giovedì 30 marzo 2023

Citazioni di Benito Mussolini

 

Citazioni di Benito Mussolini

Il Programma del Fascismo 
Il Fascismo è un movimento di realtà, di verità, di vita che aderisce alla vita. E’ pragmatista. Non ha apriorismi. Né finalità remote. Non promette i soliti paradisi dell’ideale. Lascia queste ciarlatanate alle tribù della tessera. Non presume di vivere sempre e molto. Vivrà sino a quando non avrà compiuto l’opera che si è prefissa. Raggiunta la soluzione nel nostro senso dei fondamentali problemi che oggi travagliano la nazione italiana, il Fascismo non si ostinerà a vincere, come un’anacronistica superfetazione di professionisti di una data politica, ma saprà brillantemente morire senza smorfie solenni.
[Il fascismo (Il Popolo d’Italia – 3 luglio 1919)]
Il Fascismo è anti-accademico. Non è politicante. Non ha statuti, né regolamenti. Ha adottato una tessera per la necessità del riconoscimento personale, ma potendo ne avrebbe volentieri fatto a meno. Non è un vivaio per le ambizioni elettorali. Non ammette e non tollera i lunghi discorsi. Va al concreto delle questioni.
[Ibidem]
E’ un po’ difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani, socialisti, democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano una sintesi di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni. Nei fasci si danno convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio delle vecchie categorie, delle vecchie mentalità. Il fascismo mentre rinnega tutti i partiti, li completa. Nel fascismo che non ha statuti, che non ha programmi trascendenti, c’è quel di più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate.
[La prima adunata fascista (Il Popolo d’Italia – 6 ottobre 1919)]
Il fascismo è una mentalità speciale di inquietudini, di insofferenze, di audacie, di misoneismi, anche avventurosi, che guarda poco al passato e si serve del presente come di una pedana di slancio verso l’avvenire. I melanconici, i maniaci, i bigotti di tutte le chiese, i mistici arrabbiati degli ideali, i politicanti astuti, gli apostoli che fanno i dispensieri della felicità umana, tutti costoro non possono comprendere quel rifugio di tutti gli eretici, quella chiesa di tutte le eresie che è il fascismo. E’ naturale, quindi, che al fascismo convergano i giovani che non hanno ancora un’esperienza politica e i vecchi che ne hanno troppa e sentono il bisogno di rituffarsi in un’atmosfera di freschezza e di disinteresse.
[Verso l’azione (Il Popolo d’Italia -13 ottobre 1919)]

Si nasce fascisti, ma è assai difficile diventarlo.
[Dal discorso all’assemblea del Fascio milanese di combattimento (Milano, sede dell’Alleanza industriale e commerciale in Piazza San Sepolcro: 5 febbraio 1920)]

Tutte le altre associazioni, tutti gli altri partiti, ragionano in base a dei dogmi, in base a dei preconcetti assoluti, a degli ideali infallibili, ragionano sotto la specie della eternità per partito preso. Noi, essendo un antipartito, non abbiamo – si passi il pasticcio – partito preso.

Per essere fascisti occorre essere completamente spregiudicati; occorre sapersi muovere, elasticamente, nella realtà adattandosi alla realtà e adattando la realtà ai nostri sforzi; occorre sentirsi nel sangue l’aristocrazia delle minoranze, che non cercano popolarità, leggera prima, pesantissima poi; che vanno controcorrente; che non hanno paura dei nomi e dispregiano i luoghi comuni.
[In tema di politica estera (Il Popolo d’Italia – 3 luglio 1920)]

Il fascismo ha soltanto una storia; non ha ancora una dottrina, ma l’avrà, quando avrà avuto il tempo di elaborare e coordinare le sue idee.
[La marcia del fascismo (Il Popolo d’Italia – 6 novembre 1920)]

Il fascismo non si abbatte, perché è nel solco della storia, perché rappresenta e difende valori morali altissimi – non interessi di borghesi – senza dei quali la società nazionale si dissolve e precipita nel caos. Il fascismo italiano è una tipica creazione del popolo italiano, il quale è stufo di metafisiche oltremontane, ora russe, ora tedesche, e vuole trovare in sé la dottrina e la praxis del suo progresso verso forme migliori di vita e di civiltà.
[Gridi di dolore! (Il Popolo d’Italia – 20 ottobre 1920)]

Io non sono, non voglio essere, non sarò mai un padre eterno; il fascismo non è, non vuole essere, non sarà mai una ridicola, grottesca e sinistra congrega come sono i vecchi partiti e i frammenti dei vecchi partiti; il fascismo è tale in quanto permette una pragmatica latitudine di atteggiamenti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente.
[Il Popolo d’Italia – 29 ottobre 1920]

Il fascismo rappresenta lo sbocciare della nuova coscienza nazionale maturata colla vittoria. Lo si può perseguitare, ma non lo si può estirpare! E’ una terribile gramigna ed ha una indegna non meno terribile: E’ pronto ad uccidere, è pronto a morire!
[Manovra vile (Il Popolo d’Italia – 19 dicembre 1920)]

Fascismo significa che a mutate condizioni di fatto, nuovi atteggiamenti si impongono: se non è più necessario il piombo e il petrolio, bisogna avere il coraggio di riconoscerlo e di agire in conseguenza.
[La pace e il resto (Il Popolo d’Italia – 6 luglio 1921)]

Qui, alla Camera dei Deputati, e fuori di qui, io ho sempre accettato la responsabilità di tutte le mie azioni, di tutto quello che ho fatto e che qualce volta i miei compagni hanno fatto. Io non rinnego niente, accetto il fascismo in blocco, così come i rivoluzionari accettano la rivoluzione in blocco. E se da qualche tempo noi porgiamo il ramoscello d’olivo, non lo facciamo già perchè ci siano degli elementi di retroscena politici e parlamentari che ci spingano a questo, perchè noi siamo alieni a queste manovre e il Parlamento ci interessa mediocremente e nel Parlamento ci sentiamo discretamente a disagio, ma lo facciamo per ragioni superiori di nazione e di umanità.
[Dopo i fatti di Sarzana (Camera dei deputati: 22 luglio 1921)]

Se il fascismo è mio figlio – com’è stato fin qui universalmente riconosciuto in migliaia di manifestazioni, che devo, fino a prova contraria, ritenere sincere – io, con le verghe della mia fede, del mio coraggio, della mia passione o lo correggerò o gli renderò impossibile la vita.
[Fatto compiuto (Il Popolo d’Italia – 3 agosto 1921)]

Io comprendo, e compiango un poco, quei fascisti delle molte Peretole italiane, i quali non sanno astrarre dai loro ambienti; vi si inchiodano e non vedono altro, e non credono alla esistenza di un più vasto e complesso e formidabile mondo. Sono i riflessi del campanilismo, riflessi che sono estranei a noi, che vogliamo sprovincializzare l’Italia.

Comincia un nuovo periodo nella storia del fascismo italiano e non sarà meno aspro e difficile del precedente: è il periodo della rielaborazione spirituale e delle applicazioni pratiche. Bisogna smentire i nostri nemici, i quali ci hanno detto a sazietà “Voi sapete distruggere, ma non sapete costruire! Siete ottimi sul terreno della negazione, ma, portati sul terreno positivo, vi rivelate nella vostra impotenza”.

Il fascismo può fare a meno di me? certo, ma anch’io posso fare a meno del fascismo. C’è posto per tutti in Italia: anche per trenta fascisti, il che significa, poi, per nessun fascismo. Io parlo chiaro, come l’uomo che avendo molto dato, non chiede assolutamente nulla, salvo a ricominciare…
[La culla e il resto (Il Popolo d’Italia – 7 agosto 1921)]

Siamo in troppi nel fascismo, ormai, e quando la famiglia aumenta la secessione è quasi fatale.

Il fascismo che non è più liberazione, ma tirannia; non più salvaguardia della nazione, ma difesa di interessi privati e delle caste più opache, sorde, miserabili che esistano in Italia; il fascismo che assume questa fisionomia, sarà ancora fascismo, ma non è quello per cui negli anni tristi affrontammo in pochi le collere e il piombo delle masse, non è più il fascismo quale fu concepito da me, in uno dei momenti più oscuri della recente storia italiana.

Io non ho bisogno di ribattere l’accusa sciocca di volere essere una specie di padrone del fascismo italiano. Io sono “duce” per modo di dire. Ho lasciato correre questa parola, perché se non piaceva a me, che detesto le parole e le arie solenni, piaceva agli altri. Ma io sono un duce ligio al più scrupoloso pedantesco costituzionalismo. Non ho mai imposto nulla a chicchessia. Ho accettato di discutere con tutti, anche con coloro che trattano la politica con una faciloneria sconcertante; anche con coloro che sono infettati da tutti i morbi maligni in diffusione cronica tra i vecchi partiti.

Finirà lo spettacolo del fascista liberale, nazionalista, democratico e magari popolare: ci saranno solo dei fascisti.Questa individuazione è un segno di forza e di vita. E’ una vittoria. Una grande vittoria. Un titolo d’orgoglio. Il fascismo è destinato a rappresentare nella storia della politica italiana una sintesi tra le tesi indistruttibili dell’economia liberale e le nuove forze del mondo operaio. E’ questa sintesi che può avviare l’Italia alla sua fortuna.
[Punti fermi (Il Popolo d’Italia – 4 novembre 1921)]

Ce ne vuole di corda socialista per impiccare la ribelle genia del fascismo italiano! Ce ne vuole d’inchiostro (sia pure quello rosso-sbiadito dell’Avanti!), per annegare il fascismo italiano!
[Riprende fiato… (Il Popolo d’Italia – 17 novembre 1921)]

Prima il fascismo ha voluto affermarsi come forza e capacità di vita (vivere, sapere e potere vivere è già un programma massimo!); poi, sulle basi dei principi fondamentali che ispiravano la sua azione, il fascismo ha costruito a poco a poco l’edificio del suo programma teorico e pratico.
[Programma (Il Popolo d’Italia – 22 dicembre 1921)]

Il programma fascista non è una teoria di dogmi sui quali non è più tollerata discussione alcuna. Il nostro programma è in elaborazione e trasformazione continua; è sottoposto ad un travaglio di revisione incessante, unico mezzo per farne una cosa viva, non un rudere morto.
[Prefazione al programma (Il Popolo d’Italia – 28 dicembre 1921)]

Il fascismo fu concepito come un’aristocrazia; ma se diventa una demagogia che copia pedissequamente i sistemi del Partito socialista, i peggiori e più antinazionali e distruttivi sistemi del P.S.U, può chiedere una tessera ai preti rossi e finirla.
[Aspro richiamo (Il Popolo d’Italia – 30 dicembre 1921)]

La conclusione è che non si può debellare il fascismo né cogli agguati criminali degli uni, né coi patteggiamenti o le partecipazioni ministeriali degli altri. Nessuna forza legale è capace di espellere il fascismo dalla vita italiana. Sperare che passi, come passa un uragano, è puerile. Altrettanto fatuo è credere che sia possibile disintegrarlo dall’interno.
[Al bivio (Il Popolo d’Italia – 30 maggio 1922)]

Noi suoniamo la lira su tutte le corde: da quella della violenza a quella della religione, da quella dell’arte a quella della politica. Siamo politici e siamo guerrieri. Facciamo sindacalismo e facciamo anche delle battaglie nelle piazze e nelle strade. Questo è il fascismo così come fu concepito e come fu attuato.
[Al circolo rionale fascista Sciesa (Milano: 4 ottobre 1922)]

La funzione specificatamente storica del Gran Consiglio fascista in questo momento è nettamente delineata. Il Gran Consiglio fiancheggia e salvaguardia l’azione del Governo e compie, nel seno del Partito e nella vita della Nazione, quell’opera di orientamento politico generale che deve serviredi base consensuale all’opera del Governo stesso.
[Dichiarazioni durante la riunione del Consiglio dei Ministri (Roma: 15 gennaio 1923)]

1 – Io non cerco nessuno.
2 – Io non respingo nessuno.
3 – La mia politica, chiara e netta, Non può essere presa di fronte e meno ancora aggirata alle spalle.
[Lettera al giornalista Sandro Giuliani, redattore capo del Popolo d’Italia (Roma: 6 febbraio 1923)]

Ho orrore dei dogmi. Non potrebbe esservi un dogma nel Partito fascista. Per il bene della Patria vi sono solo necessità che possono essere assolte oggi, ma che possono essere relative domani.
[Dichiarazioni all’inviato dell’Excelsior (Roma: 22 aprile 1923)]

Il tentativo di separare Mussolini dal fascismo o il fascismo da Mussolini è il tentativo più inutile, più grottesco, più ridicolo che possa essere pensato.
Io non sono così orgoglioso da dire che colui che vi parla ed il fascismo costituiscono una sola identità, ma quattro anni di storia hanno dimostrato assai luminosamente che Mussolini ed il fascismo sono due aspetti della stessa natura, sono due corpi ed un’anima, o due anime ed un corpo solo.
[Al congresso fascista femminile delle tre Venezie (Padova: 1° giugno 1923)]

Io non posso abbandonare il fascismo perché l’ho creato, l’ho allevato, l’ho fortificato, l’ho castigato e lo tengo ancora nel mio pugno: sempre! quindi è perfettamente inutile che le vecchie civette della politica italiana mi facciano la loro corte gaglioffa. Sono troppo intelligente perché possa cadere in questo agguato di mediocri mercanti, di fiere da villaggio.

Il fascismo è un fenomeno religioso di vaste proporzioni storiche ed è il prodotto di una razza. Nulla si può contro il fascismo. Nemmeno gli stessi fascisti potrebbero nulla contro questo movimento gigantesco che si impone.
[Rispondendo a un indirizzo di omaggio del Sindaco di Cremona (18 giugno1923)]

In astratto, il fascismo è vecchio come è vecchio il senso dell’uomo per la bellezza dei grandi ideali; in concreto, esso è una cosa che si esprime nella vita della gioventù italiana, una cosa fatta di energia ed ardimento e una cosa inflessibile affidata allo spirito di sacrifizio.
[Dall’intervista concessa al redattore capo del Chicago Daily News (Roma: 24 maggio 1924)]

Il fascismo è emozione, teoria, pratica; è sentimenti, idee e azioni; è qualche cosa di sentito, qualche cosa di pensato e qualche cosa di fatto; è ispirazione spirituale, sostanza di dottrina e sistema di politica di Stato. Esso è moralmente risoluto e intellettualmente preciso. Le sue ultime sorgenti vanno ricercate nella storia e nella coscienza italiana.

Il fascismo sarà quello che sarà, ma è l’unica cosa potente, viva, degna di avvenire, che abbia la nazione italiana.
[Al Consiglio nazionale del PNF (Roma: 2 agosto 1924)]

Il fascismo non ha mai avuto tendenze, né le avrà mai. Ognuno di noi ha il suo temperamento, ognuno ha le sue suscettibilità, ognuno ha la sua individuale psicologia, ma c’è un fondo comune sul quale tutto ciò viene livellato. E siccome noi non promettiamo qualche cosa di definito per l’avvenire ma lavoriamo per il presente con tutte le nostre forze, così credo che il Partito Nazionale Fascista non sarà mai tediato, vessato e impoverito dalle interminabili discussioni tendenziali che facevano, una volta, nella piccola Italia d’ieri, il piccolo trastullo della non meno piccola borghesia italiana.
[Al consiglio nazionale del PNF (Roma: 7 agosto 1924)]

Il fascismo nel suo animo è incorruttibile e non disposto a vendere, per un piatto di lenticchie miserabili, i suoi diritti ideali; ma non intende nemmeno chiudersi in una torre d’avorio aristocratica e inaccessibile.
[Ai minatori del Monte Amiata (Badia S. Salvatore: 31 agosto 1924)]

Malgrado gli egoismi individuali, vi sono degli interessi collettivi comuni. Il fascismo insegna a subordinare gli interessi individuali e gli interessi di categoria agli interessi della nazione.

Il “modo” della polemica fascista è condizionato anche dal modo della polemica avversaria. Non si può pretendere che i fascisti non paghino di eguale moneta chi li offende e li diffama, spesso sanguinosamente e ingiustamente.
[Intervista al direttore del Giornale d’Italia (Roma: 2 settembre 1924)]

Il fascismo è un fenomeno di linee imponenti. E’ una creazione originale italiana. Non si può disperdere come il sole disperde al mattino la nebbia nei prati. E’ un fenomeno che interessa tutto il mondo. In tutto il mondo da due anni non si fa che discutere di fascismo. E’ sorta una letteratura in tutte le lingue. Individui partono dal Giappone, dalla Cina, dall’Australia per venirlo a studiare. Evidentemente là si soffre dei mali di cui noi abbiamo sofferto: la crisi dell’autorità.
[All’Associazione costituzionale (Milano: 4 ottobre 1924)]

Non crediate che il fascismo sia vicino al tramonto. Sarebbe un errore colossale. Un Partito che ha parlato così profondamente alla gioventù italiana, che raccoglie cinquanta medaglie d’oro sulle sessantadue viventi, che ha nel suo seno il sessanta per cento dei combattenti, credete che passi come la nebbia estiva alla viva luce del sole? Se lo credete, siete in errore e la storia si incaricherà di dimostrarvelo.
[Al Senato del Regno (5 dicembre 1924)]

Oggi il fascismo è un Partito, è una Milizia, è una corporazione. Non basta: deve diventare un modo di vita. Ci debbono essere gli italiani del fascismo come ci sono, a caratteri inconfondibili, gli italiani della Rinascenza e gli italiani della latinità. Solo creando un modo di vita, cioè un modo di vivere, noi potremo segnare delle pagine nella storia e non soltanto nella cronaca.
[Al quarto Congresso nazionale del PNF (Roma, “Augusteo”: 22 giugno 1925)]

La camicia nera non è la camicia di tutti i giorni e non è nemmeno una uniforme: è una tenuta di combattimento e non può essere indossata se non da coloro che nel petto alberghino un animo puro.

D’ora innanzi per avere una tessera ad honorem del PNF, bisognerà o avere scritto un poema più bello della Divina Commedia, o avere scoperto il sesto continente, oppure aver trovato il mezzo d’annullare il nostro debito cogli anglosassoni.

Il fascismo è fenomeno italiano, squisitamente italiano, intimamente connesso con la nostra storia, la nostra psicologia, le nostre tradizioni e rappresenta il culmine di una lunga e complicata evoluzione politica. Senza una profonda conoscenza di questa evoluzione, senza note in margine a questo grande libro, nessuna giusta analisi è possibile.
[Dall’intervista concessa al corrispondente romano dell’Associated Press (Roma: 3 agosto 1926)]

Quando il fascismo si è impadronito di un’anima non la lascia più.
[Al popolo di Perugia (5 ottobre 1926)]

Le qualità, anzi le virtù immutabili del “vero” fascista devono essere la franchezza, la lealtà, il disinteresse, la probità, il coraggio, la tenacia. Tutti coloro che si appalesano, per poco o per molto, infetti dal vecchio male, devono essere banditi dal nostro Esercito. Essi costituiscono le impedimenta ritardatrici della nostra marcia; sono il loglio che dev’essere sceverato dal grano; è la ganga che deve cadere, onde lasciare libera la nuova aristocrazia per i maggiori compiti del domani.
[Messaggio agli italiani per il quarto anniversario della Marcia su Roma (28 ottobre 1926)]

Nel cantiere del regime fascista c’è un posto, c’è un lavoro e c’è gloria per tutti: per coloro che sono al tramonto della vita e per coloro che sono all’alba, per gli intellettuali e per i lavoratori, per i soldati e per i contadini, per tutti quelli che lavorano con disciplina, con passione, con concordia di intenti e di spiriti diretti a costruire la grande Italia.
[Agli avanguardisti del Lazio, Toscana, Umbria, Marche e Abruzzo (Roma: 28 ottobre 1926)]

Il fascismo è un metodo, non un fine: una autocrazia sulla via della democrazia.
[Dall’intervista concessa all’inviato del Sunday Pictorial di Londra (Roma: 12 novembre 1926)]

E’ semplicemente assurdo lo squadrismo fatto in ritardo. I fascisti devono essere tempisti. Io non posso soffrire fisicamente coloro che sono ammalati di nostalgia, che ad ogni minuto traggono dai loro petti sospiri e respiri profondi: “come erano belli quei tempi!”. Tutto ciò è semplicemente idiota. La vita passa, e continuamente si ha di fronte la realtà vivente.
[Alla Camera dei Deputati (26 maggio 1927)]

Per essere all’altezza della propria missione, il fascista deve essere libero nel modo più assoluto da qualsiasi vincolo o rapporto di interdipendenza che potrebbe limitare la propria azione di regolatore e di controllo. Deve soprattutto essere disinteressato, per dimostrare in ogni momento che tutto ciò che riguarda la sua attività privata è completamente estraneo alla sua funzione politica.
[Direttive ai Federali del PNF (Carpena: 3 aprile 1929)]

I rapporti fra gerarchi piccoli e grandi debbono essere improntati alla più aperta e nobile schiettezza. I sotterfugi, le conventicole, le piccole congiure, la calunnia, la critica subdola, le miserie di ogni genere, ripugnano alla concezione morale del fascismo.

Il fascismo è una casa di vetro, nella quale tutti debbono e possono guardare. Guai a chi approfitta della tessera o indossa la camicia nera per concludere affari che altrimenti non gli riuscirebbe di condurre a termine.
[Ai gerarchi milanesi (Roma: 10 luglio 1929)]

Noi fascisti respingiamo qualsiasi concetto statico di felicità materiale o morale. La nostra felicità è nella lotta.
[Felicità (Il Popolo d’Italia: 12 luglio 1933)]

La rivoluzione nel nostro pensiero è una creazione che alterna la grigia fatica della costruzione quotidiana, ai momenti folgoranti del sacrificio e della gloria. Sottoposto a questo travaglio che segue la guerra, è già possibile vedere, e sempre più si vedrà, il cambiamento fisico e morale del popolo italiano. Ecco iniziata la quarta grande epoca storica del popolo italiano, quella che verrà dagli storici futuri chiamata epoca delle camicie nere.
[Alla seconda assemblea quinquennale del regime (Roma, “Teatro dell’Opera”: 18 marzo 1934)]

Noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
[Al popolo di Milano (1° novembre 1936)]

Così, come il costume, la dottrina, l’atmosfera del secolo scorso fu democratico-liberale (e noi siamo così obbiettivi da non considerare tutto ciò “stupido”, come vorrebbero i nazionalisti francesi), il costume, la dottrina, l’atmosfera di questo secolo sarà fascista nel senso lato della parola. I due popoli portatori di questo nuovo tipo di civiltà non sono gli ultimi venuti nel campo del pensiero e della creazione spirituale. La stolta accusa che il fascismo sia adatto ai popoli di rango inferiore a paragone di quelli beatificati dalle attuali superstiti democrazie, cade davanti a popoli come l’italiano e il germanico, il cui contributo allo sviluppo civile del genere umano è stato ed è formidabile.
[Europa e fascismo (Il Popolo d’Italia: 6 ottobre 1937)]

domenica 12 marzo 2023

NICOLA BOMBACCI

 

NICOLA BOMBACCI

Nicola Bombacci visse da uomo politico, prestato a quella politica “per cui uno si occupa dei guai degli altri come se fossero propri”, come egli stesso scrisse. Una banale e quasi infantile definizione di politica, questa, che in tempi come i nostri illumina e fa scuola. Il vivaio in cui crebbe fu quello del più intransigente socialismo; aderì alla corrente massimalista del Partito Socialista Italiano, quella che chiedeva al partito di non distogliere la propria attenzione dai suoi obiettivi massimi, anticapitalistici e rivoluzionari, e di sottoscrivere i 21 punti di Mosca per l’adesione alla Internazionale Comunista. Come avvenne a Mussolini con la fondazione dei Fasci di combattimento, l’essere più socialista degli altri socialisti portò anche Bombacci ad allontanarsi dal partito e dalla sua corrente riformista. Il XVII Congresso del Partito Socialista segnò la scissione che portò alla nascita del Partito Comunista Italiano, del quale Bombacci fu fra i fondatori. Colpevole di aver intravisto, e non per primo, un possibile gemellaggio ideale fra le due rivoluzioni, quella sovietica e quella italiana, nel 1924 fu espulso dal PCd’I, per poi essere reintegrato per intervento diretto dell’Internazionale Comunista. Nello stesso anno l’Italia di Mussolini fu il primo Paese a riconoscere formalmente l’Unione Sovietica. Anche negli anni della militanza nel PCd’I, Bombacci si mantenne sempre idealmente vicino al fascismo italiano, al punto che, nel 1927, subì una nuova e definitiva espulsione dal partito. La rottura fra Bombacci e il comunismo fu definitiva quando gli eventi accelerarono in direzione del conflitto mondiale prima e della Repubblica Sociale poi. Per Bombacci e per il Fascismo quelli furono gli anni del ritorno alle origini; disilluso nei riguardi del comunismo il primo, e rescissi tutti i legami con monarchia, industriali e borghesia il secondo, il matrimonio politico fra Bombacci e Mussolini fu totale, sancito dalla propaganda e cementato dalla “socializzazione delle imprese”, capolavoro sociale dell’ideologia sansepolcrista e punto più alto della rivoluzione finalmente compiuta. Bombacci era a proprio agio a parlare da rivoluzionario di qualcosa di realmente rivoluzionario, che avrebbe portato i lavoratori a partecipare alla gestione delle aziende e alla suddivisione degli utili, restituendo al lavoro fisico e intellettuale la medesima dignità del capitale, avviando finalmente il passo verso quella terza via fra capitalismo e socialismo che avrebbe reso inutili e superati i concetti di destra e sinistra. Non fu simpatico ai socialisti, perché li aveva resi “di destra”. Non fu simpatico ai comunisti, perché li aveva resi conservatori. Non fu simpatico ai tedeschi, perché le riforme economiche, soprattutto quelle rivoluzionarie, poco si addicono a una economia di guerra. Piacque, però, immensamente a Mussolini, perché era intellettualmente onesto, perché era un appassionato difensore della più pura anima del socialismo.
Avevano iniziato la loro storia politica insieme, poi uno dei due fu abbagliato da un finto sole, l’altro se ne inventò uno tutto suo che passò alla storia. Non smisero mai di stimarsi e dimostrarono al mondo che un avversario non è necessariamente un nemico, e che si può continuare a combattere senza smettere di rispettarsi. Nicola Bombacci seguì il Duce nella cattiva sorte, quando altri fuggivano o rinnegavano, lui morì gridando “Viva l’Italia! Viva il Socialismo!”, dopo essere stato catturato nella colonna fascista diretta in Valtellina per l’ultima resistenza. Era nel suo destino anche quello di essere al fianco di Mussolini, appeso per i piedi, in Piazzale Loreto. Sotto il suo corpo gli assassini appesero un cartello con scritto “SUPERTRADITORE”. Curioso che quella parola l’abbia scritta una mano partigiana e comunista che, mentre si preparava a diventare il finto baluardo dei lavoratori, si affrettava (questo accadde il 25 aprile 1945) ad abrogare il decreto sulla socializzazione delle imprese.
“Traditore a chi?” potremmo dire noi oggi. Dall’ingresso a sinistra del Campo 10 la prima lapide è la tua, Nicola Bombacci. Un giusto tributo verso chi nacque e morì socialista con il cuore puro di un bambino.