Contro la violenza sulle donne
Il martirio di Norma Cossetto
Paolino Vitolo
Norma Cossetto
Norma Cossetto: chi ricorda questo nome? Pochi, credo. Eppure, in
questi giorni in cui giustamente si manifesta contro la violenza sulle
donne, dovremmo ricordarla. Anche perché, per rinfrescare la nostra
pigra memoria, molto opportunamente, dallo scorso 15 novembre è in
programmazione nei cinema italiani un film che narra la storia e la
tragica fine di questa ragazza.
Il titolo del film è “Red land – Rosso Istria”, dal colore tipico
della terra istriana, dovuto alla presenza di giacimenti di bauxite. E
“Istria rossa” era il titolo della tesi di laurea di Norma Cossetto, che
stava per laurearsi in Lettere e Filosofia all’Università di Padova. Ma
non arrivò alla laurea.
Norma era nata il 17 maggio 1920 a Santa Domenica di Visinada,
vicino Pola, che allora era un’importante città italiana, e viveva lì
anche all’epoca dei tragici fatti di cui fu vittima. La sua colpa, se si
può usare questa parola, fu di essere la figlia del responsabile del
Partito Nazionale Fascista del piccolo paese, ma soprattutto di essere
italiana
Così avrete capito perché, quando tutti si riempiono la bocca di
discorsi e di recriminazioni sulla violenza di genere, non c’è nessuno
che si sia ricordato di Norma Cossetto, che pure per la sua tragica fine
venne insignita di Medaglia d' oro al merito civile alla memoria, con
la seguente motivazione: «
Giovane studentessa istriana, catturata e
imprigionata dai partigiani slavi, veniva lungamente seviziata e
violentata dai suoi carcerieri e poi barbaramente gettata in una foiba.
Luminosa testimonianza di coraggio e di amor patrio. — Villa Surani
(Istria) – 5 Ottobre 1943».
Evidentemente, dopo 75 anni (settantacinque!!!) ancora c’è qualcuno
che ha paura di dire e soprattutto di conoscere la verità. E ci
accorgiamo purtroppo che anche tra i morti, anzi tra i martiri
innocenti, ci sono quelli di serie A e quelli di serie B. Al punto che
il film sopra citato, presentato a Venezia il mese scorso, non è stato
diretto da nessuno dei nostri gloriosi tromboni, ma da un giovane
regista argentino, Maximiliano Hernando Bruno, alla sua opera prima,
peraltro riuscitissima.
Ma torniamo alla nostra storia.
Dopo l’8 settembre 1943, data dell’armistizio che portò a quello
sfacelo che alcuni definirono “morte della Patria”, i partigiani
comunisti del famigerato maresciallo Tito cominciarono a risalire la
Dalmazia, cercando di cancellare ogni traccia di italianità da quelle
terre italiane da sempre, dai tempi della Repubblica Serenissima di
Venezia. In verità quelle bande criminali non volevano cancellare solo
l’italianità, ma anche e soprattutto gli italiani, Molti ignoranti in
mala fede ancora oggi cercano di giustificare queste azioni come
naturale reazione all’imposizione della lingua italiana da parte del
regime fascista. Cosa falsa naturalmente, perché in Dalmazia si parlava
l’italiano, anzi il dialetto veneziano, da alcuni secoli. Circostanza
provata anche dal fatto che, sulle navi da guerra dell’Impero
Austro-Ungarico dell’Adriatico, gli ordini venivano dati in veneto.
La pulizia etnica ai danni degli italiani continuò anche a guerra
finita, anche dopo il 1945. Chi riuscì a scappare in Italia si trovò di
fronte all’accoglienza fredda, se non ostile, dei cosiddetti
confratelli, avvelenati dalla propaganda di certe parti politiche che
additavano i profughi come “fascisti che non avevano voluto vivere nel
paradiso rosso di Tito”. Bisogna capirlo: a quei tempi il PCI (Partito
Comunista Italiano) non aveva ancora cambiato nome.
E che cosa capitò a quelli che non riuscirono a scappare? Furono
uccisi, spesso torturati, e tutti furono gettati nelle foibe, alcuni
ancora vivi e legati col fil di ferro. Le foibe sono delle cavità
naturali molto diffuse nel Carso, il cui territorio è tutto traforato da
queste profonde voragini. Territorio carsico, appunto. Molte di esse
furono l’ultima dimora delle vittime italiane della pulizia etnica.
Ma torniamo alla storia di Norma Cossetto.
Nell'estate 1943 stava preparando la tesi di laurea intitolata
“Istria rossa” e spesso girava in bicicletta per i paesi dell'Istria
visitando municipi e canoniche alla ricerca di archivi che le
consentissero di sviluppare i suoi studi.
Dopo l'8 settembre, secondo la testimonianza della sorella Licia, la
famiglia cominciò a ricevere minacce. Il 25 settembre 1943, diciassette
giorni dopo la capitolazione dell'Italia e il disfacimento
dell'esercito, un gruppo di partigiani titini, appoggiati dai partigiani
comunisti italiani, approfittando dello sbandamento generale, irruppe
in casa Cossetto, razziando ogni cosa.
Il 26 settembre 1943 un partigiano di nome Giorgio si recò a casa
dei Cossetto convocando Norma al comando partigiano nell'ex caserma dei
Carabinieri di Visignano. Il comando partigiano era composto da
partigiani comunisti sia italiani sia slavi. Qui, dopo essere stata
interrogata, le fu poi richiesto di entrare nel movimento partigiano;
proposta che Norma rifiutò. A quel punto ella fu rilasciata.
Il giorno successivo, 27 settembre, Norma fu arrestata dai
partigiani insieme ad altri italiani, parenti e conoscenti. I
prigionieri furono tutti confinati nella ex caserma della Guardia di
Finanza di Parenzo. Qui fu raggiunta dalla sorella Lidia che tentò
inutilmente di ottenerne il rilascio. Un paio di giorni dopo, i tedeschi
occuparono Visinada, quindi i partigiani, sentendosi minacciati,
trasferirono tutti i prigionieri nella scuola di Antignana trasformata
in prigione.
Qui Norma fu separata dagli altri prigionieri e, fra il 1° e il 4
ottobre, legata nuda ad un tavolo, fu sottoposta a sevizie e stuprata
dai suoi carcerieri. Secondo alcune testimonianze erano diciassette.
L'episodio della violenza carnale fu in seguito riferito da una donna
abitante davanti all'ex caserma, che, attirata da gemiti e lamenti,
appena buio osò avvicinarsi alle imposte socchiuse e vide Norma legata
al tavolo.
La notte tra il 4 e 5 ottobre Norma e gli altri ventisei prigionieri
legati col fil di ferro, furono costretti a spostarsi a piedi fino a
Villa Surani. Qui, ancora vivi, furono gettati nella foiba vicina. Ma
prima, Norma e le altre donne furono nuovamente sottoposte a violenze.
Norma aveva solo 23 anni.