Il 23 settembre 1943, costituitosi il governo della Repubblica Sociale Italiana, il Maresciallo d’Italia Rodolfo Graziani, nominato Ministro della Difesa, affidò subito dopo a Renato Ricci il compito di riorganizzare l’Opera Nazionale Balilla, sciolta a seguito degli avvenimenti del 25 luglio dello stesso anno.

L’Opera nazionale Balilla per l’assistenza e per l’educazione fisica e morale della gioventù, nota come Opera nazionale Balilla, in sigla ONB fu un’organizzazione giovanile del Regno d’Italia, istituita nel 1926. La denominazione fu ispirata alla figura di Giovan Battista Perasso, detto “Balilla”, il giovane genovese che secondo la tradizione avrebbe dato inizio alla rivolta contro gli occupanti austriaci nel 1746.

Dopo la marcia su Roma, Mussolini si pose subito il problema di come “fascistizzare” la società, a partire dai più giovani, per forgiare le nuove generazioni. Nel dicembre del 1925 Mussolini diede all’ex ardito Renato Ricci la guida del movimento giovanile del P.N.F. (l’Avanguardia giovanile fascista) il compito di “riorganizzare la gioventù dal punto di vista morale e fisico”.

La legge del 3 aprile 1926, n. 2247 sancì così la nascita dell’Opera Nazionale Balilla, come ente autonomo, che Ricci avrebbe diretto fino al 1937. Complementare all’istituzione scolastica, l’ONB era sulla carta “finalizzata… all’assistenza e all’educazione fisica e morale della gioventù”.

Vi avrebbero fatto parte i giovani dai 13 ai 18 anni, ripartiti in due sotto istituzioni: i balilla e gli avanguardisti e mirava non solo all’educazione spirituale, culturale e religiosa, ma anche all’istruzione premilitare, ginnico-sportiva, professionale e tecnica secondo l’ideologia fascista.

Adunata di Balilla con moschetto
Adunata di Balilla con moschetto

Lo scopo dell’ONB era infondere nei giovani il sentimento della disciplina e dell’educazione militare, renderli consapevoli della loro italianità e del loro ruolo di “fascisti del domani”. L’ONB confluì, insieme con i Fasci giovanili di combattimento, nella Gioventù italiana del littorio nel 1937.

Migliaia di giovanissimi volontari di quest’ultima, combatterono valorosamente nel deserto libico-egiziano nel dicembre del 1941 nella celebre battaglia di Bir el Gobi inquadrati nel Gruppo battaglioni “Giovani Fascisti”.

Nata la Repubblica Sociale nel settembre del 1943, come detto il neo ministro della Difesa Rodolfo Graziani decise di riportare in vita l’Opera Nazionale Balilla e già il 24 affidò il compito alla persona con l’esperienza necessaria per la sua rapida ricostituzione. Si trattava del gerarca di Carrara Renato Ricci , colui che aveva presieduto per tutta la sua durata, proprio l’O.N.B.

Scopo dell’Opera Balilla era anche infondere nei giovani il sentimento della disciplina e dell’educazione militare, renderli consapevoli della loro italianità e del loro ruolo di “fascisti del domani”. Ad essa vennero affidati gli stessi compiti dell’organizzazione che l’aveva preceduta, e cioè non solo educazione spirituale, culturale e religiosa, ma anche istruzione premilitare, ginnico-sportiva, professionale e tecnica.

Essa era formata da: figli della lupa, balilla, piccole italiane, giovani italiane e avanguardisti. In essa la parte di maggior rilievo, era costituita da quest’ultimi, i giovani avanguardisti. L’età minima per l’arruolamento era fissata a 15 anni. Vedremo più avanti che furono molti coloro che fecero “carte false” per poter essere arruolati in diverse città del Nord Italia.

Così agli inizi del 1944, con le direttive emanate da Ricci il 15 gennaio, ai giovani appartenenti alle lassi 1926, 1927 e 1928 denominanti “Avanguardisti Moschettieri” fu consentito l’arruolamento volontario in un corpo militare (anche se non destinato al combattimento), che sarà denominato “Fiamme Bianche” per le candide mostrine esibite sul bavero della giacca.

La divisa, grigioverde, era costituita da giacca e pantaloni alla paracadutista (giacca tipo sahariana stretta alla vita da una cintura e pantaloni lunghi serrati alla caviglia subito sopra gli scarponi e sborsanti all’estremità). Il berretto era un basco nero con un fregio argenteo rappresentante una Emme maiuscola con, in mezzo, un fascio repubblicano.

Il primo reparto “Squadre d’Azione Fiamme Bianche” venne formato a Milano, seguirono poi Genova e le altre città del Nord. In ogni provincia, si aprirono gli arruolamenti e si costituirono i battaglioni , uno in ciascuna provincia, di “Fiamme Bianche”.

Le domande di arruolamento furono ovunque numerosissime, tanto che cominciarono a difettare le divise e i moschetti. I giovani volontari vennero sistemati in apposite caserme e iniziarono la loro vera e propria vita militare, presto i giovani nati nel 1926 sarebbero stati chiamati a far parte di reparti combattenti.

Il 20 maggio del 1944, venne l’ordine di concentrare tutti i reparti provinciali in un Campo Dux (il XXII) dove l’addestramento militare sarebbe stato completato. Fu così che circa 4.000 avanguardisti vennero inviate al campo di Velo d’Astico (Vicenza) ed organizzati in 4 battaglioni articolati su 3 compagnie,  posti direttamente alle dipendenze del Comando della Guardia Nazionale Repubblicana.

Durante il viaggio di trasferimento delle “Fiamme Bianche” Toscane, successe un tragico evento. La partenza avvenne il giorno 22 maggio, in treno, lungo la vecchia e lunga Porrettana, con arrivo a Bologna il mattino del 23. Dopo una breve sosta, verso le ore 11 il treno ripartì in direzione di Ferrara e del Po. Raggiunta Ferrara e attraversato il Po, ora il treno di trova nei pressi della piccola stazione di Canaro, 12 chilometri dopo Ferrara.

Alle prime ore del pomeriggio, tre aerei “Lighting” attaccarono il treno mitragliandolo ripetutamente. Viene distrutta la locomotiva, ucciso il macchinista e particolarmente colpiti i primi vagoni. Le giovani “Fiamme Bianche” si gettano fuori e cercano di ripararsi alla meglio, tragico fu il bilancio. Sei “Fiamme Bianche” uccise, oltre a quindici feriti fra cui quattro ufficiali (Magg. Lancellotti, Cap. Piccolomini da Siena, Capitano Scardino – il più grave, gli fu amputata una gamba – e il Ten. Copercini).

Sistemati in tende a sei posti, i giovani avanguardisti iniziarono con entusiasmo il duro addestramento fatto di marce, esercitazioni notturne ma anche di esercitazioni con le armi e addestramento al combattimento. Gli ufficiali che li comandavano appartenevano alla Guardia Giovanile Legionaria, dipendenti direttamente dal Comando Generale della G.N.R.

Nel luglio, in previsione della prossima chiusura del Campo, le giovani “Fiamme Bianche” cominciarono a pensare alla loro destinazione futura. Quelli giudicati idonei, sarebbero stati assegnati come complementi a quei reparti che ne avessero fatta richiesta. Alcuni  sarebbero  stati arruolati nella Decima Flottiglia Mas, altri nei paracadutisti, altri nei bersaglieri, altri in vari battaglioni GNR. Qualcuno finirà anche in qualche Brigata Nera dove già militavano un padre o un fratello.

L’addestramento proseguì come da programma fino all’agosto del 1944, e precisamente il 10 allorchè fu ordinata la chiusura del XXII Campo DUX.  Fu allora che il comandante del Campo, Maggiore Giorgio Carlevaro, reduce dalla Russia, propose la costituzione di un Battaglione d’Assalto autonomo che avrebbe conservato le fiamme bianche sulle quali, in luogo dei fascetti dell’O.B. sarebbero state appuntate le doppie “M” della GNR.

Molti accettarono con entusiasmo e il Battaglione si costituì su tre compagnie di circa cento uomini ciascuna, con i reparti che proseguirono in  maniera ancora più impegnativa l’addestramento. Intorno alla metà del mese la seconda compagnia era stata spostata a Tonezza a presidiare la ex colonia montana dove, fino ai primi di luglio, aveva funzionato una scuola Allievi Ufficiali poi spostata a Vicenza.

Il 19 dello stesso mese la prima compagnia venne destinata a Tonezza, mentre la terza sarebbe rimasta a Velo d’Astico. La compagnia, dopo una marcia di diverse ore, attraverso Arsiero e il monte Cimone, giunse in vista della ex Colonia verso mezzogiorno.

Dopo pochi minuti un gruppo di partigiani sferrò l’attacco con bombe e armi automatiche. Ai primi spari, che subito si infittirono, i giovani risposero al fuoco e corsero alle finestre. Dopo il primo comprensibile smarrimento, le Fiamme Bianche con i loro ufficiali cominciarono a produrre un nutrito fuoco con i fucili e le pistole. Il reparto aveva in dotazione anche una mitragliatrice una Breda 37, che come troppo spesso succedeva si  inceppò.

Ed ecco un grande fragore: una mina, forse precedentemente collocata, fece crollare una parte dell’edificio. Il Tenente Pettinato tentò una coraggiosa sortita ma il mitra gli si inceppò e cadde sotto i colpi dei partigiani. Uditi gli spari il Tenente Chirico, telefonò al comando generale della GNR che invioò immediatamente un reparto di Granatieri che erano di guarnigione nella Valle d’Astico.

Prima del loro arrivo i partigiani si dileguarono lasciando sul terreno un caduto. Purtroppo anche le  Fiamme Bianche ebbero delle dolorose perdite. Caddero il Cap. Pirina, istruttore al citato Corso Allievi Ufficiali, che non aveva ancora lasciato Tonezza, il già ricordato Ten. Pettinato, le Fiamme Ciccarelli, Nasuti e Trevisan.

Quest’ultimo, ferito, era stato fatto prigioniero insieme al camerata Foppiano durante la sfortunata sortita con il Ten. Pettinato e i partigiani lo avevano ucciso. Foppiano, invece, riuscì a fuggire saltando da una roccia e rientrò a Velo d’Astico. Le sue indicazioni consentirono di recuperare subito il corpo del Trevisan.

Quando i granatieri giunsero alla caserma il maggiore Carlevaro aveva già schierato nel cortile le giovani Fiamme Bianche reduci dal combattimento che ricevettero i granatieri sull’attenti. Subito dopo le due compagnie tornarono a Valo d’Astico, e il maggiore Carlevaro elogiò il comportamento dei giovanissimi combattenti che furono tutti proposti per una Croce di Guerra.

Il 29 luglio 1944, a bordo di alcuni autobus, tutto il Battaglione venne portato a Gargnano, sul lago di Garda sede di alcuni Ministeri della Repubblica Sociale,  dove il Duce lo passò in rassegna fermandosi poi a parlare con i giovani che chiedevano insistentemente di poter essere inviati al fronte.

Le fiamme bianche ricevute dal Duce
Le fiamme bianche ricevute dal Duce

Da ricordare infine che le 4600 Fiamme Bianche presenti al campo DUX non furono le uniche. Molte non parteciparono al Campo ma rimasero presso i rispettivi Comitati Provinciali e furono utilizzate in vario modo: servizi di guardia, recupero dei morti per bombardamenti e assistenza ai feriti, ma anche azioni di contro guerriglia.

Questo significa che il numero dei giovanissimi che corsero ad arruolarsi nelle “Fiamme Bianche” è significativamente superiore a quei 4600 che parteciparono al XXII Campo DUX. Ed anche fra questi non andati a Velo d’Astico ci furono molti che riuscirono ad arruolarsi in reparti combattenti e vissero l’avventura della R.S.I. fino alla fine.

I battaglioni delle “Fiamme Bianche” nei giorni finali del conflitto furono tra gli ultimi reparti a deporre le armi, per questo motivo, a guerra ormai ampiamente conclusa, molti di loro al pari dei reparti della Guardia nazionale Repubblicana, della Decima, della Monterosa furono uccisi barbaramente.

Grazie per aver letto con tanta pazienza il nostro post, con la speranza che vogliate continuare a seguirci anche in futuro Vi salutiamo e diamo appuntamento al prossimo.