Citazioni di Benito Mussolini
Il Programma del Fascismo 
Il Fascismo è un movimento di 
realtà, di verità, di vita che aderisce alla vita. E’ pragmatista. Non 
ha apriorismi. Né finalità remote. Non promette i soliti paradisi 
dell’ideale. Lascia queste ciarlatanate alle tribù della tessera. Non 
presume di vivere sempre e molto. Vivrà sino a quando non avrà compiuto 
l’opera che si è prefissa. Raggiunta la soluzione nel nostro senso dei 
fondamentali problemi che oggi travagliano la nazione italiana, il 
Fascismo non si ostinerà a vincere, come un’anacronistica superfetazione
 di professionisti di una data politica, ma saprà brillantemente morire 
senza smorfie solenni.
[Il fascismo (Il Popolo d’Italia – 3 luglio 1919)]
Il
 Fascismo è anti-accademico. Non è politicante. Non ha statuti, né 
regolamenti. Ha adottato una tessera per la necessità del riconoscimento
 personale, ma potendo ne avrebbe volentieri fatto a meno. Non è un 
vivaio per le ambizioni elettorali. Non ammette e non tollera i lunghi 
discorsi. Va al concreto delle questioni.
[Ibidem]
E’ un po’ 
difficile definire i fascisti. Essi non sono repubblicani, socialisti, 
democratici, conservatori, nazionalisti. Essi rappresentano una sintesi 
di tutte le negazioni e di tutte le affermazioni. Nei fasci si danno 
convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio delle 
vecchie categorie, delle vecchie mentalità. Il fascismo mentre rinnega 
tutti i partiti, li completa. Nel fascismo che non ha statuti, che non 
ha programmi trascendenti, c’è quel di più di libertà e di autonomia che
 manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate.
[La prima adunata fascista (Il Popolo d’Italia – 6 ottobre 1919)]
Il
 fascismo è una mentalità speciale di inquietudini, di insofferenze, di 
audacie, di misoneismi, anche avventurosi, che guarda poco al passato e 
si serve del presente come di una pedana di slancio verso l’avvenire. I 
melanconici, i maniaci, i bigotti di tutte le chiese, i mistici 
arrabbiati degli ideali, i politicanti astuti, gli apostoli che fanno i 
dispensieri della felicità umana, tutti costoro non possono comprendere 
quel rifugio di tutti gli eretici, quella chiesa di tutte le eresie che è
 il fascismo. E’ naturale, quindi, che al fascismo convergano i giovani 
che non hanno ancora un’esperienza politica e i vecchi che ne hanno 
troppa e sentono il bisogno di rituffarsi in un’atmosfera di freschezza e
 di disinteresse.
[Verso l’azione (Il Popolo d’Italia -13 ottobre 1919)]
Si nasce fascisti, ma è assai difficile diventarlo.
[Dal discorso 
all’assemblea del Fascio milanese di combattimento (Milano, sede 
dell’Alleanza industriale e commerciale in Piazza San Sepolcro: 5 
febbraio 1920)]
Tutte le altre associazioni, tutti gli altri partiti, ragionano in base a dei dogmi, in base a dei preconcetti assoluti, a degli ideali infallibili, ragionano sotto la specie della eternità per partito preso. Noi, essendo un antipartito, non abbiamo – si passi il pasticcio – partito preso.
Per essere fascisti occorre essere completamente spregiudicati; 
occorre sapersi muovere, elasticamente, nella realtà adattandosi alla 
realtà e adattando la realtà ai nostri sforzi; occorre sentirsi nel 
sangue l’aristocrazia delle minoranze, che non cercano popolarità, 
leggera prima, pesantissima poi; che vanno controcorrente; che non hanno
 paura dei nomi e dispregiano i luoghi comuni.
[In tema di politica estera (Il Popolo d’Italia – 3 luglio 1920)]
Il fascismo ha soltanto una storia; non ha ancora una dottrina, ma 
l’avrà, quando avrà avuto il tempo di elaborare e coordinare le sue 
idee.
[La marcia del fascismo (Il Popolo d’Italia – 6 novembre 1920)]
Il fascismo non si abbatte, perché è nel solco della storia, perché 
rappresenta e difende valori morali altissimi – non interessi di 
borghesi – senza dei quali la società nazionale si dissolve e precipita 
nel caos. Il fascismo italiano è una tipica creazione del popolo 
italiano, il quale è stufo di metafisiche oltremontane, ora russe, ora 
tedesche, e vuole trovare in sé la dottrina e la praxis del suo 
progresso verso forme migliori di vita e di civiltà.
[Gridi di dolore! (Il Popolo d’Italia – 20 ottobre 1920)]
Io non sono, non voglio essere, non sarò mai un padre eterno; il 
fascismo non è, non vuole essere, non sarà mai una ridicola, grottesca e
 sinistra congrega come sono i vecchi partiti e i frammenti dei vecchi 
partiti; il fascismo è tale in quanto permette una pragmatica latitudine
 di atteggiamenti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di 
ambiente.
[Il Popolo d’Italia – 29 ottobre 1920]
Il fascismo rappresenta lo sbocciare della nuova coscienza nazionale 
maturata colla vittoria. Lo si può perseguitare, ma non lo si può 
estirpare! E’ una terribile gramigna ed ha una indegna non meno 
terribile: E’ pronto ad uccidere, è pronto a morire!
[Manovra vile (Il Popolo d’Italia – 19 dicembre 1920)]
Fascismo significa che a mutate condizioni di fatto, nuovi 
atteggiamenti si impongono: se non è più necessario il piombo e il 
petrolio, bisogna avere il coraggio di riconoscerlo e di agire in 
conseguenza.
[La pace e il resto (Il Popolo d’Italia – 6 luglio 1921)]
Qui, alla Camera dei Deputati, e fuori di qui, io ho sempre accettato
 la responsabilità di tutte le mie azioni, di tutto quello che ho fatto e
 che qualce volta i miei compagni hanno fatto. Io non rinnego niente, 
accetto il fascismo in blocco, così come i rivoluzionari accettano la 
rivoluzione in blocco. E se da qualche tempo noi porgiamo il ramoscello 
d’olivo, non lo facciamo già perchè ci siano degli elementi di 
retroscena politici e parlamentari che ci spingano a questo, perchè noi 
siamo alieni a queste manovre e il Parlamento ci interessa mediocremente
 e nel Parlamento ci sentiamo discretamente a disagio, ma lo facciamo 
per ragioni superiori di nazione e di umanità.
[Dopo i fatti di Sarzana (Camera dei deputati: 22 luglio 1921)]
Se il fascismo è mio figlio – com’è stato fin qui universalmente 
riconosciuto in migliaia di manifestazioni, che devo, fino a prova 
contraria, ritenere sincere – io, con le verghe della mia fede, del mio 
coraggio, della mia passione o lo correggerò o gli renderò impossibile 
la vita.
[Fatto compiuto (Il Popolo d’Italia – 3 agosto 1921)]
Io comprendo, e compiango un poco, quei fascisti delle molte Peretole italiane, i quali non sanno astrarre dai loro ambienti; vi si inchiodano e non vedono altro, e non credono alla esistenza di un più vasto e complesso e formidabile mondo. Sono i riflessi del campanilismo, riflessi che sono estranei a noi, che vogliamo sprovincializzare l’Italia.
Comincia un nuovo periodo nella storia del fascismo italiano e non sarà meno aspro e difficile del precedente: è il periodo della rielaborazione spirituale e delle applicazioni pratiche. Bisogna smentire i nostri nemici, i quali ci hanno detto a sazietà “Voi sapete distruggere, ma non sapete costruire! Siete ottimi sul terreno della negazione, ma, portati sul terreno positivo, vi rivelate nella vostra impotenza”.
Il fascismo può fare a meno di me? certo, ma anch’io posso fare a 
meno del fascismo. C’è posto per tutti in Italia: anche per trenta 
fascisti, il che significa, poi, per nessun fascismo. Io parlo chiaro, 
come l’uomo che avendo molto dato, non chiede assolutamente nulla, salvo
 a ricominciare…
[La culla e il resto (Il Popolo d’Italia – 7 agosto 1921)]
Siamo in troppi nel fascismo, ormai, e quando la famiglia aumenta la secessione è quasi fatale.
Il fascismo che non è più liberazione, ma tirannia; non più salvaguardia della nazione, ma difesa di interessi privati e delle caste più opache, sorde, miserabili che esistano in Italia; il fascismo che assume questa fisionomia, sarà ancora fascismo, ma non è quello per cui negli anni tristi affrontammo in pochi le collere e il piombo delle masse, non è più il fascismo quale fu concepito da me, in uno dei momenti più oscuri della recente storia italiana.
Io non ho bisogno di ribattere l’accusa sciocca di volere essere una specie di padrone del fascismo italiano. Io sono “duce” per modo di dire. Ho lasciato correre questa parola, perché se non piaceva a me, che detesto le parole e le arie solenni, piaceva agli altri. Ma io sono un duce ligio al più scrupoloso pedantesco costituzionalismo. Non ho mai imposto nulla a chicchessia. Ho accettato di discutere con tutti, anche con coloro che trattano la politica con una faciloneria sconcertante; anche con coloro che sono infettati da tutti i morbi maligni in diffusione cronica tra i vecchi partiti.
Finirà lo spettacolo del fascista liberale, nazionalista, democratico
 e magari popolare: ci saranno solo dei fascisti.Questa individuazione è
 un segno di forza e di vita. E’ una vittoria. Una grande vittoria. Un 
titolo d’orgoglio. Il fascismo è destinato a rappresentare nella storia 
della politica italiana una sintesi tra le tesi indistruttibili 
dell’economia liberale e le nuove forze del mondo operaio. E’ questa 
sintesi che può avviare l’Italia alla sua fortuna.
[Punti fermi (Il Popolo d’Italia – 4 novembre 1921)]
Ce ne vuole di corda socialista per impiccare la ribelle genia del 
fascismo italiano! Ce ne vuole d’inchiostro (sia pure quello 
rosso-sbiadito dell’Avanti!), per annegare il fascismo italiano!
[Riprende fiato… (Il Popolo d’Italia – 17 novembre 1921)]
Prima il fascismo ha voluto affermarsi come forza e capacità di vita 
(vivere, sapere e potere vivere è già un programma massimo!); poi, sulle
 basi dei principi fondamentali che ispiravano la sua azione, il 
fascismo ha costruito a poco a poco l’edificio del suo programma teorico
 e pratico.
[Programma (Il Popolo d’Italia – 22 dicembre 1921)]
Il programma fascista non è una teoria di dogmi sui quali non è più 
tollerata discussione alcuna. Il nostro programma è in elaborazione e 
trasformazione continua; è sottoposto ad un travaglio di revisione 
incessante, unico mezzo per farne una cosa viva, non un rudere morto.
[Prefazione al programma (Il Popolo d’Italia – 28 dicembre 1921)]
Il fascismo fu concepito come un’aristocrazia; ma se diventa una 
demagogia che copia pedissequamente i sistemi del Partito socialista, i 
peggiori e più antinazionali e distruttivi sistemi del P.S.U, può 
chiedere una tessera ai preti rossi e finirla.
[Aspro richiamo (Il Popolo d’Italia – 30 dicembre 1921)]
La conclusione è che non si può debellare il fascismo né cogli 
agguati criminali degli uni, né coi patteggiamenti o le partecipazioni 
ministeriali degli altri. Nessuna forza legale è capace di espellere il 
fascismo dalla vita italiana. Sperare che passi, come passa un uragano, è
 puerile. Altrettanto fatuo è credere che sia possibile disintegrarlo 
dall’interno.
[Al bivio (Il Popolo d’Italia – 30 maggio 1922)]
Noi suoniamo la lira su tutte le corde: da quella della violenza a 
quella della religione, da quella dell’arte a quella della politica. 
Siamo politici e siamo guerrieri. Facciamo sindacalismo e facciamo anche
 delle battaglie nelle piazze e nelle strade. Questo è il fascismo così 
come fu concepito e come fu attuato.
[Al circolo rionale fascista Sciesa (Milano: 4 ottobre 1922)]
La funzione specificatamente storica del Gran Consiglio fascista in 
questo momento è nettamente delineata. Il Gran Consiglio fiancheggia e 
salvaguardia l’azione del Governo e compie, nel seno del Partito e nella
 vita della Nazione, quell’opera di orientamento politico generale che 
deve serviredi base consensuale all’opera del Governo stesso.
[Dichiarazioni durante la riunione del Consiglio dei Ministri (Roma: 15 gennaio 1923)]
1 – Io non cerco nessuno.
2 – Io non respingo nessuno.
3 – La mia politica, chiara e netta, Non può essere presa di fronte e meno ancora aggirata alle spalle.
[Lettera al giornalista Sandro Giuliani, redattore capo del Popolo d’Italia (Roma: 6 febbraio 1923)]
Ho orrore dei dogmi. Non potrebbe esservi un dogma nel Partito 
fascista. Per il bene della Patria vi sono solo necessità che possono 
essere assolte oggi, ma che possono essere relative domani.
[Dichiarazioni all’inviato dell’Excelsior (Roma: 22 aprile 1923)]
Il tentativo di separare Mussolini dal fascismo o il fascismo da 
Mussolini è il tentativo più inutile, più grottesco, più ridicolo che 
possa essere pensato.
Io non sono così orgoglioso da dire che colui 
che vi parla ed il fascismo costituiscono una sola identità, ma quattro 
anni di storia hanno dimostrato assai luminosamente che Mussolini ed il 
fascismo sono due aspetti della stessa natura, sono due corpi ed 
un’anima, o due anime ed un corpo solo.
[Al congresso fascista femminile delle tre Venezie (Padova: 1° giugno 1923)]
Io non posso abbandonare il fascismo perché l’ho creato, l’ho allevato, l’ho fortificato, l’ho castigato e lo tengo ancora nel mio pugno: sempre! quindi è perfettamente inutile che le vecchie civette della politica italiana mi facciano la loro corte gaglioffa. Sono troppo intelligente perché possa cadere in questo agguato di mediocri mercanti, di fiere da villaggio.
Il fascismo è un fenomeno religioso di vaste proporzioni storiche ed è
 il prodotto di una razza. Nulla si può contro il fascismo. Nemmeno gli 
stessi fascisti potrebbero nulla contro questo movimento gigantesco che 
si impone.
[Rispondendo a un indirizzo di omaggio del Sindaco di Cremona (18 giugno1923)]
In astratto, il fascismo è vecchio come è vecchio il senso dell’uomo 
per la bellezza dei grandi ideali; in concreto, esso è una cosa che si 
esprime nella vita della gioventù italiana, una cosa fatta di energia ed
 ardimento e una cosa inflessibile affidata allo spirito di sacrifizio.
[Dall’intervista concessa al redattore capo del Chicago Daily News (Roma: 24 maggio 1924)]
Il fascismo è emozione, teoria, pratica; è sentimenti, idee e azioni; è qualche cosa di sentito, qualche cosa di pensato e qualche cosa di fatto; è ispirazione spirituale, sostanza di dottrina e sistema di politica di Stato. Esso è moralmente risoluto e intellettualmente preciso. Le sue ultime sorgenti vanno ricercate nella storia e nella coscienza italiana.
Il fascismo sarà quello che sarà, ma è l’unica cosa potente, viva, degna di avvenire, che abbia la nazione italiana.
[Al Consiglio nazionale del PNF (Roma: 2 agosto 1924)]
Il fascismo non ha mai avuto tendenze, né le avrà mai. Ognuno di noi 
ha il suo temperamento, ognuno ha le sue suscettibilità, ognuno ha la 
sua individuale psicologia, ma c’è un fondo comune sul quale tutto ciò 
viene livellato. E siccome noi non promettiamo qualche cosa di definito 
per l’avvenire ma lavoriamo per il presente con tutte le nostre forze, 
così credo che il Partito Nazionale Fascista non sarà mai tediato, 
vessato e impoverito dalle interminabili discussioni tendenziali che 
facevano, una volta, nella piccola Italia d’ieri, il piccolo trastullo 
della non meno piccola borghesia italiana.
[Al consiglio nazionale del PNF (Roma: 7 agosto 1924)]
Il fascismo nel suo animo è incorruttibile e non disposto a vendere, 
per un piatto di lenticchie miserabili, i suoi diritti ideali; ma non 
intende nemmeno chiudersi in una torre d’avorio aristocratica e 
inaccessibile.
[Ai minatori del Monte Amiata (Badia S. Salvatore: 31 agosto 1924)]
Malgrado gli egoismi individuali, vi sono degli interessi collettivi comuni. Il fascismo insegna a subordinare gli interessi individuali e gli interessi di categoria agli interessi della nazione.
Il “modo” della polemica fascista è condizionato anche dal modo della
 polemica avversaria. Non si può pretendere che i fascisti non paghino 
di eguale moneta chi li offende e li diffama, spesso sanguinosamente e 
ingiustamente.
[Intervista al direttore del Giornale d’Italia (Roma: 2 settembre 1924)]
Il fascismo è un fenomeno di linee imponenti. E’ una creazione 
originale italiana. Non si può disperdere come il sole disperde al 
mattino la nebbia nei prati. E’ un fenomeno che interessa tutto il 
mondo. In tutto il mondo da due anni non si fa che discutere di 
fascismo. E’ sorta una letteratura in tutte le lingue. Individui partono
 dal Giappone, dalla Cina, dall’Australia per venirlo a studiare. 
Evidentemente là si soffre dei mali di cui noi abbiamo sofferto: la 
crisi dell’autorità.
[All’Associazione costituzionale (Milano: 4 ottobre 1924)]
Non crediate che il fascismo sia vicino al tramonto. Sarebbe un 
errore colossale. Un Partito che ha parlato così profondamente alla 
gioventù italiana, che raccoglie cinquanta medaglie d’oro sulle 
sessantadue viventi, che ha nel suo seno il sessanta per cento dei 
combattenti, credete che passi come la nebbia estiva alla viva luce del 
sole? Se lo credete, siete in errore e la storia si incaricherà di 
dimostrarvelo.
[Al Senato del Regno (5 dicembre 1924)]
Oggi il fascismo è un Partito, è una Milizia, è una corporazione. Non
 basta: deve diventare un modo di vita. Ci debbono essere gli italiani 
del fascismo come ci sono, a caratteri inconfondibili, gli italiani 
della Rinascenza e gli italiani della latinità. Solo creando un modo di 
vita, cioè un modo di vivere, noi potremo segnare delle pagine nella 
storia e non soltanto nella cronaca.
[Al quarto Congresso nazionale del PNF (Roma, “Augusteo”: 22 giugno 1925)]
La camicia nera non è la camicia di tutti i giorni e non è nemmeno una uniforme: è una tenuta di combattimento e non può essere indossata se non da coloro che nel petto alberghino un animo puro.
D’ora innanzi per avere una tessera ad honorem del PNF, bisognerà o avere scritto un poema più bello della Divina Commedia, o avere scoperto il sesto continente, oppure aver trovato il mezzo d’annullare il nostro debito cogli anglosassoni.
Il fascismo è fenomeno italiano, squisitamente italiano, intimamente 
connesso con la nostra storia, la nostra psicologia, le nostre 
tradizioni e rappresenta il culmine di una lunga e complicata evoluzione
 politica. Senza una profonda conoscenza di questa evoluzione, senza 
note in margine a questo grande libro, nessuna giusta analisi è 
possibile.
[Dall’intervista concessa al corrispondente romano dell’Associated Press (Roma: 3 agosto 1926)]
Quando il fascismo si è impadronito di un’anima non la lascia più.
[Al popolo di Perugia (5 ottobre 1926)]
Le qualità, anzi le virtù immutabili del “vero” fascista devono 
essere la franchezza, la lealtà, il disinteresse, la probità, il 
coraggio, la tenacia. Tutti coloro che si appalesano, per poco o per 
molto, infetti dal vecchio male, devono essere banditi dal nostro 
Esercito. Essi costituiscono le impedimenta ritardatrici della nostra 
marcia; sono il loglio che dev’essere sceverato dal grano; è la ganga 
che deve cadere, onde lasciare libera la nuova aristocrazia per i 
maggiori compiti del domani.
[Messaggio agli italiani per il quarto anniversario della Marcia su Roma (28 ottobre 1926)]
Nel cantiere del regime fascista c’è un posto, c’è un lavoro e c’è 
gloria per tutti: per coloro che sono al tramonto della vita e per 
coloro che sono all’alba, per gli intellettuali e per i lavoratori, per i
 soldati e per i contadini, per tutti quelli che lavorano con 
disciplina, con passione, con concordia di intenti e di spiriti diretti a
 costruire la grande Italia.
[Agli avanguardisti del Lazio, Toscana, Umbria, Marche e Abruzzo (Roma: 28 ottobre 1926)]
Il fascismo è un metodo, non un fine: una autocrazia sulla via della democrazia.
[Dall’intervista concessa all’inviato del Sunday Pictorial di Londra (Roma: 12 novembre 1926)]
E’ semplicemente assurdo lo squadrismo fatto in ritardo. I fascisti 
devono essere tempisti. Io non posso soffrire fisicamente coloro che 
sono ammalati di nostalgia, che ad ogni minuto traggono dai loro petti 
sospiri e respiri profondi: “come erano belli quei tempi!”. Tutto ciò è 
semplicemente idiota. La vita passa, e continuamente si ha di fronte la 
realtà vivente.
[Alla Camera dei Deputati (26 maggio 1927)]
Per essere all’altezza della propria missione, il fascista deve 
essere libero nel modo più assoluto da qualsiasi vincolo o rapporto di 
interdipendenza che potrebbe limitare la propria azione di regolatore e 
di controllo. Deve soprattutto essere disinteressato, per dimostrare in 
ogni momento che tutto ciò che riguarda la sua attività privata è 
completamente estraneo alla sua funzione politica.
[Direttive ai Federali del PNF (Carpena: 3 aprile 1929)]
I rapporti fra gerarchi piccoli e grandi debbono essere improntati alla più aperta e nobile schiettezza. I sotterfugi, le conventicole, le piccole congiure, la calunnia, la critica subdola, le miserie di ogni genere, ripugnano alla concezione morale del fascismo.
Il fascismo è una casa di vetro, nella quale tutti debbono e possono 
guardare. Guai a chi approfitta della tessera o indossa la camicia nera 
per concludere affari che altrimenti non gli riuscirebbe di condurre a 
termine.
[Ai gerarchi milanesi (Roma: 10 luglio 1929)]
Noi fascisti respingiamo qualsiasi concetto statico di felicità materiale o morale. La nostra felicità è nella lotta.
[Felicità (Il Popolo d’Italia: 12 luglio 1933)]
La rivoluzione nel nostro pensiero è una creazione che alterna la 
grigia fatica della costruzione quotidiana, ai momenti folgoranti del 
sacrificio e della gloria. Sottoposto a questo travaglio che segue la 
guerra, è già possibile vedere, e sempre più si vedrà, il cambiamento 
fisico e morale del popolo italiano. Ecco iniziata la quarta grande 
epoca storica del popolo italiano, quella che verrà dagli storici futuri
 chiamata epoca delle camicie nere.
[Alla seconda assemblea quinquennale del regime (Roma, “Teatro dell’Opera”: 18 marzo 1934)]
Noi non siamo gli imbalsamatori di un passato, siamo gli anticipatori di un avvenire.
[Al popolo di Milano (1° novembre 1936)]
Così, come il costume, la dottrina, l’atmosfera del secolo scorso fu 
democratico-liberale (e noi siamo così obbiettivi da non considerare 
tutto ciò “stupido”, come vorrebbero i nazionalisti francesi), il 
costume, la dottrina, l’atmosfera di questo secolo sarà fascista nel 
senso lato della parola. I due popoli portatori di questo nuovo tipo di 
civiltà non sono gli ultimi venuti nel campo del pensiero e della 
creazione spirituale. La stolta accusa che il fascismo sia adatto ai 
popoli di rango inferiore a paragone di quelli beatificati dalle attuali
 superstiti democrazie, cade davanti a popoli come l’italiano e il 
germanico, il cui contributo allo sviluppo civile del genere umano è 
stato ed è formidabile.
[Europa e fascismo (Il Popolo d’Italia: 6 ottobre 1937)]

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