RADICI, STORIA E IDENTITÀ
Il dibattito politico e culturale cui stiamo assistendo in questi giorni sul rapporto dell’attuale quadro politico Italiano con alcune pagine di storia del Novecento dimostra tutta la confusione presente sul tema. Ed è una confusione riferibile al volere a tutti i costi “revisionare” un periodo storico che è di tutto il popolo italiano: quello del Fascismo, innanzitutto, e del suo contestato rapporto con le grandi tragedie che hanno attraversato l’intero Novecento.
Mai come in questa circostanza il termine “revisionismo” non ha senso o, se ce l’ha, è ambiguo. Perché mai nella storia un regime politico ha lasciato una così forte e generalizzata memoria di se stesso. Efficienti assetti territoriali, grandiosi piani urbanistici, suggestivi monumenti architettonici ma anche consolidate edificazioni istituzionali: tutto testimonia una spontanea ed entusiastica partecipazione di un’intera generazione alla sua epoca storica.
Questo è l’oggettivo dato storico che, in quanto tale, non è eludibile e, quindi, non è “revisionabile”.
In ogni movimento politico le origini ideali, storiche e culturali – che nel loro insieme formano le cd. radici – sono il punto di partenza del proprio percorso ma anche parte costitutiva ed insopprimibile della propria storia e, quindi, della propria identità. Vico diceva: “Verum ipsum factum”, ossia l’uomo conosce ciò che ha fatto; l’oggetto della sua conoscenza è la storia che è il campo della sua azione. Le stesse “radici” non sono un accidente dovuto al caso e, quindi, opportunamente rimovibili; ma sono il frutto dell’agire dell’uomo, sono l’esito di un processo di storicizzazione di una comune e convinta visione del mondo, sono il codice genetico in cui sono contenuti, potenzialmente, tutti i successivi sviluppi.
A tal riguardo, la natura ci è maestra. Le radici dell’albero possono svilupparsi ed è bene che sia così; esse devono prolungarsi e consolidarsi quanto più l’albero cresce, quanto più robusto è il tronco di cui sono la base, quanto più numerosi sono i rami in cui quell’albero si articola; le radici ne sono parte integrante ed insostituibile.
Qualunque cultura politica non può, pertanto, rinnegare e disprezzare le sue origini, componente insostituibile della sua storia e della sua identità. Diversamente, si cade nell’illusione illuministica del fare tabula rasa della storia per costruire un utopistico ordine nuovo perché senza passato e, quindi, senza futuro. La reazione a tale illusione fu il Romanticismo con il richiamo al grande potere evocativo delle proprie radici nella memoria storica dei popoli.
Le giuste modificazioni della cultura politica agli inevitabili mutamenti del corso della storia, comunque, rientrano in quel codice genetico nel cui ambito tutto si spiega ma contro il quale nulla può più essere. Il rinnegamento del passato, bollato con la categoria del “male assoluto”, è un assurdo sul piano filosofico, una sciocchezza sul piano storiografico e un segno di viltà sul piano morale.
Isses
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