INTERVISTA IMPOSSIBILE A NICOLA BOMBACCIApostolo della Socializzazione
- Onorevole Bombacci...- Mi
chiami Nicola. O Nicolino, se preferisce... Lasci stare l’onorevole: io
sono figlio del popolo... E il popolo, me compreso, non contempla altro
onore che quello conquistato sui campi di battaglia, nelle trincee o
nelle piazze... E chi se lo conquista lì, come spero di aver fatto io
nelle piazze, non gode ad essere chiamato “onorevole”, secondo accezione
corrente... Non ho un bel ricordo del mio periodo parlamentare... Per
cui -la prego - eviti...- Comunque
voglia essere chiamato, lei resta “l’Apostolo della Socializzazione”;
le viene perfino attribuita la stesura del testo di legge che istituì la
socializzazione nella vicenda della Rsi...- Non
ho scritto io quel testo; certo, ho approvato e abbracciato totalmente
disegno e realizzazione, fino a meritarmi quell’appellativo che lei ha
ricordato... Quel progetto era quanto perseguivo da quando, agli inizi
del ‘900, iniziai, da socialista, a fare politica... E da socialista -
come sa - ho inteso finire di piantar grane a questo mondo...- Proprio
il fatto che lei sposò, da socialista, di più: da fondatore del Partito
comunista d’Italia, la causa del fascismo repubblicano, a guerra ormai
compromessa, la fa ritenere persona controversa ed incoerente...- Beh,
se è per questo, anche Togliatti sposò il programma originario del
fascismo enunciato a San Sepolcro: ricorda, no? “Il Migliore”, nel 1936,
rivolse l’invito “ai fratelli in camicia nera” di rifarsi a quell’atto
fondativo e di considerare il comunismo potenziale realizzatore di quel
programma...- Sì, ma Togliatti si è ravveduto, mi sembra...- Mica tanto: secondo lei, perché dopo la fine della guerra concesse l’amnistia a migliaia di fascisti incarcerati?- Perché?- Perché
pensava di riconquistare alla causa comunista tutti quei fascisti
irriducibili a fare, da destra, quanto pretendevano i neo-acquisiti alla
logica liberal-liberista che si andava apparecchiando in Italia… E,
comunque, se lui, Togliatti, si è ravveduto dal fascismo io mi sono
ravveduto dal comunismo... A conti fatti, visto che di comunismo reale
si parla ormai solo sulle pagine di storia e neanche tanto
positivamente, non so chi dei due si sia ravveduto meglio...- Se è per questo, del fascismo, sulle pagine di storia, si parla anche peggio...- Sì, ma con una, anzi: due differenze...- E cioè?- La
prima: il fascismo ha perso una guerra mondiale e, quindi, era
abbastanza scontato che pagasse dazio per quella sconfitta... Il
comunismo, che pure vinse la stessa guerra che il fascismo ha perso, si è
sconfitto da solo per implosione... La seconda...- La seconda?- Il fascismo non ha tradito la sua rivoluzione, il comunismo, invece, sì...- Quindi - mi sembra di capire - lei non si considera né controverso né incoerente...- Accetto
senz’altro di essere considerato “controverso”. Del resto, chi non è
contro-verso rischia di diventare per-verso e, se lei permette, nessuno
può dubitare della mia onestà morale... Sull’incoerenza politica il
discorso si complica ma ritengo di potermi spiegare...- La prego...- Ho
inseguito per tutta la vita la realizzazione di un progetto di
evoluzione del lavoratore da asservito al giogo del capitale, a padrone
del proprio destino... Quando vidi scivolare questa originaria e antica
aspirazione dell’uomo in un riformismo che avrebbe finito per accettare,
di perpetuare i canoni del liberismo economico, abbracciai la
rivoluzione comunista e fondai la sezione d’Italia del partito...
Quando, ancora, vidi come Stalin tradiva la rivoluzione dei Soviet, dei
“consigli degli operai” per intenderci, per dare ad una casta di
amministratori e di burocrati, a un Soviet talmente Supremo da essere
inaccessibile ai lavoratori, tutto il potere che la rivoluzione, invece,
prometteva all’operaio, mi disillusi e guardai oltre...- Al fascismo, com’è noto...- Al fascismo... Perché, no?- Beh, la storia pensa...- La storia non pensa: gli storici pensano...- D’accordo: gli storici pensano che il fascismo non favorì affatto gli interessi dei
lavoratori...- A
me risulta altrimenti, anche se non sono uno storico... Gli storici
scrivono, di solito, quello che il potere al potere vuole che
scrivano... Nelle eccezioni (rare...), per quanto obiettivi possano
essere, sono anche loro, gli storici, dentro la storia: mica la
contemplano da Sirio. Vuole che ricordi e le elenchi tutte le leggi che
il fascismo promulgò al fine, realizzato, di costruire lo stato sociale,
ancora prima di arrivare alla sua fase repubblicana?- Le
conosco, grazie... Ma c’è chi pensa che, quelli, fossero atti dovuti in
ogni caso e da qualsiasi - come lo chiama lei - “potere al potere”... I
tempi erano maturi perché si realizzasse lo stato sociale... Il
fascismo fece quanto era improrogabile fare...- ..Talmente
improrogabile che, oggi, non fanno altro che smantellare
improrogabilmente lo stato sociale... No, lei sbaglia: nessuna
contingenza avrebbe costretto il fascismo a realizzare il suo programma
rivoluzionario se, questo, non fosse stato iscritto nel suo Dna...- Torniamo, per un attimo, alla difficile assimilazione che lei intese intravedere fra fascismo e comunismo...- Le
dirò di più: fino ad un certo momento del percorso della rivoluzione
comunista, ho persino sognato - come ricorderà - che le due rivoluzioni,
quella fascista e quella comunista, appunto, potessero unirsi...
Ancora
nel 1940, sentivo di poter affermare: ??...eppure giorno verrà, in cui
il soviet, permeandosi di spirito gerarchico, e la corporazione, di
risoluta anima rivoluzionaria, s??incontreranno sopra un terreno di
redenzione sociale??.- Che cosa intendeva dire?- Fascismo
e comunismo hanno la stessa matrice ideologica: il socialismo,
appunto... Perché crede che sul punto di essere fucilato gridai ??Viva
il socialismo???- Non lo so: me lo dica lei...- Il
fascismo, all’inizio del suo percorso, divaricò la forbice dalla
matrice originaria per poi gradualmente, riavvicinare le punte del
comasso. Fino a farle coincidere in una formula, in qualche modo
“socialista”, forse inedita nella storia, sì, ma fedele all’originaria
aspirazione e, ai miei occhi, a tutt’oggi, insuperata. Il comunismo,
invece, uscì sì dallo stesso punto originario, ma poi realizzò la
completa ottusità dell’angolo...
Fino ad abortire in una sorta di
capitalismo di stato... Cosa, quest’ultima, assai diversa da qualsiasi
concezione di socialismo si voglia intendere...- A seguirla sembra quasi che sia stato il fascismo a realizzare le istanze marxiste...- No,
il sistema di socializzazione del fascismo prevedeva la sussistenza
della proprietà privata. Il che lo rende irriducibile alle istanze
marxiste, almeno a quelle di vulgata...- Infatti, il fascismo non predicò mai l’abolizione della proprietà privata, come prevedeva invece il socialismo...- Anche
qui - mi perdoni - si sbaglia: del socialismo esistono diverse
concezioni e non tutte prescrivono l’abolizione della proprietà privata.
Si rilegga Filippo Corridoni, per esempio... Quest’abolizione la
prevedeva, compiutamente, la versione di-vulgata di Marx che, invece -
nonostante la vulgata - considerava la fase finale del percorso
rivoluzionario del proletariato comunista nella:????Autonomia dei
produttori??. In pratica, Marx auspicava il pieno possesso, ovvero: la
piena proprietà dell’impresa economica industriale, agricola,
commerciale da parte dei lavoratori che la gestiscono. Cioè, ancora,
nella piena autogestione delle imprese produttive... Nella
socializzazione compiuta, per l’appunto... Guardi, ancora per esempio,
il socialismo realizzato nell’ex Jugoslavia titina: lì, mica era una
prescrizione tassativa abolire totalmente la proprietà privata... Come
invece fu, e con quali esiti! nell’Unione Sovietica...- Ma la proprietà privata non è parte consustanziale del liberismo economico?- Questo
lo credono menti depositate nell’archivio a caselle concettuali con
tenuta assolutamente stagna e stonfa... La proprietà dell’impresa da
parte del lavoratore, nei limiti stabiliti dalla socializzazione, la
proprietà della sua casa - ancora e sempre per esempio - sono
fondamentali che non smentiscono una versione possibile - sottolineo:
possibile - del socialismo... Anzi - a parere mio - la esaltano al di là
degli espropri statali comunisti e dei monopoli privati del
capitalismo... La proprietà è un istinto naturale dell’uomo... Perché
abolirla? O perché concentrarla in poche, avide mani? Nel Manifesto di
Verona si stabilisce il diritto “alla” proprietà”, in contro distinzione
dal diritto “di” proprietà... Si stabilisce, cioè, un principio di
diritto etico del proletario: quello di evolversi in proprietario... Il
diritto “di” proprietà, cioè, viene ricondotto nell’ambito dei
superiori
interessi della comunità, del popolo, della nazione e non a quelli del
capitalismo di pochi individui GIÀ proprietari...- Non mi dirà che il fascismo sostenne anche la lotta di classe...- La
lotta di classe è un espediente, non un dogma... Un espediente che ha
trovato nella rivoluzione industriale la sua legittimazione... Intere
comunità contadine furono costrette ad inurbarsi in tuguri... E a
lavorare in condizioni che a dire schiave è cosa perlomeno
appropriata... Quale altro espediente, a parte la lotta di classe,
avrebbero potuto adottare, quelle masse, per elevarsi da una condizione
di animalità, in cui erano costrette dal neonato capitalismo
industriale, a un minimo di condizione umana? Un rivoluzionario
operaista
a tutto tondo come Mazzini, non abbastanza celebrato per i motivi che
le sto per esporre, poté concepire, invece, un sistema in cui tutti, un
giorno, sarebbero stati padroni della propria impresa lavorativa e
sociale... Invocando (il Mazzini...) che tutti avevano il diritto ad
essere responsabili di questa impresa, senza distinzione fra fornitori
di capitale e fornitori di forza-lavoro, auspicava, insomma, un sistema
in cui le forze produttive si armonizzano in una responsabile
condivisione sociale. In questa realizzazione, lo scontro di classe
sarebbe diventato un non senso logico... Cosa che perfino Marx prevedeva
come sbocco naturale del comunismo... E la storia ha smentito Marx,
mica Mazzini che già, nell’800, intravedeva nel socialismo marxista
realizzato ??una vita da castori?? e non da uomini... Quello che appunto
fu…- Non
le è mai venuto in mente che la socializzazione fosse un espediente per
riconquistare alla causa dell’ultimo fascismo, quello repubblicano, la
massa dei lavoratori? Masse che, disilluse dal regime ventennale, si
erano, nel frattempo, rivolte altrove per cercare la propria giustizia?- Le
posso dire che a Genova, poche settimane prima del fatidico 25 aprile
1945, c’erano almeno trentamila persone in piazza ad ascoltare un mio
comizio di propaganda per la socializzazione... E nessuno storico si è
mai azzardato a considerare quella folla costretta a venirmi a
sentire... E lì - credo - di essermi spiegato...
Così, come nessuno
storico ha mai sottolineato abbastanza che il primo atto legislativo del
neo governo di liberazione, proprio nella mattina del 25 aprile ’45,
abolì il decreto che istituiva la socializzazione delle imprese
nella,ormai ex, Rsi... Sarà un caso?- Credo di no, ne convengo... Ma cosa disse, esattamente, in quel comizio del 12 marzo del ‘45?- Glielo
riassumerò, citandomi. Dissi:“Fratelli di fede e di lotta, guardiamoci
in viso e parliamo pure liberamente: voi vi chiederete se io sia lo
stesso agitatore socialista, comunista, amico di Lenin, di vent’anni fa.
Sissignori, sono sempre lo stesso, perché io non ho rinnegato i miei
ideali per i quali ho lottato e per i quali, se Dio mi concederà di
vivere ancora, lotterò sempre. Ma se mi trovo nelle file di coloro che
militano nella Repubblica sociale italiana è perché ho veduto che questa
volta si fa sul serio e che si è veramente decisi a rivendicare i
diritti degli operai”.- Non le si può negare una fede cieca...- Non mi neghi la fede... La cecità - la prego - me la risparmi: non ho mai visto tanto bene come in quei giorni di martirio...- Va bene, andiamo oltre...- Non ho fatto altro per tutta la vita che andare oltre: continuiamo pure...- Secondo lei, che lo frequentò assiduamente, nei seicento giorni di Salò...- ..Della Repubblica sociale, vorrà dire... Scusi: chiami le cose con il loro nome esatto...- ...Nei
seicento giorni della Repubblica sociale, allora, come vuole... Quale
fu - dicevo - secondo lei, la molla decisiva che indusse Mussolini a
concepire e realizzare il progetto di socializzazione, proprio nel
momento in cui le speranze, non dico di una vittoria fascista, ma almeno
di una sua possibile sopravvivenza, erano praticamente nulle?- Qualcuno
(non ricordo chi...), prima di una battaglia che si preannunciava
disgraziata, a chi gli faceva notare che non c’era nessuna speranza di
vittoria, rispose: ??Sperare non è necessario per intraprendere.??
...Ecco
- se lei mi permette - fu proprio questo - io credo - lo spirito che
portò Mussolini a varare, finalmente la legislazione socializzatrice... A
portare a termine, cioè, in maniera coerente (un termine che - mi
sembra - le sta particolarmente a cuore; però, attento: soltanto gli
imbecilli non si smentiscono mai...); a portare a termine - dicevo - gli
sviluppi logici della rivoluzione fascista... Comunque, c’era, anche,
un messaggio, un testamento - se vuole - da lasciare... Una via
percorribile da indicare a chi sarebbe venuto dopo e avrebbe ripreso, in
qualche modo, il cammino della rivoluzione che gli esiti della guerra
stavano stroncando... Queste, e non altre, furono le molle che spinsero
Mussolini a ??intraprendere??... Quando tutto, evidentemente, era ormai
perduto... Fuorché l’onore... E si figuri che persino io, personalmente,
m’illusi, per un momento, che realizzando la socializzazione le stesse
sorti della guerra avrebbero potuto essere diverse... Ma Mussolini
era
l’unico che aveva, ancora, nonostante tutto, il senso esatto del corso
che avrebbero preso la storia... Non fu certamente per caso che Lenin mi
confidò che Mussolini era l’unico uomo italiano che avrebbe potuto
realizzare, in Italia, la rivoluzione socialista... E i fatti non hanno
smentito Lenin... Tanto meno, Mussolini...- Come
saprà, in chi si autoproclamò “erede del fascismo”, la via indicata da
Mussolini nel suo testamento politico è rimasta, praticamente, lettera
morta... Nel dopoguerra, fino ad oggi, furono altre le istanze che, dal
fascismo, i neofascisti assunsero nella pratica della loro azione
politica... - Quello
che dice è parzialmente vero... La socializzazione non è stata, per
molti anni, sventolata come bandiera di discrimine fra chi avrebbe
dovuto intendersi, ed essere inteso, interprete della “Terza Via” fra
due concetti e due idee, comunismo e capitalismo, che sembrano
irriducibili ma che, nella sostanza, non lo
sono: da una parte,
infatti, troviamo ancora i sostenitori del libero mercato che tutto
legittima in nome del laissez faire e, dall’altra, lo stato che tutto
pretende: entrambi espropriatori del destino dell’uomo...- Quindi?- Quindi,
il fascismo, l’ultimo fascismo soprattutto, ha saputo riportare il
discorso ai giusti termini: restituire alle mani del popolo la
responsabilità diretta della sua impresa, in ogni campo sociale si fosse
trovata a manifestarsi... I fascisti del dopoguerra hanno, in non so
quanto buona ma sicuramente in larga parte, disatteso la missione che
gli fu assegnata. Senza, tuttavia, dimenticarla del tutto... Vedo, ai
giorni che sono i suoi e, ahimè, non più i miei, dei sussulti che vanno
nella direzione giusta... Vedo dei soprassalti di coscienza e di
memoria... Le idee che valgono non muoiono... Respirano piano, ma
respirano... Covano, semmai, sotto la cenere... Basterà una ventata più
forte e il fuoco riprenderà ad ardere... O prima o poi, il capitalismo
imploderà, per legge - oso dire - naturale... Così come, per deficienza
interna, è crollato il comunismo... E l’uomo cercherà in altri sistemi
di vita comunitaria la soddisfazione del proprio innato senso di
giustizia sociale...- Nella socializzazione...- Nella socializzazione...
Di Miro Renzaglia