BREVE STORIA DELLA SVENDITA D' ITALIA
Documentazione raccolta da Anonimo Pontino
L'ex ministro Scotti confesserà a Cirino Pomicino: "Tutto nacque da una comunicazione riservata fattami dal capo della polizia Parisi
che, sulla base di un lavoro di intelligence svolto dal Sisde e
supportato da informazioni confidenziali, parlava di riunioni
internazionali nelle quali sarebbero state decise azioni destabilizzanti
sia con attentati mafiosi sia con indagini giudiziarie nei confronti
dei leaders dei partiti di governo".
Una delle riunioni di cui parlava Scotti si svolse il 2 giugno del 1992, sul panfilo Britannia,
in navigazione lungo le coste siciliane. Sul panfilo c'erano alcuni
appartenenti all'élite di potere anglo-americana, come i reali
britannici e i grandi banchieri delle banche a cui si rivolgerà il
governo italiano durante la fase delle privatizzazioni (Merrill Lynch,
Goldman Sachs e Salomon Brothers).
In
quella riunione si decise di acquistare le aziende italiane e la Banca
d'Italia, e come far crollare il vecchio sistema politico per insediarne
un altro, completamente manovrato dai nuovi padroni. A quella riunione
parteciparono anche diversi italiani, come Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, il dirigente dell'Eni Beniamino Andreatta e il dirigente dell'Iri Riccardo Galli.
Gli intrighi decisi sulla Britannia avrebbero permesso agli
anglo-americani di mettere le mani sul 48% delle aziende italiane, fra
le quali c'erano la Buitoni, la Locatelli, la Negroni, la Ferrarelle, la
Perugina e la Galbani.
La stampa martellava su "Mani pulite", facendo intendere che da quell'evento sarebbero derivati grandi cambiamenti.
Nel giugno 1992 si insediò il governo di Giuliano Amato.
Si trattava di un personaggio in armonia con gli speculatori che
ambivano ad appropriarsi dell'Italia. Infatti, Amato, per iniziare le
privatizzazioni, si affrettò a consultare il centro del potere
finanziario internazionale: le tre grandi banche di Wall Street, Merrill Lynch, Goldman Sachs e Salomon Brothers.
Appena
salito al potere, Amato trasformò gli Enti statali in Società per
Azioni, valendosi del decreto Legge 386/1991, in modo tale che l'élite
finanziaria li potesse controllare, e in seguito rilevare.
L'inizio
fu concertato dal Fondo Monetario Internazionale, che, come aveva fatto
in altri paesi, voleva privatizzare selvaggiamente e svalutare la
nostra moneta, per agevolare il dominio economico-finanziario
dell'élite. L'incarico di far crollare l'economia italiana venne dato a
George Soros, un cittadino americano che tramite informazioni ricevute
dai Rothschild, con la complicità di alcune autorità italiane, riuscì a
far crollare la nostra moneta e le azioni di molte aziende italiane.
Soros
ebbe l'incarico, da parte dei banchieri anglo-americani, di attuare una
serie di speculazioni, efficaci grazie alle informazioni che egli
riceveva dall'élite finanziaria. Egli fece attacchi speculativi degli
hedge funds per far crollare la lira. A causa di questi attacchi, il 5
novembre del 1993 la lira perse il 30% del suo valore, e anche negli
anni successivi subì svalutazioni.
Le reti della Banca Rothschild, attraverso il direttore Richard Katz,
misero le mani sull'Eni, che venne svenduta. Il gruppo Rothschild ebbe
un ruolo preminente anche sulle altre privatizzazioni, compresa quella
della Banca d'Italia. C'erano stretti legami fra il Quantum Fund di George Soros e i Rothschild. Ma anche numerosi altri membri dell'élite finanziaria anglo-americana, come Alfred Hartmann e Georges C. Karlweis, furono coinvolti nei processi di privatizzazione delle aziende e della Banca d'Italia.
La Rothschild Italia Spa, filiale di Milano della Rothschild & Sons di Londra, venne creata nel 1989, sotto la direzione di Richard Katz. Quest'ultimo diventò direttore del Quantum Fund di Soros
nel periodo delle speculazioni a danno della lira. Soros era stato
incaricato dai Rothschild di attuare una serie di speculazioni contro la
sterlina, il marco e la lira, per destabilizzare il sistema Monetario
Europeo. Sempre per conto degli stessi committenti, egli fece diverse
speculazioni contro le monete di alcuni paesi asiatici, come l'Indonesia
e la Malesia. Dopo la distruzione finanziaria dell'Europa e dell'Asia,
Soros venne incaricato di creare una rete per la diffusione degli
stupefacenti in Europa.
In seguito, i Rothschild,
fedeli al loro modo di fare, cercarono di far cadere la responsabilità
del crollo economico italiano su qualcun altro. Attraverso una serie di
articoli pubblicati sul Financial Times, accusarono la Germania,
sostenendo che la Bundesbank aveva attuato operazioni di aggiotaggio
contro la lira. L'accusa non reggeva, perché i vantaggi del crollo della
lira e della svendita delle imprese italiane andarono agli
anglo-americani.
La privatizzazione è stata un saccheggio, che ancora continua. Spiega Paolo Raimondi, del Movimento Solidarietà:
Abbiamo
avuto anni di privatizzazione, saccheggio dell'economia produttiva e
l'esplosione della bolla della finanza derivata. Questa stessa strategia
di destabilizzazione riparte oggi, quando l'Europa continentale viene
nuovamente attratta, anche se non come promotrice e con prospettive
ancora da definire, nel grande progetto di infrastrutture di base del
Ponte di Sviluppo Eurasiatico.[1][11]
Qualche anno dopo la magistratura italiana procederà contro Soros,
ma senza alcun successo. Nell'ottobre del 1995, il presidente del
Movimento Internazionale per i Diritti Civili-Solidarietà, Paolo
Raimondi, presentò un esposto alla magistratura per aprire un'inchiesta
sulle attività speculative di Soros & Co, che avevano colpito la
lira. L'attacco speculativo di Soros, gli aveva permesso di
impossessarsi di 15.000 miliardi di lire. Per contrastare l'attacco,
l'allora governatore della Banca d’Italia, Carlo Azeglio Ciampi, bruciò inutilmente 48 miliardi di dollari.
Su
Soros indagarono le Procure della Repubblica di Roma e di Napoli, che
fecero luce anche sulle attività della Banca d'Italia nel periodo del
crollo della lira. Soros venne accusato di aggiotaggio e insider
trading, avendo utilizzato informazioni riservate che gli permettevano
di speculare con sicurezza e di anticipare movimenti su titoli, cambi e
valori delle monete.
Spiegano il Presidente e il segretario generale
del "Movimento Internazionale per i Diritti Civili - Solidarietà",
durante l'esposto contro Soros:
È stata... annotata nel 1992 l 'esistenza... di un contatto molto stretto e particolare del sig. Soros con Gerald Carrigan,
presidente della Federal Reserve Bank di New York, che fa parte
dell'apparato della Banca centrale americana, luogo di massima
circolazione di informazioni economiche riservate, il quale,
stranamente, una volta dimessosi da questo posto, venne poi
immediatamente assunto a tempo pieno dalla finanziaria "Goldman Sachs
& co." come presidente dei consiglieri internazionali. La Goldman
Sachs è uno dei centri della grande speculazione sui derivati e sulle
monete a livello mondiale. La Goldman Sachs è anche coinvolta in modo
diretto nella politica delle privatizzazioni in Italia. In Italia
inoltre, il sig. Soros conta sulla strettissima collaborazione del sig. Isidoro Albertini,
ex presidente degli agenti di cambio della Borsa di Milano e attuale
presidente della "Albertini e co. SIM" di Milano, una delle ditte guida
nel settore speculativo dei derivati. Albertini è membro del consiglio
di amministrazione del "Quantum Fund" di Soros.
III.
L'attacco speculativo contro la lira del settembre 1992 era stato
preceduto e preparato dal famoso incontro del 2 giugno 1992 sullo yacht
"Britannia" della regina Elisabetta II d'Inghilterra, dove i massimi
rappresentanti della finanza internazionale, soprattutto britannica,
impegnati nella grande speculazione dei derivati, come la S. G. Warburg,
la Barings e simili, si incontrarono con la controparte italiana
guidata da Mario Draghi, direttore generale del ministero del Tesoro, e
dal futuro ministro Beniamino Andreatta, per pianificare la
privatizzazione dell'industria di stato italiana. A seguito dell'attacco
speculativo contro la lira e della sua immediata svalutazione del 30%,
codesta privatizzazione sarebbe stata fatta a prezzi stracciati, a
beneficio della grande finanza internazionale e a discapito degli
interessi dello stato italiano e dell'economia nazionale e
dell'occupazione. Stranamente, gli stessi partecipanti all'incontro del
Britannia avevano già ottenuto l'autorizzazione da parte di uomini di
governo come Mario Draghi, di studiare e programmare le privatizzazioni
stesse. Qui ci si riferisce per esempio alla Warburg, alla Morgan
Stanley, solo per fare due tra gli esempi più noti. L'agenzia stampa EIR
(Executive Intelligence Review) ha denunciato pubblicamente questa
sordida operazione alla fine del 1992 provocando una serie di
interpellanze parlamentari e di discussioni politiche che hanno avuto il
merito di mettere in discussione l'intero procedimento, alquanto
singolare, di privatizzazione.[2][12]
I complici italiani furono il ministro del Tesoro Piero Barucci, l'allora Direttore di Bankitalia Lamberto Dini e l'allora governatore di Bankitalia Carlo Azeglio Ciampi. Altre responsabilità vanno all'allora capo del governo Giuliano Amato e al Direttore Generale del Tesoro Mario Draghi.
Alcune autorità italiane (come Dini) fecero il doppio gioco:
denunciavano i pericoli ma in segreto appoggiavano gli speculatori.
Amato
aveva costretto i sindacati ad accettare un accordo salariale non
conveniente ai lavoratori, per la "necessità di rimanere nel Sistema
Monetario Europeo", pur sapendo che l'Italia ne sarebbe uscita a causa
delle imminenti speculazioni.
Gli
attacchi all'economia italiana andarono avanti per tutti gli anni
Novanta, fino a quando il sistema economico- finanziario italiano non
cadde sotto il completo controllo dell'élite. Nel gennaio del 1996, nel
rapporto semestrale sulla politica informativa e della sicurezza, il
Presidente del Consiglio Lamberto Dini disse:
I
mercati valutari e le borse delle principali piazze mondiali continuano
a registrare correnti speculative ai danni della nostra moneta,
originate, specie in passaggi delicati della vita
politico-istituzionale, dalla diffusione incontrollata di notizie
infondate riguardanti la compagine governativa e da anticipazioni di
dati oggetto delle periodiche comunicazioni sui prezzi al consumo... è
possibile attendersi la reiterazione di manovre speculative fraudolente,
considerato il persistere di una fase congiunturale interna e le
scadenze dell'unificazione monetaria.[3][13]
Il giorno dopo, il governatore della Banca d'Italia, Antonio Fazio,
riferiva che l'Italia non poteva far nulla contro le correnti
speculative sui mercati dei cambi, perché "se le banche di emissione
tentano di far cambiare direzione o di fermare il vento (delle
operazioni finanziarie) non ce la fanno per la dimensione delle masse in
movimento sui mercati rispetto alla loro capacità di fuoco".
Le
nostre autorità denunciavano il potere dell'élite internazionale, ma
gettavano la spugna, ritenendo inevitabili quegli eventi. Era in gioco
il futuro economico-finanziario del paese, ma nessuna autorità italiana
pensava di poter fare qualcosa contro gli attacchi destabilizzanti
dell'élite anglo-americana.
Il
Movimento Solidarietà fu l'unico a denunciare quello che stava
effettivamente accadendo, additando i veri responsabili del crollo
dell'economia italiana. Il 28 giugno 1993, il Movimento Solidarietà
svolse una conferenza a Milano, in cui rese nota a tutti la riunione sul
Britannia e quello che ne era derivato.[4][14]
Il
6 novembre 1993, l 'allora presidente del Consiglio, Carlo Azeglio
Ciampi scrisse una lettera al procuratore capo della Repubblica di Roma,
Vittorio Mele, per avviare "le procedure relative al delitto
previsto all'art. 501 del codice penale ("Rialzo e ribasso fraudolento
di prezzi sul pubblico mercato o nelle borse di commercio"), considerato
nell'ipotesi delle aggravanti in esso contenute". Anche a Ciampi era
evidente il reato di aggiotaggio da parte di Soros, che aveva operato
contro la lira e i titoli quotati in Borsa delle nostre aziende.
Anche
negli anni successivi avvennero altre privatizzazioni, senza regole
precise e a prezzi di favore. Che stesse cambiando qualcosa, gli
italiani lo capivano dal cambio di nome delle aziende, la Sip era
diventata Telecom Italia e le Ferrovie dello Stato erano diventate
Trenitalia.
Il decreto legislativo 79/99 avrebbe permesso la
privatizzazione delle aziende energetiche. Nel settore del gas e
dell'elettricità apparvero numerose aziende private, oggi circa 300. Dal
24 febbraio del 1998, anche le Poste Italiane diventarono una S.p.a. In
seguito alla privatizzazione delle Poste, i costi postali sono
aumentati a dismisura e i lavoratori postali vengono assunti con
contratti precari. Oltre 400 uffici postali sono stati chiusi, e quelli
rimasti aperti appaiono come luoghi di vendita più che di servizio.
Le
nostre autorità giustificavano la svendita delle privatizzazioni
dicendo che si doveva "risanare il bilancio pubblico", ma non
specificavano che si trattava di pagare altro denaro alle banche, in
cambio di banconote che valevano come la carta straccia. A guadagnare
sarebbero state soltanto le banche e i pochi imprenditori già ricchi (Benetton, Tronchetti Provera, Pirelli, Colaninno, Gnutti e pochi altri).
Le
nostre aziende sono state svendute ad imprenditori che quasi sempre
agivano per conto dell'élite finanziaria, da cui ricevevano le somme per
l'acquisto. La privatizzazione della Telecom avvenne nell'ottobre del
1997. Fu venduta a 11,82 miliardi di euro, ma alla fine si incassarono
soltanto 7,5 miliardi. La società fu rilevata da un gruppo di
imprenditori e banche., e al Ministero del Tesoro rimase una quota del
3,5%.
Il piano per il controllo di Telecom aveva la regia nascosta della Merril Lynch, del Gruppo Bancario americano Donaldson Lufkin & Jenrette e della Chase Manhattan Bank.
Alla fine del 1998, il titolo aveva perso il 20% (4,33 euro). Le banche dell'élite, la Chase Manhattan e la Lehman Brothers,
si fecero avanti per attuare un'opa. Attraverso Colaninno, che
ricevette finanziamenti dalla Chase Manhattan, l'Olivetti diventò
proprietaria di Telecom. L'Olivetti era controllata dalla Bell, una
società con sede a Lussemburgo, a sua volta controllata dalla Hopa di
Emilio Gnutti e Roberto Colaninno.
Il
titolo, che durante l'opa era stato fatto salire a 20 euro, nel giro un
anno si dimezzò. Dopo pochi anni finirà sotto i tre euro.
Nel 2001 la Telecom si trovava in gravi difficoltà, le azioni continuavano a scendere. La Bell di Gnutti e la Unipol di Consorte
decisero di vendere a Tronchetti Provera buona parte loro quota
azionaria in Olivetti. Il presidente di Pirelli, finanziato dalla J. P.
Morgan, ottenne il controllo su Telecom, attraverso la finanziaria
Olimpia, creata con la famiglia Benetton (sostenuta da Banca Intesa e
Unicredit).
Dopo
dieci anni dalla privatizzazione della Telecom, il bilancio è
disastroso sotto tutti i punti di vista: oltre 20.000 persone sono state
licenziate, i titoli azionari hanno fatto perdere molto denaro ai
risparmiatori, i costi per gli utenti sono aumentati e la società è in
perdita.
La privatizzazione, oltre che un saccheggio, veniva ad essere anche un modo per truffare i piccoli azionisti.
La
Telecom , come molte altre società, ha posto la sua sede in paesi
esteri, per non pagare le tasse allo Stato italiano. Oltre a perdere le
aziende, gli italiani sono stati privati anche degli introiti fiscali di
quelle aziende. La Bell, società che controllava la Telecom Italia,
aveva sede in Lussemburgo, e aveva all'interno società con sede alle
isole Cayman, che, com'è noto, sono un paradiso fiscale.
Gli
speculatori finanziari basano la loro attività sull'esistenza di questi
paradisi fiscali, dove non è possibile ottenere informazioni nemmeno
alle autorità giudiziarie. I paradisi fiscali hanno permesso agli
speculatori di distruggere le economie di interi paesi, eppure i media
non parlano mai di questo gravissimo problema.
Mettere
un'azienda importante come quella telefonica in mani private significa
anche non tutelare la privacy dei cittadini, che infatti è stata più
volte calpestata, com'è emerso negli ultimi anni.
Anche
per le altre privatizzazioni, Autostrade, Poste Italiane, Trenitalia
ecc., si sono verificate le medesime devastazioni: licenziamenti, truffe
a danno dei risparmiatori, degrado del servizio, spreco di denaro
pubblico, cattiva amministrazione e problemi di vario genere.
La
famiglia Benetton è diventata azionista di maggioranza delle
Autostrade. Il contratto di privatizzazione delle Autostrade dava
vantaggi soltanto agli acquirenti, facendo rimanere l'onere della
manutenzione sulle spalle dei contribuenti.
I
Benetton hanno incassato un bel po' di denaro grazie alla fusione di
Autostrade con il gruppo spagnolo Abertis. La fusione è avvenuta con la
complicità del governo Prodi, che in seguito ad un vertice con
Zapatero, ha deciso di autorizzarla. Antonio Di Pietro, Ministro delle
Infrastrutture, si era opposto, ma ha alla fine si è piegato alle
proteste dell'Unione Europea e alla politica del Presidente del
Consiglio.
Nonostante
i disastri delle privatizzazioni, le nostre autorità governative non
hanno alcuna intenzione di rinazionalizzare le imprese allo sfacelo,
anzi, sono disposte ad utilizzare denaro pubblico per riparare ai danni
causati dai privati.
La
società Trenitalia è stata portata sull'orlo del fallimento. In pochi
anni il servizio è diventato sempre più scadente, i treni sono sempre
più sporchi, il costo dei biglietti continua a salire e risultano
numerosi disservizi. A causa dei tagli al personale (ad esempio, non c'è
più il secondo conducente), si sono verificati diversi incidenti (anche
mortali). Nel 2006, l 'amministratore delegato di Trenitalia, Mauro Moretti,
si è presentato ad una audizione alla commissione Lavori Pubblici del
Senato, per battere cassa, confessando un buco di un miliardo e
settecento milioni di euro, che avrebbe potuto portare la società al
fallimento. Nell'ottobre del 2006, il Ministro dei Trasporti, Alessandro Bianchi,
approvò il piano di ricapitalizzazione proposto da Trenitalia. Altro
denaro pubblico ad un'azienda privatizzata ridotta allo sfacelo.
Dietro tutto questo c'era l'élite economico finanziaria (Morgan, Schiff, Harriman, Kahn, Warburg, Rockfeller, Rothschild ecc.)
che ha agito preparando un progetto di devastazione dell'economia
italiana, e lo ha attuato valendosi di politici, di finanzieri e di
imprenditori. Nascondersi è facile in un sistema in cui le banche o le
società possono assumere il controllo di altre società o banche. Questo
significa che è sempre difficile capire veramente chi controlla le
società privatizzate. E' simile al gioco delle scatole cinesi, come
spiega Giuseppe Turani: "Colaninno & soci controllano al 51%
la Hopa, che controlla il 56,6% della Bell, che controlla il 13,9% della
Olivetti, che controlla il 70% della Tecnost, che controlla il 52%
della Telecom".[5][15]
Numerose
aziende di imprenditori italiani sono state distrutte dal sistema dei
mercati finanziari, ad esempio la Cirio e la Parmalat. Queste aziende
hanno truffato i risparmiatori vendendo obbligazioni societarie ("Bond")
con un alto margine di rischio. La Parmalat emise Bond per un valore di
7 miliardi di euro, e allo stesso tempo attuò operazioni finanziarie
speculative, e si indebitò. Per non far scendere il valore delle azioni
(e per venderne altre) truccava i bilanci.
Le
banche nazionali e internazionali sostenevano la situazione perché per
loro vantaggiosa, e l'agenzia di rating, Standard & Poor's, si è
decisa a declassare la Parmalat soltanto quando la truffa era ormai nota
a tutti.
I risparmiatori truffati hanno avviato una procedura giudiziaria contro Calisto Tanzi, Fausto Tonna,
Coloniale S.p.a. (società della famiglia Tanzi), Citigroup, Inc.
(società finanziaria americana), Buconero LLC (società che faceva capo a
Citigroup), Zini & Associates (una compagnia finanziaria
americana), Deloitte Touche Tohmatsu (organizzazione che forniva
consulenza e servizi professionali), Deloitte & Touche SpA (società
di revisione contabile), Grant Thornton International (società di
consulenza finanziaria) e Grant Thornton S.p.a. (società incaricata
della revisione contabile del sottogruppo Parmalat S.p.a.).
La
Cirio era gestita dalla Cragnotti & Partners. I "Partners" non
erano altro che una serie di banche nazionali e internazionali. La Cirio
emise Bond per circa 1.125 milioni di Euro. Molte di queste
obbligazioni venivano utilizzate dalle banche per spillare denaro ai
piccoli risparmiatori. Tutto questo avveniva in perfetta armonia col
sistema finanziario, che non offre garanzie di onestà e di trasparenza.
Grazie
alle privatizzazioni, un gruppo ristretto di ricchi italiani ha
acquisito somme enormi, e ha permesso all'élite economico-finanziaria
anglo-americana di esercitare un pesante controllo, sui cittadini, sulla
politica e sul paese intero.
Agli
italiani venne dato il contentino di "Mani Pulite", che si risolse con
numerose assoluzioni e qualche condanna a pochi anni di carcere.
A
causa delle privatizzazioni e del controllo da parte della Banca
Centrale Europea, il paese è più povero e deve pagare somme molto alte
per il debito. Ogni anno viene varata la finanziaria, allo scopo di
pagare le banche e di partecipare al finanziamento delle loro guerre.
Mentre la povertà aumenta, come la disoccupazione, il lavoro precario,
il degrado e il potere della mafia.
Il nostro paese è oggi
controllato da un gruppo di persone, che impongono, attraverso istituti
propagandati come "autorevoli" (Fondo Monetario Internazionale e Banca
Centrale Europea), di tagliare la spesa pubblica, di privatizzare quello
che ancora rimane e di attuare politiche non convenienti alla
popolazione italiana. I nostri governi operano nell'interesse di questa
élite, e non in quello del paese.
Bibliografia :