LA GRANDE BUFALA DELLA SVASTICA NAZISTA
Nel gennaio 2016, in previsione dei Giochi Olimpici che si terranno fra tre anni a Tokyo, in Giappone c’era stata la proposta di togliere dalle mappe turistiche la svastica (che i giapponesi chiamano Manji), utilizzata per segnalare i templi buddisti, e sostituirla con una pagoda stilizzata a tre piani. Secondo gli uffici promozionali turistici del posto, infatti, il Manji viene spesso scambiato dagli stranieri per il simbolo nazista. Naturalmente la proposta ha scatenato feroci polemiche perché il Manji è antichissimo e, da sempre, ha avuto e continua ad avere un ruolo chiave nella religione, nell’arte e nella scrittura giapponesi.
Mi auguro che la proposta cada nel nulla e che il Manji resti dov’è e non sparisca a causa dell’ignoranza di chi fa turismo di massa senza informarsi prima sulle usanze e i costumi del paese ospitante, o comunque sulla sua storia. Ai miei occhi, togliere il Manji dalle mappe è, infatti, l’ennesimo attacco di un processo di globalizzazione notoriamente in atto che, invece di esaltare le singole culture come sarebbe logicamente auspicabile, le appiattisce e le dissangua della linfa vitale che le sostiene, sulla base di presupposti opinabili e a senso univoco, come per esempio nel caso della svastica.
È già abbastanza imbarazzante, infatti, che un tempo minimo di storia occidentale abbia confuso e oscurato un simbolo basilare che esiste da migliaia di anni oltre a essere comune a quasi tutte le culture. Che questo tempo minimo continui a oscurarlo ancora oggi e addirittura oltrepassi i confini che gli competono (sia fisici che temporali), mi sembra oltremodo contraddittorio, se è vero che in Occidente l’opinione comune circa il nazismo non possiede valenze di periodo felice.
Felicità che, invece, è uno dei significati principali della svastica, simbolo solare per eccellenza.
Prendiamo ancora come esempio il Manji. Nella scrittura e nell’arte buddista giapponese il Manji ha il significato letterale di “diecimila Dei” cioè l’Infinito, l’Ordine Universale e il suo continuo mutamento, attraverso il quale vengono rappresentati il Dharma universale, l’armonia, l’equilibrio degli opposti. Se gira a sinistra (卍) viene chiamato Omote Manji e rappresenta l’amore e la misericordia; quando invece gira a destra è chiamato Ura Manji (卐) e rappresenta la forza e l’intelligenza.
L’Omote Manji rappresenta anche il fluire ciclico della vita e dell’energia positiva, cioè il sole che nasce a est e muore a ovest.
Anche in Tibet la svastica ha una chiara e doppia valenza a seconda che sia destrogira o sinistrogira: nella forma indiana, cioè quando gira a destra, fa parte del patrimonio simbolico lamaista (il buddismo tibetano), mentre la svastica che gira a sinistra è un segno fondamentale che qualifica il Bön, l’antica religione himalayana e subhimalayana prebuddista che in area tibetana ha accolto in sé influenze dal buddismo e ha trovato la sua espressione ultima.
Nell’induismo (la principale religione di area indiana), invece, la svastica rappresenta le due forme di Brahma che definiscono l’eterno ciclo del tempo: i rebbi rivolti a destra si riferiscono all’evoluzione dell’Universo, alla vita, al progresso, al benessere (Pravitti), mentre i rebbi rivolti a sinistra si riferiscono al moto involutivo, alla morte, alla distruzione (Nivritti).
I ritrovamenti più antichi in cui compare la svastica risalgono al Neolitico, e sono stati rinvenuti a Mezin, sul confine tra Russia e Ucraina, dove sono affiorati svariati oggetti di uso quotidiano e rituale, tra cui un monile di avorio di mammut con incisioni di forme geometriche che ricordano la svastica e il meandro ellenico.
Mentre nel successivo periodo indoeuropeo è per lo più legata al culto solare. Secondo le ultime teorie maggiormente accettate, in accordo agli studi e alle scoperte archeologiche di Marija Gimbutas, gli Indoeuropei occuparono il territorio che va dall’Europa occidentale all’India.
Con l’Età del Ferro si è diffusa ancor di più, e si sono trovati reperti che la raffigurano su ceramiche dell’Elam, su alcune figure-idolo femminili della Troade (in Asia Minore), su oggetti di varia natura nella regione danubiana, sui vasi di stile geometrico del Dipylon (Atene) e su statue femminili a Micene (Grecia, dove veniva chiamata tetragammadion), su statuette della Beozia e su vasi dipinti di Rodi, su reperti rinvenuti a Creta, sui vasi cinerari e sulle urne a capanna del periodo villanoviano in Italia e, più tardi, fu ritrovata raffigurata anche dagli Etruschi e dai Romani (che la denominavano crux gammata). E dopo ancora, i primi cristiani spesso usarono apporla sulle catacombe come simbolo della chiesa del Cristo, ma anche per camuffare la loro croce.
Monile etrusco con decorazione a svastiche rinvenuto a Bolsena, VII secolo a.C. (Parigi, Museo del Louvre)
Antico elmo macedone, 350-325 a.C. raffigurante una svastica sulla sommità, ritrovato a Ercolano
Anfora greca proveniente da Atene, 900-850 a.C.
Pavimentazione a mosaico, Ercolano, prima del 79 d.C.
Sudario funerario egizio del Periodo Romano, II o III secolo d.C.
Anello tribale germanico, bronzo, 400-600 d.C. circa
Chiesa parrocchiale di Rosazza (Piemonte), architettura neoromanica, circa 1850
La svastica è stata anche ritrovata nella scrittura utilizzata dalla Cultura di Vinča (VI-III millennio a.C.) che fiorì nella penisola balcanica. Altri reperti dell’Età del Bronzo furono ritrovati nella zona di Sintashta (Russia) e altri dell’Età del Ferro nel Caucaso settentrionale e in Azerbaigian.
Frammento di antica stoffa russa (Vologda), XIX secolo
È di poco tempo fa lo straordinario ritrovamento di
un frammento in ceramica che risale perlomeno a oltre 5000 anni fa,
emerso durante gli scavi in corso a Riben, nella zona nord-occidentale
della Bulgaria. Il cantiere era stato
aperto per esaminare una fortificazione romana del III secolo d. C., ma
ha portato in superficie anche una locazione molto più antica databile
al periodo neolitico, cioè risalente fino a oltre settemila anni fa. Secondo un esperto, Peter Banov, potrebbe trattarsi della più antica raffigurazione della svastica, conosciuta fino ad oggi.
Era conosciuta dai Mesopotami, dagli Egizi, dai Celti. Nell’antica tradizione norrena dei popoli scandinavi la svastica era identificata col martello del dio Thor. E naturalmente era ed è conosciuta inIndia (è ricorrente nelle religioni giainista, buddista e induista) e in Cina, in Tibet e in Mongolia.
Pietra sacerdotale celtica, Irlanda, IV secolo d.C.
Emblema della religione giainista, India
Budda
La svastica compare nell’America del Nord e del Sud fin dall’epoca precolombiana, Alaska compresa. Nel manoscritto precolombiano chiamato Codex Borgia,
proveniente dall’altopiano messicano (oggi visibile nel British
Museum), si vede la bella svastica che segue, finemente decorata.
Manoscritto precolombiano noto come Codex Borgia
In Perù, in una piramide a Huaca Rajada, è stato ritrovato questo vaso precolombiano.
Huaca Rajada, Perù
A Puma Pumku, in Bolivia, nello straordinario
complesso monumentale a struttura modulare di Tiwanaku, scoperto
all’inizio del XX secolo dall’ingegnere tedesco Arthur Posnansky, si può
vedere questa splendida svastica. Il complesso risale a un periodo che
va dal 536 al 600 d.C.
Puma Pumku, Bolivia
Passando al Nord America, nel Pueblo Grande Museum di
Phoenix, in Arizona (Stati Uniti), è possibile ammirare un reperto di
ceramica Hohokam.
Ceramica Hohokam
Sempre in Arizona è stato ritrovato questo antico monile in argento realizzato dagli indiani navajo.
Monile in argento, indiani navajo dell’Arizona
Nel nord e nel centro America, la svastica era
utilizzata con accezioni terapeutiche e legate ai miti della creazione.
Ancora oggi, gli sciamani navajo la dipingono sul terreno durante
cerimonie curative, e ai bambini viene dipinta sulla sommità della testa
come benedizione.Al momento in Australia, però, non mi sembra siamo messi bene quanto a informazione circa l’argomento, da parte delle forze governative. Nel Queensland, addirittura, leggo di arresti durante una pacifica manifestazione volta alla sensibilizzazione sul reale significato della svastica.
Notizia del 27 giugno 2010.
In Tibet, in India, in Cina e nell’Oriente asiatico in generale continua ad essere un simbolo accomunato alle immagini del Budda. In Giappone lo si trova nei templi buddisti. In India è anche simbolo della settantesima reincarnazione del dio induista Tirthankara, e i suoi quattro rebbi rappresentano i quattro livelli dell’esistenza: il mondo degli Dei, il mondo degli Uomini, il mondo degli Animali e il mondo dei Demoni.
I contadini tibetani (dopo l’occupazione cinese non si sa più affermarlo con certezza) la tracciano sulla porta di casa perché non entrino influssi malefici; e infatti in molte culture ha avuto e continua ad avere un valore apotropaico, cioè di tenere lontano il male.
Qualche anno fa, in Nepal, durante le elezioni gli elettori espressero il loro voto apponendo una svastica vicino al nome del candidato scelto.
Una “mala”, tipo di rosario tibetano
Rappresentazione induista del dio elefante Ganesha
Armature di samurai. Epoca Tokugawa
Anche in Europa e nelle Americhe la svastica ha
sempre continuato ad essere usata e raffigurata. Anzi, tra la fine del
diciannovesimo secolo e l’inizio del ventesimo conobbe una rinnovata
popolarità, se mai ne avesse avuto bisogno, in seguito alle scoperte e
agli studi del famoso archeologo Heinrich Schliemann,
che scoprì la croce uncinata tra le rovine della leggendaria Troia.
Schliemann, facendo raffronti con del vasellame scoperto in Germania,
ipotizzò che fosse un “importante simbolo religioso dei nostri progenitori”. Da questi scavi si deduce che, dal modo in cui è situata la svastica sul corpo di figure di donna, la svastica fosse utilizzata come simbolo di fertilità e vita. E anche dee della fertilità trovate in alcune tombe a Micene hanno questo simbolo sul seno e sulla gola. In un sarcofago si vede la signora della vita, che poi venne chiamata Artemide, circondata da svastiche.
Statuetta di divinità femminile ritrovata da Schliemann a Troia
Di questo antichissimo simbolo ne parlò diffusamente anche l’esoterista René Guénon in Simboli della scienza sacra, dove conclude che la svastica rappresenta il “Principio Originante”, il Verbo greco, l’Omindù, insomma: l’Axis Mundi, termine che nella storia delle religioni indica il concetto di asse dell’universocomune a differenti religioni e mitologie.
Ed è stata acquisita anche in ambito massonico, che componendo quattro volte ad angolo retto la lettera greca G, ossia Γ (cioè ribaltando quattro squadre equilibrate), ha dato origine a una svastica, la quale simboleggia la reale sede del Sole centrale celato nell’Universo.
Dove G sta per simbolo e abbreviazione di: Geometria, Dio (God in inglese), e Grande Geometra dell’Universo (Great Architect of the Universe).
Per esempio in Naruto, il manga scritto e disegnato da Masashi Kishimoto.
Oppure in One Piece, il manga scritto e disegnato da Eiichirō Oda.
Ma torniamo alle prime cinque immagini dell’inizio.
La svastica, in tutta la storia dell’umanità, non è mai stata dimenticata né tantomeno disprezzata. L’accezione negativa l’ha avuta solo per un brevissimo e funesto periodo nel Novecento.
In realtà, ancora agli inizi del Novecento, in Occidente compariva dovunque, perfino negli annunci pubblicitari.
Quella che segue è una targa metallica dell’ASEA, società milanese di elettricità. Nel 1883 la società installò a Milano i primi generatori in corrente continua progettati da Edison.
Asea, Società Italiana di Elettricità, Milano
Un furgoncino di lavanderia. Irlanda, 1912.
Emblema a svastica azzurra dell’aviazione finlandese. Fu introdotto nel 1918
Una banconota russa dei primi anni del Novecento.
Banconota russa, primo Novecento
La squadra canadese di hockey su ghiaccio in una fotografia del 1916.Concludo con le seguenti immagini, il cui contenuto è anteguerra.
Mai simbolo è stato più chiaro, se non altro perché da sempre simboleggia il Sole.
Farmaceutica, Bottiglia della Coombs Drug Company. Usa, prima della Seconda guerra mondiale
Cartelli di autostrade statali statunitensi
Cartello pubblicitario dell’Hotel Tovar in Arizona
Annuncio pubblicitario di calzature nativo americane, circa 1920
Lampadine statunitensi.
Quando venivano accese, le svastiche irradiavano luce. Erano molto
popolari fino a poco prima della Seconda guerra mondiale
Per tornare a dare il significato che compete alla
svastica anche qui in Occidente, dove è stato perso e continua ad essere
perso, non c’è che un modo: sapere la vera storia della svastica. Censurandola si continua solo ad alimentare un’aberrazione storica e culturale, fondata sulla precisa volontà di alterarne il significato originale.
Voltaire mi sembra abbia scritto: “È la caratteristica delle censure più rigide quella di dare credibilità alle opinioni che attacca.”
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