CRIMINI PARTIGIANI : L'eccidio di Malga Bala
Imprigionati, deportati, avvelenati,
torturati ed infine tagliati a pezzi: fu questo il tragico destino di ben dodici giovani Carabinieri Reali, catturati nel
1944 dai partigiani comunisti sloveni e italiani alle Cave dei Predil, nell’alto Friuli.
I Carabinieri Reali, a quel tempo sotto il Comando tedesco, costituivano un presidio a difesa della
centrale idroelettrica di “Bretto di sotto”, oggi territorio sloveno, che
produceva energia per l’intera popolazione della vallata e per la miniera di
Cave del Predil, appunto, situata a 10 chilometri da Tarvisio.
A loro era stato chiesto, dopo l’8 settembre 1943, di rimanere al
loro posto, al fianco delle popolazioni, per assicurare la regolarità delle
funzioni civili (ordine pubblico e polizia giudiziaria) e delle funzioni
militari (protezione degli impianti industriali e di pubblica utilità).
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Stemma dei Carabinieri Reali |
La vigliaccheria partigiana delle bande armate comuniste in quel
periodo si accaniva contro obiettivi militari tedeschi mediante agguati e
attentati, ben sapendo che ciò avrebbe scatenato le rappresaglie naziste (consentite
dai codici di guerra) contro le popolazioni civili.
Dopo aver subito gli attacchi dei “valorosi” partigiani comunisti,
che prima si rendevano responsabili delle inevitabili rappresaglie e poi si
davano alla macchia, il commissario germanico Hempel richiese al Comando
militare la costituzione di un Distaccamento fisso di Carabinieri a protezione
della centrale idroelettrica.
Il 23 marzo 1944 però i partigiani assassini di Tito misero in
atto un piano criminale, volto a seminare terrore e a destabilizzare quei
territori su cui il comunismo titino voleva estendere i suoi artigli, pianificandolo
in due fasi.
Dapprima presero in ostaggio il Vicebrigadiere Dino Perpignano,
comandante del distaccamento, e il Carabiniere Attilio Franzan, catturandoli
mentre rientravano dal paese e si dirigevano verso gli alloggiamenti.
I due partigiani Ivan Likar, detto Socian, e Zvonko, costrinsero i
due prigionieri sotto la minaccia delle armi a pronunciare la parola d’ordine all’ingresso del Presidio, riuscendo così a penetrarvi
con facilità insieme agli altri comunisti assassini che nel frattempo avevano
circondato la caserma.
Una volta entrati i partigiani catturarono tutti i Carabinieri, sorprendendoli
in parte addormentati, e dopo essersi abbandonati ad un criminale saccheggio
dei locali, li costrinsero a portare in spalla tutto il materiale trafugato (armi,
munizioni, vestiti, cibo, attrezzi, e turbine) mentre a piedi si dirigevano
verso la salita che conduceva al Monte Izgora (circa mille metri di
altitudine), poi scendendo verso la Val Bausiza, e infine risalendo ancora
verso l’altopiano di Bala, appena fuori Tarvisio.
I dodici Carabinieri furono così deportati nel luogo in cui avrebbero trovato la morte per mano
assassina dei vili partigiani comunisti, dei quali ancora oggi le squallide
Associazioni come l’Anpi ne commemorano le gesta, a ribadire il loro disprezzo
per la Democrazia e i diritti umani.
La sera del 24 marzo 1944 i partigiani decisero di effettuare una
sosta, e di pernottare sull’altopiano di Logie, (853 metri di altitudine),
rinchiudendo i prigionieri in una stalla.
Quella sera la ferocia comunista e la vigliaccheria partigiana,
che hanno sempre contraddistinto l’operato degli “eroici” fautori della
cosiddetta “resistenza”, si manifestò con sadico cinismo.
Ai militari venne infatti servito un pasto caldo, costituito da un
minestrone nel quale era stata aggiunta soda caustica, varechina e sale nero,
nella consapevolezza che i prigionieri affamati avrebbero inconsciamente
mangiato tutto ciò che era nel piatto.
Il minestrone avvelenato fu preparato dalle donne della famiglia di
Lois Kravanja, uno dei partigiani del commando criminale, composta esclusivamente
da elementi comunisti titini, ben felici di esprimere così il loro odio
irrazionale e sadico.
Dopo breve tempo i Carabinieri avvelenati iniziarono a contorcersi
dal dolore fra atroci spasimi, urlando e implorando i loro carnefici in una
lunga agonia che si protrasse per diverse ore.
Il mattino seguente, il 25 marzo 1944, nonostante il fatto che i
prigionieri fossero stremati dalla dissenteria provocata dall’ingestione di
sale nero e in preda a dolori lancinanti causati dall’azione necrotica della
soda caustica, che nel frattempo aveva ustionato faringe, esofago e stomaco,
vennero obbligati dai “valorosi” partigiani comunisti titini a marciare fra
atroci sofferenze verso Malga Bala, la destinazione finale in cui sarebbero
stati uccisi.
Ecco i nomi delle dodici vittime della brutalità comunista e
partigiana :
AMENICI Primo (n. a Santa Margherita d’Adige (PD) il 5/09/1905)
Carabiniere
BERTOGLI Lindo (n. a Casola Montefiorino (MO) il 19/03/1921
Carabiniere
CASTELLANO Michele (n. a Rocchetta S’Antonio (FG) il 11/11/1910
Car. ausil.
COLZI Rodolfo (n. a Signa (FI) il 3/02/1920 Carabiniere
DAL VECCHIO Domenico (n. a Refrontolo (TV) il 18/10/1924 Carabiniere
FERRETTI Fernando (n. a San Martino in Rio (RE) il 4/07/1920
Carabiniere
FERRO Antonio (n. a Rosolina (RO) il 16/02/1923 Carabiniere
FRANZAN Attilio (n. a Isola Vicentina (VI) il 9/10/1913
Carabiniere
PERPIGNANO Dino (n. a Sommacampagna (VR) il 17/08/1921)
Vicebrigadiere
RUGGIERO Pasquale (n. a Airola (BN) il 11/02/1924 Carabiniere
TOGNAZZO Pietro (n. a Pontevigodarzere (PD) il 30/06/1912 Car.
ausiliario
ZILIO Adelmino (n. a Prozzolo di Camponogara (VE) il 15/06/1921
Carabiniere
Ecco di seguito le modalità attraverso cui la vigliaccheria
partigiana comunista ha confermato la sua infima caratura morale, non superiore
a quella di scarafaggi o di topi di fogna,
quali essi sono.
I prigionieri stremati e consumati dalla febbre, quasi tutti
ventenni (e mai impiegati in altri servizi tranne quello a guardia della
centrale, cui erano stati sempre preposti), vennero sottoposti allo sfrenato
sadismo che caratterizza l’operato degli aguzzini comunisti.
Il Vicebrigadiere Perpignano venne afferrato per primo e spogliato,
poi i partigiani gli conficcarono un legno ad uncino nel nervo posteriore di un
calcagno, e lo issarono con una corda legata ad una trave a testa in giù, come
se fosse un quarto di bue, infine non contenti gli squallidi assassini lo
incaprettarono e lo finirono a calci in faccia e in testa.
L’incaprettamento, per chi non lo sapesse consiste nel legare mani
e piedi dietro la schiena, facendo passare la corda attorno al collo e
provocando lo strangolamento a causa dei movimenti dell’incaprettato stesso.
Nel frattempo gli istinti più selvaggi e brutali dei partigiani palesarono
la loro indole criminale con comportamenti inumani, come quello di colpire i
prigionieri con violente picconate su ogni parte dei corpi.
I macellai partigiani tagliarono i genitali ad alcuni prigionieri,
ancora vivi, e glieli conficcarono in bocca, dimostrando un disprezzo che va al
di là dell’umana comprensione e proseguendo la tortura mediante la
frantumazione degli occhi e l loro asportazione dalle orbite.
Ad altri prigionieri venne aperto il cuore a picconate, oppure
veniva cucita la bocca con filo di ferro dopo averli castrati.
Al
Carabiniere Primo Amenici venne aperto il cuore per conficcargli dentro
la fotografia dei suoi cinque figli che teneva nel portafoglio.
Dopo la feroce mattanza i Carabinieri furono legati col filo di
ferro e trascinati come sacchi sotto un grande masso, e ricoperti sommariamente
di neve.
I corpi straziati furono rinvenuti casualmente da una pattuglia di
militari tedeschi della Wehrmacht la sera del 28 marzo 1944, e recuperati.
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Tarvisio : Sacrario delle vittime di Malga Bala |
Oggi i resti mortali di queste vittime del comunismo partigiano riposano,
nell’artificioso oblio imposto dai seguaci di Togliatti e dalla compiacenza
politica istituzionale, nella torre medioevale della Chiesa a Manolz di
Tarvisio, le cui chiavi sono custodite dalle suore di un vicino convento.
I resti di Dino Perpignano di Domenico Dal Vecchio, e di Antonio Ferro
sono stati invece riportati nelle località di provenienza dalle rispettive
famiglie.
Nel 2018 il Generale dell’aeronautica militare Mario Arpino, ex Capo
di Stato Maggiore della Difesa, oggi ultra ottantenne, ha ricordato l’eccidio
testimoniando quanto segue :
“Ero un ragazzino, avevo sette
anni nel 1944.
Ho visto quei corpi, ancora me li ricordo.
Stavamo passando da lì, appena fuori Tarvisio,
con mio padre.
Eravamo sulla moto, io sul seggiolino dietro.
“Non guardare, non guardare, copriti gli occhi”,
mi disse mio padre.
Ma non lo ascoltai.
Erano ghiacciati, denudati, i lividi degli
scarponi, forse li avevano finiti a calci.
Uno aveva ancora il manico spezzato di un
piccone infilzato nel petto, un paio la bocca cucita con il filo di ferro”
Oggi si conoscono
alcuni dei nomi dei feroci criminali titini che presero parte all’eccidio di
Malga Bala, tutti appartenenti alla 17a Brigata comunista Simon Gregorcic del
IX° Corpo d’Armata jugoslavo :
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Socian |
Ivan Likar (nome di
battaglia Socian e/o Janko), classe 1921, di Bretto di sotto (Slovenia), ideatore della
strage, ex minatore, ex alpino e già dipendente delle miniere di Cave, a capo
della Brigata partigiana dell’alto Isonzo.
Nonostante tutti i suoi crimini percepirà poi una pensione dallo
Stato italiano, insieme agli altri assassini comunisti suoi compagni.
Inoltre passerà indenne attraverso le indagini, se così si può
dire, della magistratura slovena, la quale dapprima lo accusò e successivamente
lo assolse dalle accuse per l’eccidio di Malga Bala con la seguente motivazione:
“Gli elementi acquisiti risultano non idonei a sostenere
l'accusa".
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Josko
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Franc Ursic (nome di
battaglia Josko), di Caporetto (Slovenia), che ha poi pagato la sua ferocia e la
sua crudeltà.
Fu catturato dai tedeschi e cremato, dopo essere torturato, nel
lager della Risiera di Trieste il 7
aprile 1945.
L’assassino partigiano e comunista ha così finalmente provato
sulla sua pelle il significato di tortura verso un essere umano.
Silvo Gianfrate (nome di battaglia
Srecko), di Foggia. Capo gappista che operava
lungo il confine tra Italia ed ex Jugoslavia.
Franz Pregelj, ex insegnante che ricopriva l’incarico di Commissario
politico del IX° Corpo d’Armata.
Lojs (o Aloiz) Hrovat, di Plezzo (Slovenia).
In qualità di Commissario politico del territorio, da cui
dipendeva l’approvazione di qualunque azione della Brigata, è responsabile dell’eccidio.
Percepisce dallo Stato italiano una pensione di guerra che ritira
mensilmente nella banca di Tarvisio, a
due passi dalla torre in cui riposano i resti di alcune delle vittime trucidate
a Malga Bala.
Nel ’99 la Procura di Tolmezzo gli ha inviato un avviso di
garanzia come sospettato di aver capitanato l’orribile strage.
Zvonko, partecipò insieme a “Socian” all’aggressione
dei Carabinieri del presidio “Cave del Predil” per estorcere loro la parola d’ordine.
Lojs Kravanja, fiancheggiatore
comunista.
Le donne della sua
famiglia, composta da criminali partigiani titini assassini, prepararono il minestrone
avvelenato con soda caustica, varechina e sale nero, che diedero da mangiare ai
carabinieri prigionieri.
Questo sadico
massacratore si occupò di trascinare, insieme al compare Bepi Flais, i corpi dei Carabinieri, man mano che venivano trucidati, seviziati, evirati,
e uccisi, sotto un grosso masso e ricoprendoli sommariamente di neve.
Bepi Flais, compare di
Lojs Kravanja nell’occultamento sommario delle loro stesse vittime.
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Tarvisio : Commemorazione delle vittime dell'eccidio di Malga Bala |
Il negazionismo comunista ancora
oggi tenta goffamente di nascondere la verità, esattamente come fece per
decenni a proposito dell’eccidio di Katyn l’apparato disinformatore delle sinistre.
In quel caso i mistificatori
comunisti incolparono i tedeschi dell’orribile strage di polacchi del 1940 in
Bielorussia, reiterandone l’orrore e puntando il dito contro il nazi-fascismo,
salvo poi essere sbugiardati e svergognati dalle dichiarazioni di Michail
Gorbacev nel 1990 e di Boris Eltsin nel 1992.
Cinquant’anni di menzogne continue
alimentate dai comunismi europei e dall’odio che li contraddistingue,
esattamente come nel caso del negazionismo con cui ancora oggi gli scarafaggi
partigiani tentano di nascondere i loro squallidi misfatti.
Per quanto riguarda l’eccidio di Malga
Bala, ci sono voluti ben 65 anni prima che a queste vittime della furia partigiana
comunista e assassina venisse concesso il diritto di uscire dal limbo
silenzioso e immemore in cui gli intellettualoidi dell’informazione manipolata
dalle sinistre li avevano relegati.
E’ stato necessario raccogliere
3500 firme e continuare a bussare al Quirinale e ai vari ministeri per decenni
prima che si arrivasse a onorarne la memoria.
Finalmente nel 2009 il Presidente
della Repubblica Giorgio Napolitano ha concesso ai 12 Carabinieri i doverosi riconoscimenti
che consistono nelle medaglie d’oro al Merito Civile e alla Memoria, consegnate
ai familiari delle vittime dal Comandante Generale dell’Arma.
Il 23 marzo 2019, nel corso di una
cerimonia solenne organizzata dall’Arma dei Carabinieri per il 75° Anniversario
dell’eccidio di Malga Bala, il Comandante Generale Giovanni Nistri ha reso
onore ai 12 Carabinieri decorati di Medaglia d’Oro al Merito Civile, deponendo
una corona d’alloro all’interno del Tempio Ossario dove sono custodite le
spoglie di 7 delle 12 vittime dell’odio comunista.
Un riconoscimento che arriva dopo
decenni di silenzio, e che stranamente è stato concesso proprio da chi ha fatto
del comunismo una sorta di religione e di assioma indiscutibile, Giorgio
Napolitano.
Un Presidente che ha manifestato la
sua benevolenza concedendo la Grazia ad un efferato criminale comunista come Ovidio
Bompressi, l’assassino comunista di “Lotta Continua” che freddò con due colpi
di pistola il Commissario di Polizia Luigi Calabresi nel 1972.
Anche a Calabresi, vittima del
furore comunista espresso da colui che è stato graziato da Napolitano, è stata
concessa la medaglia d’oro al merito civile.
Tutto ciò appare come fumo negli
occhi, come strategia per mimetizzare le proprie responsabilità e la propria
indole, sbilanciate a favore di una irrazionale appartenenza all’Universo
marxista leninista.
Come comunista, fin dal 1945, è
stato complice di Togliatti e delle sue politiche criminali, schierandosi sempre
verso una palese compiacenza ai dictat di Mosca, come nel caso dei Moti d’Ungheria
del 1956 bollati come controrivoluzionari e opera di spregevoli provocatori.
Il vero riconoscimento al merito e
alla memoria per le vittime di Malga Bala non è quindi quello concesso da un ex
Presidente che ha passato buona parte della sua vita a incensare falsi profeti
come quelli idealizzati dal comunismo, bensì quello che proviene dall’anima di
milioni di persone che professano un sentimento vero di libertà e di democrazia.
L’antitesi che traspare da tale
contrapposizione ci indice ad esprimere un profondo disprezzo per gli ideali
condivisi da Napolitano con gli assassini partigiani, uniti da affinità ideologiche
che non si possono cancellare.
Il nostro profondo affetto va
invece ai Carabinieri e alle vittime del comunismo, di cui gli eroi di Malga
Bala sono un esempio.