giovedì 4 febbraio 2016

“KATYN” Come scomparvero migliaia di ufficiali polacchi


“KATYN”
Come scomparvero migliaia di ufficiali polacchi

di Daniele Lembo
Se il lettore provasse a chiedere ai nostri giovani, ma anche ai meno giovani, chi fu a dare l’avvio allo scoppio del secondo conflitto mondiale, inevitabilmente, ne riceverebbe come risposta secca: i tedeschi.
Effettivamente, ogni libro di testo nazionale ad uso scolastico riferisce, puntualmente, che la seconda guerra mondiale ebbe inizio il 1° settembre 1939, data in cui i tedeschi diedero avvio all’invasione della Polonia. Tale affermazione è quanto mai incompleta e lacunosa. Quel 1° settembre avvenne qualche cosa in più di una semplice invasione: ebbe inizio, infatti, la spartizione dello stato Polacco, tra la Germania e la Russia, così come era stato concordato circa una settimana prima.
I “sacri testi” scolastici, con incredibile sistematicità, dimenticano di riferire che il precedente 23 agosto il Ministro degli Esteri sovietico Vyacheslav Molotov e il Ministro degli Esteri tedesco Joachim Von Ribbentrop avevano firmato quello che pubblicamente era stato contrabbandato come un “trattato di non aggressione”. L’accordo russo tedesco, in realtà, prevedeva un protocollo segreto ai danni della Polonia, della quale i due Stati firmatari ne concordavano l’invasione e la spartizione.
L’accordo predatorio ai danni dei polacchi avrebbe avuto completa attuazione, il successivo 17 settembre quando, all’invasione tedesca, sarebbe seguito da est l’attacco Russo.
Quello dell’attacco russo alla Polonia è una piccola dimenticanza dei trattati di storia che appoggia e avalla però una grande menzogna. Purtroppo, non è la sola falsità ad essere raccontata dagli storici ufficiali su quel periodo. Si aggiunge, invece, a tutta una serie di inesattezze e vere e proprie fandonie che inducono, chi abbia almeno un accenno di buon senso, a nutrire il legittimo dubbio che alla verità dei fatti sia stata sostituita una versione di comodo ben più vicina alla leggenda che alla storia.

L’ARMATA POLACCA SCOMPARSA
Qualche tempo dopo i fatti del settembre 1939, lo scenario bellico sarebbe mutato.
Non è detto che gli amici o i nemici di oggi debbano rivestire gli stessi ruoli anche domani. Può accadere, infatti, che uno stato di conflittualità possa trasformarsi in un’alleanza o viceversa. Se ciò avviene nella comune pratica quotidiana di ognuno di noi, a maggior ragione la stessa cosa si può verificare in politica e, in particolar modo, in politica internazionale.
Il 14 agosto 1941 il generale Wladyslaw Sikorski, capo del Governo polacco in esilio a Londra, dovette far finta di dimenticare l’aggressione russa di due anni prima e firmare un trattato russo polacco con il quale i Russi si impegnavano a formare, con i prigionieri di guerra polacchi da loro detenuti, un’armata polacca.
Era avvenuto che i tedeschi, da “compagni di merende” e sodali predatori, si erano trasformati in nemici per i russi. A questo punto, i polacchi ritornavano buoni nella lotta contro le Divisioni di Hitler. L’armata in formazione con i polacchi prigionieri di Stalin sarebbe stata comandata dal generale Wladyslaw Anders e doveva essere formata da 250.000 polacchi comandati da 12.000 ufficiali.
Firmato l’accordo, ci si accorse che i conti non tornavano. Di 12.000 ufficiali polacchi, detenuti nei campi di concentramento di Starobielsk (presso Kharkov), Kozielsk (presso Smolensk) e ad Ostasckovo (presso Kalinin) non c’era alcuna traccia. Qualche autore, invece, riferisce di 8.000 ufficiali e 7.000 sottufficiali mancanti all’appello.
I russi, dapprima reticenti, incominciarono a dare spiegazioni poco credibili sulla sorte di quegli uomini, affermando che tutti gli ufficiali polacchi erano stati liberati. Ma se erano stati liberati, allora dovevano essere in Polonia o almeno da qualche altra parte, mentre invece di quelle migliaia di uomini non c’era proprio più traccia.
Dovevano passare due anni perché l’arcano fosse chiarito.
Agli inizi del 1943, nella foresta di Katyn, nella zona di Kosigory, furono rinvenute delle fosse comuni. In queste fosse erano seppelliti, su dodici strati, migliaia di uomini i quali presentavano tutti un foro di proiettile alla nuca.
Le migliaia di cadaveri non furono di difficile identificazione. Le divise ancora integre e i documenti personali rinvenuti, permisero facilmente di dedurre che quegli uomini, ordinatamente sepolti a Katyn, erano le migliaia di ufficiali polacchi scomparsi.
Questi ultimi, detenuti nel campo di prigionia di Kozielsk, nel marzo del ‘40 erano stati trasferiti a Smolensk e poi a Kosigory dove, nella foresta di Katyn, erano stati abbattuti come bestie dai russi.
Il rinvenimento dei corpi fu ufficialmente fatto da giornalisti norvegesi che, condotti sul posto dai contadini del luogo, avevano poi girato la notizia ai loro giornali in Patria. Il 13 aprile ’43, la radio tedesca diede l’annuncio del crimine russo a tutto il mondo. Passarono appena due giorni e, il giorno 15 seguente, Radio Mosca rilanciò il comunicato, imputando però la colpa del massacro ai tedeschi. Secondo Radio Mosca i polacchi erano stati massacrati dai tedeschi ed ora la propaganda menzognera di Goebbels stava tentando di addossare a loro le colpe. I russi, inizialmente, arrivarono a sostenere addirittura che forse si trattava di fosse preistoriche che i tedeschi tentavano di impiegare per una colossale macchinazione nei loro confronti.
Di fronte a tali dichiarazioni contrastanti, l’opinione pubblica mondiale, come è logico che fosse, si divise.
Era quindi indispensabile stabilire la verità dei fatti e alla Croce Rossa a Ginevra giunse l’istanza di aprire un’inchiesta. La richiesta fu avanzata non solo dai tedeschi, ma anche dal Governo polacco in esilio a Londra.
Agli accertamenti da parte di un ente sovrannazionale come la Croce Rossa, si opposero i russi adducendo il pretesto che la foresta di Katyn, anche se al momento era in zona occupata dai tedeschi, faceva parte del territorio russo. Contemporaneamente, i russi interruppero i rapporti con il governo polacco a Londra, denunciando un accordo tedesco-polacco. Secondo Molotov e Viscinsky, i polacchi in esilio si erano ispirati “a sentimenti germanofili“, tradendo così la Russia loro alleata.
Il Governo di Wladyslaw Sikorski si dimostrò convinto della colpevolezza di Stalin e il 19 aprile 1943 la Croce rossa polacca comunicò ufficialmente che la strage degli ufficiali era avvenuta tra l’aprile e il maggio 1940, periodo nel quale la zona di Katyn era sotto occupazione russa. Se la croce rossa polacca ventilava solo di chi fossero le responsabilità, il 19 aprile ’43, il giornale polacco Kurger Polski, edito a Buenos Aires, affermava: “Gli ufficiali polacchi massacrati a Katyn sono stati massacrati per ordine di Stalin. Dobbiamo ritenere esatte le notizie pubblicate sul massacro tanto più che il Governo sovietico non ha provato il contrario e che esso non ha informato dove si trovano il generale Smorawinski e le migliaia di altri ufficiali dei quali si sono perse le tracce”.
Churchill intervenne energicamente nei confronti del generale Sikorski per indurlo a dimenticare la questione al fine di non turbare l’alleanza con i russi. Ma l’intervento del premier britannico servì a ben poco in quanto non era facile, sebbene in nome della ragion di Stato, passare sopra all’esecuzione di migliaia di ufficiali polacchi. Pertanto, Sikorski continuò ad insistere presso la Croce Rossa internazionale per l’istituzione di una commissione di indagine. Il generale polacco, purtroppo, ad un certo punto non poté più continuare nella sua azione tesa alla ricerca della verità perché, il 4 luglio del ’43, morì in uno strano incidente aereo su Gibilterra.
La Croce Rossa ginevrina non istituì mai la commissione di indagine, adducendo la motivazione che questa, tenendo conto dell’opposizione dei russi, non era stata richiesta da tutti i belligeranti.
I tedeschi, inizialmente condussero sul posto ufficiali polacchi che identificarono i loro commilitoni assassinati, poi ovviarono al diniego della Croce Rossa affidando il responso ad una commissione internazionale composta da anatomopatologi, tutti esperti di medicina legale, di provenienza bulgara, italiana, belga, danese, finlandese, francese, ungherese, rumena, olandese, jugoslava, cecoslovacca e svizzera.
Tale commissione iniziò i lavori il 28 aprile ’43, procedendo all’analisi a campione dei corpi. In totale, furono esaminati 982 cadaveri che vennero sottoposti, alcuni ad autopsia, altri al solo esame necroscopico.
Il lavoro dei periti fu agevolato dal fatto che la natura sabbiosa dei luoghi aveva preservato gli indumenti dal rapido disfacimento e quasi mummificato i corpi.
I risultati furono resi pubblici il 3 maggio e il lavoro dei periti concludeva che le vittime, tutte uccise con una pallottola alla nuca di calibro inferiore agli 8 mm, erano state presumibilmente assassinate nei mesi di marzo aprile del 1940. Ad avvalorare la tesi che le esecuzioni fossero avvenute in una stagione fredda dell’anno, contribuiva il fatto che i cadaveri indossavano uniformi invernali e che su di questi non erano state trovate larve di insetti. Inoltre, tutti i documenti trovati indosso ai cadaveri, come lettere, giornali ecc. erano antecedenti al marzo aprile 1940.
Infine, quegli uomini sepolti a Katyn avevano tutti i polsi legati con corde di fabbricazione sovietica ed il nodo usato era quello che, di norma, veniva insegnato alla Ghepeù (la Polizia segreta sovietica, poi denominata NKWD) ed alcuni di loro portavano segni di colpi di baionetta quadrangolare del tipo sovietico.
Insomma, dalle risultanze della commissione internazionale tutto lasciava credere che ad aver compiuto il massacro fossero stati i russi, nel periodo in cui la zona di Katyn era sotto il loro controllo. A sfavore dei tedeschi deponeva il solo calibro delle pallottole usate nel massacro. I proiettili impiegati, di tipo 7,65, erano indiscutibilmente tedeschi, ma una grande quantità di tali munizioni era stata venduta nell’anteguerra ai Paesi Baltici e alla Polonia. Inoltre, pistole 7,65 di tipo Geco erano state cedute dai tedeschi alla Russia in seguito al trattato di Rapallo.
E’ da evidenziare che, nell’agosto del ’41, i tedeschi erano venuti in possesso di enormi depositi di armi russe e se avessero voluto far ricadere la colpa della strage sui russi avrebbero usato quelle armi e non pistole di produzione nazionale.
Se quanto detto non bastasse a dichiarare la colpevolezza dei russi nella strage, basterebbe raccontare quanto il prof. Palmieri, illustre professore di medicina legale facente parte della commissione internazionale di indagine, di ritorno da Katyn avrebbe poi raccontato. I contadini del posto ricordavano come, nell’aprile maggio del 1940, fossero giunti alla stazione di Gniazdov treni carichi di ufficiali polacchi i quali erano stati poi avviati verso la foresta di Katyn.
Con la rioccupazione russa della zona di Katyn, nel settembre del 1943, i sovietici riaprirono il caso. Il 15 gennaio 1944 una ventina di giornalisti, tra cui un francese e un polacco e il resto tra americani e inglesi, poterono assistere ad una veloce riesumazione delle salme, in presenza di sei medici patologi sovietici e di otto personalità russe. La ricognizione dei cadaveri fu fatta in un clima avvilente e ai giornalisti fu chiaro che l’unico scopo dei russi era quello di mandarli via al più presto, non essendo in grado di rispondere a nessuna delle loro domande.
La riesumazione con conseguente ricognizione delle salme da parte russa, servì solo a dare modo ai sovietici di riprendere la campagna di disinformazione e di accuse rivolte ai tedeschi di essere gli autori della strage.
La mattanza di Katyn sarebbe ritornata a galla nel corso del processo di Norimberga quando il Generale Rudenko, titolare dell’accusa da parte sovietica, avrebbe chiesto di imputare ai capi nazisti anche “l’uccisione avvenuta nel settembre 1941, di dodicimila ufficiali polacchi prigionieri di guerra nella foresta di Katyn, nei pressi di Smolensk”.
L’accusa russa, stranamente, fu dimenticata e nessun riferimento alle migliaia di ufficiali polacchi assassinati a Katyn si sarebbe poi trovato nel lungo dispositivo della sentenza del processo.
Nel dopoguerra si riparlò della faccenda e, il 13 febbraio 1948, il Dagens Nyheter di Stoccolma pubblicò un documento che indicava chiaramente come il NKWD, ovvero la polizia segreta russa, avesse organizzato la strage. Il Dagens Nyheter narrava dell’indagine fatta dall’avvocato Reman Martini di Cracovia e di come quest’ultimo fosse riuscito ad indicare anche i nomi degli uomini dell’NKWD responsabili della carneficina.
La menzogna russa sarebbe stata veramente dura a morire e soltanto il 12 aprile 1990 la verità sarebbe venuta fuori. Gorbacev, in nome della politica di apertura della politica russa, nel 1990 avrebbe finalmente ammesso la piena responsabilità sovietica nell’eccidio di Katyn.
Alcune fonti riferiscono, addirittura, di 22.000 polacchi trucidati a Katyn, ma il vero enigma da risolvere non è quanti furono i polacchi assassinati. Bisogna, invece, rispondere alla domanda: perché i russi lo fecero?
La risposta accettabile può essere una sola: Stalin, eliminando gli ufficiali di quell’esercito, tentò di annullare la parte pensante della società polacca. Un mostruoso tentativo di trasformare quella nazione in un corpo acefalo, un popolo di schiavi da asservire alle esigenze russe. Altro che libertà in nome del comunismo. A Katyn, La Polizia di Sicurezza russa esperì il tentativo di annullare un popolo, privandolo, in un colpo solo, dell’intellighenzia.
Il crimine russo fu peggiore di un tentativo di genocidio. Il genocidio è la carneficina ai danni di un popolo al fine di eliminarlo dalla faccia della terra. A Katyn, invece, si volle preservare il popolo polacco, ma solo per trasformarlo in una nazione di schiavi perché priva della parte dirigente.

Katyn di Andrzej Wajda è il primo film sul massacro di 22.000 polacchi avvenuto nella foresta di Katyn, che si trova in Ucraina, non lontano dalla frontiera russa. Il primo film sulla "bugia di Katyn".
 
                                                                                                                                               

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