domenica 27 marzo 2022

DECIMA MAS: LEGGENDA DELLA RSI

 

DECIMA MAS: LEGGENDA DELLA RSI                     


PARTIRONO CANTANDO, ERANO DIRETTI ALLA BASE DEI NOSTRI SUB A BORDEAUX
Amos Calcinelli 
 

 
    Ognuno di noi, giovani Italiani di Francia, dovette, negli anni prima della guerra, ed ancora più difficilmente, durante la guerra del '40, inventare astuzie infinite per cercare di inserirsi nel tessuto sociale. Tutti parlavamo francese alla perfezione, senza il minimo accento che ci potesse far individuare come stranieri. Non avevamo la pelle nera o gialla. Eravamo vestiti come gli altri. Qualcuno di noi aveva persino gli occhi azzurri. Ma la differenza c'era. Quando, ogni sei mesi, dovevi far rinnovare il titolo di soggiorno, era d'obbligo presentarsi in questura, cioé al Commissariato. Accoglienza simpatica, prime domande colla faccia da bonaccione, poi, nel sentire il tuo cognome... silenzio di more. "Sei italiano?...". "Oui, monsieur...". Lo sguardo era gelido. Il viso diventa i marmo. Ti senti una creatura venuta da un altro pianeta, da un'altra galassia. Umiliazione e odio, sempre umiliazione e odio.
    19 marzo 1943. Oggi festeggio il mio ventunesimo compleanno. Chiedo al capufficio l'aumento legale che mi spetta secondo il decreto del "Journal Officiel". Quello lì, imbarazzato, mi risponde: "Devi chiederlo al padrone...". "Ma se è una cosa stabilita dalla legge".... insisto. "E' la legge!...". Niente da fare. Devo rivolgermi al padrone. Entro nell'ufficio direttoriale. Chiedo l'aumento. La risposta tarda a venire fuori. L'omone cerca delle scuse, le spese che aumentano, poi rifiuta secco a bruciapelo: "Et puis vous etes Italien!...". Volto i tacchi.
    Arriva il 25 luglio 1943. Cade Mussolini dopo la famosa seduta del Gran Consiglio. E' finita per il fascismo ma, dice Badoglio, "la guerra continua...". E sì, perbacco, la guerra deve continuare. Poi, d'improvviso, capita l'otto settembre. Il padrone butta il giornale sul tavolo, caccia un gran sospiro di soddisfazione: "ça y est, l'Italie a capitulé sans conditions!...". Da quanto si può sentire da Radio-Londra o Radio-Parigi, sembra sia stato diramato alle truppe italiane un ambiguo comunicato: "Ordine di resistere a qualsiasi attacco!...". Ma se, una volta firmato l'armistizio con gli anglo-americani, questi non erano degli avversari, bensì dei vincitori!... Chi poteva aggredire i soldati italiani?... Nasceva un orribile sospetto.
    Sì, qui c'è puzza di tradimento. Abbiamo tradito i Tedeschi e forse già da un pezzo!... Non ci sono scuse.
    Avvenne l'incredibile. Avvenne un mezzo miracolo: Mussolini liberato da Otto Skorzeny. Di nuovo, ci fu un barlume di speranza. Forse si poteva riprendere la lotta. Forse si poteva ancora impugnare un'arma e far vedera al mondo che un Italiano può morire per l'onore, soltanto per l'onore. L'importante era di sentirsi uomini, non sciacalli, di potersi guardare serenamente nello specchio, senza abbassare gli occhi dalla vergogna di essere italiano. Da quel giorno del novembre del 1943, iniziò per qualche centinaio di giovani italiani di Francia, la disperata ricerca del mezzo col quale tornare ad impugnare un'arma. 
    La Repubblica Sociale Italiana entusiasmava gran parte di noi. Adesso si poteva sperare nel progresso. Si parla di interessamento degli operai ai risultati delle aziende. Questo sì che è socialismo. Cominciò un'infinita baraonda, dove il Consolato ti mandava in un ufficio che ti rimandava al Consolato, e via di seguito per settimane e settimane. A furia di cercare ogni via possibile per raggiungere il nostro scopo, si era formato spontaneamente un gruppo di qualche decina di ragazzi, quasi tutti parigini e dei dintorni di Parigi. Il nostro ritrovo era la sede dell'Ufficio Turismo della Cit. Finalmente, la Grande Notizia!... "Il battaglione Barbarigo sta per partire per il fronte". Poi, qualche giorno dopo: "Il battaglione Barbarigo ha ripreso il combattimento"...
    Un battaglione. Qualche centinaio di uomini, forse un migliaio... Mille ragazzi per difendere il Paese natio!... Povera Italia!...  
         Siamo oramai alla fine del febbraio 1944. Alla Cit, per la prima volta da un pezzo, vedo visi allegri, sento cantare. "Che c'è di nuovo, ragazzi?...". "Si parte!... Si parte!...". Alcuni partirono il 28 febbraio 1944. Era il primo scaglione. Toccò al secondo scaglione partire il 4 marzo 1944. C'ero anch'io. Ci ritrovammo tutti, con altri gruppetti di marsigliesi o altre regioni del Meridione, alla base sommergibili italian di Bordeaux. Un anno dopo, il 4 marzo 1945, la copertina della Domenica del Corriere era dedicata al sacrificio del Btg Fulmine a Tarnova della Selva. C'ero anch'io. Ma non lo sapevamo ancora. La nostra sorte era una sorte fuori ordinanza: avremmo portato il Leone di San Marco sulle nostre mostrine e sul braccio sinistro, lo scudetto della Decima Mas, il famoso teschio colla rosa in bocca... e quell'ideale che cercavamo tutti disperatamente: Per l'Onore!... A Tarnova, quando eravamo già rassegnati a morire, ci sembrava che la morte costasse meno del disonore. Quando gli Slavi gridavano: "Italiani, arrendetevi!...  siete accerchiati!... arrendetevi!". Arrenderci?... non ci abbiamo neanche pensato.
 
 
IL SECOLO D’ITALIA Quotidiano del 8 maggio 1991.


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