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Dogmi e
censure: un inventario
di Marco Della Luna
Notoriamente,
se un’affermazione, per quanto falsa, viene ripetuta decine di migliaia di volte
soprattutto dalla tv, alla fine la gente la sentirà come vera.
I
regimi inculcano così dogmi, insiemi di dogmi, costituenti un senso comune
artificiale, utile alla gestione del corpo sociale, a far accettare alla gente
come giustificate le operazioni che si compiono sulla sua testa, sulle sue
tasche, sulla sua vita, sui suoi diritti. Ma anche sulla società come tale. Un
senso comune che produce quindi consenso (legittimazione democratica) e
ottemperanza popolare (compliance).
Chi osa uscire criticamente dal recinto dei dogmi e della dialettica consentita
tra i paletti, viene etichettato come antagonista, estremista, antisociale,
populista, eccetera, e viene delegittimato culturalmente, emarginato – finché i
fatti e le realtà censurate non rompono l’incantesimo del sistema dogmatico.
Facciamo l’inventario, o l’inizio dell’inventario, di questi dogmi nel nostro
sistema, sempre più scosso e incrinato dalla pressione della realtà rimossa:
1) Dogma dei mercati efficienti: I mercati sono tendenzialmente liberi e
trasparenti, prevengono o correggono inefficientemente le crisi e, realizzano
l’ottimale distribuzione delle risorse e dei redditi, abbassano i prezzi e le
tariffe; puniscono gli Stati inefficienti e spendaccioni mentre premiano quelli
efficienti e virtuosi, perciò la regolazione della politica va ultimamente
affidata ad essi.
2) Dogma della spesa pubblica: la spesa pubblica è la causa dell’indebitamento
pubblico, il quale a sua volta è la causa delle tasse, della recessione e,
dell’inefficienza del sistema; l’obiettivo è dunque tagliare la spesa pubblica
come tale e affidare i servizi pubblici alla gestione del mercato, cioè alla
logica del profitto.
3) Dogma dell’integrazione europea: l’integrazione europea è insieme benefica,
possibile e inevitabile; chi si oppone si oppone a una tendenza naturale e
storica, va contro la realtà e gli interessi di tutti; l’Europa quindi
legittimamente detta le regole a cui tutti devono adeguarsi.
4) Dogma dell’euro moneta unica: l’euro moneta unica produce la convergenza
delle economie europee, quindi sostiene l’assimilazione e integrazione tra i
paesi europei, favorisce la nuova crescita economica e la loro solidarietà.
5) Dogma della preziosità e della scarsità oggettive della moneta: la moneta non
è un simbolo prodotto a costo zero, ma è un bene, una commodity, con un costo di
produzione che giustifica il fatto che coloro che la producono (come moneta
primaria o creditizia), in cambio di essa, tolgano grandi quote del reddito a
chi produce beni e servizi reali.
6) Dogma dell’immigrazione benefica: l’immigrazione va accolta anche sostenendo
grosse spese perché essa è economicamente benefica ed indispensabile per
compensare l’invecchiamento e il diradamento della popolazione attiva, quindi
per sostenere il sistema previdenziale e per coprire i molti posti di lavoro che
gli italiani rifiutano; non è vero che tolga posti di lavoro agli italiani, che
faccia loro concorrenza al ribasso sui salari, che serva come manovalanza alle
mafie, che comporti un apprezzabile aumento della criminalità o dei costi
sanitari o assistenziali.
Carattere comune di questi punti dottrinali e propagandistici, è la censura od
occultamento dei conflitti di interessi e di bisogni, e ancor più della lotta di
classe in atto.
Soprattutto viene sottaciuto il conflitto di interesse tra classi sociali,
specificamente tra classe globale finanziaria improduttiva parassitaria
speculatrice e le classi produttive dell’economia reale, legate ai loro
territori, e sempre più private di potere sulle istituzioni nonché di quote di
reddito in favore delle rendite finanziarie.
Conflitto di interessi tra nord e sud d’Italia, in cui alcune regioni
settentrionali patiscono un permanente trasferimento dei loro redditi in favore
di alcune regioni meridionali onde tenere unito il sistema paese, ma questo
trasferimento sta spegnendo le loro capacità economiche del nord e induce le
loro aziende e i loro migliori lavoratori ad emigrare.
Conflitto di bisogni oggettivi tra paesi manifatturieri come Italia e Germania,
nel quale la Germania ha interesse a tenere l’Italia entro una moneta comune per
togliere all’Italia il vantaggio di una moneta più debole, quindi di una
maggiore competitività rispetto alla Germania, così da prendere anche sue quote
di mercato.
Conflitto
di bisogni oggettivi tra paesi creditori, come la Germania, e paesi debitori,
come l’Italia: i tedeschi, essendo detentori di crediti sia personali,
previdenziali, da investimento, sia anche pubblici, sono interessati a mantenere
forte il ricorso della valuta in cui quei crediti sono dedicati denominati, cioè
l’euro – da qui l’esigenza di tenere stretti i cordoni della borsa, cioè di far
scarseggiare la moneta per tenerne alto il corso; per contro l’Italia e gli
italiani, essendo indebitati e avendo i loro investimenti perlopiù in immobili,
hanno bisogno di una moneta meno forte.
Conflitto di bisogni tra paesi in recessione, che hanno bisogno di politiche
monetarie espansive, e paesi in crescita, che hanno bisogno di politiche
monetarie restrittive; e tra paesi ad economia manifatturiera-trasformatrice e
paesi ad economia basata sui servizi finanziari e il commercio (Regno Unito):
tutti conflitti che rendono dannosa l’unione monetaria, o meglio che fanno sì
che la politica monetaria faccia gli interessi del paese più forte dentro di
essa (Germania) a danno dei paesi meno forti.
Conflitto di interesse propriamente di classe tra imprenditori e lavoratori: i
primi hanno interesse a togliere ai lavoratori quanto più possibile forza
negoziale e capacità di resistenza, di sciopero, oltre che di salario. Conflitto
di interesse tra cittadini utenti e monopolisti/oligopolisti di servizi
pubblici: questi ultimi hanno interesse a imporre tariffe sempre più alte in
cambio di servizi sempre più scarsi, onde massimizzare i loro profitti; da qui
la privatizzazione sistematica di tali servizi.
In conclusione, il regime, cioè il sistema di spartizione del reddito tra le
varie classi economiche – sistema che vede oggi la classe finanziaria prendersi
tutto il reddito disponibile – si regge su un consenso e un’acquiescenza
ottenuti tanto mediante l’indottrinamento con dogmi, quanto con il sistematico
nascondimento di conflitti di interessi che non devono apparire onde evitare che
la gente percepisca il male che le viene fatto.
È
stato costruito, con la collaborazione dei media e dei politici (quasi tutti),
un senso comune socio- economico, una percezione comune della realtà, che
consente a una classe globale parassitaria di perfezionare la spoliazione dei
diritti e dei redditi delle altre classi, facendola apparire come espressione
naturale di leggi impersonali del mercato, non come una guerra di classe.
Di questo senso comune fa parte anche la concezione del genere umano come di una
competizione assoluta e totale tra individui per la conquista della ricchezza e
del potere – perché questa è l’ide(ologi)a del mercatismo: il bellum omnium
erga omnes, un individualismo di massa (ciascuno è solo davanti allo
schermo, davanti alle tasse, davanti alle banche, davanti ai problemi di salute,
vecchiaia, disoccupazione; e soprattutto davanti a un sempre più impersonale e
grande datore di lavoro), senza diritti comuni, senza solidarietà e garanzie,
dove tutto è merce e prestazione, dove è proibito agli Stati persino introdurre
tutele alla salute pubblica, se queste possono limitare il profitto delle
corporations (norme del WTO e del TTIP).
Questo modello socio-economico, che viene costruito metodicamente, anche a
livello legislativo e costituzionale, nazionale ed europeo, dalle nostre élites,
e in Italia ultimamente dalla staffetta dei governi Berlusconi-Monti-Letta-Renzi
(sotto la locale regia di Giorgio I), è marktkonform, conforme e ideale per le
esigenze del mercato e del capitale e del profitto; però mi pare non molto
compatibile con le esigenze psicofisiologiche dell’essere umano, inteso sia come
individuo, che come famiglia, che come comunità sociale – esigenze che
comprendono una prospettiva stabile per la progettazione e l’impostazione della
vita, per la procreazione e l’educazione della prole; ma anche ambiti di non
mercificazione e di non competitività, e la garanzia di una dimensione pubblica
sottratta alla logica del profitto finanziario.