tutti i modi l’aumento e il perfezionamento della produzione e la riduzione dei costi.
Come lo Stato interviene nelle controversie del lavoro?
Interviene con la Magistratura del Lavoro che è organo creato a tale scopo: essa opera quando le controversie sono causate da inadempienze dei contratti o da nuove condizioni di lavoro.
Che cosa si è raggiunto con la Carta del Lavoro?
Dopo secoli di lotte feroci e sterili si è raggiunta l’armonia delle varie classi: la solidarietà fra tutti i cittadini di fronte agli interessi superiori della Patria.
Questi interessi sono i limiti a ogni diritto individuale, da quelli della proprietà a quelli del lavoro e del salario.
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LA VITA E LA FORZA DELL’ITALIA FASCISTA
La fede, la disciplina, il lavoro, la produzione basteranno ad assicurare l’avvenire, il benessere e la potenza dell’Italia e degli italiani?
No, tutto ciò è poggiato sulla vitalità e sulla natalità del popolo italiano. Bisogna rammentare che la prima forza di una nazione, la possibilità della sua potenza e del suo benessere sta nel numero dei suoi figli.
Ma il popolo italiano non è forse il più prolifico?
Non è vero; la verità è diversa ed è triste; anche in Italia diminuiscono le nascite.
Il moto di diminuzione non è soltanto progressivo, ma si accelera ogni anno di più. I morti superano i nati. Le culle sono vuote, i cimiteri si allargano.
Come si spiega allora che le città diventano sempre più popolose?
Le città diventano popolose ma non per virtù proprie, sibbene perchè vi accorrono i rurali. Così si fa il deserto nei campi; ma quando il deserto estende le sue plaghe alla abbandonate e bruciate, la città è presa alla gola; nè i suoi commerci, nè le sue industrie possono ristabilire l’equilibrio ormai irreparabilmente spezzato perchè le famiglie rurali che prima erano prolifiche, fattesi cittadine, divengono sterili.
Come si porta’ impedire la diminuzione delle nascite?
È stato chiaramente dimostrato che la sterilità dei cittadini è in relazione diretta coll’aumento sproporzionato della città.
Occorre con ogni legge favorevole tener fermi i contadini e gli operai ai campi e ai piccoli centri; bonificare tutte le contrade oggi malsane per dare possibilità di lavoro e di vita ai rurali; occorre venire in aiuto con provvidenze varie alle famiglie che hanno ricca figliolanza.
Questo non è già ciò che il regime farà; è ciò che ha già fatto o è in via di fare.
E si potrà riuscire?
Non sarà impossibile, perchè il popolo italiano è ancora capace di reazione, perchè il suo costume morale è sano e viva è la sua coscienza religiosa.
E se non si riuscisse?
Sarebbe la morte della Nazione. Una nazione esiste non solo come storia e come territorio, ma come massa umana che si riproduce di generazione in generazione. Caso contrario è la servitù o la fine.
Se non si riuscisse ogni opera della rivoluzione fascista cadrebbe nel nulla.
Perchè?
Perchè a un certo momento campi, scuole, caserme, navi, officine non avranno più uomini.
Ma la natalità sarà quello che distinguerà il popolo fascista dagli altri popoli europei, in quanto indicherà la sua vitalità e la sua volontà di tramandare questa vitalità nei secoli.
Ma ci sarà posto e lavoro per altri milioni d’italiani?Si, lo ha detto il Duce.
In una Italia tutta bonificata, coltivata, irrigata, disciplinata, cioè fascista, c’è posto e pane ancora per dieci milioni di uomini. Sessanta milioni d’italiani faranno sentire il peso della loro massa e della loro forza nella storia del mondo.
Qual è dunque il comandamento del Duce?
Tornare alla Terra. Non si può parlare di ricostruzione nazionale, non si può parlare di grandezza da conquistare, se non si risolve il problema agrario.
Perchè?
Perchè l’Italia ha nella terra la sorgente maggiore di produzione e di ricchezza, e il cittadino italiano è, nel suo intimo, contadino anche quando non maneggia gli strumenti agricoli.
In che cosa essenzialmente consiste il problema agrario?
Essenzialmente consiste nella necessità urgente di ricavare dal suolo nazionale tutto quanto occorre alla vita materiale della Nazione, perchè questa possa vivere del suo e affrancarsi da ogni dipendenza straniera.
Gli altri Governi non hanno studiato l’importante problema?
Sempre il problema agrario è stato studiato dai Governi; ma il Fascismo ha sostituito la volontà tenace al desiderio vago, il provvedimento pronto ai lunghi studi delle Commissioni.
Potrà essere risolto il problema agrario?
Deve essere risolto, e sarà risolto. Il Duce, che ha viva simpatia per i rurali, tanto da qualificarsi con orgoglio contadino, vuole risolverlo, anche per un preciso dovere verso i contadini.
Che cosa occorre prima di tutto?
Prima di tutto occorre che i lavoratori restino affezionati alla loro terra, non se ne allontanino, ma formino quasi una cosa sola con essa.
Come si potrà impedire che i contadini si allontanino dalla terra?
Aiutandoli perchè trovino il loro tornaconto a restare contadini; facilitando le varie forme di compartecipazione agli utili delle aziende agricole; consentendo che, per gradi, senza sbalzi repentini, che nuocerebbero all’economia rurale, essi giungano al pacifico possesso della terra.
Il contadino merita questo interessamento dal Governo?
Si. Non bisogna dimenticare che i nostri contadini, sani di corpo e di spirito, fecero la guerra eroicamente, e poi fermarono, col loro buon senso e il loro attaccamento alle istituzioni, la marea bolscevica che minacciava la Nazione. Essi hanno intatte le più belle virtù della nostra razza e costituiscono la spina dorsale della Nazione.
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LA PATRIA NEL MONDO
Quali sono i capisaldi della politica fascista?
Sono due: la dignità e l’utilità nazionale. Il Fascismo non farà mai una politica estera che non salvaguardi gelosamente la dignità dell’Italia; o non ne difenda a viso aperto i giusti interessi.
Esso segue perciò una politica di pace ma non di suicidio.
Che cosa significa precisamente: politica di pace ma non di suicidio?
Significa una politica che mira sinceramente e volontariamente a mantenere la pace, senza per questo compromettere l’onore e l’interesse, cioè la vita della Nazione, in omaggio a false ideologie.
Quali sono queste false ideologie?
È falsa ideologia che il diritto vinca sempre sulla violenza, che il bene vinca sempre sul male; sono false ideologie la pace perpetua e universale, la fratellanza dei popoli, ecc., ecc.
Ma una volta il popolo italiano non ha creduto a queste ideologie?
L’Italia ha creduto a queste ideologie e ha sinceramente operato a servizio di esse, ma l’esperienza della pace dopo la guerra fu amara. A sue spese l’Italia imparò che le nazioni le quali proclamano più forte quei principi, agiscono poi per i loro egoismi.
La Società delle Nazioni non è sufficiente garanzia per la giustizia e la pace?
Ammettiamo pure che la Società delle Nazioni abbia la buona intenzione di assicurare la pace; ma i mezzi di cui essa dispone non danno la sicurezza della buona riuscita.
Un disarmo generale non assicurerebbe la pace?
Nessuno può essere contrario a qualsiasi tentativo di disarmo, ma bisogna essere prudenti e circospetti.
Il Fascismo, che ama guardare la realtà fin nel suo profondo, non crede per ora alla possibilità del disarmo. Se anche esso fosse universale, completo, sincero, simultaneo, controllato, sarebbe sempre soltanto disarmo militare. Gli spiriti guerreschi sopravviverebbero e sopravviverebbe la possibilità che un popolo grande ingoi un popolo piccolo.
Allora avremo altre guerre?
Nessuno può sapere che cosa riserbi il destino all’Italia. Il Governo fascista vuole sinceramente la pace, e infatti nessun paese può vantare tanti accordi e trattati di pace quanti, in questi ultimi anni, ne ha conclusi l’Italia.
Ma desiderare la pace e adoperarsi per mantenerla non significa negare gli smodati egoismi, le gelosie, le invidie, i rancori internazionali.
L’Italia ha il preciso dovere di tenersi pronta alla difesa.
Che cosa occorre per essere pronti?
Per essere pronti a tutti gli eventi è necessario agguerrire l’Esercito, la Marina, la Aviazione e la Milizia.
E basta?
Non basta. Non sarà ancora possibile fare una politica estera di dignità e di fermezza se la nazione non darà quotidianamente spettacolo di ferrea disciplina, dentro e fuori i confini politici.
Perchè anche fuori i confini politici?
Perchè i cittadini italiani che vivono fuori dalla Patria devono essere i migliori collaboratori del Governo nella politica estera.
E come?
Se gl’italiani residenti all’estero danno quotidiano esempio di onesta laboriosità, di dignità, di geloso orgoglio nazionale, di civile disciplina, di fratellanza al di sopra delle classi e dei partiti, di rispetto per le leggi del paese che li ospita; danno la migliore prova del buon diritto dell’Italia a collaborare per la civiltà del mondo.
Insomma gl’italiani all’estero devono essere i propagandisti della loro Patria, per tenere alto il prestigio e facilitarne la sempre più larga espansione spirituale.
Che cosa significa espansione spirituale dell’Italia?
La nostra Italia, che è stata sempre maestra di civiltà, deve far conoscere agli altri popoli i prodotti del suo spirito, cioè la sua lingua, la sua arte, i suoi libri, le sue scoperte, le sue invenzioni, il suo lavoro: la sua civiltà, insomma.
Come si può riassumere dunque la nuova politica estera dell’Italia?
Si riassume in questa necessità che deve essere sempre presente ai governanti e al popolo: essere inesorabilmente forti, concordi, produttivi.
La concordia dà prestigio al Governo che parla in nome del popolo; la forza sostiene il prestigio del Governo; il lavoro produttivo affranca la Nazione dagli altri e rende il Governo veramente indipendente.
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IL DUCE
Che cosa è necessario alla buona riuscita di tutta la vasta opera di ricostruzione nazionale?
Alla buona riuscita di tutta la vasta opera di ricostruzione nazionale è necessario il concorde entusiastico sacrificio del popolo italiano guidato e illuminato dalla volontà ferrea di Benito Mussolini.
Chi è Benito Mussolini?
Benito Mussolini è il Duce del Fascismo e il Capo del Governo fascista. È il figlio prediletto della Patria rinnovellata: è Colui che riuscì a salvarla dal precipizio verso cui correva con gli occhi bendati, ed ora la guida per il raggiungimento di superbe mete degne del passato.
Perchè è Duce del Fascismo?
Perchè è stato Lui che ha creato il Fascismo, cioè l’invitto difensore della Patria contro i figli bastardi e i nemici esterni, il tenace assertore del diritto dell’Italia.
Perchè è Capo del Governo?
Perchè soltanto il Capo del Fascismo che aveva sbaragliato i vari partiti trascinanti l’Italia alla rovina, poteva raccogliere la miseria eredità dei Governi precedenti e sulle miserie del tristo passato ricostruire l’avvenire. Questo capì il popolo che lo chiamò a gran voce, questo capì il RE che gli affidò il governo del Paese.
Da chi gli deriva allora il potere?
Il potere di Benito Mussolini deriva insieme dal Re e dal Popolo.
Quando è nato Mussolini?
Mussolini è nato nel 1883. Tra gli uomini politici che guidano le grandi nazioni del mondo, Egli è il più giovane e il più grande.
Dov è nato?
È nato a Predappio, provincia di Forlì; ma non importa il paese dov’è nato. Egli è figlio dell’Italia e l’Italia tutta lo adora come il migliore dei suoi figli.
Viene da famiglia nobile?
No: suo padre era un fabbro che piegava sull’incudine il ferro rovente. Egli stesso da piccino aiutava il padre nel duro e umile lavoro.
E come è potuto salire così alto?
Con la volontà tenace, la operosità instancabile, la fiducia serena nelle sue forze, l’amore ardente per la Patria e il Popolo.
Quali sono le sue ambizioni?
Non ha alcuna ambizione personale.
L’unica sua ambizione è quella di render forte, prosperoso, grande e libero il popolo italiano.
Qual è dunque la sua grande meta?
Fare il XX Secolo veda Roma, centro della civiltà latina, dominatrice del Mediterraneo, faro di luce per tutte le genti.
Ama dunque il popolo?
Lo ama gelosamente, ma severamente: non cerca di blandirlo con la retorica sonora di belle frasi, ma di educarlo a virili propositi: e se domani fosse necessario essere duro con esso, saprebbe esserlo.
Ama molto i ragazzi?
Moltissimo. È il suo più tenero affetto. Egli vede nei ragazzi di oggi l’avvenire della Patria, e vuole e si adopera perchè siano degnamente preparati.
Per questo il popolo lo segue?
Per questo il popolo lo segue e lo ama, e questo amore è la migliore ricompensa alle sue fatiche.
Gli costa fatica il Governo?
Una fatica immane; e non si stanca perchè appartiene alla razza dei nuovissimi italiani, che non si sgomentano mai, ma procedono sempre intrepidamente per la strada segnata dal destino. Egli stesso dice: “se avanzo, seguitemi; se indietreggio, uccidetemi; se mi uccidono, vendicatemi”.
Qual è il motto della sua vita?
Il motto della sua vita è quello dell’italiano nuovo: “Durare e camminare”.
Qual è il dovere degl’italiani verso Mussolini e verso la Rivoluzione fascista?
E’ contenuto in questo: «Giuro di eseguire senza discutere gli ordini del Duce e di servire con le mie forze e, se necessario, col mio sangue, la causa della Rivoluzione fascista».











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mercoledì 22 maggio 2019

I RIBELLI SIAMO NOI



                                                                                                                                       

sabato 18 maggio 2019

L´AMERICA SUL PIEDE DI GUERRA

Imperialismo: L'America sul piede di guerra                  
 

Mentre noi stiamo qui a preoccuparci di quello che ha detto Salvini in risposta a quello che aveva detto di Maio rispondendo a Salvini, gli Stati Uniti vanno avanti per la loro strada. O meglio, tornano indietro.
Non contenti per il fallimento delle guerre in Afghanistan e Iraq, ora vogliono fare addirittura la guerra all'Iran.
Lasciato solo fra le grinfie dei neocons, il pacioccone isolazionista Donald Trump si sta lentamente trasformando in uno dei falchi più agguerriti che l'America abbia mai conosciuto. Con diversi repubblicani che dichiarano apertamente in televisione che "distruggere l'Iran sarebbe una cosa semplicissima", il neocons John Bolton ha ormai preso in mano la politica estera americana, e sta programmando di mandare nella zona del Golfo Persico centinaia di migliaia di soldati americani. 120.000, per l'esattezza, ovvero lo stesso numero che era stato impegnato nel 2003 per invadere l'Iraq. Curiose coincidenze.
Peccato che l'Iran non sia l'Iraq. Non si tratta cioè di uno stato costruito a tavolino dagli occidentali, tirando quattro righe nel deserto, ma di una vera e propria nazione con una storia millenaria, dotata di una fortissima identità sociale e religiosa, disposta a combattere fino all'ultimo respiro prima di cedere le armi all'odiato aggressore americano.
Ma questo agli americani non importa, per loro è importante fare le guerre, non è importante vincerle.
L'industria bellica americana produce costantemente nuove armi e nuove tecnologie, e la spinta ad utilizzarle è tale che prima o poi qualunque presidente ne viene sopraffatto.
Il nemico del giorno in realtà per loro non ha importanza, quello che è importante è continuare a spedire armi, soldati e munizioni in ogni parte del mondo.
Se tu hai una fabbrica di chiodi, ti devi anche preoccupare che la gente possegga dei martelli adatti per poterli piantare. Ogni guerra fatta dagli americani non è altro che un chiodo che ha trovato il suo martello.
E' così, e non c'è niente da fare. È nella loro natura, e la cosa incredibile è che gli americani non se ne rendono conto. Fra l'elite del complesso militare-industriale e la popolazione, infatti, ci sono i media, che fanno da filtro e raccontano a 300 milioni di rimbecilliti che bisogna andare a fare la guerra all'Iran "perché proteggono i terroristi e mettono a rischio le democrazie occidentali".
E loro ci credono, tirano fuori la loro bandierina a stelle e strisce, e continuano a ingurgitare le loro hamburger.
Da una parte gli americani hanno messo in piedi una macchina consumistica che è impossibile da saziare, se non andando continuamente a depredare le ricchezze delle altre nazioni. Dall'altra, questa macchina consumistica produce anche armi e munizioni, che vanno utilizzate esattamente come tutti gli altri beni di consumo, e quindi le guerre sono semplicemente la soluzione ideale per risolvere contemporaneamente la doppia esigenza di consumare queste armi, portando a casa di volta in volta il bottino che serve a mantenere in vita una nazione affamata di consumi.
La cosa più divertente è gli americani sono convinti di essere la nazione più libera, giusta e democratica del mondo.
Massimo Mazzucco
https://www.luogocomune.net/LC/16-geopolitica/5226-l-america-sul-piede-di-guerra

                                                                                                                                      

venerdì 10 maggio 2019

Storia Contemporanea

Storia Contemporanea

Anche se la speranza è che questo articolo lasci un po’ di rabbia nel lettore, la prima notizia è, a suo modo, tranquillizzante: non preoccupatevi, finora calma piatta. All’orizzonte nessun segnale di cambiamento anche perché nessuno sospetta che ci sia anche questo problema. O, per lo meno, che il problema sia grosso come in realtà è. E cioè che in Italia si fanno pochi documentari di Storia. Come mai? La risposta arriverà tra un po’. Per ora partiamo dalla premessa, che è la solita: l’Italia che è un gigante dal punto di vista artistico-storico-culturale diventa un nano non appena si cerchi, in un modo qualunque, di trasformare in peso specifico questa dote unica al mondo. Che sia la gestione dei musei o del flusso turistico, la conservazione dei beni culturali o la tutela dei centri storici o del paesaggio, la consapevolezza della nostra Storia o la valorizzazione dei giacimenti culturali «periferici», l’organizzazione dei fondi archivistici o la divulgazione: qualunque sia la carta presa dal mazzo il risultato è sempre lo stesso. Un ritardo spaziale rispetto agli altri Paesi europei, uno schiaffo in faccia alla logica, un insulto a quella che è la nostra incredibile (e per lo più trascurata) eredità storico-culturale.
In linea con tutti gli scandali e le inefficienze italiane che da anni vengono messe in fila da magistratura e stampa d’inchiesta, anche l’assenza di una produzione di documentari storici qualitativamente e quantitativamente all’altezza della storia italiana ha radici numerose, complesse e sufficientemente aggrovigliate. Ritardi culturali complicati dalla burocrazia; la latitanza degli imprenditori che va a braccetto con un mercato nostrano - in apparenza? – asfittico; il deficit di progettualità che trae linfa dalla scarsa considerazione dei grandi operatori stranieri abituati a considerare il mercato italiano come un mercato di acquirenti, neanche troppo sofisticati, e non certo di produttori, men che meno di qualità. Eh già, perché quello che si vede nelle reti generaliste o nei canali satellitari o del digitale terrestre, ha una sponda anche nel campo del documentario storico: che siano i cartoni animati Disney o giapponesi, che sia il Dottor House oppure le «Casalinghe disperate», un quiz come «Chi vuol essere milionario» o un gioco come «Affari tuoi», oppure un reality come il Grande Fratello o «X Factor» la nostra TV è sfacciatamente debitrice dei format e delle serie prodotte all’estero, in primis negli USA ovviamente. L’Italia è un mercato televisivo di primo piano per più di un aspetto ma da noi la produzione è secondaria rispetto alla trasmissione di programmi realizzati all’estero o è incanalata nella riproposizione di format TV (cioè di modelli di programmi da seguire scrupolosamente) comprati a caro prezzo sul mercato internazionale. Così come le nostre emittenti, quando vogliono trasmettere qualche cosa di storico, si svenano per comprare documentari prodotti dalla BBC, da Discovery Channel o dalla statunitense A&E Television Network, proprietaria – tra le altre cose – del marchio «History Channel». Ovviamente c’è anche altro, soprattutto prodotto in casa RAI ma, come vedremo tra poco, non c’è comunque da stare allegri.
Ma quali sono – e dove – gli spazi per i documentari storici? La risposta più semplice riguarda Mediaset: da nessuna parte. Le televisioni fondate da Berlusconi riflettono alla perfezione gli orientamenti culturali dell’uomo che le ha create (salvo poi denunciare a ripetizione una presunta preponderanza culturale dei propri avversari, preponderanza che non si è mai cercato di contrastare in alcun modo segno che o non è così fastidiosa o non è così preponderante): poco spazio alla cultura, nessuno alla Storia. Ogni tanto qualcosa faceva capolino su Rete 4: la trasmissione «Solaris» tra un bel po’ di natura ogni tanto si concedeva qualche tema storico, per lo più con documentari d’acquisto realizzati all’estero. Quando poi trasmissioni come «Vite Straordinarie» si accostano a temi storici (es. Mussolini o Padre Pio) la mano invece che al telecomando vorrebbe correre direttamente alla pistola. Tempo fa Claudio Brachino si cimentò con una trasmissione dal titolo «Top Secret» (Italia 1) ma considerarla una trasmissione di inchiesta storica sarebbe eccessivo. Andando molto indietro nel tempo c’è stato anche il caso, invero un po’ patetico, di Roberto Gervaso, ridotto a parlare a ruota libera anche di personaggi storici, in piena notte, o quello, più ambizioso, della «Macchina del Tempo» (per qualche tempo diventata anche una TV satellitare e una rivista senz’anima) condotta da Alessandro Cecchi Paone. Cecchi Paone ha cercato di accreditarsi come divulgatore storico, prendendo la scorciatoia di acquistare documentari stranieri in cui inserire, ogni manciata di minuti, un proprio intervento. In seguito, Cecchi Paone, con meno mezzi ha fatto la stessa operazione (sempre su Rete 4) con «Appuntamento con la Storia».
Se il capitolo Mediaset è cosa che si risolve in poche righe non è così per quello RAI. La TV di Stato italiana infatti, pur tra mille ritardi, settarismi e miopie, ha prodotto e produce molti documentari ma continua ad acquistarne troppi all’estero, limitando così gli spazi per l’industria documentaristica italiana. Di quelli che sono i limiti strutturali di un sistema televisivo che non investe in cultura si dirà più avanti. Qui – visto che di RAI si parla – basterà anticipare un elemento: la TV di Stato tende ad acquistare, quando acquista, tutti i diritti dei documentari che intende trasmettere. Cosa vuol dire? Vuol dire che il produttore privato che abbia realizzato un documentario se vuole venderlo alla RAI (come del resto fanno anche altri grandi del panorama televisivo internazionale) deve cedere ogni diritto sulla sua opera. In pratica non potrà rivendere la sua opera, ad esempio, ad altre emittenti straniere ma si dovrà accontentare dell’unica vendita alla RAI per cui la vita del documentario si risolve in una unica messa in onda, sovente con tagli sostanziosi e nessuna citazione di chi l’ha realizzato e prodotto.
Se a coronamento di tutto questo si aggiunge che il prezzo di mercato di un documentario di circa 50 minuti difficilmente supera i 20 mila euro e molto spesso scende molto più in basso, ecco che un rapido elenco delle spese necessarie a produrre il documentario può lasciare i non addetti ai lavori attoniti quasi quanto quelli del settore. La cifra che si riesce a spuntare deve comunque coprire i costi di riprese, viaggio e montaggio, di scrittura e regia, lo speaker, la grafica, eventuali materiali di repertorio, diritti di ripresa in alcuni luoghi, magari intervistati celebri che chiedono un compenso… La premessa per la nascita di una industria del settore sarebbe quindi la possibilità per i produttori di mantenere la proprietà delle proprie opere e di cederne lo sfruttamento per un certo periodo o per un certo numero di repliche ad una sola emittente per ogni nazione e per ogni canale di trasmissione. Insomma, si può vendere in Italia ad una TV generalista e ad un canale satellitare a pagamento e, contemporaneamente, ad un canale tematico in Germania e ad uno in Polonia e così via… Si potrebbero quindi realizzare contemporaneamente più vendite in diverse realtà, ricavando cifre maggiori da quelle di un’unica e definitiva vendita ad una sola emittente. Ma per farlo c’è bisogno di un po’ di ossigeno finanziario e bisogna avere un catalogo, bisogna cioè differenziare l’offerta, avere più prodotti da vendere per soddisfare il maggior numero di potenziali acquirenti: il documentario che può interessare in Germania magari non va bene in Brasile oppure quello che può piacere alle TV arabe non è commercializzabile in Russia. Ma come porsi, da produttori di storia italiani in uno scenario globale se la TV commerciale predominante non si cura del tema e quella di Stato non stimola la produzione nazionale (cosa che invece fa, ad esempio, per il cinema o la fiction)?
A breve la definitiva affermazione del digitale terrestre e il possibile varo di nuove piattaforme satellitari in competizione con Sky, oltre alla diffusione delle web TV ormai già sbarcate sugli schermi casalinghi, porterà ad un allargamento esponenziale dell’offerta di programmi televisivi. Con il prevedibile effetto, in tempi brevi e medi, di una mega-corsa al riciclaggio: da sempre l’innovazione tecnologica precede l’offerta di contenuti: prima è arrivata la radio e poi ci si è chiesti cosa trasmettere e per quanto tempo; così è stato per la televisione e, in tempi più recenti, per internet. Tutti i grandi operatori volevano creare dei portali ma avevano difficoltà a riempirli: è storia di pochi anni fa. Con l’esplosione di canali che ci sarà da qui a un paio d’anni il fenomeno è destinato a ripetersi. Con quali conseguenze? La prima è che chi potrà darà fondo ai magazzini, per cui saremo sommersi da quello che già è andato in onda. Cosa che del resto già fa, tanto per restare dalle parti di Viale Mazzini, la RAI col suo canale satellitare «Raisat Extra» (canale Sky 120) o il neonato «RAI Edu Storia» (canale Sky 806). E se «Raisat Extra» nasce come canale che offre il meglio della programmazione delle tre reti RAI nei giorni immediatamente precedenti (e non a caso risulta essere uno dei migliori canali satellitari) «RAI Edu Storia» nei suoi primi mesi di vita ha offerto – solo nella fascia serale – soprattutto puntate della «Storia siamo noi» di Giovanni Minoli (che non a caso, come direttore di RAI Educazione, è il promotore di questa iniziativa) e altro materiale decisamente datato. Detto questo Minoli ha – insieme al difetto di non stimolare la produzione esterna per i motivi che si son già detti - il pregio di avere, comunque, un progetto di comunicazione storica che, facendo leva sull’immenso archivio RAI, punta a raccontare l’Italia e la sua storia. Peccato che la Storia de «La storia siamo noi» sia solo quella del Novecento, anzi soprattutto quella del secondo Novecento: insomma restano fuori oltre venticinque secoli di fatti e personaggi italiani. Un «buco» un po’ troppo grosso per chi ha ambizioni di divulgazione storica. Detto questo, il prodotto storico della squadra di Minoli è per forma e contenuti nettamente migliore di quello prodotto da altre realtà RAI.
Decentramento, decentramento, decentramento: in RAI il localismo contenutistico viene da sempre praticato con coerenza non sempre proporzionata alla qualità finale. Con la sola eccezione dello sport – RAI Sport offre i propri servizi a tutte le reti di Viale Mazzini – per tutti gli altri temi si va di preferenza in ordine sparso. E così parlano (saltuariamente) di storia gli Angela su RAI Uno e RAI Tre, il TG1 ha una rubrica settimanale di Storia affidata al bravo (ma lasciato un po’ solo) Roberto Olla che nella stessa struttura giornalistica si ritrova, tutte le mattine, i «fondamentali» servizi di Gianni Bisiach (81 anni) titolare inamovibile della rubrica «Un minuto di storia», realizzata come se fossimo ancora negli anni Sessanta e non nel 2009. Su RAI Tre c’è «Enigma» condotto da Corrado Augias che con lo stile dell’inchiesta da studio costruisce, a metà fra storia e costume, puntate sui paralleli tipo «Sissi e Lady Diana» oppure passando con superficiale disinvoltura da Moana Pozzi alla Callas, da Mussolini a Che Guevara, da Grace Kelly a Bernardo Provenzano. A completare il panorama le rade puntate a tema storico di «Porta a Porta», con la solita compagnia di giro di più o meno ottuagenari «esperti» che va da Arrigo Petacco al senatore Giulio Andreotti. Ma il capitolo più discutibile è quello de «La Grande Storia». Una struttura che riesce a produrre ogni anno una manciata di documentari che girano, nella stragrande maggioranza dei casi, intorno ai soliti temi: Fascismo, Nazismo, Comunismo. Il programma fa parte del «Progetto Storia» di RAI Tre così come «Enigma» e «Correva l’anno» (curioso fenomeno che vede la presenza fissa del solo Paolo Mieli che, in genere, chiude la trasmissione raccontando in cinque minuti quello che si è appena visto in 50). Della «Grande Storia», questo giornale si è già occupato nel numero 11 del settembre 2006 per documentare l’incredibile serie di strafalcioni e superficialità di due documentari (su l’Oro di Dongo e sulla battaglia di Montecassino) mandati in onda tra la fine di agosto e il primo settembre di quell’anno. Ma la storia della «Grande Storia» vanta altre perle, il cui «valore» è amplificato dalla supponenza con cui i documentari vengono presentati nonostante la frequente sciatteria dei testi sovente sganciati dalle immagini. Eppure a disposizione ci sono gli immensi archivi dell’Istituto LUCE, archivi la cui vastità non autorizza a scegliere una immagine a caso: quando, ad esempio, si parla di Mussolini nel 1943 è ammissibile mostrare un Mussolini di 10, 15 anni prima? La Storia richiede precisione che non è pignoleria ma semplicemente informazione corretta, soprattutto quando non si può addurre la scusante della carenza di immagini o quella del poco tempo a disposizione. C’è gente come il celebrato Nicola Caracciolo che passa mesi e mesi per confezionare prodotti sempre uguali e montati come se fosse ancora al tempo della sua gioventù che coincide con il periodo che continua a raccontare in modo ossessivo, trovando ogni volta il «filmato inedito». A proposito di inediti, sempre la «Grande Storia» anni fa mandò in onda, in due puntate, un documentario sugli ultimi giorni di Mussolini firmato dall’americano Peter Tompkins che giunse anche a stravolgere il senso di una fondamentale testimonianza per piegarlo alla sua tesi. Caso piuttosto raro nella storia del documentario la seconda puntata si chiuse con un cartello di scuse e di rettifica. Solo un cartello…
Troppi esempi su Mussolini e il Fascismo? Il problema è che (non sola) la «Grande Storia» ama cimentarsi soprattutto con certi temi, sia per ragioni di audience sia perché avendo a disposizione l’archivio dell’Istituto LUCE, è giocoforza limitarsi al Novecento. Anche per la «Grande Storia» la grande storia è solo quella del XX secolo: prima devono essere avvenute solo cose trascurabili… In realtà l’Istituto LUCE rappresenta un altro ostacolo allo sviluppo del documentario storico italiano. Un ostacolo perché, offrendo molto materiale su relativamente pochi aspetti (Grande Guerra, Fascismo, periodo coloniale, monarchia, Seconda guerra mondiale, guerra civile, ricostruzione, boom economico…) vellica la pigrizia di autori e registi, indirizzandoli sempre verso i soliti temi. Ed è anche un ostacolo perché la sua privatizzazione ha creato una strozzatura sul fronte produttivo difficilmente aggirabile. Nonostante alcuni recenti accordi con la giovane associazione dei documentaristi italiani (Doc/it, Associazione dei documentaristi italiani, www.documentaristi.it) il LUCE vende il materiale d’archivio a costi e condizioni comunque sproporzionate rispetto alla realtà del mercato: diverse centinaia di euro per ogni minuto e che devono essere corrisposte ogni volta che il documentario viene messo in onda. Con i prezzi che corrono non è quindi difficile capire che è un po’ complicato montare un documentario di 50 minuti anche con solo 5/10 minuti di filmati di repertorio. Ci sono poi altri esempi da fare: ad esempio quello dei National Archives di Washington dove il materiale è gratuito e si paga solo il riversamento dal master alla cassetta digitale. Chi ottiene il materiale ne diventa proprietario e può farne ciò che vuole. Questo nell’America che molti, in tutti gli schieramenti, hanno per modello, salvo poi non copiarla nelle cose che oggettivamente fa in modo encomiabile e democratico. «Democratico» è il termine giusto perché il LUCE era, di fatto, un archivio pubblico audiovisivo. Con la sua privatizzazione si è fatto in modo che un bene pubblico (in questo caso migliaia di ore di riprese storiche) venisse trattato in termini di «mercato» (anche se, come si è visto, del reale andamento di mercato non si cura) privando così gli italiani del pieno godimento di un patrimonio comune. Una scelta fatta già anni addietro e che ora può sembrare di grande attualità visto che per rimediare allo sfascio del nostro patrimonio storico-museale-paesaggistico si parla sempre più di frequente dell’ingresso di privati nella gestione di realtà come Pompei o Venezia. Ma ora che anche l’acqua potabile di molti e importanti comuni sta per essere affidata in gestione ai privati, perché stupirsi di come si cerca di cavar denaro da vecchi rulli di pellicola?
Fabio Andriola
direzione@storiainrete.com


                                                                                                                                              

sabato 4 maggio 2019

PER RICORDARE Ercolina Milanesi

 

Ercolina Milanesi

Poche settimane 5 gennaio 2017, in un’Italia presa nella morsa del gelo, si spegneva, dopo una breve malattia, Ercolina Milanesi. Se ne andava così, nel silenzio di Gemonio, un paesello di poche migliaia d’anime dove da anni si era ritirata a vivere, in esilio più che in eremitaggio, nella solitudine, ma senza troncare i legami col mondo esterno, mantenuti attraverso i moderni mezzi di comunicazione – il telefono ed internet. E, beninteso, senza abbandonare la scrittura, che ha proseguito fino agli ultimissimi giorni della sua esistenza terrena.
Nata a Nizza Monferrato, laureatasi in Scienze Politiche all’Università Bocconi di Milano, ha dedicato la sua vita al giornalismo, scrivendo su diversi quotidiani nazionali («Il Popolo d’Italia», «La Prealpina di Varese», «Libero», «Il Giornale d’Italia» di Roma, «Il Secolo XIX», «Il Messaggero», «La Voce di Parma» ed altri), su riviste culturali (fra le quali «L’Altra Voce») e su testate quali «The Washington Post» (Stati Uniti), «The Economist» (Inghilterra), «Nice-Matin» (Costa Azzurra), «Le Figaro» (Francia), «Xebat» (il quotidiano più prestigioso nel Kurdistan dell’Iraq), «Panorama Curdo» e «Pravda» (Russia), solo per citare le principali. Nel 2009, la sua pagina su Facebook fu la più visitata e tradotta a livello mondiale, apprezzata soprattutto nei Paesi Latino-Americani. Articoli precisi, puntuali, spesso graffianti nelle loro impietose analisi della realtà ma sempre alieni dalla polemica fine a se stessa; sempre in prima linea con le sue osservazioni ed i suoi articoli, è stata definita «la reazionaria», nomignolo che ha portato con orgoglio.
Ercolina (Lillina per gli amici) non ha avuto una vita facile: aveva dodici anni quando la caduta del regime fascista, che la sua famiglia aveva appoggiato, l’ha costretta a fuggire, scampando per un soffio ad una banda partigiana che fece irruzione in casa sua; alcuni suoi familiari subirono violenze da parte dei partigiani ed un suo zio fu ucciso. Nel dopoguerra è andata a studiare in Inghilterra, dove è entrata in contatto con ambienti irlandesi (ed ha rischiato di finire sotto processo come corriere dell’I.R.A., per una sua leggerezza ed ingenuità anziché per una qualche adesione). Queste ed altre sue vicende sono state narrate in articoli apparsi sul web e nel romanzo semi-autobiografico Dolci, tristi ricordi, edito dalla G. Iuculano Editore nel 2007. Un libro in cui sono declinate le molteplici facce dell’amore, da quello acerbo dell’adolescenza a quello passionale della giovinezza, fino all’amore spiritualmente più elevato, che porta chi lo vive a dimenticarsi di se stesso e della propria vita per dedicarsi completamente all’altro; e nel quale brilla il suo grande attaccamento verso la sua famiglia.
Lontana dai riflettori e dal clamore del mondo mediatico, Ercolina ha sempre portato avanti le sue idee e i suoi interessi culturali. «Amo molto studiare» ha scritto di sé «e le mie materie preferite sono la politica estera (diverse volte sono stata inviata all’estero per “reportages”), la politica interna, la storia, la teologia e la filosofia». E, ancora: «La mia passione è scrivere, ed ho l’ardore di una ventenne».
Un ardore ed una vivacità che l’hanno portata a girare il mondo, a conoscere alcuni tra i «grandi» delle nazioni (come il Presidente Russo Vladimir Putin, per il quale nutriva una vera ammirazione, e che lui stimava a tal punto da invitarla a trasferirsi a vivere a Mosca, confermando che una stanza era già pronta per lei al Cremlino); né si è mai mostrata deferente verso chi deteneva il potere, ma ha sempre difeso le proprie posizioni, senza inutili orpelli o giri di parole, senza timidezza, scontando anche con l’incomprensione e l’isolamento da parte di alcuni la fedeltà alle proprie idee, ma suscitando in molti altri l’apprezzamento del coraggio e l’adesione ai suoi convincimenti. Pur riconoscendosi sempre nella Destra, nei suoi articoli non risparmiò critiche anche ad alcuni esponenti di quell’area politica. I suoi appunti di viaggio si leggono come racconti per la chiarezza espositiva, ma anche perché lei non rimane spettatrice esterna, ma con la sua prosa rigorosamente «soggettiva» si cala in prima persona nelle realtà che visita, descrivendo non tanto i luoghi ma le società, le persone comuni e la loro quotidianità di vita.
Ci mancherà, Ercolina: ci mancheranno le sue qualità, anche le sue critiche e le sue sferzate. Con lei, l’Italia ha perso una delle sue figlie di maggiore vigore, una donna dalle non comuni doti di chiarezza, onestà intellettuale ed anche sano patriottismo, tanto più importanti in un’epoca di relativismo e sterile livellamento verso il basso, verso una mediocrità culturale eretta a modello. Confidiamo che, dal Cielo ove ora eternamente risiede, insieme a molti suoi cari, possa vederci e, perché no, guidarci.