mercoledì 25 aprile 2018

ECCO UNA STORIA DI AUSILIARIE ITALIANE

Ecco la storia delle ausiliarie di guerra stuprate ed uccise dai partigiani.

Probabilmente questa è una parte della storia d’Italia appena finita la II guerra che pochi conoscono. A fianco delle truppe regolari di Mussolini, cioè dell’esercito, principalmente, erano presenti diverse donne e giovani ragazze che prestavano il loro servizio come ausiliarie. Appena la guerra ebbe fine, Mussolini ucciso e le brigate partigiane presero più potere, molte di queste giovani donne vennero uccise dagli stessi partigiani, perché ritenute responsabili di aver aiutato i soldati dell’esercito e quindi fasciste da fucilare, nonostante le stesse si fossero arrese.
L’elenco è lungo e comprende diverse regioni del nord Italia. Ecco alcuni casi: era il 30 aprile del 1945 quando Batacchi Marcella e Spitz Jolanda, 17 anni, di Firenze, assegnate al Distretto militare di Cuneo altre 7 ausiliarie, pochi ufficiali, 20 soldati e 9 ausiliarie, si mettono in movimento per raggiungere il Nord, secondo gli ordini ricevuti. La colonna è però costretta ad arrendersi nel Biellese ai partigiani del comunista Moranino. Alcune di loro, seguendo il suggerimento dei miliatri, si dichiarano prostitute al seguito della colonna, ma Marcella e Jolanda non cedono a questa vergogna e si dichiarano volontarie della RSI.
Costrette con la forza più brutale, vengono violentate numerose volte. In fin di vita chiedono un prete. Il prete viene chiamato ma gli è impedito di avvicinare le ragazze. Prima di cadere sotto il plotone di esecuzione, sfigurate dalle botte dei partigiani, mormorano: “Mamma” e “Gesù”. Quando furono esumate, presentavano il volto tumefatto e sfigurato, ma il corpo bianco e intatto. Erano state sepolte nella stessa fossa, l’una sopra l’altra. Era il 3 maggio 1945. Buzzoni Adele, Buzzoni Maria, Mutti Luigia, Nassari Dosolina, Ottarana Rosetta facevano parte di un gruppo di otto ausiliarie, (di cui una sconosciuta), catturate all’interno dell’ospedale di Piacenza assieme a sei soldati di sanità. I prigionieri, trasportati a Casalpusterlengo, furono messi contro il muro dell’ospedale per essere fucilati. Adele Buzzoni supplicò che salvassero la sorella Maria, unico sostegno per la madre cieca. Un partigiano afferrò per un braccio la ragazza e la spostò dal gruppo.
Ma, partita la scarica, Maria Buzzoni, vedendo cadere la sorella, lanciò un urlo terribile, in seguito al quale venne falciata dal mitra di un partigiano. Si salvarono, grazie all’intervento di un sacerdote, le ausiliarie Anita Romano  e le sorelle Ida e Bianca Poggioli, che le raffiche non erano riuscite ad uccidere. Minardi Luciana, 16 anni di Imola. Assegnata al battaglione “Colleoni” della Divisione “San Marco” attestati sul Senio, come addetta al telefono da campo e al cifrario, riceve l’ordine di indossare vestiti borghesi e di mettersi in salvo, tornando dai genitori. Fermata dagli inglesi, si disfa, non vista, del gagliardetto gettandolo nel Po.
La rilasciano dopo un breve interrogatorio. Raggiunge così i genitori, sfollati a Cologna Veneta (VR). A metà maggio, arriva un gruppo di partigiani comunisti. Informati, non si sa da chi, che quella ragazzina era stata una ausiliaria della RSI, la prelevano, la portano sull’argine del torrente Guà e, dopo una serie di violenze sessuali, la massacrano. “Adesso chiama la mamma, porca fascista!” le grida un partigiano mentre la uccide con una raffica. Queste sono alcune delle numerose storie che hanno avuto per tristi protagoniste le ausiliarie italiane. Erano donne, non militari. Ma di queste storie tragiche, nessun libro di storia ha mai parlato.


                             







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