di Francesco Lamendola
Il Corriere delle regioni
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Ezra Pound |
Ezra Pound era un poeta: e i
poeti, qualche volta (non sempre) vedono più lontano degli
specialisti e dei “tecnici”, siano essi specialisti e “tecnici” della politica, dell’economia,
della finanza, e perfino della scienza.
Quel che Pound aveva visto con
folgorante chiarezza, pur nella modestia della sua cultura
economica e finanziaria, era una cosa fondamentale, che,
strano a dirsi, continua a sfuggire a molti economisti e a
molti esperti del mondo finanziario; a meno che non sfugga
loro intenzionalmente: ma allora ci troveremmo in presenza non
di specialisti e di “tecnici” che, per un eccesso di
specialismo, tecnicismo e riduzionismo, hanno perso di vista
l’insieme, ma, molto più semplicemente e banalmente, di corrotti
e traditori, che hanno venduto l’interesse generale in
cambio di vantaggi personali. In breve, Pound si era
reso conto che l’intera storia del mondo moderno è la
storia di una lotta continua, incessante, senza quartiere,
fra l’usura e il lavoro; guerra combattuta talvolta con le
armi, più spesso con i tassi d’interesse sui prestiti che le
banche concedono ai privati e perfino agli Stati sovrani, i
quali ultimi, in cambio, cedono gradualmente quote della
loro sovranità, indebitandosi sempre di più e accumulando un
peso debitorio che, alla fine, li mette completamente alla
mercé dei creditori.
Oggi la cosa è divenuta
talmente palese, che anche l’uomo della strada ha finito per
rendersene conto, o quanto meno, per averne una certa qual
consapevolezza, e sia pure incompleta e superficiale, sia pure
priva di adeguati riscontri e conoscenze puntuali; negli anni
Trenta del XX secolo ciò poteva anche non essere altrettanto
evidente, specialmente per un poeta. Quel che aprì gli occhi a
Pound non fu la crisi del 1929 in se stessa, ma la “scoperta”
degli antichi statuti del Monte dei Paschi di Siena: di una
banca, cioè, sorta proprio allo scopo di concedere prestiti
a interesse moderato, e mirante non all’arricchimento
sfrenato mediante il nodo scorsoio dell’usura nei confronti
del debitore, ma avente lo scopo preciso di sostenere il
piccolo commercio e la piccola impresa, di sostenere i singoli
e le famiglie in difficoltà, in modo da promuovere, o
contribuire a promuovere, il benessere e l’attività
produttiva dell’intero corpo sociale.
(Poi arrivò il Partito
Delinquenti e anche il Monte dei Paschi di Siena finì
nello sputtanamento e fallimento generale, grazie moralisti
... "Morte dei Paschi" NdR)
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Monte dei Paschi di Siena |
Nella loro saggezza, i
fondatori del Monte dei Paschi di Siena, nel tardo XV secolo,
avevano visto e compreso che nessun privato e nessun gruppo
sociale possono progredire e avvantaggiarsi, quando l’intera
popolazione soffre nelle strette dell’indigenza; che la
povertà sempre crescente dei molti non può finanziare,
all’infinito, l’accumulo di ricchezza di pochi, o di pochissimi,
pena il corto circuito dell’intera struttura sociale e
l’insorgere di violenze, carestie, rivolte, guerre, le
quali, comunque, ben difficilmente varranno a ripristinare
l’armonia del corpo sociale, fin tanto che non si deciderà
di agire sui meccanismi perversi della finanza, oggi
diremmo: dell’economia virtuale e speculativa, tendenti a
distorcere il sano ed equilibrato rapporto fra lavoro, risparmio
individuale e benessere collettivo.
Il vero conflitto, dunque,
non è, come vorrebbe il marxismo, fra capitale e lavoro,
perché il capitale e il lavoro sono i due termini di una sana
e necessaria dialettica economico-sociale; il vero
conflitto, conflitto malefico e puramente distruttivo,
è quello fra lavoro ed usura, intesa,
quest’ultima, nel senso più ampio del termine: ossia tutto ciò
che vive, parassitariamente, a spese del
lavoro, e non incrementa la produzione, anzi, la frena
e la scoraggia, né favorisce il risparmio, bensì lo
distrugge, perché sottrae capitali a chi produce
e li fa crescere a vantaggio di chi non produce, non
lavora, non risparmia (nel senso intelligente del
termine), ma vuole accumulare una ricchezza sterile e
mostruosa, tendenzialmente illimitata, la quale,
come una piovra maligna, assorbe e divora, una
dopo l’altra, tutte le parti sane della società, fino
a togliere ogni speranza, non solo di lavoro, ma di
un futuro qualsiasi, alle giovani generazioni.
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San Bernardino da Siena |
San Bernardino da Siena, che tanto si
era impegnato sul fronte della questione sociale, e tanto si
era adoperato per il prestito a basso tasso d’interesse,
scagliandosi contro usurai ed Ebrei, muore nel 1444; il Monte
dei Paschi di Siena viene fondato nel 1472, con la precisa
finalità di soccorrere il lavoro e di favorire il piccolo
risparmio, vale a dire come un vero e proprio monte di pietà,
con la missione di soccorrere le classi e le persone
disagiate. (In questo ambito andremo ad approfondire "Vix Pervenit: sull'usura e
sull'altro profitto disonesto" un'enciclica, promulgata
da Papa Benedetto XIV il 1° novembre 1745 e che fine ha fatto
NdR) Le due date non
sono lontane, le finalità sono pressoché identiche, come pure
il luogo: tutte queste sono delle mere coincidenze? Ed è forse
una coincidenza il fatto che si sia messo il silenziatore
sull’aspetto sociale ed economico dell’apostolato di San
Bernardino, così come si è scagliato l’anatema, o si è fatto
cadere il velo dell’oblio, sulla dimensione sociale ed
economica degli scritti di Pound e dei discorsi da lui
pronunciati alla radio italiana durante la Seconda guerra
mondiale, nei quali denunciava l’affarismo delle grandi banche
e la volontà del governo americano di scendere in guerra,
apparentemente per la difesa della libertà e della democrazia,
ma in effetti per
ripristinare il sistema mondiale della speculazione
finanziaria e dell’usura, messo in crisi dal sorgere del
modello alternativo rappresentato dal fascismo ?
Ha scritto Walter Mariotti nel
suo articolo «Pound e l’MPS, banca contro l’usura»
(sul mensile «Communitas», Milano, febbraio 2007, pp.
27-35) :
«Un mondo
nuovo. Dove il denaro è fondato sull’abbondanza della natura
per tutti e non sulle speculazioni finanziarie di pochi.
Dove il tasso di interesse è controllato e umano, dove
l’orario di lavoro è ridotto per assistere le famiglie e gli
anziani, dove la base dell’economia non è l’usura ma la
natura. Non sono le teorie di un economista visionario ma di
un poeta, l’americano Ezra Pound, che davanti agli Statuti
del Monte dei Paschi di Siena, scoperti grazie
all’ospitalità del conte Guido Chigi Saracini, capì tutto.
Capì che la sua Musa non poteva più fare a meno di occuparsi
dell’economia. Capì che le Magistrature repubblicane, che
nel 1472 (Cristoforo Colombo non aveva ancora scoperto le
Americhe) avevano fondato la prima banca del mondo, erano
nel giusto. Una folgorazione. Quello era il modello per il
mondo che si doveva costruire, a costo di seguire l’assurdo
Benito Mussolini e la sua crociata contro la demoplutocrazia
anglosassone, che ispirata dalla Banca d’Inghilterra stava
distruggendo l’Europa e l’America in nome dell’usura. Per
Pound, quegli statuti senesi erano una possibile risposta al
nodo da sciogliere: quello fra interessi finanziari ed etica
dello Stato. Il suo avvertimento era rivolto agli uomini del
nostro tempo: le lotte, le grandi lotte che viviamo in
maniera sempre più drammatica (dall’epilogo della Seconda
guerra mondiale, in poi) sono, in realtà, la proiezione
della lotta mortale fra l’usura, apolide e piratesca, e
gli interessi di uno Stato ideale, che, rifiutandosi
di asservirsi alle logiche finanziarie finalizzate al puro
profitto, indebitandosi, dovrebbe difendere le ragioni
vitali dei popoli […]".
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La pulizia del Tempio,
Gesù caccia i mercanti di sacrifici animali, i cambia
valuta ...
Non è cambiato nulla ... |
Da allora, l’elaborazione di un
sistema politico ed economico efficace contro l’usura,
diventerà il cuore delle riflessione di Pound, che nei suoi
interventi intensifica la polemica contro le manovre politiche
internazionali e l’anno seguente (1933), nell’”Abc dell’economia”, scrive:
“La guerra è parte dell’antica
lotta tra l’usuraio e il resto dell’umanità: tra l’usuraio e
il contadino, tra l’usuraio e il produttore e, infine, tra
l’usuraio e il mercante, tra l’usucrocrazia e il sistema
mercantilista”.
E sarà ancora l’usura la molla
che lo spingerà all’ammirazione definitiva del fascismo e di
Mussolini, incontrato proprio sul finire del 1933:
“L’usura è il cancro del
mondo che solo il bisturi del fascismo può asportare dalla
vita delle nazioni”,
disse, dichiarando
"la
necessità di disciplinare le forze dell’economia e adeguarle
alla necessità della nazione. […]"
[A Radio Roma, tra il 1941 e il
1943] attacca la guerra, l’interventismo di Roosevelt, la
filosofia degli Alleati. L’alleanza tra il governo
statunitense, la finanza inglese e il bolscevismo sovietico è
contraria alla vera tradizione americana :
“Non c’è nessun motivo per
l’intervento degli Stati Uniti, perché il luogo dove
difendere l’identità americana è il continente americano”.
Ancora una volta è l’usura la
causa della guerra e saranno
“l’usura, l’oro, il debito,
il monopolio, l’interesse di classe e l’indifferenza verso
l’umanità a vincere davvero il conflitto”.
Qualcuno legge in quei discorsi
“rare perle di saggezza”, ma per le autorità americane
sono “un miscuglio confuso di apologetica fascista, teorie
economiche, antisemitismo e giudizi letterari”, che alla
fine di luglio spingeranno per una sentenza di tradimento
contro lo “pseudo americano Pound”. […]
[In due lettere private scritte
al conte Chigi, nel gennaio e nel febbraio 1944] ha ancora la
forza di criticare la stampa traditrice, l’usurocrazia che
muove il mondo e gli scempi degli Alleati, che bombardando
l’Italia e distruggendo i suoi monumenti hanno distrutto i
simboli dell’umanità occidentale. Chiarisce, infine, in tre
lucide righe, il suo rapporto con il fascismo:
“Io volevo una riforma
moderata. Dico Riforma, perché in essenza il ripristino
della sanità già dimostrata dai fondatori del Monte dei
Paschi in un mondo impazzito dai seguaci dei guastatori,
stile San Giorgio”.
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Banca d’Inghilterra Londra |
E conclude ancora una volta con
l’idea elaborata proprio a Siena dodici anni prima:
“Questa guerra non s’iniziò
nel 1939 ma nel 1694 a Londra (data di fondazione
della Banca d’Inghilterra, ndr) facendo parte della
guerra tra usurai, ovvero usuroni, e chiunque produce,
chiunque fa crescere il grano”. […]
A trentacinque anni dalla morte
di Ezra Pound (1972) il problema su cui ha passato l’intera
vita rimane ancora sul tappeto: la perdita di sovranità
dello Stato di qualsiasi nazione indebitata a favore di
quella illimitata del potere finanziario creditore, che
all’epoca in cui Pound scriveva poteva sembrare un’oscura e
catastrofica previsione è, oggi, una realtà incontestabile.
Quasi tutti i Paesi del mondo, senza esclusione, sono o si
avviano a diventare debitori di potenze finanziarie globali,
super e trans nazionali (Fondo Monetario Internazionale e
Banca Mondiale, in primo luogo). Così come, a livello
individuale, viviamo nell’epoca del credito al consumo dei
bilanci familiari in default (fenomeno che Pound nemmeno
immaginava). Forse bisognerebbe ripartire dagli statuti delle
magistrature repubblicane senesi del 1472, e provare a uscire
dal malinteso poundiano: ciò che è del popolo resti al popolo
e alle sue forme di auto-organizzazione, lo Stato ideale non
c’è e lo Stato, se c’è, favorisca l’auto-organizzazione del
popolo».
Al di là dei giudizi specifici
su Mussolini e della personale conclusione dell’Autore del
brano sopra riportato, secondo la quale lo Stato non può o
non sa opporsi allo strapotere delle grandi banche e,
pertanto, dovrebbe limitarsi a favorire una non meglio
precisata auto-organizzazione popolare, ci sembra che in
questa sintesi della posizione di Pound sulle questioni
economico-finanziarie ci sia praticamente tutto; e va dato
atto che, di questi tempi, è raro trovare un giornalista o uno
studioso che sappia dire pane al pane e vino al vino, con
altrettanta franchezza.
Ecco perché il pensiero di Ezra
Pound sulle questioni del lavoro, della produzione, del
risparmio e dell’usura, anche se non è il pensiero di uno
specialista e di un “tecnico”, ma di un dilettante, e,
per giunta, di un dilettante che è soprattutto un poeta, che
vede le cose, economia compresa, con l’occhio del poeta e
nella prospettiva del poeta, non ha perso nulla della sua
attualità; anzi, le vicende degli ultimi decenni sono state
tali da evidenziare quanto egli sia stato lucido, e
addirittura profetico, nel denunciar e il male dell’usura e
nel richiamare i popoli dell’Europa alla loro vera
tradizione, alla loro vera identità. Tradizione e
identità che sono entrate definitivamente in crisi in
quell’anno e in quel luogo, il 1694 a Londra, allorché venne
fondata la prima grande banca di Stato, la Banca
d’Inghilterra: la prima di quelle centrali del potere
finanziario, che emettono moneta e prelevano il frutto del
lavoro, in cambio di denaro virtuale, falso, immaginario,
creando il meccanismo del debito e strangolando, poco alla
volta, l’economia reale, fatta di persone, di famiglie, di
imprese, di commerci, i quali, a un certo punto,
soccombono per asfissia, affinché, nel deserto
universale creato dall’usura, rimanga, trionfante e necrofila,
una sola vincitrice: la borsa.
Resta solo da aggiungere che,
dai tempi di Pound, i meccanismi dell’usura mondiale si sono
enormemente perfezionati e ulteriormente ramificati, per
esempio con la creazione delle agenzie di “rating”,
vere e proprie centrali di potere finanziario “terroristico”,
dai cui verdetti dipende la sorte di immense somme di
denaro, spostate a vantaggio o a svantaggio non solo di
singole imprese e società, ma di intere nazioni sovrane (o
che s’illudono di essere ancora sovrane); e che il suo
appello, pertanto, non ha perso nulla della sua drammatica
urgenza, al contrario, è divenuto questione di vita o di
morte…