mercoledì 24 agosto 2022

EDIZIONI STORIA

 

Luca Tadolini, LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA A REGGIO EMILIA. 1944. Dal bombardamento americano alla caduta di Roma
Edizioni all'insegna del Veltro, pp. 206, € 15,00
Questo libro prosegue l'accurata ricerca storica che, in un'opera precedente, ha portato l'Autore a dire una parola chiara (anche se scomoda) sulla vicenda dei fratelli Cervi. In questo volume, dopo aver esaminato con attenzione decine di documenti inediti, l'Autore non si sottrae al compito di esaminare con obiettività le vicende "gappiste" e della guerriglia, di chiarire che l'adesione operaia alla Resistenza fu molto meno vasta di quel che si disse poi e infine di denunciare i crimini della guerra totale degli Alleati. Quelle di Tadolini sono pagine che meritano d'essere lette e che fanno onore allo storico indipendente che le ha scritte.   ("Libri d'oggi", n. 1, gennaio 2009).
 
 
Amos Telecchi - ALL'ARMI SIAM FASCISTI!
Roberto Chiaramonte Editore - 2009
" Non troverai mai la verità se non sei disposto ad accettare anche ciò che non ti aspettavi "  diceva Eraclito , ed oggi coloro che , pur  inciampando  nella verità,  si rialzano e continuano per la propria strada , sembrano essere tanti . La "morale" della nostra società insegna infatti che è sicuramente  più comodo, meno impegnativo  e senza rischi di emarginazione  continuare a credere nelle verità precostituite. "Allarmi siam fascisti!" è perciò una provocazione : un'antologia di uomini, ma anche di  fatti , immagini e scritti,   volutamente tenuti nascosti   perché contraddicono le "verità ufficiali" . Provocazione perché è un aiuto  a che coloro che hanno mantenuto la curiosità di capire  che esiste anche un'altra verità .  Provocazione perché  nella "morale " comune  non è più il ricercare la verità o la competenza a rendere liberi , ma il poter esercitare il diritto di voto nell'illusione di "aver deciso". Provocazione perché  oggi, in molti casi ,il compito dello storico non è più quello di accertare i fatti  , ma è stato ridotto ad implementare i miti funzionali al potere.  E per chi non si adegua è pronta la definizione di "revisionista" diffusa come una condanna. "All'armi siam fascisti!" non ha nessuna intenzione di rivalutare, fare apologia o condannare alcunché è solo uno strumento per aiutare coloro che credono ancora che il voler conoscere  i  fatti e lo studio senza pregiudizi della Storia, o delle storie,  è l'unico modo per non cadere nella fanatica convinzione dei  vincitori  "buoni", qualsiasi cosa abbiano commesso, e dei vinti necessariamente  "cattivi ".   La prima parte del libro è un "dizionario" di personaggi famosi  che, con le loro opere , atteggiamenti e dichiarazioni, contribuirono fattivamente alla nascita ed al successo del Movimento Fascista in Italia .  In esso si troveranno i nomi , ed i fatti, di coloro, che pur di fronte all'armistizio  dell'8 settembre  , non rinnegarono i loro ideali ed anche  i nomi , ed i fatti, di coloro che, invece, salirono tempestivamente sul carro dei vincitori scagliandosi, con protervia , verso le idee appena rinnegate. Molti di loro troveranno nell'"antifascismo militante" il nuovo filone di successo . Segue una sezione dedicata  ai  fatti ed ai personaggi italiani e stranieri che esaltarono l'Italia Fascista, ed in modo particolare Benito Mussolini , il Duce  .Uomini e donne quali Freud, Lenin, Strawinski, Mary Pickford ,  Straus, Stalin ,Thomas Mann, Pio XII, Gorki,  Eden , Kipling, …  Sicuramente interessante , per gli autori e gli scritti  riportati, è la  parte  dedicata ai "razzisti"  sconosciuti o volutamente dimenticati . Si troveranno gli scritti e le dichiarazioni di personaggi quali  Martin Lutero , Allende,  Marx , San Kolbe, Voltaire , "Che" Guevara, Montesquieu ,  Bakunin …ed altri insospettabili. Non meno interessante il capitolo  "Lo sapevate che? " che  riporta alcuni episodi volutamente dimenticati nelle pagine della "storia ufficiale" ; come il fatto che Prescott Sh. Bush ,nonno del presidente degli USA , George Bush, fu decorato da Hitler per gli aiuti dati al Nazionalsocialismo . Per lo stesso motivo Hitler nominò 340 ebrei , ricchi e potenti , "ariani d'onore". Ma sicuramente quella più sconosciuta è la pagina di storia  che vede le Comunità ebraiche ed i  Sionisti, tedeschi collaborare fattivamente con i  Nazisti , in modo particolare con le SS , i cui membri sostenevano  ufficialmente il Sionismo .  Lo scopo del libro , come già detto , è di fornire documentazione  a chi ha intuito che quando si perde la curiosità di sapere la verità accettando, per comodità o per quieto vivere, l'opinione dominante, si perde il bene più prezioso: la libertà.  Nella valutazione dei fatti di ieri, come quelli di oggi .
Roberto Chiaramonte
"Cesare Pavese era fascista, Vasco Pratolini era fascista, Montanelli, Bocca e Biagi hanno tutti portato la camicia nera, e non ne parlano mai. Io li chiamo gli extraterrestri. "(Bettino Craxi)
In tempi di menzogna universale, dire la verità diventa un atto rivoluzionario.(George Orwell) 

Carlo Cucut FORZE ARMATE RSI SUL CONFINE ORIENTALE Settembre 1943 - Maggio 1945
192 pp. - ill. e cartine b/n - brossura - ed. 2009 Marvia Edizioni - Collana: Soldati italiani
Carlo Cucut ha scritto un libro che mancava. Dopo tante testimonianze sparse un po' qua e un po' là sui reparti che difesero fino all'ultimo il Confine Orientale, ecco finalmente un documento che li abbraccia tutti. E' un lungo elenco di nomi, comandi, sedi, località in cui vissero, combatterono  e morirono gli ultimi difensori delle nostre Terre ormai perdute. 
Ci sono i cinque Reggimenti della GNR (o MDT che dir si voglia), i marò della Decima, gli alpini del 'Tagliamento', i bersaglieri del 'Mussolini', i battaglioni costieri, le Brigate Nere, ma anche la Marina Repubblicana, l'Aeronautica repubblicana e tanti altri noti e meno noti. C'è tutto!
Quasi duecento pagine che non si leggono d'un fiato perché la mente si deve fermare di continuo per ricordare quanta gioventù italiana ci fu su quel territorio che gli storici si sbrigano a chiamare "Litorale Adriatico" e che fu invece una "Zona di Operazioni del Litorale Adriatico" sotto la tutela del dottor Friedrich Rainer, Governatore della Carinzia nominato da Hitler in fretta e furia Supremo Commissario della Zona d'operazioni dopo l'8 settembre e la resa dell'Italia.
 Ma la sovranità italiana non cessò mai di esistere. La giustizia, la scuola, l'anagrafe, le poste, i telegrafi e i telefoni, le prefetture, tutto rimase italiano benché sotto controllo tedesco. E così vi furono anche le Forze Armate italiane con i loro  Distretti militari e tutto il resto. Certo Rainer faceva di tutto per tenere lui sotto controllo il territorio e, se poteva, ostacolava l'arrivo di forze fresche dalla RSI. Ma ci si arrivava ugualmente. Prova ne sia che io e mio fratello Flavio ci arrivammo nel dicembre del 1944 dopo aver ricevuto i gradi di sottotenente alla Scuola di Modena. E fummo assegnati, a domanda, al 2° Reggimento "Istria" con sede a Pola.  Ne ho parlato a lungo nel mio "Un milione e 1" che molti hanno letto.
 Il libro, documentatissimo e soprattutto completo, di Cucut non dovrebbe mancare soprattutto nelle nostre scuole in  modo che chi insegna storia si documenti invece di dire panzane come quella che le nostre zone furono annesse al Terzo Reich. Magari con il consenso di Mussolini, come ha detto qualcuno tra i meglio informati. Il Duce voleva invece spostarsi col suo Governo proprio qui piuttosto che in Valtellina, quella Valtellina che gli fu fatale negli ultimi giorni di aprile del 1945. E qui da noi, con noi al fianco, non sarebbe finita com'è finita, ve l'assicuro.        Claudio de Ferra 

Lembo, Daniele I SERVIZI SEGRETI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Ma.Ro Editrice. 2009
I SERVIZI SEGRETI NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA di Daniele Lembo 
MA.RO. Editrice (tel. 0382 968151 - 0382 968152 ) - 192 pagine – costo 28 euro 
PER CONTATTARE L’AUTORE:  danielelembo@email.it 
Nell’anno 2001, la MA.RO. Editrice editava il volume “I Servizi Segreti di Salo’ – Servizi Segreti e Servizi Speciali nella Repubblica Sociale Italiana” di Daniele Lembo. 
Il libro esplorava, come d'altronde affermava lo stesso autore in prefazione, un argomento poco conosciuto e che mai, fino a quel momento, aveva trovato una trattazione organica in un unico saggio. 
Il lavoro del 2001, traeva spunti e trovava fonti principalmente di tipo bibliografico, anche in considerazione del fatto che gli interpreti di quei fatti ancora viventi erano restii a rilasciare dichiarazioni sugli avvenimenti che li avevano visti protagonisti. Scriveva, infatti, in prefazione l’autore “Nel corso del mio lavoro ho tentato di contattare alcuni reduci dei servizi segreti della R.S.I. per intervistarli ed ottenere così notizie di prima mano. I personaggi individuati sono stati molto pochi, anche in considerazione del tempo che è passato, che fa si che il più giovane di loro sia abbondantemente ultrasettantenne. Ho potuto constatare che la maggior parte di loro mantiene la consegna del silenzio ad oltre cinquant’anni di distanza dai fatti in trattazione, E’ da precisare che, più che di consegna del silenzio, in molti casi, si tratta di un “salutare riserbo” mantenuto per paura del fatto che lo spettro di processi e condanne, che si presentò cinquant’anni fa, potrebbe riaffacciarsi alla porta dopo il rilascio di un’incauta intervista.” 
A distanza di otto anni, sempre per i tipi della casa editrice MA.RO., Daniele Lembo pubblica 
“I Servizi Segreti nella Repubblica Sociale italiana” 
E’ bene precisare che non si tratta di una semplice riedizione o di una rivisitazione del precedente volume. 
Otto anni di ricerche e di raccolta di testimonianze, hanno consentito all’autore di produrre un lavoro completamente nuovo, arricchito di numerosi capitoli, contenenti notizie talvolta inedite. 
Lembo non entra subito nel vivo dell’argomento, ma dedica alcuni capitoli alla storia dei Servizi Segreti italiani dall’inizio del conflitto fino all’8 settembre 1943. In questa parte del lavoro, oltre all’organizzazione e all’organigramma dei Servizi, sono narrati i principali successi operativi del S.I.M. (Servizio Informazioni Militari) ma anche gli smacchi subiti. 
Si passa poi alla trattazione del S.I.D., il Servizio Segreto della Repubblica Sociale Italiana. 
Il S.I.D., secondo una circolare a firma di Graziani, avrebbe dovuto avere caratteristica di unicità, essendo deputato ad essere l’unico Sevizio Segreto della R.S.I.. In realtà, questo non avvenne mai e, nei seicento giorni che durò la Repubblica di Salò, vi fu al Nord un vero fiorire di Servizi Segreti autonomi, collegati in vario modo ai tedeschi. Anche questo argomento viene affrontato in maniera esaustiva dall’autore che ne tratta ampiamente. 
Oltre alla storia dei vari Servizi Segreti e Speciali, Daniele Lembo ha inteso dedicare spazio anche alle storie dei singoli agenti segreti, inviati oltre nelle linee nell’Italia occupata. Sono narrate le avventure degli uomini del Kommando Kora, dei Nuotatori Paracadutisti inviati al Sud, degli uomini Gamma della Decima impiegati come agenti speciali e delle donne del Gruppo Speciale Autonomo di Tommaso David (l’Allevamento delle Volpi argentate). 
Un capitolo è destinato alla disamina dei rapporti tra Servizi Segreti e guerra psicologica, mentre ampio esame trovano i ventilati rapporti tra la Decima Mas e la banda del bandito Giuliano. 
Nella nuova opera di Lembo non si tratta solo dei Servizi italiani, ma anche dei Servizi Segreti tedeschi, operanti in Italia (l'Abwehr e il Sicherheitsdienst) e del Controspionaggio Angloamericano attivo sulla Penisola. 
Il volume si conclude con le vicende degli agenti speciali fucilati dagli Alleati, nonché affrontando il tema della preparazione dei Servizi Segreti all’immediato dopoguerra. 
Si tratta di un’opera d’interesse non solo per gli appassionati del settore Storico Militare ma per chiunque abbia voglia di conoscere, in maniera più approfondita, la nostra storia nazionale. 
da http://velatricolore.spaces.live.com/?_c11_BlogPart_BlogPart=blogview&_c=BlogPart&partqs=cat%3DLibri

2008

a cura di Carlo Cucut e Roberto Bobbio ATTILIO VIZIANO. Ricordi di un corrispondente di guerra 
Brossura 17 x 24 cm. pag. 262 con oltre 300 foto b/n  Stampato nel 2008 da Marvia 
Questo libro è nato come risposta alla domanda "Come mai eri repubblichino?" E' la storia di tutti quegli italiani reietti perchè al servizio della R.S.I., soldati che ancora adesso si rifiuta di considerare combattenti, perchè forse nella guerra civile '43-'45 non ci sono stati veri vinti e veri vincitori. E' stata l'Italia tutta ad avere perso. Questo volume è il risultato testimonianze e documentazioni raccolte da un soldato che doveva guardare la guerra attraverso l'obiettivo di una macchina fotografica, munito di un taccuino sul quale raccogliere le impressioni da trasmettere alle redazioni. Dalle testimonianze, articoli, bozze e, soprattutto, immagini esce un grande affresco della storia italiana.  

Luigi Del Bono IL MARE NEL BOSCO
Nuova edizione ampliata. Brossura, F.to 14x21, 138 pagine, 6 tavole a colori, 43 foto b/n. Euro 15,00. 2008
Le memorie di Luigi Del Bono, con il titolo Il mare nel bosco, furono pubblicate nel 1960 a Roma da Giovanni Volpe Editore. Esse sono interessanti, oltre che per le vicende storiche riportate, per l’elevato valore letterario, che le distingue dalla massa delle memorie di guerra, come riconobbe anche lo storico e giornalista Franco Bandini. Luigi Del Bono, infatti, oltre che medico in pace e in guerra, giornalista e sportivo, fu anche romanziere di un certo successo, vincendo diversi premi nazionali per la narrativa, tra i quali il “Renzo Pezzani” di Parma con il racconto L’ultimo ostacolo. Scrivendo le sue memorie in forma di romanzo, Del Bono fu costretto, per mantenere il fluire della narrazione, a condensare alcuni avvenimenti bellici dei quali fu protagonista e testimone, e a preferire la notazione delle sue emozioni e pensieri all’impersonale descrizione dei fatti d’arme. Inoltre, per ragioni di riservatezza, molti dei suoi commilitoni e superiori furono identificati solo con le iniziali del nome o del cognome, e, nei capitoli concernenti il ripiegamento verso il nord del personale della Base Ovest nell’aprile 1945, le località attraversate dalle forze tedesche e italiane sono state indicate da nomi di fantasia. In questa edizione, abbiamo pensato di fare cosa gradita al lettore che voglia avvicinarsi a queste memorie vagliandole dal punto di vista storico, cercando di porle maggiormente nel contesto degli avvenimenti bellici narrati. Per fare questo senza stravolgere gli intendimenti e la ricercatezza nello scrivere dell’autore, abbiamo limitato i nostri interventi allo svelare il nome dei personaggi citati solo con le loro iniziali da Del Bono, e nel presentare al lettore i dettagli delle missioni e degli avvenimenti storici narrati dall’autore grazie a delle note. Al testo originale delle memorie, così integrato e annotato, abbiamo fatto seguire un’appendice iconografica, nella quale sono incluse le fotografie delle uniformi donate dall’autore al Museo dell’Arsenale di Venezia.

Pettinato Concetto SE CI SEI BATTI UN COLPO 100 articoli de "La Stampa" per la storia della RSI 
Editore: Lo Scarabeo (Bologna)  Argomento: repubblica sociale italiana  Genere: storia d'europa  data publ.: 2008
Vengono qui presentati, per la prima volta, gli articoli che Concetto Pettinato uno dei più brillanti e significativi giornalisti italiani del Novecento scrisse per "La Stampa" dal dicembre 1943 al marzo 1945, come direttore del quotidiano. Giornal.. Vengono qui presentati, per la prima volta, gli articoli che Concetto Pettinato uno dei più brillanti e significativi giornalisti italiani del Novecento scrisse per "La Stampa" dal dicembre 1943 al marzo 1945, come direttore del quotidiano. Giornalista di penna facile e versatile, ebbe un particolare interesse per le questioni di carattere europeo e internazionale. Dotato di forte senso critico e di notevole indipendenza di giudizio, durante la Rsi, sostenne la necessità di un ruolo effettivo dello Stato repubblicano contro lo strapotere del Partito: dopo il famosissimo articolo, Se ci sei, batti un colpo..., nel giugno 1944, Pettinato dovette interrompere la collaborazione al giornale: gli articoli che scrisse ma che il MinCulPop non permise fossero pubblicati, sono qui editi per la prima volta. Successivamente, interpretò con intelligenza una linea di collaborazione e di riappacificazione fra gli italiani "al di sopra delle baionette straniere", che gli costò la direzione del giornale. Il volume costituisce un documento utile per meglio chiarire le dinamiche interne al fascismo repubblicano e per approfondire il ruolo degli intellettuali nel periodo della guerra civile. 

 
Carlo Rivolta ARDITI DEL 44
Brossura 17 x 24 cm. pag. 218 con moltissime illustrazioni e foto b/n  Stampato nel 2008 da Grafica Ma.Ro 
Lo scopo di questo libro è di rendere di pubblico dominio documenti, lettere e comunicazioni riguardanti la Legione Autonoma Ettore Muti, fondata da Franco Colombo nel settembre 1944 e conclusasi nell'aprile 1945. Questo volume è il risultato di una ricerca tenace e accurata e mostra una serie di documenti inediti, che rivelano aspetti sconosciuti della Legione, senza cadere in analisi soggettive. 

a cura della rivista Orientamenti LIBRO BIANCO SUI BOMBARDAMENTI ANGLO-AMERICANI IN ITALIA
Il libro bianco può essere richiesto a From: "Movimento Nazional Popolare" <movnazpop@libero.it> o facendo un versamento di 9,28 euro sul cc. postale n. 56411630  intestato al Movimento Nazional Popolare. 2008.

 
Alfredo Pace BENITO MUSSOLINI CLARETTA PETACCI Chi li ha uccisi, come, dove, quando. Diverse ipotesi, qualche certezza
Brossura, pag. 150  Stampato nel 2008 da Greco & Greco 
Alfredo Pace  Sono molti i giornalisti e autori che hanno scritto sulla morte di Benito Mussolini e Claretta Petacci; a più di sessant'anni di distanza, dopo aver detto, scritto, testimoniato tutto e il contrario di tutto è difficile raccapezzarsi. Qui si è voluto elencare tutte le ipotesi, confrontarle e prenderle in esame una per una, arrivando, come in un mosaico, ad alcune probabili certezze.

Gianantonio Valli  IL PREZZO DELLA DISFATTA. Massacri e saccheggi nell'Europa "liberata"  
Edizioni Effepi, 2008, 190 pagine con appendice fotografica, 22,00 euro Richiedere a: Effepi Edizioni, Via Balbi Piovera 7 - 16149 Genova  Telefono: 010 6423334 Cell. 338 9195220  Posta elettronica: effepiedizioni@hotmail.com - http://www.effepiedizioni.com/
Consiglio attenta lettura del volume "Il prezzo della disfatta" di Gianantonio Valli trentesimo della serie "Fatti e documenti" delle Edizioni Effepi. Con la solita precisione Valli ricostruisce un pezzo importante della storia europea accuratamente occultata dai vincitori. L'agiografia tessuta dai media omologati fatta di ragazzoni yankee sorridenti, eroici sovietici e folle esultanti è completamente distrutta da questo minuzioso studio che analizza i fatti accaduti senza i paraocchi d'ordinanza della cosiddetta "storiografia ufficiale". I quattro capitoli in cui si articola il volume descrivono la spietata vendetta degli squadroni della morte ebraici auto nominatisi "vendicatori" (ennesima figuraccia postuma di Indro Montanelli che, in una rubrica del Corriere della Sera del 6 giugno 2006 sostenne che i massacri effettuati e documentati di queste bande fossero "una bufala antisemita"). Il grande olocausto scientificamente programmato della popolazione tedesca e di quanti avevano combattuto con l'asse per opera dei "liberatori" americani, russi, francesi ed inglesi: centinaia d’episodi documentati e mai presi in considerazione dalla "giustizia dei vincitori" che da Norimberga in poi si sono arrogati un’indiscussa superiorità morale sui vinti. Le migliaia di stupri, assassini di massa, bombardamenti di civili, deportazioni, saccheggi sono dettagliatamente documentate dal libro di Valli che demolisce dalle fondamenta la visone manichea che ancora oggi tenta di nascondere agli europei la realtà di quella che fu la tragedia e l'occupazione del loro continente. Gli ultimi due capitoli sono dedicati ai "campi della morte" nella zona d’occupazione sovietica e ai saccheggi e ruberie compiuti a danno della Germania e del resto d'Europa dai vincitori. Il libro è anche un doveroso ricordo per i ragazzi, spesso giovanissimi, che intrapresero una lotta disperata  nel movimento di resistenza Werwolf (vedi http://www.thule-italia.net/ns/WERWOLF.pdf ) e che pagarono la loro militanza con anni di carcere, deportazioni, torture e spesso la morte. Esemplare di questo destino tragico l'ultima immagine nell'appendice fotografica del libro.
La corposa bibliografia del testo sarà inserita nel libro di Gianantonio Valli "I complici di Dio - Genesi del mondialismo" di prossima uscita per i tipi della Effepi. 
Harm Wulf
Nota editoriale
"Dopo tanti panegirici, libri, documentari, dopo tanti film tesi a glorificare gli alleati, meglio gli anglo-franco-americani, un po' meno i russi ed il loro senso dell'onore e della giustizia, mai disgiunto da un profondo amore per l'umanità intera ad  eccezione dei "nazi", dei "fasci" e dei "musi gialli", ma quelli - si sa! - non sono esseri umani, ma solo espressione del "male assoluto", può sembrare blasfemo mettere in dubbio cotanto mito, una così bella immagine dipinta a tinte pastello e con una ricca cornice che, di certo, vale più del contenuto. Ma le democratiche angherie, i democratici furti, i democratici stupri, le democratiche deportazioni, la democratica spoliazione di popoli interi - tutti ampiamente dimostrati e di libero accesso, purché si voglia sapere - fanno impallidire il vae victis di Brenno, la sua spada, l'oro di Roma, ed il comportamento del barbaro appare quello di un lestofante di quartiere contrapposto ad una multinazionale del crimine. Non soddisfatti di aver smembrato la Germania, deportato alcuni milioni di tedeschi, rubato - questo è il termine - brevetti del valore di centinaia e centinaia di milioni di dollari di allora, razziato i migliori cervelli e i macchinari più moderni, lasciato la popolazione al freddo e alla fame, chiuso un occhio su vendette e regolamenti di conti - quando non li hanno deliberatamente provocati - gli alleati hanno ritenuto di dover perpetuare la propaganda del tempo di guerra ed anzi di ingigantirla. Dopo e grazie ai processi di Norimberga e di Tokyo sono riusciti ad imporre una visione democratica del mondo che, unita ad un linguaggio ipocrita, ha infettato il pianeta, e in modo particolare i tedeschi, riducendo un popolo fiero ed orgoglioso ad una poltiglia tanto politically correct quanto insulsa e maleodorante. Ancor oggi, a due generazioni abbondanti dalla fine della guerra, i vertici politici ci propinano quotidiane professioni di antifascismo senza temere, un po’ perché conoscono i loro polli e un po’ per incapacità congenita nel formulare un pensiero originale, una mitridatizzazione dei sudditi. Le teorie più bolse vengono riproposte quasi fossero l’ultimo guizzo intellettuale ed è così che dopo una quarantina d’anni rispuntano il “patriottismo costituzionale” ed altre facezie degne più di un bar dello sport che non di assemblee legislative. In questa fiera delle vanità dove tutto può servire e nulla si spreca - come per il maiale - un illustre personaggio è arrivato a proporre come festa nazionale l’8 settembre 1943. solo una cinquantina abbondante di milioni di decerebrati quali siamo poteva ascoltare un tale appello senza sentire l’impellente necessità di spernacchiare il proponente. E’ possibile, lo diciamo senza acrimonia, che l’altezza del colle e l’età non verde della persona abbiano concorso a determinare una carenza di ossigeno al cervello con i danni che ne conseguono. Per fortuna, per loro fortuna, masticazione e digestione non paiono risentirne, infatti questa lunga teoria di residuati della resistenza avrà, forse “salvato” l’Italia, ma di certo l’ha spolpata fino all’osso. Circa poi i “valori costituzionali condivisi” ci sembra che chi li caldeggia come una sorta di conditio sine qua non del moderno vivere civile, sia alquanto debole in aritmetica e soffra di parziale amnesia. I 556 deputati eletti il 2 giugno 1946 non contemplavano al loro interno diverse forze politiche come, ad esempio, i monarchici, non come singoli individui, è ovvio, ma come partito, né tanto meno quei quattro nostalgici che avevano creduto nel “male assoluto” e che pure, pochissimi anni prima, erano milioni. Alle votazioni mancavano – e non per loro volontà – tutti quegli italiani che non erano ancora rientrati dalla prigionia: un numero che da solo avrebbe superato più e più volte quello dei votanti del tanto strombazzato partito d’azione (1,5%) e le decine di migliaia di coloro che erano stati democraticamente epurati. Condividere è bello purché la proposta non sia settaria, da trangugiare così com’è, e sia soprattutto incentrata su un patrimonio comune. Se da una parte, per quanto numerosa della popolazione – e qui siamo ben lontani – avendo vinto, o meglio essendosi schierata con chi ha vinto e ci ha messo ai ceppi, si arroga il diritto di scrivere la sua Magna Charta può solo, avendo le forze di polizia al suo servizio, pretenderne il rispetto, ma non può sperare, oggi, in una condivisione che avrebbe richiesto ben altri presupposti. Dalla lettura delle dense pagine di quest’opera abbiamo ricavato, insieme alla conoscenza provata di una lunga sequela di episodi indegni di sedicenti democratici, un sentimento di desolata impotenza e di accorato dolore. Ci è inoltre balenata un’idea, forse balzana: dopo tante presunte oscenità imputate ai vinti e perpetrate dai vincitori la classe dirigente degli uni e degli altri, ha, sia pure per motivi diversi, ma non opposti, la necessità di perpetuare una certa propaganda – ne va della sopravvivenza e del potere! Ci permettiamo solo di ricordare, è una vecchia reminescenza liceale, che non est procedere in infinitum, e che qualora mutassero le condizioni generali potrebbero tornare a prevalere il buon senso e la memoria con tristi conseguenze per tutti coloro che hanno fatto strame della verità e hanno usato le loro e le altrui nazioni come greppia. FMP 

Roberto Nicolick 39 BIGLIETTI DI SOLA ANDATA. 13 MAGGIO 1945. Cronaca dell'eccidio di Cadibona
L-EDITRICE. Novembre 2008 Ordinabile via e-mail a robertonicolick50@alice.it, sarà inviato a mezzo contrassegno al prezzo di 12 euro piu' le spese postali.
Una strage , l'ennesima, fatta dai partigiani comunisti, in provincia di Savona. Ecco la recensione apparsa su IL GIORNALE.
Si, 39 sono i prigionieri giustiziati in modo arbitrario e sommario dai partigiani comunisti nel maggio del 45, a guerra finita, solo per vendetta . Sola andata, indica che fu un viaggio su un autobus , a senso unico senza speranza, verso la morte
Si e’ ispirato ad un fatto realmente accaduto ?
Certamente, la strage accadde per davvero, i cadaveri vennero tutti ritrovati e seppelliti dopo presso il cimitero di Altare, detto delle Croci Bianche, dove riposano tuttora, accanto a tombe di Partigiani, finalmente in pace, senza odio e rancori.
Chi sono i protagonisti della vicenda ?
Le vittime, tutti uomini dai 17 ai 60 anni compiuti, i loro fucilatori, esponenti della cosiddetta polizia partigiana comunista, le donne del convoglio repubblichino, che vennero stuprate nell’Alessandrino e un certo numero di persone che assistettero alle violenze e alla strage.
Nel libro vi sono anche delle foto 
Infatti, foto recenti e d’epoca per meglio inquadrare e descrivere i luoghi dove si snoda la vicenda. Foto molto belle e suggestive, alcune assolutamente inedite.
In sintesi, ci racconti la vicenda, oggetto del suo scritto 
Al crollo della Repubblica Sociale Italiana, aprile 1945, si formarono delle colonne in fuga dalle principali citta’ del Nord. 
Una di queste partita da Savona, riesce ad arrivare tra mille difficolta’ a Valenza Po, dove le formazioni partigiane locali la intercettano e ne arrestano i componenti. Le donne subirono violenza sessuale, tutti furono derubati dei valori personali. 
Quindi vennero imprigionati presso il carcere di Alessandria. Dove arrivarono i partigiani savonesi a prelevarli, con un autobus, da Alessandria , attraversando l’Acquese, raggiunsero Cairo, lasciando una scia di sangue di esecuzioni sommarie, A Cadibona , dopo un pestaggio violentissimo, si concluse la vicenda con la fucilazione in massa di 37 persone. Le donne furono risparmiate.
Per scrivere questo paperback dove ha raccolto i dati e le notizie ?
Dai giornali dell’epoca, dall’Archivio di Stato ma principalmente da testimonianze di persone che assistettero personalmente al fatto, e da persone che scamparono alla morte. A tutt’oggi queste soffrono di incubi per questa vicenda terribile.
Altri hanno ancora adesso paura, e non hanno voluto comparire, infatti non sono stati nominati, come pure gli assassini, che ho citato solo con le iniziali, per il cosiddetto diritto d’oblio
Gli assassini ?
Tutti  personaggi noti e riconosciuti, protestarono la loro innocenza in tribunale, nel corso del processo che ebbe luogo successivamente. Alcuni furono condannati ma….amnistiati e tre di loro faranno anche carriera politica. 
Comunque vissero tutti felici e contenti, la solita  vergogna.
Perche’, Nicolick, ha scritto questo libro…scomodo ?
Sin da piccolo ero incuriosito dalla strage, se ne parlava a mezza bocca, senza dare fastidio agli assassini che viaggiavano onorati e rispettati. 
Era in corso un meccanismo di rimozione di un fatto vergognoso. Tuttora attivo , e penso che i morti, di qualsiasi fazione, esercito, cultura o bandiera debbano essere ricordati e rispettati senza alcun tipo di strumentalizzazione politica. Questo in ultima analisi e’ il principale motivo, per riflettere sull’odio politico e sulla intolleranza di certi integralisti.
Inoltre parlare di una strage compiuta da Partigiani comunisti e’ come infrangere un tabù… 
Forse questo libro e’ scomodo per due tipi di persone : per me che sto cominciando a ricevere delle minacce e per chi mi invia le minacce, perche’ e’ obbligato a guardarsi dentro…
Le’ e’ uno storico ?
No, sono una persona curiosa che vuole guardare dentro e dietro alle cose, che vuole capire, senza grandi strumenti culturali, senza atteggiamenti da secchione, e soprattutto voglio raccontare agli altri, non in modo ermetico o criptico, come accaddero certe cose, terribili e cruente, come quella in oggetto…

 
Rastelli Achille CARLO FECIA DI COSSATO L'UOMO, IL MITO E IL MARINAIO a cura di Maurizio Pagliano
158 pp. - ill. b/n in 16 pp. fuori testo - brossura - rist. 2008 Mursia - Testimonianze fra cronaca e storia (1939-1945: Seconda Guerra Mondiale) 

Laura Poggi PAROLE NELLA GUERRA
Ginevra Bentivoglio EditoriA € 10,00€, 2008
Nel Novecento avviene una vera e propria “rivoluzione documentaria” nell’ambito della ricerca storica. Se precedentemente i documenti ufficiali erano la fonte privilegiata per gli storici, ora acquistano rilievo documenti privati e personali prima trascurati: autobiografie, lettere, corrispondenze, cartoline e foglietti scritti velocemente fanno il loro ingresso nel panorama delle fonti documentarie. Donne e uomini, figli e padri, persone comuni solitamente “escluse” dalla storia, ne diventano soggetti attivi. Il presente lavoro ha come scopo quello di ridare voce a questi scritti, focalizzando l’attenzione in particolare sul periodo della Resistenza (1943-1945). Si sono voluti analizzare gli scritti più privati e intimi sia dei partigiani che dei fascisti di Salò, per metterne in luce idee, valori, insicurezze e fragilità di fronte alla morte. Il partigiano non scrive mai dalla montagna, scrive in punto di morte, nell’imminenza di una fucilazione. Il fascista di Salò scrive a volte ai suoi cari lettere intrise di valori e indottrinamenti, ma anche lui deve fare i conti con le catture, le prigionie e la morte imminente. La scrittura diventa per molti un modo per preparasi alla morte, per esorcizzarla. Inizia così questo viaggio, questo percorso che parte da coloro che hanno vissuto e combattuto la guerra, gettati in un qualcosa più grande di loro e dalla quale non sono riusciti a fuggire. 
Laura Poggi è nata ad Arezzo nel 1985, dove si è laureata in Filosofia, Storia e Comunicazione alla Facoltà di Lettere e Filosofia. Attualmente è specializzanda in Studi storici presso l’Università di Siena. 

Cirillo Covallero (memoria di) UN ITALIANO NELLA SS-POLIZEI (1 E 2 parte)
in RITTERKREUZ La nuova pubblicazione dedicata alla storia militare della Waffen SS. Uomini, reparti, battaglie, mezzi, decorazioni, uniformi.
La pubblicazione, naturale continuazione della cessata "Volontari", viene distribuita gratuitamente ai soci dell'Associazione Ritterkreuz. Associazione diretta da Massimiliano Afiero, senza fini di lucro e con il solo obiettivo di incentivare la ricerca storica sulla Seconda Guerra Mondiale ed in particolar modo sulle forze Armate dell'Asse e dei paesi alleati ad esso. Per aderire all'Associazione e ricevere la rivista Ritterkreuz (in formato PDF via email) basta semplicemente fare una donazione libera per l'anno solare in corso. Per coloro invece che desiderano ricevere una copia stampata della rivista (52 pagine, 4 pagine a colori), cadenza bimestrale, dovrebbero gentilmente inviare una donazione minima di 40,00 euro a parziale copertura delle spese di stampa della stessa e della spedizione effettuata esclusivamente con posta prioritaria. Le donazioni vanno effettuate sul Conto corrente postale numero: 000093983450 Intestato a: Afiero Massimiliano – Via San Giorgio, 15 - 80021 Afragola (NA). Nella causale basterà indicare "Quota associazione culturale Ritterkreuz anno 2009". Per attestare subito la donazione e l'iscrizione invitiamo i soci ad inviare una email con tutti i loro dati anagrafici (Nome, Cognome, Data e luogo di nascita, Indirizzo postale, telefono, indirizzo email) all'indirizzo: maxafiero@libero.it  A tutti i soci verrà rilasciata ricevuta della donazione ed una speciale tessera. 
RITTERKREUZ the new italian bimontly magazine dedicated to the military history of Waffen SS. Subscription for one year - 6 numbers - cost 40,00 euro including shipping with priority mail. Send money to: Massimiliano Afiero Via San Giorgio 15, I - 80021 Afragola (NA) - Italy
Articoli presenti nel primo numero in uscita entro gennaio 2009: Storia della Waffen SS (26a parte) di Massimiliano Afiero; Un italiano nella SS-Polizei (2a parte) memorie di Cirillo Covallero; Ottomar Anton: il fascino del manifesto di Harm Wulf; Christian Tychsen di Mark C. Yerger; Le SS-PanzerBrigade 49 e 51 di Carlos Caballero Jurado; Gustav Schreiber di Marco Rossi; L'RSD di Jean Pierre Sourd; Le armi controcarro delle Waffen SS (2a parte) di Stefano Canavassi; ...e tanti altri articoli e tantissime nuove rubriche curate dai maggiori esperti di storia della Waffen SS. http://www.maxafiero.it/ritterkreuz.htm

 
Stefano Fabei LA "LEGIONE STRANIERA" DI MUSSOLINI
2008, 376 p.  Editore Mursia (Gruppo Editoriale) Pagine 376 Euro 22,00 
"Durante la Seconda guerra mondiale anche l'Italia ebbe una sua "legione straniera", ma il suo impiego fu una delle tante occasioni mancate sia sul piano militare che su quello politico." Tra le pagine poco note della partecipazione italiana al Secondo conflitto mondiale c'è quella relativa ai volontari stranieri che, inquadrati in vario modo nelle Forze Armate, combatterono per la causa del fascismo e dell'Asse, ma non solo. Uomini provenienti da aree diverse e spinti da diverse motivazioni.  Per gli arabi e gli indiani si trattò di passare dalla condizione di prigionieri a quella di membri del primo nucleo dell'esercito di liberazione dei propri Paesi. Nel caso dei serbi ortodossi, schierarsi al fianco del Regio Esercito fu, dopo lo smembramento della Jugoslavia, una scelta imposta dalla necessità di difendersi dalla politica persecutoria dei croati cattolici. Se per i cosacchi, i croati e gli sloveni determinante fu la scelta ideologica della lotta al comunismo, per i dalmati e i maltesi combattere sotto il tricolore significava scrivere con il sangue un'altra pagina del Risorgimento italiano. Per la prima volta le storie, fatte di sogni e delusioni, di eroismi e atrocità, della "legione straniera" di Mussolini vengono ricostruite e raccontate in modo avvincente e con grande precisione sulla base di una vasta documentazione.  L'autore  Stefano Fabei è nato a Passignano sul Trasimeno nel 1960. Laureato in Lettere Moderne, insegna a Perugia. Suoi saggi sono apparsi su "Studi Piacentini" e "Treccani Scuola". Collabora a "I sentieri della ricerca", "Eurasia" e "Nuova Storia Contemporanea". Tra le sue opere recenti: I cetnici nella Seconda guerra mondiale (2006) e Carmelo Borg Pisani. Eroe o traditore? (2007). Con Mursia ha pubblicato Il fascio, la svastica e la mezzaluna (2002) tradotto in Francia nel 2005, Una vita per la Palestina. Storia del Gran Mufti di Gerusalemme (2003) e Mussolini e la resistenza palestinese (2005). 

              
 

 

 
 
    
2007
 
 
 
 
 
 
 Pierluigi Tajana Il BOCIA VA ALLA GUERRA
14x21, pag. 222, 65 foto b/n, 2 tavole a colori. Euro 22,00. 2007
Queste sono le memorie di Pierluigi Tajana, artigliere da montagna in Grecia-Albania e poi comandante della 4a Compagnia Mortai del Battaglione Barbarigo della Decima Flottiglia MAS. Le vicende di Tajana, da lui narrate con grande brio, ci trasportano dalla Scuola Allievi Ufficiali di Complemento di Artiglieria Alpina di Bra, dove l’anticonformista Tajana muove i primi passi tra le anacronistiche regole del Regio Esercito, alla Grecia-Albania, descrivendo causticamente la madornale incompetenza di molti Ufficiali italiani, ed è testimone della tragica epopea dei nostri fanti e artiglieri. Rientrato in Italia, in seguito allo sfascio del Regio Esercito all’8 settembre 1943 si arruolerà nel Battaglione Barbarigo della Decima MAS, comandandone la Compagnia Mortai nel Goriziano nel 1944/1945, e nei disperati combattimenti contro gli Alleati sul fronte Sud nell’aprile 1945. Dopo la difficile ritirata oltre il Po, e la resa con l’onore delle armi del Barbarigo a Padova, sarà inviato al POW Camp 211 in Algeria, dove, tra le altre vicende che lo vedranno protagonista, riceverà notizia del cosiddetto “massacro di Sétif”, una serie di brutali rappresaglie eseguite dall’esercito francese contro la popolazione civile algerina nel maggio 1945, e avrà modo di conoscere il Maresciallo Graziani, dandone un vivido ritratto. In appendice, alcune testimonianze sulla battaglia del monte San Gabriele e la morte del tenente Piccoli, MAVM e vice comandante della Compagnia Mortai del Barbarigo, numerose fotografie inedite di proprietà dell’autore e due tavole a colori sulle uniformi e le armi della Compagnia Mortai. Brossura, F.to 14x21, pag. 222, 65 foto b/n, 2 tavole a colori. Euro 22,00
Carlo Giacomelli UNA VITA COME TANTE ALTRE
F.to 14x21, 162 pagine, 47 foto b/n, 4 tavole a colori. 20,00 Euro 2007
Carlo Giacomelli, nato nel 1911, iniziò il suo lungo servizio sotto le armi quale Allievo Ufficiale nell’Artiglieria da montagna, quindi nella 17° Batteria “Tira e Tasi” della Julia, per poi essere inviato in Somalia e in Etiopia, in appoggio alle Camicie Nere impegnate contro i ribelli. Dopo un breve intervallo di pace, Giacomelli combatterà in Francia e nella Campagna di Grecia-Albania, dove sarà testimone del coraggio di molti dei nostri soldati, nonostante le gravi carenze organizzative e di Leadership degli Alti Comandi del Regio Esercito, partecipando poi alla repressione della guerriglia in Albania. Dopo l’8 settembre 1943 sarà spinto nuovamente nella lotta, al fianco dei suoi colleghi nel Gruppo Bergamo della Divisione Alpina Monterosa dell’Esercito Nazionale Repubblicano. Il Bergamo sarà schierato contro gli Alleati in Garfagnana, e parteciperà alla riuscita offensiva di Natale, l’operazione Wintergewitter, contro la 92nd Infantry Division “Buffalo”. Giacomelli seguirà quindi le sorti della Monterosa durante il ripiegamento nell’aprile 1945 in seguito all’offensiva Alleata.
In appendice numerose fotografie inedite della Monterosa in Garfagnana, alcune foto odierne delle zone interessate dai combattimenti, una scheda storica, con fotografie, della “Buffalo”, testimonianze e resoconti sull’operazione Wintergewitter, e tavole a colori sulle uniformi della Monterosa.
Davide Del Giudice BERSAGLIERI SULLA LINEA GOTICA
Brossura, pag. 380 + 12 di foto b/n + 12 di foto a colori Stampato nel 2007 da Edizioni Ritter
Per la prima volta viene ricostruita in modo dettagliato la storia della Divisione "Italia" della Repubblica Sociale Italiana, Unità che avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello dello Stato Fascista Repubblicano, ma che invece ebbe un destino costellato di drammi, tragedie, viltà ed eroismo, caleidoscopio simbolico di quello che fù il periodo 1943-45. Sui monti della Garfagnana, sulle Alpi Apuane e nella Val di Taro si consumò il destino di questi soldati, Bersaglieri sulla Linea Gotica.
 
  
Caputo Vincenzo CARLO BAGNARESI L'eroe della San Marco
98 pp. - ill. b/n - brossura - ed. 2007 Grafica MA.RO Editrice Quest'opera dedicata alla memoria di Carlo Bagnaresi, Medaglia d'Oro alla memoria, eroe della San Marco, è frutto di una accurata ricerca sui documenti di famiglia, negli Archivi storici di Cà Foscari, e quelli di Stato di Ravenna, Forlì e Verona. Il volume è accompagnato da moltissime fotografie e da una appendice di documenti. 
Lembo Daniele LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN ITALIA Le operazioni di stay behind della Decima Mas nell'Italia occupata, in guerra e nel dopoguerra ... le verità, le mezze verità e le grandi bufale
160 pp. - brossura - ed. 2007 Grafica MA.RO Editrice Un libro che fa piena luce sulle operazioni speciali della Decima Mas nell'Italia occupata dagli angloamericani. L'autore racconta la verità sui presunti rapporti tra gli uomini della Decima e la banda del bandito salvatore Giuliano, sia durante la guerra che dopo di essa. Tra l'altro si smentiscono una serie di inesattezze e false verità come quella che vorrebbe la corazzata "Novorossijsk", affondata nel dopoguerra dagli uomini della Decima. Per concludere, viene affrontato lo scottante tema del "Golpe Borghese" sul quale Lembo, più che certezze, rivela una serie di dubbi. Costo 25 euro. MARO EDITRICE - Strada Vicinale della Pieve n.11 Copiano PV. Tel  0382 2968151/2. Per chi volesse contattare l’autore: EMAIL: danielelembo@email.it oppure al nr. 328/9156050 
INDICE DEL LIBRO 
PREMESSA - Due storie dell’infanzia : zio Settimio e zio Antonio
PARTE PRIMA - I nuotatori paracadutisti dall’entrata in guerra all’aprile 1945
CAPITOLO 1 - I battaglioni “N” e “P” della Regia Marina e i nuotatori paracadutisti della Decima Flottiglia Mas 
CAPITOLO 2 - Le azioni oltre le linee degli N.P. della Decima 
CAPITOLO 3 - Il Battaglione Vega 
CAPITOLO 4 - La resistenza nei territori invasi e le missioni informative al sud in appoggio ai patrioti 
PARTE SECONDA - Le operazioni di stay behind della Decima in vista della definitiva caduta del fronte e il dopoguerra
CAPITOLO 5 - Il fascismo voleva sopravvivere alla sconfitta militare
CAPITOLO 6 - Le operazioni di stay behind del Vega in vista della sconfitta
CAPITOLO 7 - I documenti del N.A.RA. e una distorta interpretazione dei fatti. 
CAPITOLO 8  -L’ultima operazione del Vega nelle province dell’Italia del Nord aveva scopi esclusivamente militari
CAPITOLO 9  - Quando gli americani tentarono di arruolare quelli della Decima e i fascisti 
CAPITOLO 10  -La Decima e Giuliano - Gli equivoci sui rapporti la Decima e la banda Giuliano, in guerra e nel dopoguerra 
CAPITOLO 11 Il mistero dell’affondamento della Novorossijsk
CAPITOLO 12  Il golpe borghese… fu un reale tentativo insurrezionale o una gigantesca bufala?
Dopo “LA RESISTENZA FASCISTA”, libro che tratta di un pezzo di storia completamente occultato, ovvero quello della resistenza opposta agli angloamericani invasori nel Sud Italia occupato, Daniele Lembo ha prodotto un nuovo e interessante lavoro.
Per i tipi della M.A.RO. Editrice è stato edito un volume da titolo “LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN ITALIA”
Il saggio, che ha come oggetto le operazioni di Stay Behind organizzate dalla Decima Flottiglia Mas, nel corso della guerra nell’Italia occupata, intende affrontare anche il tema di quelle operazioni di Stay Behind approntate dalla Decima in vista dell’intera occupazione della Penisola. Ne da atto il sottotitolo di questo lavoro che è “Le operazioni di stay behind Decima Mas nell’Italia occupata, in guerra e nel dopoguerra…le verità, le mezze verità e le grandi bufale”
La Decima Flottiglia Mas Repubblicana di Junio Valerio Borghese ebbe alle dipendenze un Battaglione di sabotatori incursori, denominato Battaglione Nuotatori Paracadutisti.
Il Battaglione N.P., che fu il primo reparto di Fanteria di Marina a nascere in seno alla Decima Repubblicana, generò, in seguito, il Battaglione Vega. Ufficialmente, il Vega era il “Deposito” del Btg. N.P., ovvero il reparto dal quale il Battaglione principale avrebbe dovuto trarre il personale (i complementi) da inviare al fronte. Quest’ultimo fu solo un compito di copertura e, in realtà, il Vega fu un reparto specializzato in azioni di guerra non ortodossa, sabotaggi, spionaggio ed “Operazioni Sorpasso” nei territori italiani invasi. In breve, il Vega lasciava uomini perfettamente addestrati ed equipaggiati nei territori dei quali si prevedeva l’occupazione. Una volta che quest i territori fossero caduti nelle mani degli Angloamericani, gli uomini/Vega avrebbero eseguito azioni di attacco alle spalle del nemico con rapide puntate del tipo “mordi e fuggi” ed attività informativa. 
(Negli anni a venire, con la scoperta di Gladio, le “Operazione Sorpasso” sarebbero divenute meglio famose con il nome inglese di “Stay Behind”).
In vista della caduta finale del fronte, il Vega articolò un ampio piano di Stay Behind in tutte le province del nord (Milano, Genova, Bologna, Modena, Torino, Venezia e Treviso), destinando in tutte queste città uomini armati ed equipaggiati, che si occultarono nel tessuto sociale aprendo bar, negozi di radiotecnici, ditte di trasporto ecc., nell’attesa che arrivassero gli Alleati per poi poterli attaccare alle spalle. Era questa l’ultima operazione militare della Decima. 
Negli anni seguenti, sull’operato del Battaglione sono nate alcune errate interpretazioni. C’è stato chi ha voluto vedere nel Vega l’inizio di Gladio e chi addirittura ha descritto la banda Giuliano come un’emanazione della Decima Mas, asserendo che il 1 giugno 1947, a Portella Della Ginestra, a sparare c’erano anche quelli della Decima. 
Addirittura, si è ventilata l’ipotesi, (a parere dell’autore completamente infondata ), che lo stesso bandito Giuliano fosse un uomo del Vega. 
Indubbiamente la Decima, tramite i suoi agenti speciali nei territori invasi, poteva avere interesse a contattare Giuliano e la sua banda. Le Forze Armate Repubblicane si sarebbero potute giovare dell’alleanza con Giuliano per creare una quinta colonna alle spalle degli angloamericani.
La ricerca di tale alleanza, qualora ci fosse stata, nel corso della guerra, poteva anche ritenersi lecita, nella misura in cui in guerra tutto è lecito e vale il principio secondo il quale “i nemici dei miei nemici sono miei amici” 
Di contro Giuliano, in cerca di una legittimazione politico ideologica, poteva avere interesse a contattare la Decima. Salvatore Giuliano che era un latitante, ha sempre tentato di affermare la leggenda che egli non fosse un delinquente comune ma un uomo spinto dalle ingiustizie patite a fare quello che aveva fatto. In una situazione come quella della Sicilia dell’epoca, il confine tra la figura del delinquente e quella del patriota poteva essere labile e il bandito ha sempre provato ad acquisire nell’immaginario collettivo una fisionomia idealistica che giustificasse le sue gesta. Il contatto con le Forze Armate fasciste avrebbe potuto fornirgli questo alibi morale, trasformandolo da delinquente in combattente per la libertà della Patria invasa. 
Le due realtà, quella militare della Decima Mas e quella banditistica di Giuliano potevano avere, quindi, interesse ad avere dei contatti conflitto durante, ma di qui ad affermare che quell’alleanza effettivamente ci fu, ce ne corre.
C’è un dato fatto che è tale da sciogliere ogni dubbio in merito e che viene di seguito riportato: 
che Giuliano abbia tentato di contattare le Forze Armate Repubblicane non è frutto di una semplice deduzione ma è un solido fatto. A prova di quanto affermato, basta riprendere quanto scritto dallo stesso Daniele Lembo nel suo precedente lavoro, dal titolo La resistenza Fascista, circa l’invio a Napoli, da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare la Rete Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico.
Tratto da LA RESISTENZA FASCISTA, opera  dello stesso autore: 
“Con la cattura del principe verrà meno ai suoi uomini la disponibilità delle sue finanze personali che, fino a 
quel momento, il Pignatelli ha messo a disposizione della causa, sebbene anche queste incomincino a venirgli meno. “La mancanza di fondi- scriverà il Pignatelli - ci fu presto contraria. Il sacrificio personale di mia moglie e mio non poteva sopperire che in minima parte al sempre crescente fabbisogno, specie per il blocco della nostra industria di legnami requisita dagli inglesi”[1]
Gli aiuti economici promessi dalla R.S.I. alla principessa Pignatelli non arriveranno mai, o meglio, saranno spediti ma non giungeranno mai a Napoli.”
“La possibilità di ottenere cospicui finanziamenti si presenterà per gli uomini dell’organizzazione fascista da una fonte quanto mai inaspettata. Una proposta di finanziamento arriverà addirittura dal bandito siciliano Giuliano che invia a Napoli suoi emissari per contattare la centrale della Rete Pignatelli.: “vi fu ancora tra me e Ioele - racconterà l’Arch. de Pascale nel suo memoriale – una situazione che influì sui nostri rapporti. Ioele chiedeva insistentemente che io incontrassi degli emissari del bandito siciliano Salvatore Giuliano che si trovavano a Napoli: mi volevano comunicare una certa disponibilità del loro capo ad appoggiare la nostra causa e, anche se occorreva, con aiuto in denaro. Gli dissi che non intendevo fare certo sgarbo a queste persone, ma non potevamo essere fiancheggiati da un movimento palesemente fuorilegge e separatista. A certi principi morali e ideali non potevamo venire meno.  Alcuni giorni dopo Rosario Ioele si presentò al mio studio accompagnato da due persone. …(…)… Egli mi presentò costoro, che mostravano modi cortesi e civili, Iole mi disse che i “signori volevano conoscermi personalmente” e volevano avere una risposta su quanto lui aveva precedentemente proposto. Non esitai a dire, col dovuto garbo, che li ringraziavo della loro offerta e solidarietà ma non potevo accettarla per ragioni inerenti ai principi della nostra organizzazione. Costoro, i verità, furono corretti più di quanto io potessi aspettarmi. Aggiunsero che la persona che loro rappresentavano, in caso di necessità o di nostro ripensamento, si sarebbe mostrato sempre disponibile ad aiutarci. Ioele non gradì la mia presa di posizione, come io non gradii la sua ingerenza nel mio campo d’azione. Sentivo d’aver fatto bene: la mia non era una presa di posizione contro salvatore Giulia no, ma era il rispetto a un principio morale e organizzativo: gli angloamericani per conquistare la Sicilia si erano serviti del fecciume della malavita e della camorra, cosa che noi detestammo e commentammo in modo decisamente negativo. Non potevamo usare noi la loro stessa arma, anche se Giuliano all’epoca era considerato solo un fuorilegge e, da un certo ambiente di propaganda giornalistica, era commentato sotto una luce in certo qual modo romantica”  “Il tentativo di avvicinamento al fascismo clandestino fatto da Salvatore Giuliano è chiaro. Egli sa che la rete Pignatelli ha ramificazioni anche in Sicilia e cerca nuove alleanze per il suo movimento che non è solo una semplice attività delinquenziale, come qualcuno ha voluto farla passare.” 
Quindi, Giuliano tentò di contattare il clandestinismo fascista al sud, ma se Giuliano aveva il contatto degli uomini della Decima in Sicilia, o meglio, se Giuliano era addirittura un uomo della Decima perché doveva mandare i suoi uomini a Napoli a contattare la Rete Pignatelli nella figura di Antonio De Pascale? 
Nel suo ultimo saggio, Daniele Lembo, oltre a trattare della Decima e del Vega, avvalendosi della non vasta la bibliografia esistente sull’argomento, di testimonianze e memoriali e di documenti provenienti dal National Archives di Washington, smonta una serie di errate interpretazioni nate sull’attività della Decima nei territori occupati e nel dopoguerra.
Tra gli errori circolanti, circa una presunta operatività della Decima nel dopoguerra, vi è sicuramente anche quella che vorrebbe la corazzata Novorossijsk (già Giulio Cesare ) come affondata dagli uomini della Decima. Anche questo mito viene completamente disarticolato da Daniele Lembo. 
Il libro si chiude con un capitolo sul Golpe Borghese, dal titolo: Il golpe borghese… fu un reale tentativo insurrezionale o una gigantesca bufala?
L’AUTORE
Daniele Lembo, nasce nel 1961 a Minori (SA), in Costiera Amalfitana, e dopo la maturità liceale frequenta il corso biennale della Scuola Ispettori della Guardia di Finanza. Laureato in Scienze dell’Amministrazione e dell’Organizzazione è pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio. 
Cultore di studi storici sulla partecipazione italiana al secondo conflitto mondiale è autore di varie cronache sull’argomento. Suoi articoli sono apparsi su Storia del XX Secolo, Storia del Novecento, Storia e Dossier, Storia Verità, Eserciti nella Storia, Storia e Battaglie, Aerei nella storia, Aeronautica, Cockpit.
Nel 1999 è stata edita una sua monografia dal titolo “Taranto…fate saltare quel ponte”, avente come tema i Nuotatori Paracadutisti della Regia Marina; nel 2000 è apparso un suo saggio dal titolo “I Fantasmi di Nettunia – I reparti della R.S.I. impegnati sul fronte di Anzio – Nettuno”; nel 2001 sono apparsi due altri suoi lavori, di cui uno avente come tema la storia Regia Aeronautica dal titolo “Il lungo Volo della Regia” ed un saggio dal titolo” I Servizi Segreti di Salò – Servizi Segreti e Servizi Speciali nella Repubblica Sociale Italiana”. Nell’anno 2002 è stato pubblicato “Il prigioniero di Wanda”, ovvero il suo primo romanzo d’ambientazione storica. Nel 2003 ha dato alle stampe il volume “ La Carne contro l’acciaio - Il Regio Esercito Italiano alla vigilia della seconda guerra mondiale“.
Infine, nel 2005, è stato pubblicato il suo saggio “La resistenza fascista - La “Rete Pignatelli e la resistenza fascista nell’Italia invasa dagli angloamericani”
Attualmente vive a Cisterna di Latina. danielelembo@email.it
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INTERVISTA ALL'AUTORE SU http://www.quicalabria.it/
CANZANO - La resistenza agli 'invasori' angloamericani nel Sud d'Italia occupato, è una storia di cui non si era ancora sentito parlare né si è mai letto nei libri di storia, tu nel tuo ultimo lavoro ne parli ampiamente.  LEMBO - Una decina di anni fa, leggendo la rivista "Nuovo Fronte" mi imbattei nella recensione di un libro di un allora per me sconosciuto, Francesco Fatica. Il titolo del Libro era "Mezzogiorno e fascismo clandestino 1943/1945". Dalla recensione si intuiva chiaramente che il volume narrava della attività di resistenza agli angloamericani nei territori del Sud Italia invaso. Credimi, la scoperta fu per me un trauma. Per anni mi avevano raccontato, in tutte le scuole di ogni ordine e grado, la favola bella degli Americani accolti come Liberatori, in ogni dove, da una folla acclamante e festante. Invece, adesso, questo sconosciuta Fatica narrava una realtà dei fatti completamente differente. Volli conoscere l'autore che da allora divenne per me solamente Ciccio (diminutivo di Francesco) e dopo qualche tempo presi parte a Napoli a convegno di Studi storici organizzato dall'ISSES avente come tema "Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni meridionali occupate dagli angloamericani". Il mio interesse verso l'argomento andava via via crescendo. Mi resi conto che c'era una parte della ricerca storica completamente inesplorata perché negata per anni. Intrapresi così a lavorare per conto mio, a fare ricerche d'archivio ed intervistando i superstiti di quei fatti. Per anni erano stati intervistati i partigiani, adesso io mi ritrovavo ad intervistare altri tipi di partigiani: quelli che si erano opposti agli angloamericani non sempre solo perché animati da sentimenti fascisti ma anche solo perché semplici patrioti. Il libro di Fatica aveva un limite: era stato prodotto da chi quei fati li aveva vissuti in prima persona. Era pertanto un lavoro, anche se eccezionale, comunque di parte. Occorreva che nascesse un'opera che avesse il requisito della asettica ricerca scientifica e che trattasse della resistenza nei territori occupati. Nel 2004 è stato edito dalla Casa Editrice Maro di Copiano (PV) il mio volume "LA RESISTENZA FASCISTA - Fascisti ed agenti speciali dietro le linee - la rete Pignatelli e la resistenza fascista nell'Italia invasa dagli angloamericani " Come detto, per la redazione del volume, oltre che consultare tutta la bibliografia esistente sull'argomento, mi sono avvalso delle testimonianze e di memoriali di alcuni di quelli che, considerando gli alleati invasori e non liberatori, continuarono a combatterli anche nell'Italia invasa, venendo per questo arrestati e processati. Il punto di forza del libro è costituito proprio da queste testimonianze che, assieme ad alcuni documenti inediti provenienti dal National Archives di Washington, costituiscono un vero e proprio elemento di novità sull'argomento. In particolare, il volume si articola in due parti. La prima di queste tratta delle attività resistenziali fasciste nelle varie regioni del Sud. La seconda parte del libro è dedicata proprio ai servizi segreti e agli agenti speciali della R.S.I., operanti nei territori invasi. In vista dell'invasione delle regioni meridionali, vi furono numerosi progetti militari tesi ad organizzare operazioni di stay behind. Tali progetti, prevedendo l'invasione della Penisola, venero approntati Regio Esercito, dalla Regia Marina e dal P.N.F. che costituì la "Guardia ai Labari." Dalla Guardia ai Labari ebbe origine la "Rete Pignatelli", una rete clandestina fascista operante al Sud, che o operò in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania e che vide come propulsori il Principe Valerio Pignatelli di Val Cerchiara e sua moglie La "rete" fu un'organizzazione articolata ed efficiente con continui contatti con il territorio della R.S.I. e Pignatelli ed i suoi svolsero attività informativa, fornendo notizie di carattere militare e generale al Nord, e propagandistica al sud, ma non è detto che non abbiano anche svolto attività di sabotaggio e in casi particolari siano passati a vere e proprie azioni militari. Dal Governo della R.S.I - Repubblica Sociale - a Pignatelli, vennero inviati fondi. Inoltre, furono inviati al sud agenti speciali con il compito di strutturare meglio la Rete e fare da consiglieri militari. La seconda parte del libro "La resistenza fascista" è dedicata proprio ai servizi segreti e agli agenti speciali della R.S.I., operanti nei territori invasi. Per i contatti con la rete Pignatelli furono inviati uomini della Decima Mas, ma non dobbiamo dimenticare che al sud agirono uomini di altri servizi segreti della R.S.I., come quelli del Gruppo David di Tommaso David (e la sua più nota agente, Carla Costa), o dei Servizi speciali delle Forze Armate Repubblicane. Numerosi furono gli agenti speciali che, catturati in missione, furono passati per le armi dagli Alleati. Molte di queste catture furono possibili grazie ad un elenco degli agenti speciali italiani, in possesso dei servizi segreti Alleati. Reputo che "La Resistenza Fascista" sia uno dei miei libri meglio riusciti e mi lusinga riportare quanto scritto, a proposito, dal Prof. Giuseppe Parlato, Rettore dell'Università Pio V, nel suo libro "Fascisti Senza Mussolini. Scrive Parlato: "Recentemente è uscito un volume che raccoglie le informazioni sul fascismo clandestino al sud , corredandole di nuovi dati, Daniele lembo, già noto per aver pubblicato un interessante studio sui servizi segreti della R.S.I., ha cercato, in buona misura riuscendovi, di costruire un panorama completo del fenomeno e la ricerca si segnala per correttezza documentaria e per gli elementi innovativi che offre". Pur lusingato dalle parole di Giuseppe Parlato debbo dire che, dall'avere un panorama completo del fenomeno siamo ben lontani. Anni di menzogne e reticenze si frappongono al raggiungimento della verità. Il mio volume si chiude con un inquietante dubbio: "E' probabile quindi che, nel dopoguerra, ci sia una continuità tra i servizi segreti americani ed alcuni personaggi o interi settori delle disciolte Forze Armate fasciste repubblicane e ciò nell'ambito "dell'attenzione americana all'espansione comunista". Se proprio vogliamo far galoppare la fantasia, si potrebbe anche pensare che la Rete Pignatelli, individuata e disciolta nel corso del conflitto, sarà poi riammagliata negli anni successivi. Ma questa è solo un'ipotesi per sostenere la quale non ho nulla in mano se non la mia fantasia che è solita correre veloce" 
CANZANO - Le operazioni di Stay Behind organizzate dalla Decima Flottiglia Mas, nel corso della guerra nell'Italia occupata, come sono state inserite nell'intera occupazione della Penisola?  LEMBO - La Decima Flottiglia nacque, in seno alla Regia Marina, per operare alle spalle del nemico. Lo scopo della Flottiglia, originariamente, era quello trasportare propri uomini addestratissimi fino ai porti nemici. Il compito di questi uomini, che erano nuotatori d'assalto o i piloti dei siluri a lenta corsa, (i siluri erano meglio conosciuti come "Maiali"), era quello di sabotare il naviglio nemico alla fonda. Dopo l'8 settembre, Borghese alla Spezia, farà una sorta di trattato di alleanza con i tedeschi. I germanici volevano appropriarsi del Know how, ovvero del corredo di conoscenze tecnico scientifico in possesso della Decima nel campo della lotta subacquea, mentre Borghese voleva continuare a combattere avendo mano libera. Il Principe armerà poche unità navali, qualche silurante, qualche piccolo sommergibile tascabile, continuerà ad addestrare sabotatori subacquei, ma soprattutto armerà una Divisione di fanteria di Marina: la Divisione Decima. 
CANZANO - Il Battaglione Nuotatori Paracadutisti, che era un Battaglione di sabotatori, è vero che fu alle dipendenze della Decima Flottiglia Mas Repubblicana di Junio Valerio Borghese.  LEMBO - Tra i reparti armati da Borghese vi fu il battaglione Nuotatori Paracadutisti meglio conosciuto come Battaglione N.P. . Originariamente il Battaglione doveva servire a compiti di sabotaggio, tant'è che a tutti gli appartenenti furono fatti seguire i corsi N.E.S.G.A.P. - Nuotatore Esploratore Sabotatore Guastatore Ardito Paracadutista. In realtà, poi, seguendo un'infausta usanza tutta italiana queste costosissime truppe (addestrare ai corsi NESGAP era molto oneroso) furono impiegate in ordinari compiti di fanteria. 
CANZANO - Il Battaglione Vega che fu generato dal Battaglione Nuotatori Paracadutisti, era il 'Deposito' del Btg. N.P. ovvero il reparto dal quale il Battaglione principale avrebbe dovuto trarre il personale (i complementi) da inviare al fronte? Se questa era solo un'attività di copertura, cosa era in realtà il Battaglione Vega? Con la scoperta di Gladio, le 'Operazioni Sorpasso' negli anni successivi divennero famose con il nome inglese 'Stay Behind'?  LEMBO - Il Battaglione N.P., in sostanza, ebbe una strutturazione organica dicotomica. In quanto, dal battaglione principale, che come detto voleva essere un battaglione di sabotatori incursori e poi fu impiegato come ordinaria fanteria, si articolò il Battaglione Vega. Il Vega aveva un compito di copertura che era quello di essere il Deposito del Battaglione principale, ovvero doveva di fornire i complementi, le sostituzioni di uomini al reparto di N.P. In realtà, gli uomini del Vega erano specialisti in azioni di guerra non ortodossa, sabotaggi, spionaggio ed "operazioni sorpasso" nei territori italiani invasi. Cosa era un'Operazione sorpasso? In breve, il Vega lasciava uomini perfettamente equipaggiati nei territori dei quali si prevedeva l'occupazione. Una volta che questi territori fossero caduti nelle mani degli Angloamericani, questi uomini avrebbero eseguito azioni di attacco alle spalle del nemico con rapide puntate del tipo "mordi e fuggi". Gli uomini del Vega potevano anche attraversare le linee per portarsi nei territori occupati e svolgere missioni informative, di sabotaggio e di appoggio e supporto a gruppi di patrioti ivi esistenti In vista della caduta finale il Vega articolò un ampio piano di stay behind in tutte le province del nord (Milano, Genova, Bologna, Modena, Torino, Venezia e Treviso) destinando in tutte queste città uomini armati ed equipaggiati, che si occultarono nel tessuto sociale aprendo bar, negozi di radiotecnici, ditte di trasporto ecc., nell'attesa che arrivassero gli Alleati per poi poterli attaccare alle spalle. Era in sostanza l'ultima operazione militare del Vega., operazione che, peraltro, non fu mai portata a compimento. L'argomento è trattato molto bene e in maniera molto nel mio ultimo libro edito da qualche giorno dalla Edizioni MARO, dal titolo "LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN ITALIA LE OPERAZIONI DI STAY BEHIND DELLA DECIMA MAS NELL'ITALIA OCCUPATA, IN GUERRA E NEL DOPOGUERRA.LE VERITÀ, LE MEZZE VERITÀ E LE GRANDI BUFALE" CANZANO - Sull'operato del Battaglione c'è stato chi ha voluto vedere nel Vega l'inizio di Gladio e chi addirittura ha descritto la banda Giuliano come un'emanazione della Decima Mas, asserendo che il 1 giugno 1947, a Portella della Ginestra, a sparare c'erano anche quelli della Decima? LEMBO - Negli anni seguenti al dopoguerra, sull'operato del Vega sono nati una serie di veri e propri miti. C'è stato chi ha voluto vedere nel Vega l'inizio dell'Organizzazione Gladio. Con la scoperta dell'Organizzazione Gladio, l'operazione sorpasso sarebbe divenuta meglio famosa come "stay behind". A tal proposito, è bene precisare che non è esistita solo una Gladio Italiana ma ogni paese europeo, in ambito Nato ha ordito una proprio Gladio, sebbene con nomi diversi. Nell'immediato dopoguerra, chi arruolò i Gladiatori, li arruolò, chiaramente, in ambienti anticomunisti. Vennero arruolati ex militari della R.S.I. ma anche partigiani bianchi e semplici patrioti. E' normale che chi creava una struttura di Stay Behind, che doveva entrare in azione in caso di invasione russa del territorio nazionale, non poteva certo fare gli arruolamenti traendoli dalle file dei filocomunisti. Probabilmente, tra i gladiatori vi fu arruolato anche qualche ex N.P proveniente dal Vega, ma da qui ad affermare che il Vega si trasformò in Gladio ci vuole un bel coraggio. Da qualche tempo, poi, è ritornata a galla la storia che vorrebbe gli uomini della Decima, oltre che in contatto con la banda Giuliano, addirittura anche presenti a Portella delle Ginestre a sparare sulla folla che festeggiava il 1° maggio . A chi sostiene tali tesi, non posso che rispondere che la storia la si fa con i fatti e con i documenti. Se qualcuno dispone di documentazione che dimostri con chiarezza tale tesi, sia garbato, la tiri fuori e la faccia consultare anche agli altri studiosi. In caso contrario, debbo ricordare che una cosa è la Storia e un'altra è la novellistica. 
CANZANO - Salvatore Giuliano, in cerca di legittimazione politica ed ideologica poteva avere interesse a contattare la Decima?  LEMBO - Salvatore Giuliano all'epoca era un latitante e, in una situazione come quella della Sicilia dell'epoca il confine tra la figura del delinquente e quella del patriota poteva essere labile e Giuliano ha sempre tentato di affermare la leggenda che egli fosse un uomo spinto dalle ingiustizie patite a fare quello che aveva fatto. Il bandito ha sempre provato ad acquisire agli occhi del popolo una fisionomia idealistica che giustificasse le sue gesta. Il contatto con le Forze armate fasciste avrebbe potuto fornirgli questo alibi morale, di contro le Forze Armate Repubblicane si sarebbero potute giovare di quell'alleanza per creare una quinta colonna alle spalle degli angloamericani. 
CANZANO - Nel tuo ultimo saggio, oltre a trattare della Decima e del Vega, avvalendoti della vasta bibliografia esistente sull'argomento, di testimonianze, memoriali e di documenti d'archivio, smonti una serie di errate interpretazioni nate sull'attività della Decima nei territori occupati e nel dopoguerra, quale è la tua tesi a proposito?  LEMBO - In realtà da qualche tempo, dagli archivi americani del NARA sono sortiti fuori i documenti relativi agli interrogatori degli agenti degli N.P. catturati in Sud Italia dai servizi segreti Angloamericani. Da tali documenti si evince che una squadra del Vega Operò in Sicilia e che gli uomini di questa squadra si interessarono, e forse segnalarono al loro comando, dell'esistenza della banda Giuliano in Sicilia. E' da chiarire, circa la veridicità di quegli interrogatori, che gli uomini del Vega, una volta catturati dietro le linee nemiche mentivano fino allo spasimo e, anche quando decidevano di ammettere qualche responsabilità, continuavano a mentire. Per loro, dire tutta la verità significava finire diritti alla fucilazione. Dai documenti relativi ai loro interrogatori, anche se i fatti narrati rispondessero al vero, si potrebbe evincere che gli agenti Vega in Sicilia dimostrarono un qualche interesse cognitivo, non dimentichiamoci che quegli uomini avevano anche compiti solo informativi, verso una banda armata che sicuramente poteva dare del filo da torcere agli angloamericani. Nulla però dimostra che ci furono reali contati tra gli uomini del Vega e quelli di Giuliano e, soprattutto, nulla dimostra che, qualora vi fossero stati tali contatti, questi portarono ad accordi tra la Decima e Giuliano Anche in questo caso di qui ad affermare che l'alleanza tra la Decima e Giuliano effettivamente ci fu, ce ne corre. Invece, c'è chi addirittura sostiene, senza prova alcuna certa prova documentale, che Salvatore Giuliano si sia addirittura trasferito al nord per arruolarsi nella Decima ed essere addestrato come agente speciale, dopodiché sarebbe ritornato in Sicilia dove avrebbe operato con la sua banda. La tesi è molta affascinante e buonissima per un film d'avventura, ma gli studi storici, come detto, si basano su fonti documentali, testimonianze e fatti concreti . 
CANZANO - Nel tuo precedente lavoro 'La resistenza Fascista', ci parli dell'invio a Napoli da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare la Rete Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico, come avvennero i contatti?  LEMBO - Circa i presunti rapporti tra Giuliano e la Decima c'è un "solido " fatto che è tale da eliminare ogni dubbio. Che il bandito Giuliano abbia tentato di contattare La resistenza fascista al Sud, e quindi le Forze Armate della R.S.I., non è frutto di una semplice deduzione ma è un solido fatto. Nel mio libro "La resistenza fascista" ho riportato un brano tratto dal memoriale De Pascale, fornitomi dallo stesso De Pascale che fu uno degli elementi di punta della Rete Pignatelli, relativo all'invio a Napoli, da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare la rete Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico. Leggo testualmente dal mio libro: "La mancanza di fondi- scriverà il Pignatelli - ci fu presto contraria. Il sacrificio personale di mia moglie e mio non poteva sopperire che in minima parte al sempre crescente fabbisogno, specie per il blocco della nostra industria di legnami requisita dagli inglesi"(Cfr. Valerio Pignatelli, Il Caso Pace, cit., p. 33.) Gli aiuti economici promessi dalla R.S.I. alla principessa Pignatelli non arriveranno mai, o meglio, saranno spediti ma non giungeranno mai a Napoli. In quel periodo il servizio segreto angloamericano intercetterà due uomini ed una donna provenienti dal Nord, mentre stanno attraversando le linee. I tre sono i corrieri dei fondi promessi e recano con loro la somma di cinque milioni di lire. Saranno tutti e tre fucilati. "Ricevemmo segnalazione - scriverà Pignatelli - che ci erano stati spediti cinque milioni tramite una donna e due giovani. Dopo qualche tempo ci giunse notizia di una donna e due ragazzi catturati dagli inglesi, trovati in possesso di grosse somme e di radio trasmittente. Gli inglesi li avevano fucilati in Santa Maria Capua Vetere. Non erano riusciti a sapere a chi la somma e la radio erano destinati. Una segnalazione radio ricevuta da me verso la fine di gennaio 1944 mi dava indicazioni. Gloria alle tre vittime!"( Cfr. Valerio Pignatelli, Il Caso Pace, cit. p. 33.) In merito, è da riportare anche la testimonianza di De Pascale che, quando sarà arrestato di nuovo, si sentirà dire dal maggiore Pecorella che lo interroga: "Aspettavate denaro dai vostri padroni del nord? Chiedetelo agli inglesi". La possibilità di ottenere cospicui finanziamenti si presenterà per gli uomini dell'organizzazione fascista da una fonte quanto mai inaspettata. Una proposta in tal senso arriverà addirittura dal bandito siciliano Giuliano che invia a Napoli suoi emissari per contattare la centrale della "Rete Pignatelli". "Vi fu ancora tra me e Ioele - racconterà l'architetto De Pascale nel suo memoriale - una situazione che influì sui nostri rapporti. Ioele chiedeva insistentemente che io incontrassi degli emissari del bandito siciliano Salvatore Giuliano che si trovavano a Napoli: mi volevano comunicare una certa disponibilità del loro capo ad appoggiare la nostra causa e, anche se occorreva, con aiuto in denaro. Gli dissi che non intendevo fare certo sgarbo a queste persone, ma non potevamo essere fiancheggiati da un movimento palesemente fuorilegge e separatista. A certi principi morali e ideali non potevamo venire meno. Alcuni giorni dopo Rosario Ioele si presentò al mio studio accompagnato da due persone. (.) Egli mi presentò costoro, che mostravano modi cortesi e civili, Ioele mi disse che i "signori volevano conoscermi personalmente" e volevano avere una risposta su quanto lui aveva precedentemente proposto. Non esitai a dire, col dovuto garbo, che li ringraziavo della loro offerta e solidarietà ma non potevo accettarla per ragioni inerenti ai principi della nostra organizzazione. Costoro, in verità, furono corretti più di quanto io potessi aspettarmi. Aggiunsero che la persona che loro rappresentavano, in caso di necessità o di nostro ripensamento, si sarebbe mostrato sempre disponibile ad aiutarci. Ioele non gradì la mia presa di posizione, come io non gradii la sua ingerenza nel mio campo d'azione. Sentivo d'aver fatto bene: la mia non era una presa di posizione contro Salvatore Giuliano, ma era il rispetto a un principio morale e organizzativo: gli angloamericani per conquistare la Sicilia si erano serviti del feccime della malavita e della camorra, cosa che noi detestammo e commentammo in modo decisamente negativo. Non potevamo usare noi la loro stessa arma, anche se Giuliano all'epoca era considerato solo un fuorilegge e, da un certo ambiente di propaganda giornalistica, era commentato sotto una luce in certo qual modo romantica". Il tentativo di avvicinamento al fascismo clandestino fatto da Salvatore Giuliano è chiaro. Egli sa che la "Rete Pignatelli" ha ramificazioni anche in Sicilia e cerca nuove alleanze per il suo movimento che non è solo una semplice attività delinquenziale. Bisogna chiedersi se tale esperimento di contatto con i fascisti, il capo banda siciliano lo faccia per proprio conto oppure per conto del movimento separatista. I due movimenti, quello separatista e quello fascista, sono tra loro ideologicamente incompatibili ed è quindi lecito pensare che Giuliano agisca autonomamente nella ricerca di alleanze o, ancora meglio, di una giustificazione ideologica al suo operato. Si tratta di un evento, questo, particolarmente interessante in quanto apre uno spiraglio di luce sui tanti misteri che circondano la figura di Salvatore Giuliano. Viene da chiedersi se il noto "bandito" prima di schierarsi con separatisti non abbia addirittura pensato di farlo con i fascisti. Se ciò fosse, il rifiuto di De Pascale rappresenterebbeun erro decisivo. Giuliano è un combattente ed ha con lui uomini decisi alla lotta, ma più di ogni altra cosa, il cosiddetto "bandito" è un uomo che ha carisma e fascino da vendere, elementi questi che in una lotta ideologica contano forse quanto e più di cannoni e mitragliatrici. " Quindi, Giuliano tentò di contattare il clandestinismo fascista al sud, ma se Giuliano aveva il contatto degli uomini della Decima in Sicilia, o meglio se Giuliano era addirittura un uomo della Decima perché doveva mandare i suoi uomini a Napoli a contattare Antonio de Pascale e la rete Pignatelli? Come vedete, i conti non tornano. Infine, circa la tesi che vorrebbe gli uomini della Decima presenti a Portella delle Ginestre a sparare sulla folla adunata per festeggiare il 1° maggio, proprio qualche giorno fa è arrivata una clamorosa smentita. Ha scritto Antonio Carioti in un suo articolo dal titolo "Portella la X° Mas non c'era" apparso sul Corriere della Sera del 7 Maggio 2007: "Questa versione dei fatti (la tesi che vorrebbe uomini del vega presente a Portela delle Ginestre n.d.a. ) incontra ora una smentita proveniente da un'istituzione non certo sospettabile di indulgenza verso il neofascismo. Si tratta della Fondazione Di Vittorio, che per il sessantesimo anniversario dell'eccidio, compiuto in Sicilia contro contadini inermi e le loro famiglie il 1° maggio 1947, non solo ha riproposto gli interventi sulla vicenda del dirigente comunista Girolamo Li Causi nel volume "Portella della Ginestra. La ricerca della verità" , ma ha raccolto le testimonianze filmate dei superstiti, curate dal regista Odino Artioli. Tra queste si trovano iracconti di due cugini, Vincenti di Noto e Francesco Di Giuseppe, i quali al momento della strage si trovavano sul cozzo del Dxuhait, da dove avrebbero sparato, secondo Casarrubea, (è uno degli studiosi sostiene la tesi che vorrebbe la Decima in contato con Giuliano n.d.a.) sicari neofascisti. Entrambi dichiarano che sul posto c'erano soltanto loro e che di là nessuno aprì il fuoco sulla folla inerme. Ciò ovviamente non smentisce la matrice politica della strage, senza dubbio voluta da ambienti reazionari e mafiosi legati al blocco agrario, ma solleva ulteriori dubbi sulla possibilità di ricondurla a un piano eversivo nazionale di matrice neofascista. 
CANZANO - Nel tuo libro a proposito del Golpe Borghese dici: Il golpe Borghese fu un reale tentativo insurrezionale o una gigantesca bufala?  LEMBOPerché? E' l'ultimo capitolo del mio libro sulla "Guerra nel dopoguerra in Italia". La storia del Golpe Borghese non mi ha mai convinto. Non penso sia stato un vero tentativo insurrezionale, o meglio se lo è stato lo fu per chi ci credette, ma i veri organizzatori volevano ben altro che fare il Golpe. Anche di questo, come detto, tratto nel mio ultimo lavoro, ma se racconto tutto qui finisce che il libro non se lo compra nessuno e allora, se permetti.adesso sono stanco.
Chitarrini Luciano VIAGGIO DI NOZZE E DI GUERRA DA SAVONA A PIAZZALE LORETO LE MEMORIE DI UN GIOVANE UFFICIALE DELLA GNR
Editore: LO SCARABEO EDITRICE Pubblicazione: 01/2007 Numero di pagine: 112 Prezzo: € 11,60 
Durante la guerra civile, esplosa dopo l'armistizio   dell'8 settembre 1943, decine di migliaia di   giovani volontari della RSI e partigiani di varia   estrazione politica sono stati protagonisti di tanti   dolorosi, e per molti versi anche eroici, eventi.   Migliaia furono i morti sia tra i combattenti sia,   purtroppo, tra i civili. Degli avvenimenti di quel   tragico periodo molto si è scritto ma molto   ancora è da scrivere. È il racconto di un ufficiale   della RSI, delle sue esperienze di militare e del   suo matrimonio celebrato affrettatamente proprio   nell'ultimo giorno di guerra in modo da poter   portare con sé la moglie con la colonna militare   che abbandonava Savona. Dopo l'armistizio e la   nascita della RSI si era arruolato come Allievo   Ufficiale nella GNR presso la Scuola Allievi     Ufficiali di Fontanellato (Pr). Fu assegnato al   Comando provinciale di Savona e qui rimase fino   al 24 aprile del 1945, giorno in cui si sposò. Il   giorno dopo, con la fine della guerra e con l'inizio   della resa dei conti, cominciò con la moglie il suo   avventuroso "viaggio di nozze" conclusosi a   Piazzale Loreto, superando grandi difficoltà e   pericoli ed evitando perfino tentativi di   fucilazione.
 
  
Andrea Jelar SANNITI NEL VENTENNIO TRA FASCISMO E ANTIFASCISMO
Andrea Jelardi, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo, Realtà Sannita, Benevento 2007, pag. 207 + 32 tavole di immagini fuori testo, Euro12,00 oppure www.lindau.it
IL FASCISMO NEL SANNIO: LA STORIA RACCONTATA DAI PROTAGONISTI. Si intitola Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo l'ultimo libro di Andrea Jelardi ove attraverso circa 100 biografie si ripercorrono i vent'anni più controversi della storia nazionale.
Con il suo ultimo libro, Sanniti nel ventennio tra fascismo e antifascismo appena pubblicato dalle Edizioni Realtà Sannita di Benevento, Andrea Jelardi giornalista, scrittore, assistente universitario  e già autore di numerosi saggi, offre al lettore un innovativo strumento di analisi del ventennio fascista, ovvero uno dei più discussi e controversi periodi della storia contemporanea. Attraverso l'esame di numerosi documenti inediti e con l'ausilio di un vastissimo repertorio fotografico, il libro ricostruisce vent'anni di storia in un modo finora poco usato, ossia attraverso le biografie di circa 100 personaggi originari del Sannio che furono attivi nei più svariati campi e non soltanto a livello locale, ma anche in Italia e nel mondo.  Tra le numerose e dettagliate biografie spiccano quelle degli esponenti politici sanniti (tra cui Clino Ricci, Gaetano Alberti, Arturo Jelardi, Matteo Renato Donisi, Alfredo Zazo, Ernesto Fierro ed Errico Marinaro), affiancate da quelle di coloro che ebbero incarichi di rilevanza nazionale tra cui il capo della Polizia Arturo Bocchini, il filologo e rettore dell'università di Bologna Goffredo Coppola che venne fucilato a Dongo con Mussolini, il sindaco di Napoli Raffaele Angiulli, il papirologo Girolamo Vitelli, il deputato Giovanni Persico e gli insigni clinici Giovanni Pascale e Leonardo Bianchi che ricoprirono ruoli politici di primaria importanza nel governo nazionale. Tra gli antifascisti spiccano invece le figure del letterato Francesco Flora e del giornalista e musicologo Alfredo Parente, entrambi vicini a Benedetto Croce, dei ministri Raffaele De Caro e Giovanbattista Bosco Lucarelli, di Franco Pepicelli caduto alle Fosse Ardeatine, nonché quelle di valorosi militari, partigiani e vittime civili di guerra. Non mancano inoltre note biografiche approfondite sugli arcivescovi di Benevento Ascalesi, Mancinelli, Piazza ed altri, nonché alcuni paragrafi dedicati ai prefetti, ai federali, ai presidi della Provincia, a Carlo Rastrelli che fu capo della milizia sannita, ai sanniti famosi d'oltreoceano come Manila John Basilone e Generoso Pope, nonché agli artisti che furono vicini al fascismo come la cantante Ebe De Paulis, il fotografo Luigi Intorcia, il pittore Nicola Ciletti, lo scultore Publio Morbiducci e gli architetti ed ingegneri De Rienzo, Miccolupi e Mancini. Il volume si conclude con alcuni cenni biografici su Pietro Koch, individuo malvagio e senza scrupoli il quale, nato a Benevento, si trasferì poi nel nord Italia ove divenne tristemente noto come il capo della temuta Banda Koch che seminò il terrore tra gli antifascisti e legò il proprio nome agli eccidi di Villa Triste. Tra le pagine del libro di Andrea Jelardi si mette ben in evidenza come la politica, in una realtà circoscritta come quella del Sannio, fosse finalizzata quasi sempre al bene comune e per lo più animata da rapporti di reciproca stima e amicizia anche tra gli avversari. La storia locale e quella nazionale, inoltre, si alternano al ricordo di usi e costumi, come le case d'appuntamento, o a citazioni di singolari provvedimenti presi dal regime fascista che, tra l'altro, in un eccesso di rigore suggerì al capo della polizia Bocchini di adottare le divise anche per i poliziotti in borghese ed impose al federale Alessandro Perone Pacifico l'omissione del suo secondo cognome poiché esso, in tempo di guerra, era ritenuto in stridente contrasto con la vocazione bellica e militare del governo.
Bertoli Barsotti Roberto ONORI ALLA BANDIERA! DA UN BATTAGLIONE GIOVANILE AL XXIX BATTAGLIONE "M"
Editore: LO SCARABEO EDITRICE Pubblicazione: 06/2007  Numero di pagine: 240 Prezzo: € 19,50   
Non una semplice storia di reduce, ma un   travaglio profondo e sentito pieno di incertezze e   preoccupazioni per una scelta che altri giudicano   discutibile e sbagliata. Con una descrizione viva e   reale dell'Italia di allora e della guerra che la   martorizza, attraverso i tanti episodi vissuti fa un   quadro profondo della situazione degli italiani ed   in particolare del sentire dei giovani, sia fra i   fascisti che fra gli antifascisti. Come Allievo   Sottufficiale fu coinvolto in vari azioni di guerriglia   in Toscana ed Emilia; in seguito con il suo XXIX   Battaglione "M" della Divisione Etna operò a   nord di Torino, nel Canavese, dove si trovò a   fronteggiare la banda di Piero Piero. Il XXIX   Battaglione "M", insieme al gruppo corazzato   "Leonessa" e con le forze uscite da Torino, riuscì   a raggiungere la zona franca nei pressi di Ivrea e   si arrese agli angloamericani il 5 maggio 1945. 
Bertolotti Claudio STORIA DEL BATTAGLIONE BASSANO, DIVISIONE ALPINA MONTEROSA RSI 1943-1945
Editore: LO SCARABEO EDITRICE  Pubblicazione: 01/2007  Numero di pagine: 266  Prezzo: € 21,50
La storia del battaglione alpini "Bassano": dalla   provincia di Vicenza all'addestramento in   Germania, allo schieramento in Liguria, al fronte   alpino occidentale e nelle valli Varaita e Maira.   Dalla guerra combattuta contro un nemico in   divisa alla più feroce delle situazioni: la guerra   civile. Come una luce che si avvicina nella nebbia,   la verità su alcuni avvenimenti si è fatta via via più   definita con il proseguire della ricerca, non più   offuscata dalla retorica di uno storicismo univoco   e fazioso. L'autore ha così messo in discussione   vicende ed episodi fino ad oggi ritenuti   inattaccabili. In questo libro non si parla di   avvenimenti che condizionarono le sorti della   guerra, ma di singoli individui che fecero una   scelta o che furono travolti dagli eventi. Giovani e   meno giovani che si trovarono a condividere un   momento decisivo della loro esistenza. Una   ricerca, approfondita e dettagliata fino a   descrivere le azioni e il comportamento di pochi   uomini, che vuole richiamare l'attenzione su tutti   quei reparti militari che combatterono per un   senso del dovere che oggi risulta difficile capire,   ma che allora rappresentava il bagaglio culturale   di una intera generazione. 
 
 
 
  
Giampaolo Pansa I GENDARMI DELLA MEMORIA
Sperling & Kupfer. 2007
PANSA La casta rossa dei bastonatori 
di Redazione - IL GIORNALE venerdì 28 settembre 2007, 07:00 
     Capitolo numero uno: Pansa, la protesta. Con il suo nuovo e ultimo libro l'autore della trilogia (oggi diventata ormai quadrilogia) sulla guerra civile italiana e le sue verità negate, fa innanzitutto sentire una protesta civile. I gendarmi della memoria. Chi imprigiona la verità sulla guerra civile, in libreria da martedì (Sperling & Kupfer, pagg. 504, euro 19) è innanzitutto il resoconto delle aggressioni fisiche e morali subite dall'autore dopo l'uscita dei suoi libri precedenti, soprattutto il penultimo, La grande bugia, che irritò particolarmente i difensori a oltranza della Verità Unica sulla Resistenza e li spinse a usare "metodi convincenti". "Dopo l'uscita della Grande bugia - scrive Pansa nella prefazione a I gendarmi - li ho sperimentati tutti, tranne il pestaggio fisico. L'incursione manesca per impedire il dibattito su un libro da proibire. La rappresaglia contro le librerie che ospitavano i miei incontri. L'incitamento a farmi del male, diffuso via Internet: "Pansa gambizzato", "Pansa al muro", "Pansa a piazzale Loreto"".
     Sono frasi che chi ha vissuto i gloriosi anni Settanta-Ottanta non può fare a meno di ricordare con malessere, quando lo slogan "Uccidere un fascista non è reato" giustificava le chiavi inglesi che calavano su teste inermi (poi arrivarono le armi da fuoco). Lo stesso Pansa nel maggio 1980 fu incluso dalla banda di Marco Barbone fra i giornalisti da "punire" per il suo libro Cronache italiane di violenza e terrorismo (Laterza, 1980, recentemente ripubblicato negli Oscar Mondadori con il titolo L'utopia armata). 
     Oggi, un anno dopo La grande bugia, Pansa si toglie molti sassolini dalle scarpe rievocando con maligna (e forse anche un po' divertita) puntigliosità non solo le violenze dei grumi di estremisti bèceri quanto ignoranti, ma anche le omertà, gli ostracismi, le viltà, i pudichi silenzi, gli imbarazzi, i contorsionismi della Grande Sinistra nei suoi confronti, dai politici di primo piano e di sottobosco ai Soloni universitari. "Dopo l'ormai nota incursione di Reggio Emilia il 16 ottobre dell'anno scorso - ricorda lo scrittore - solo il presidente Giorgio Napolitano espresse pubblicamente il suo sdegno e la sua solidarietà. Il resto della sinistra, silenzio. No, che dico: ci furono le telefonate di Prodi, di Fassino, di Veltroni. Cortesissime e naturalmente privatissime, neanche uno straccio di rigo sull'Ansa. Veltroni mi invitò a parlare al comune di Roma. Mi misi a ridere: "Vuoi che ti sfascino il Campidoglio?"".
     Viene da domandarsi quali reazioni susciterà la presentazione dell'ultimo libro. "Le presentazioni - risponde Pansa - non ci saranno. Già l'anno scorso dopo Reggio Emilia, dopo che a Bassano fu sabotata un'innocente libreria che mi aveva ospitato, dopo che ogni incontro veniva ormai presidiato da polizia e carabinieri, decisi di disdire tutti gli appuntamenti futuri. Non posso tollerare che in un'Italia che deve vedersela con mafia, camorra, 'ndrangheta, Sacra corona unita e criminalità di ogni tipo, le forze dell'ordine siano costrette a presidiare un luogo dove si parla di un libro".
     Sembrerebbe una resa. No, dice Pansa, è la mia protesta. "Protesto contro la situazione odierna che ricorda pericolosamente i regimi totalitari, di ogni colore, le cui prime vittime sono i libri e chi li scrive. Protesto contro questa democrazia azzoppata e falsa che ha paura delle idee scomode e totalitariamente non sa far altro che aggredire chi le sostiene". Ammesso che il silenzio sia la scelta migliore. "E quale silenzio? Io continuo a scrivere tutte le settimane il mio "Bestiario" sull'Espresso, scrivo un libro l'anno. Scrivo non solo per i familiari, i fratelli, i figli delle vittime dei partigiani comunisti, ma anche per le migliaia di persone di ogni colore e opinione ansiose di conoscere - dopo oltre sessant'anni! - la verità sulla guerra civile".
Capitolo numero due: Pansa, la casta. Lui la chiama la "casta rossa", formata dai politici, dai giornalisti, dai memorialisti, dagli uomini della televisione di Stato, dal gerontocomio dell'ANPI, dai vari "movimenti" come quel gruppo romano chiamato Antifascism Militant (sic!) che a Reggio Emilia strillava "Viva Schio!". E Schio, per i deboli di memoria, è il luogo dove il 6 luglio 1945 cinquantatré persone, tra cui molti non fascisti, vennero trucidate a guerra ormai finita. La casta rossa è la Grande Sinistra Unita che da qualche anno a questa parte bastona il suo ex pupillo. Lui sghignazza: "Unita? Le dieci sinistre italiane (le vada a contare, da Rifondazione ai Ds), dalle sedicenti riformiste alle regressiste, mi hanno pesantemente randellato per i miei libri, passando dall'intimidazione esplicita alla demolizione ipocrita. La mia grande soddisfazione è vedere che oggi le sinistre si randellano fra di loro e mentre il loro fatturato elettorale è in picchiata, il discredito tocca vertici mai raggiunti prima". Lo scrive anche nel libro: "La rissa interna all'alleanza di centrosinistra è diventata un'imitazione ridicola della guerra civile".
     Non glielo perdoneranno. Come non gli perdoneranno la messa alla berlina di tutta la casta rossa, a cominciare dall'Uomo di Cuneo, il tetragono Giorgio Bocca cui si deve l'illuminata proposta di mandare in galera chi critica la Resistenza, dal Parolaio (al secolo Fausto Bertinotti), dal Cosacco (il giornalista dell'Unità Bruno Gravagnuolo), dal Professor Basta (Angelo d'Orsi). Non ne citiamo altri per non togliere al lettore il gusto e il divertimento di andarli a scovare nelle pagine del libro dove si rivela tutto il Pansa "ragazzo da bar", quello, come lui confessa, "che ha avuto due scuole: l'università di Torino e il Caffè Principe di Casale Monferrato". Il "Pansaccio", insomma.
     Capitolo tre. Pansa, la scelta. C'è una domanda che gli viene spesso rivolta e che non è possibile non rivolgergli anche al momento dell'uscita del suo ennesimo, polemico scritto. Già gliel'aveva posta un lettore: dopo quello che scrive e ha scritto, come può dirsi ancora di sinistra? E come può restare fedele alla Resistenza?
     Risposte non facili. Giampaolo Pansa rivendica la sua appartenenza a una sinistra che - sostiene lui - oggi non è più quella in cui aveva creduto. La sinistra cui apparteneva la sua famiglia, la sinistra degli anni Cinquanta, Sessanta che lui sostiene essere più colta, più vivace, più "perbene". Anche se era in quegli anni che si veniva formando la vulgata resistenziale, egemonizzata dal Partito comunista. Pansa oggi dice: "Io sono per i partigiani che hanno fatto cose pulite. E ce ne sono stati tanti". Pansa oggi va anche alla ricerca dei partigiani vittime dei compagni di lotta comunisti. Le tante "piccole Porzûs" d'Italia, vedi il capitolo dedicato a Eugenio Corbezzola, il giovane partigiano cattolico di Reggio Emilia morto il 9 agosto 1947 per le ferite inflittegli da chi non voleva che indagasse su omicidi sospetti. E non solo lui.
     Mentre sbeffeggia i suoi interessati detrattori, Pansa inframmezza alla polemica le storie che ancora, a quattro anni dall'uscita del primo libro, Il sangue dei vinti, emergono dal grande silenzio in cui si chiusero i familiari delle vittime: "Continuano ad arrivarmi lettere, memorie devastanti". Sono nomi, volti, altri eccidi. Più di un capitolo è dedicato alla grande mattanza femminile di cui si macchiò la Resistenza: nel solo Piemonte, che fu uno dei luoghi più tragici ma non l'unico, furono uccise 776 donne, fra giovani ausiliarie, presunte "spie fasciste" e mogli, sorelle, figlie, fidanzate di fascisti o supposti tali. Una "quota rosa" che non è mai approdata all'attenzione del Parlamento
     E allora? Dove si colloca oggi Pansa? Risposta amara: "Vivo in un Paese che muore di faziosità, stupidità e ignoranza. Non so più dove abito. Probabilmente non andrò più a votare. Mi sento come un vecchio cane da caccia che per antica abitudine continua ad annusare il terreno, cercando una traccia. Una traccia che lo porti a casa. Dove sia questa casa non lo so. Non certo nei partiti. Forse nelle persone, le persone che capiscono".
     Che sono, a giudicare dal successo dei libri di Pansa, molte più di quanto si creda e che sanno, come conclude l'autore, "che non di Resistenza si deve oggi parlare, ma di quella grande, orrenda, comune tragedia che fu la guerra civile". Una tragedia che Pansa indaga con una sorta di cristiano laicismo, cristiano nella pietas verso i vinti, laico nel perenne dubbio sulle verità rivelate. Alla ricerca di quel punto in cui la ricerca storica può anche diventare un alto imperativo morale.
IL GIORNALE 28 Settembre 2007
Daniele Lembo Xa MAS
Delta Editrice di Parma -  B. Go. Regale , 21  43100 (tel  0521 287883  fax 0521 237546 email:   deltaed@iol.it ). 2007.
Con oltre 100 fotografie e disegni tratta di tutte le imprese e di tutti i mezzi, con il vantaggio di un costo molto contenuto, pari a 6,8 euro.
In particolare, sono trattati i seguenti argomenti:
la nascita della Decima nel 1935;
l’entrata in guerra quattro anni dopo e tutte le azioni degli S.L.C. – Siluri a Lenta Corsa – meglio conosciuti come “Maiali”, le azioni degli uomini Gamma, dei piloti di barchini esplosivi e  motoscafi siluranti;
la Decima in Mar Nero;
la Decima all’8 settembre e la nascita Decima Repubblicana;
le fanterie di Marina della Decima della R.S.I. sul fronte di nettuno, sul fronte del Senio e sul confine Nord Orientale;
i motoscafi siluranti della Decima Repubblicana e le ultime azioni dei gamma e degli operatori dei siluri pilotati;
MARIASSALTO, ovvero la Decima al sud con la Regia Marina;
come la specialità sopravvisse nel dopoguerra e come la Decima fornì istruttori alla nascente Marina israeliana;
la produzione di minisommergibili e siluri pilotati nel dopoguerra.
Si tratta di un’opera che, sebbene di modeste dimensioni, è degna di ben figurare nelle biblioteche degli appassionati e di dare un quadro esaustivo a coloro i quali , per la prima volta e per semplice curiosità dovessero avvicinarsi alla materia.   
Stefano Fabei CARMELO BORG PISANI (1915-1942)  Eroe o traditore? Presentazione di Guido de Marco Introduzione di Franco Cardini
 pp. 160,  80 ill.  cod. ISBN 978-88-8478-103-1   16,00 2007
Alle 7 e 34 del 28 novembre 1942, sulla forca del carcere maltese di Corradino, moriva Carmelo Borg Pisani, un giovane artista che sognava la liberazione della sua isola dal dominio britannico. Spinto da generoso entusiasmo lasciò pennello e tavolozza per imbracciare il fucile. Arruolatosi come soldato semplice nell’esercito di quell’Italia da lui ritenuta la vera patria, fu protagonista di una sfortunata missione segreta conclusasi con l’arresto e un processo per alto tradimento. Entrò così nella schiera delle Medaglie d’Oro al Valor Militare. Figura controversa, protagonista di una vicenda tragica, fu considerato in Italia un eroe irredentista e a Malta, anche se non da tutti, un traditore. È il caso più noto di missione in territorio nemico, la storia di un uomo che, riconoscendosi in un ideale, fu facile vittima dell’incompetenza, della superficialità e della cattiva coscienza di chi, più o meno consapevolmente, lo mandò incontro alla morte. Affrontò con coraggio il sacrificio supremo come Cesare Battisti, Fabio Filzi, Damiano Chiesa e Nazario Sauro. 
Stefano Fabei è nato a Passignano sul Trasimeno nel 1960. Laureato in Lettere moderne, insegna all’Itas «Giordano Bruno» di Perugia. Saggista e ricercatore storico, ha pubblicato numerosi libri fra cui Il fascio, la svastica e la mezzaluna (Mursia, 2002), Una vita per la Palestina (Mursia, 2003), Mussolini e la resistenza palestinese (Mursia, 2005), I cetnici nella seconda guerra mondiale (Libreria Editrice Goriziana, 2006), Guerra e proletariato (Società Ed. Barbarossa, 1996), Il Reich e l’Afghanistan (Edizioni all’insegna del Veltro, 2002). 
 
 
 
 
una immagine da inserire   
Daniele Lembo FASCISTI DOPO LA LIBERAZIONE - STORIA DEL FASCISMO  E DEI FASCISTI NEL DOPOGUERRA IN ITALIA, DALLA REPUBBLICA SOCIALE AL MOVIMENTO SOCIALE  ITALIANO - 1945 -1956 
MA.RO. EDITRICE – Copiano (PV) , Euro 25 Per ordinazioni tel. 338 8735571. 2007
Il nuovo di libro di Lembo, tratta di un tema che sta diventando di moda in questi ultimi anni. Ne è di esempio l’enorme successo ottenuto da libri come quello di Giuseppe Parlato – Fascisti Senza Musolini – (ed. Il Mulino), uscito appena nell’anno 2006, ed altri   lavori similari di recente edizione. 
L’autore divide la sua opera  in due parti. Nella prima risponde al quesito:  Quando finì la Repubblica Sociale Italiana che fine fecero quegli uomini 
e quelle donne che avevano creduto nella Repubblica di Mussolini?
Nella seconda parte, invece, descrive di come i reduci della R.S.I., per non sentirsi stranieri nello loro terra, provarono a riorganizzarsi nel Movimento Sociale Italiano, tentando, con la costituzione del nuovo partito, di salvare il proprio mondo e le proprie idee dalla sconfitta militare. 
Nella prima parte del volume, lo scrittore  tratta delle “scialuppe di salvataggio” approntate dai fascisti per salvarsi dal naufragio della sconfitta militare. Passa poi a descrivere che fine fecero quei fascisti che affrontarono il dopoguerra “senza neanche il salvagente” . Molti di loro furono trucidati, i meno sfortunati finirono nei campi di concentramento, come quello famoso di Coltano ed in altri meno noti, approntati dagli Alleati. Il sistema di “resistenza” fascista si attivò subito, con una serie di “ aiuti per reduci, detenuti e prigionieri“.
Appena furono liberati, molti di loro emigrarono in cerca di buona sorte, mentre altri andarono incontro al destino di sentirsi “esuli in Patria”.
Inizialmente, i fascisti si organizzarono in strutture clandestine, prima elementari e poi articolate, nacquero così i F.A.R.  -I Fasci d’Azione Rivoluzionaria -. I F.A.R. però non potevano rispondere alle esigenze politiche di un’Italia completamente cambiata e fu così che, per rientrare in gioco a pieno titolo, i reduci della R.S.I. diedero vita al M.S.I. che, inizialmente, si pensò di chiamare MO.S.IT..
La Fiamma missina entrò in gara, inizialmente, con risultati che sembrarono allettanti, ma dopo qualche tornata elettorale ai missini sarebbe stato chiaro che gli italiani gli avevano ormai “voltato le spalle”. 
Il volume in argomento descrive solo i primi dieci anni del M.S.I., dal ’46 al ’56, anno in cui, il “M.S.I. comincia a figliare”. Scrive, infatti, l’autore: “Il congresso del 1956 sortì effetti drastici, dando l’avvio ad un esodo che non avrebbe più avuto termine. Il Msi si era trasformato in una sorta di casa madre dalla quale per anni sarebbero continuati a nascere, ad ogni piè sospinto, partiti, movimenti e associazioni. 
A partire da quel congresso, nel caso un fascista avesse preso l’ascensore da solo ed avesse premuto il pulsante per il quarto piano, stia pur certo il lettore che, nei quattro piani di percorso, avrebbe litigato con se stesso e fondato, al pianerottolo d’arrivo, due partiti, tre movimenti e qualche associazione culturale.
Più che neofascisti, da quel momento in poi, si sarebbe potuto parlare di neofascisti . I primi dieci anni furono unici, nel senso che furono gli unici dieci anni in cui i fascisti del dopoguerra riuscirono a dimostrare un’unità politica.“.
Il tema fondante del libro  è quel sottile filo rosso, o meglio, filo nero, che lega la Repubblica Sociale Italiana con il M.S.I. . Il progetto di traghettare l’Idea Fascista nel dopoguerra veniva da lontano ed aveva avuto origine negli ultimi mesi della Repubblica Sociale. Il M.S.I., ufficialmente nato nel dopoguerra, in realtà trovava le sue origini più profonde molto prima.
L’ultimo capitolo del libro, forse il più interessante è dedicato alla deriva ideologica  alla quale sono andati incontro, negli anni, i neofascisti. Si legge nel capitolo finale: “il Msi, aveva traghettato l’idea fascista e gli uomini del fascismo oltre la sconfitta militare. 
Mussolini non era riuscito, con la socializzazione, a disseminare la valle Padana di mine sociali, come avrebbe voluto, ma con il Msi era sicuramente riuscito a disseminare l’Italia di mine vaganti. 
E, mi si creda, trovo la definizione di mina vagante quanto mai appropriata per il partito in trattazione e, considerando la filiazione di partiti, partitini, associazioni, movimenti, circoli e simili che il Msi avrebbe poi avuto reputo che si possa agevolmente parlare di mine vaganti, usando il plurale. Infatti, nessun partito è stato  mai più vagante in senso ideologico del Msi.”
 In chiusura, è da dire che l’autore ha voluto fare del suo libro una sorta di “pietra lanciata nello stagno”, aprendosi ad ogni tipo di critica e, anzi, sollecitando i pareri e le eventuali precisazioni dei lettori. 
A tal proposito, una sua nota iniziale precisa: Quest’opera intende dare il quadro di un momento della nostra Storia, ma non pretende di raccontare la completa verità. Come ogni lavoro umano è imperfetto e sicuramente contiene inesattezze. 
Vorrei chiarire che se vi sono errori, sono stati tutti commessi in buona fede e senza l’intenzione di nuocere a nessuno. Qualche cantonata è possibile prenderla anche per semplici sviste o abbagli e, quindi, le inesattezze sono sempre possibili. 
Sarò grato a chiunque vorrà segnalare sbagli o omissioni, rendendomi disponibile, sin d’ora, ad eventuali correzioni e rettifiche.”
da http://velatricolore.spaces.live.com/?_c11_BlogPart_BlogPart=blogview&_c=BlogPart&partqs=cat%3DLibri
Annussek G. LIBERATE MUSSOLINI! LA PIÙ INCREDIBILE OPERAZIONE DI COMMANDO DELLA SECONDA GUERRA  MONDIALE 
Edizioni Lindau  Corso Re Umberto 37, 10128 Torino - Tel: 011 517.53.24  Fax: 011.669.39.29 COLLANA: I Leoni PAGINE: pp. 384 ILLUSTRAZIONI: N° 34 b/n f.t. FORMATO: cm. 14 x21 PREZZO: euro 26,00. 2007.
In questo suo nuovo libro, appassionante come un thriller, Greg Annussek ci offre una rigorosa ricostruzione di una delle operazioni più temerarie e controverse dell’ultimo conflitto mondiale: la liberazione di Mussolini, prigioniero sul Gran Sasso, nel settembre 1943, a opera di un corpo d’élite di incursori tedeschi a bordo di alianti. Quella che fu chiamata «Operazione Quercia» assomiglia a una partita a scacchi, incerta fino all’ultima mossa, in cui la posta è la figura ormai quasi grottesca di un dittatore al tramonto, scomparso senza lasciare traccia dopo l’improvviso collasso del regime. Sullo sfondo, l’agghiacciante agonia del Terzo Reich hitleriano, che nel rimettere in gioco Mussolini cerca un ultimo sussulto di vitalità prima della catastrofe finale. Il piano audacissimo, affidato alle acrobazie di alcuni piloti della Luftwaffe e alla fulminea azione di un commando di paracadutisti, andò incredibilmente a buon fine nonostante la feroce ostilità che opponeva lo spavaldo capitano Skorzeny, che considerava la guerra un palcoscenico su cui esibirsi, e il freddo e metodico generale Student, che fu forse il vero artefice dell’impresa, oscurato dalla popolarità che il rivale riuscì a conquistarsi. Preludio emblematico di tragici eventi successivi – la nascita della Repubblica di Salò e l’occupazione nazista del nostro paese –, l’Operazione Quercia conserva tuttora molti aspetti misteriosi e continua ad affascinare i ricercatori come un enigma irrisolto. 
L'AUTORE GREG ANNUSSEK è autore di numerosi libri di storia, tradotti in molte lingue. Vive a New York.  
Bruno Chionetti e Paolo Crippa (a cura di) DUECENTO VOLTI DELLA RSI. Ritratti di militari della Repubblica Sociale Italiana in Liguria
160 pp. - 200 foto b/n dell’Archivio Storico Fotografico Bruno Chionetti - brossura - ed. 2007 Marvia Edizioni - Collana: Militaria. Il libro, di 160 pagine, in formato 24 x 16,5 - prezzo di copertina   20,00 euro, può essere richiesto all'editore Marvia Edizioni di Voghera  (Casella postale 27 - 27058 Voghera (PV)  - tel. 339/2463468 – e-mail :  marviaedizioni@marvia.it) o direttamente agli autori (Bruno Chionetti -  e-mail: chione@infinito.it oppure Paolo Crippa - e-mail:  crippaolo@tiscali.it). 2007.
Un numero limitato di copie ad un prezzo di favore (15,00 euro +  eventuali spese di spedizione) è disponibile presso gli autori, ai  medesimi indirizzi e-mail indicati in precedenza.
Questo nuovo libro è dedicato alle Forze Armate  della Repubblica Sociale Italiana. "Duecento volti della R.S.I." nasce dalla collaborazione di due amici,  accomunati dalla passione per la ricerca storica, Bruno Chionetti, che  si diletta anche di fotografia, e Paolo Crippa. Il testo, eminentemente  fotografico, presenta una carrellata di oltre 200 ritratti fotografici  da studio di altrettanti militari della Repubblica Sociale, fotografie  provenienti dalla zona di Savona, di notevole interesse storico ed  uniformologico, tutte sino ad ora inedite., ampiamente commentate.  Completano il libro brevi note storiche su Savona e dintorni durante la  Repubblica Sociale e cenni sui reparti a cui appartenevano i militari  ritratti nelle immagini. 
 
 
 
 

 

 2006
 
 
  
Alessio Aschelter INTRANSIGENTI E MODERATI A SALO'. I casi di Borsani e Farinacci
Le Testa di Ferro (Societrà Editrice Barbarossa). 2006
Da ora La Testa di Ferro non è solo una libreria non conforme ma anche una collana di libri all'interno della Società Editrice Barbarossa. Il primo titolo della collana sarà "Intransigenti e moderati a Salò: i casi di Borsani e Farinacci", di Alessio Aschelter.
Dalla quarta di copertina: "Indagare sul giornalismo saloino, significa immergersi in un mondo eterogeneo, conflittuale, dove l'invettiva nei confronti di coloro che sono schierati sotto le medesime insegne, non è meno feroce dell'anatema scagliato contro chi rappresenta la propaganda nemica. Ecco allora emergere una realtà non più monolitica, come lascia intendere in modo colpevolmente sbrigativo certa storiografia ufficiale, ma uno spaccato dove le divergenze sormontano le pur essenziali affinità.  Comparando le linee editoriali sostenute da Regime Fascista e da La Repubblica Fascista, si apre uno squarcio sulle diverse sensibilità, mentalità e strategie che hanno mosso le esperienze maturate dai direttori delle testate esaminate. Da una parte Farinacci, portabandiera dell'intransigentismo fascista, ritiene che il compito prioritario riposi nella necessità di rispondere agli agguati partigiani sostenuti dall'invasione angloamericana, dall'altra Borsani auspica la concordia nazionale con il fronte antifascista non comunista, da elaborare sul comune terreno anticapitalistico. L'inconciliabilità delle tesi assunte dall'ex ras di Cremona e dal cieco di guerra sconfina in una fatale polemica che induce il ministro Mezzasoma a reintrodurre, malgrado  la sua iniziale contrarietà, la censura preventiva. Il giro di vite imposto dal Dicastero della Cultura popolare, porta ad allontanare Borsani dalla direzione della sua creatura giornalistica. Di lì a poco, i protagonisti di quelle convulse vicende, saranno accomunati, nei giorni dell'insurrezione partigiana, da un identico quanto tragico destino."
"Alessio Aschelter. Romano, laureato in Scienze Politiche presso l'Università degli Studi Roma Tre, discute una tesi dalla quale prende corpo questo volume. Già collaboratore de "Il Corriere laziale" e di "OCCIDENTALE", attualmente lavora presso il Consiglio regionale del Lazio."
La Testa di Ferro via S.Martino ai Monti 59 00184 Roma 
Gianpaolo Pansa "LA GRANDE BUGIA". Le sinistre italiane e il sangue dei vinti.
Sperling & Kupfer. 2006.
5 Miti da sfatare. La ricerca di legittimazione del PCI con la retorica della Resistenza. Come leggere "La grande bugia" il nuovo saggio di Giampaolo Pansa sulle verità taciute della guerra civile
Un libro "vergognoso, non revisionista ma falsario", "una vergognosa operazione opportunista", "libro vergognoso di un voltagabbana", "una cinica operazione editoriale": sono solo quattro (rispettivamente di Aldo Aniasi, di Giorgio Bocca, di Liberazione e di Sandro Curzi) delle decine e decine di definizioni ingiuriose piovute sulla testa di Giampaolo Pansa quando pubblicò pochi anni fa Il sangue dei vinti.
Che cosa gli rimproverava la sinistra più conservatrice e aggressiva, quella, come lui la chiama, degli "uomini di marmo"? Semplicemente di aver rotto il tabù delle migliaia di fascisti (o presunti tali, o addirittura, in più di un caso, di antifascisti perfino) brutalmente fatti fuori dai partigiani all'indomani del 25 aprile. Di avere smascherato cioè La Grande Bugia, "il racconto per metà falso (...) dilagato anno dopo anno in centinaia di libri, per migliaia e migliaia di pagine", e diventato "un'immensa tomba destinata a seppellire per sempre la verità della guerra civile italiana: quella stessa Grande Bugia che dà il titolo al libro che Pansa ha appena mandato in libreria (Sperling & Kupfer editori, pp. 469, e 18).
Si tratta in un certo senso del completamento del Sangue dei vinti. Sia perché aggiunge nuovo materiale (nuovo perlomeno per il grande pubblico) sui delitti efferati che dopo la Liberazione insanguinarono per mesi alcune zone del Paese, tra l'altro con molte vittime svanite nel nulla non essendosene mai più trovati i corpi (nella sola provincia di Reggio Emilia la cifra oscilla intorno ai 130-140!); sia perché in queste pagine Pansa cerca di spiegare le ragioni a suo avviso di quella mattanza, e insieme il perché della furibonda volontà di mantenere in piedi ancora oggi la menzogna di cui sopra.
Sulle ragioni della mattanza il nostro autore non ha dubbi. Si trattò di "un'operazione pianificata messa in atto da veri e propri squadroni della morte". Non si può attribuire alcun valore, insomma, alla spiegazione / giustificazione avanzata mille volte da quando la verità ha cominciato a farsi strada e che a un dipresso suona così: "Che c'è da scandalizzarsi? Si sa, le guerre civili mica possono finire d'un tratto. Esse si lasciano sempre dietro una scia di odi che dura a lungo". Già, ma come spiegare allora - se lo è chiesto per primo Paolo Mieli - il fatto che a questa, chiamiamola così, vischiosità della guerra fossero sensibili solo i partigiani comunisti? Non risulta neppure un caso, infatti, di un commando azionista, socialista o cattolico, che settimane e settimane dopo la fine delle ostilità si sia recato a casa di qualcuno o lo abbia aspettato dietro una siepe, lasciandolo stecchito o facendone scomparire per sempre anche il cadavere. Ripeto, neppure un caso: come mai?
Invece tutti i casi che conosciamo riguardano assassini commessi da uomini delle formazioni comuniste ai danni di persone che seppure avevano talvolta, ma solo talvolta, degli insignificanti trascorsi fascisti, si segnalavano soprattutto per rappresentare posizioni politiche o di classe potenzialmente ostili a quelle rappresentate allora dal Partito comunista. A cominciare da esponenti anticomunisti dello stesso mondo partigiano, come il popolarissimo comandante della divisione Cichero, Aldo Gastaldi, detto Bisogno, ventiquattrenne ex sottotenente del Genio, che nella primavera del '45, ci racconta Pansa, protesta sempre più duramente contro l'egemonia del Pci nelle file delle bande nonché la sua strumentalizzazione della Resistenza ("Un giorno - scrive - dovremo vergognarci di essere scesi a Genova alla loro testa"), e alla fine trova la morte in un "inverosimile incidente stradale" subito dopo la Liberazione.
Del tutto ragionevolmente a parere di chi scrive, Pansa è convinto che i delitti riferibili ai membri delle formazioni comuniste non fossero per nulla casuali, bensì che dietro di essi vi fosse un disegno più o meno compiuto e consapevole di conquista del potere; perlomeno che un tale disegno vi fosse in settori significativi del partito, specie nel Nord, i quali non intendevano affatto la Resistenza come una guerra contro nazisti e fascisti, ma soprattutto come una guerra di classe destinata a sfociare in un regime socialista di tipo sovietico.
Dunque, l'immagine della Resistenza dominata dalla dimensione antifascista e combaciante sostanzialmente con essa è la prima delle "leggende da sfatare" che secondo l'autore costituiscono a loro volta la "Grande Bugia" che la sinistra ha finito per far credere al Paese. Le altre quattro sono: che la repubblica di Salò non abbia avuto una consistente e convinta base di massa; di converso che la Resistenza sia stata davvero una "lotta di popolo" con i contadini in particolare tutti schierati con i partigiani; che non ci sia stata - come invece c'è stata, e come! - una vasta "zona grigia" di attendisti, e infine è pure un'assoluta leggenda, secondo Pansa, quella che continua a chiamarsi "l'unità politica della Resistenza". La quale fu invece attraversata da rivalità e contrapposizioni anche feroci: "Tutti diffidavano di tutti, leggiamo, i comunisti volevano imporre la loro supremazia. E quasi sempre ci riuscivano. Gli altri si difendevano con durezza. Il braccio di ferro è stato continuo, senza pause. E spesso si è lasciato alle spalle dei morti. Ossia partigiani uccisi da partigiani". Pur essendo sempre stato e continuando ad essere un uomo di sinistra, Pansa non esita a definire l'antifascismo della vulgata storica alimentata dalla sinistra con le leggende ora dette una "ideologia proterva". Ideologia che per mantenersi in vita è ricorsa sempre più spesso negli ultimi anni ad uno strumento in particolare (di cui il nostro autore ha fatto le spese come pochi altri): l'accusa di "revisionismo", "un'arma contundente" usata senza scrupolo contro chiunque rifiutasse di credere alla "Grande Bugia".
Ma perché, ci si può chiedere, la sinistra si è trovata costretta a dover "campare di antifascismo", come scrive icasticamente Pansa: dell'antifascismo di una vulgata così bugiarda? a puntare su una costruzione ideologico- retorica così priva di basi reali? La sua risposta è che ciò è dipeso in parte dall'arroganza della sinistra stessa, congenitamente incapace di riconoscere i propri torti, ma soprattutto dal suo rifiuto di tenere nel minimo conto le ragioni degli "altri", dei fascisti, e dunque dalla conseguente necessità di operare una costante manipolazione / negazione dei fatti al fine di nascondere la verità. Personalmente spingerei lo sguardo più lontano. Sono convinto, infatti, che l'origine prima della vulgata resistenzial-antifascista sia stato (oltre l'ovvia necessità di nascondere lo sporco sotto il tappeto) il tante volte sottolineato bisogno del Partito comunista di trovare una legittimazione nella nascente democrazia italiana che la sua natura totalitaria gli negava.
Grazie all'egemonia culturale questo orientamento ha fondato un vero e proprio luogo comune, un topos storiografico, a cui hanno supinamente acceduto tanti altri, che oggi tuttavia, credo, viene difeso con aggressività smisurata per una ragione diversa da quella originaria.
In realtà l'antirevisionismo odierno, infatti, rappresenta un momento essenziale della battaglia della sinistra per continuare a pensare se stessa come detentrice del monopolio del Bene. Ma solo se trova ogni volta qualcuno da dipingere come portabandiera del male, la sinistra, nata storicamente all'insegna di un forte rapporto con esigenze di tipo etico, continua a poter nutrire la sua illusoria certezza di essere buona o comunque migliore in modo sostanziale dei propri avversari. Cattivo è ovviamente chiunque non condivida il suo pensiero medio, i suoi pregiudizi e i suoi tabù, e siccome il fascismo è altrettanto ovviamente il prototipo del male, ecco perché - specie in anni in cui lo sgretolamento ideologico ha reso sempre più scarsi i nemici reperibili sul mercato interno (con la fortunata eccezione di Berlusconi) - ecco perché i "revisionisti" vengono automaticamente qualificati come "fascisti" più o meno mascherati, comunque dei poco di buono in qualche modo collusi con il potere cattivo.
Anche così, anche con questi metodi, si è costruita quell'egemonia il cui successo consolidatosi negli anni spiega perché - come scrive Pansa, che l'ha imparato a proprie spese - nello scontro polemico è sempre meglio avere per nemica la destra piuttosto che la sinistra (...) La destra ha poche armi, pochi giornali, poche case editrici. Pochi clan intellettuali che contano. (...) La sinistra, invece, possiede tutto ciò che manca alla destra: una capacità di fuoco capace di stroncare chiunque". Soprattutto, nella guerra per la memoria del Paese essa ha dalla sua la stragrande maggioranza della storiografia accademica. La quale, non per nulla, a suo tempo è scesa massicciamente in campo contro Il sangue dei vinti e il suo autore. Ricorrendo alle più svariate motivazioni: da quella pregna di boria professorale che i libri di Pansa "non sono libri di uno storico" (Angelo D'Orsi: come se contasse questo e non già la verità delle cose dette), a quella di fornire "benzina per nuove molotov contro l'antifascismo e la Resistenza" (sempre D'Orsi), a quella di scrivere al solo scopo di "suscitare orrore e ripugnanza" (Giovanni De Luna), all'accusa di avere indebitamente alimentato "il piagnisteo sul sangue dei vinti" (Sergio Luzzatto).
La sinistra di tradizione comunista o che in essa è confluita cerca insomma di difendere a tutti i costi l'idea che il binomio antifascista- Resistenza (ivi inclusa l'analisi storica di entrambi) debba essere una sorta di suo appannaggio personale in quanto parte della sua specifica identità e - essa vorrebbe far credere - solo della sua. Ma per fortuna non è così. In quanto espressione e impegno per la libertà, antifascismo e Resistenza sono conseguenza naturale di ogni fede democratica e non sopportano né pudori né clericalismi ideologici di alcun tipo. Contribuisce davvero a rafforzare quella fede perciò non chi si straccia le vesti sui suoi supposti dogmi, ma quelle personalità libere, come è appunto Giampaolo Pansa: un giornalista, sì un semplice giornalista (e sono sicuro che a lui piace essere definito solo così), che tuttavia, per restituire agli Italiani la verità sul loro passato ha fatto molto, molto di più di tanti storici di professione.
IL CORRIERE DELLA SERA Quotidiano 4 Ottobre 2006. Ernesto Galli della Loggia
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Il mio lungo viaggio nella grande bugia. Giampaolo Pansa apre un nuovo capitolo sulla Liberazione mai raccontata. Chiamando in causa i sacerdoti dell'antifascismo duro e puro. E replicando senza sconti ai furbetti del quartierino antifascista
   Scritto nel fuoco delle polemiche che, a partire dal Sangue dei vinti di tre anni fa, hanno accompagnato i libri di Giampaolo Pansa, La grande bugia. Le sinistre italiane e il sangue dei vinti (Sperling&Kupfer) racconta in presa diretta come ancora funzioni quel meccanismo di rimozione politica della storia che Renzo De Felice ha identificato nel concetto di "vulgata".
Lo scandalo forsennato che ha accompagnato lo straordinario successo editoriale trova una ragione obiettiva nella stessa figura professionale di Pansa: giornalista, prima di tutto grande cronista, poi saggista e narratore profondamente ancorato alla cultura di sinistra. Proprio alla storia della Resistenza fra Genova e il Po ha dedicato i suoi primi studi sotto la guida di due miti della storiografia resistenziale come Alessandro Galante e Guido Quazza. Perché è proprio dalla cultura di sinistra che la cronaca storica di Pansa è stata sottoposta a una sorta di linciaggio morale.
E i sacerdoti del linciaggio, in questo libro, sono affrontati a uno a uno a viso aperto. Ci sono gli "esorcisti" della vulgata, storici cattedratici perlopiù, da Angelo D'Orsi a Giovanni De Luna, da Nicola Tranfaglia a Sergio Luzzatto, icasticamente rappresentato come il "signor ghigliottina". Poi ci sono i depositari della memoria politica, da Aldo Aniasi ad Armando Cossutta; gli opinionisti, da Mario Pirani a Furio Colombo, da Riccardo Chiaberge a Bruno Gravagnuolo… Ma è soprattutto contro le polemiche di Giorgio Bocca, "l'uomo di Cuneo", e del "Compagno Kojak", Sandro Curzi che Pansa esercita il suo diritto alla difesa, contrattaccando senza quartiere.
Pansa, cosa è "La grande bugia"? Il mio rammarico è che manchi un capitolo che non ho fatto in tempo a scrivere: quello dove il Partito dei comunisti italiani di Oliviero Diliberto e Marco Rizzo dà del revisionista nientemeno che a Fausto Bertinotti. Colpevole di aver accettato l'invito di Gianfranco Fini a partecipare a un incontro con i giovani di Alleanza nazionale. Siamo arrivati a quel che avevo previsto: allo sbranatevi, compagni! Posso ridere soddisfatto? Sì, rido. Perché La grande bugia? Un amico mi ha detto: accidenti, scrivi ancora un libro su una storia vecchia di sessant'anni. La mia risposta è che la Resistenza è ancora il bastione evocativo più forte delle tante storie di sinistra, l'unica che li tiene insieme. Oggi, nel Duemila e passa, la Resistenza viene evocata di continuo contro il centrodestra, contro la revisione costituzionale, contro chi non vuole la pace senza se e senza ma. Insomma, non siamo di fronte a un residuato bellico. E le sinistre che lamentano sempre l'uso politico della storia sono le prime a commettere quell'abuso che attribuiscono agli avversari. Ma se è così, se la Resistenza vive nei nostri giorni, allora raccontiamola giusta senza la crosta bugiarda che l'avvolge.
All'inizio del suo libro si legge che "in Italia la sinistra non esiste più", tante sono ormai le sinistre, spesso in conflitto. Ora dopo il viaggio all'interno della "Grande bugia", con quale sinistra si sente a suo agio? Con nessuna di quelle esistenti. Il 9 aprile ho ancora votato per una di loro. Ma mi scopro, sempre di più, un italiano insoddisfatto di tutti i partiti. Una specie di anarchico individualista.  
Perché raccontare fino in fondo l'Italia uscita malridotta e moralmente ferita dalla guerra civile viene automaticamente interpretato come una mala azione per riabilitare il fascismo? La pensa così una minoranza che si va riducendo anno dopo anno. Essa pretende di rappresentare l'antifascismo, ma è una pretesa senza fondamento. Essere antifascisti significa soprattutto amare la verità, non truccare le carte della storia, rifiutare le bugie grandi e piccole. E accettare che non tutti la vedano come la vedi tu. È possibile questa revisione, oggi in Italia? Sono pessimista. E questo libro spiega il perché.
Cossiga, in polemica con lei, ha sostenuto che non si può ricostruire il tessuto morale di un paese senza ricorrere al "mito", all'uso politico della storia. In questo ha torto. C'è un solo mito di cui tutte le nazioni hanno bisogno: la libertà. La tua e quella degli altri.
Lei se la prende con lo storico Angelo D'Orsi, per avere stilato per "Micromega" la lista, un elenco dettagliato dei reprobi del revisionismo, equiparato al nuovo fascismo, come fosse una lista di proscrizione: da Mieli a Battista, da Romano a Sabbatucci... Mi sono limitato a ribattere a chi mi aggredisce. Non cerco mai la polemica. Ma se ho buone ragioni per farla, non mi sottraggo. Alcuni signori mi hanno bacchettato sui giornali o alla tv, spesso con insistenza e asprezza. Avevo il diritto di bacchettarli a mia volta. È un diritto che ho esercitato con piacere e in allegria. Anzi, per dirla tutta, ci ho provato gusto.
Ma "La grande bugia" continua? Lei fa un esempio destinato a sollevare nuove perplessità: nel capitolo "Partigiano Ovidio" chiama in causa il silenzio storiografico che circonda ancora quel capitolo del terrorismo italiano legato al delitto del commissario Luigi Calabresi. Non ce l'ho con Ovidio Bompressi, il "partigiano Ovidio", condannato per l'omicidio del commissario. Ma con l'Anpi, l'Associazione nazionale dei partigiani italiani, che ha sentito il bisogno di festeggiarlo per la grazia, giusta, ricevuta dal presidente Giorgio Napolitano. E con la polemica sul sangue dei vinti l'Anpi c'entra, eccome! Lo dico io che ritengo la Resistenza la mia patria morale. Il cuore di questo libro sono le leggende da sfatare e le verità da ristabilire. Esempi? Le intenzioni golpiste del Pci nel triennio del dopoguerra: voleva che l'Italia diventasse una democrazia popolare come quelle dell'Europa dell'Est. Se avessero prevalso, ci saremmo trasformati in un'Ungheria mediterranea, con la dittatura comunista, la polizia segreta, le torture, le fucilazioni.
C'è nel libro una certa attenzione benevola per la cultura di destra. Per esempio nell'intervista a Giuseppe Parlato, storico di rango, ultimo allievo di De Felice, che sta per pubblicare "Fascisti senza Mussolini", attento studio sulla nascita della destra politica nel dopoguerra. Ma anche per la storia di Giorgio Pisanò, la cui natura ideologica e politica mi sembra poco illuminata. Come la mettiamo? Ho cercato Giuseppe Parlato e Paolo Pisanò, fratello di Giorgio, perché mi raccontassero la loro storia. Ho trovato due testimoni molto convincenti e di grande interesse. Anche le critiche di Parlato alla storiografia di destra mi hanno convinto che ho fatto bene a incontrarlo. Dargli la parola non vuol dire condividere quello che hanno scritto. Però mi piacerebbe che anche qualche storico di sinistra avesse la stessa franchezza di Parlato nei confronti della propria parrocchia.
PANORAMA Settimanale del 29 9 2006. Pasquale Chessa  
Paolo Crippa I REPARTI CORAZZATI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA 1943/1945
20,00 euro. MARVIA 2006 Edizioni Casella postale 27 27058 Voghera (PV) marviaedizioni@marvia.it www.marvia.it
Il volume prende vita dopo circa due anni di ricerche svolte con l'obiettivo di raccogliere e sintetizzare in un unico testo la storia delle unità corazzate della RSI. Nella stesura del libro l'autore si è avvalso della collaborazione di numerosi reduci dei reparti, che si sono prestati a fornire testimonianze di prima mano.  Lo studio prende in esame i reparti corazzati veri e propri (San Giusto, Leoncello, Leonessa e Gruppo Esplorante del RAP), descrivendone la storia l?organizzazione e le dotazioni di mezzi, con note sull?uniformologia e sull?araldica dei mezzi. Un capitolo tratta anche tutte le altre unità che utilizzarono piccoli gruppi di mezzi blindati, di tutte le Forze Armate della Repubblica Sociale. Il volume consta di 120 pagine, con 80 fotografie in bianco e nero, alcune delle quali inedite, organigrammi, tavole di fregi e distintivi, tavole dei contrassegni dei mezzi (riprese a colori in quarta di copertina).
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La RSI ha rappresentato uno dei periodi più controversi della nostra storia recente, forse in nessun periodo storico il popolo italiano è stato così diviso come tra l'estate del '43 e la primavera del '45, esercito del sud e forze armate di salò si trovarono a battersi su fronti opposti e con opposte fortune, ingiusto sarebbe dimenticare coloro che animati da un sincero ideale abbracciarono la causa della parte cosiddetta "perdente".  Alle forze armate della repubblica si Salò, ed in particolare ai suoi reparti corazzati è dedicato questo ad opera di Paolo Crippa, edito dalla Marvia edizioni.  Il volume abbraccia tutto il perodo di Salò, dalla difficile rinascita dopo l'8 settembre fino al 25 aprile ed  è davvero una miniera di informazioni, ricchissimo di fotografie ( alcune veramente pregevoli e di sicura ispirazione per i modellisti ) sia di mezzi in azione (bellissimo il carro M semidistrutto da una mina) che in parate o sfilate, organigrammi, araldica,  storia dei reparti divisi per arma di appartenenza, esercito nazionale repubblicano, GNR, brigate nere, marina, fino alle formazioni dislocate all' estero ( creta, rodi, ucraina, germania) fino al tentativo di assemblare un reparto corazzato da impiegare al fronte contro agli alleati, infine una piccola sezione è dedicata anche ai mezzi che il 25 aprile 1945 finirono in mani partigiane nelle battaglie finali.  Praticamente sterminata infine, la bibliografia posta in fondo al volume, un vero tesoro per chi volesse saperne di più.  Insomma il libro in questione appare da subito come l'opera di un appassionato che racconta la storia e lo fa con cognizione di causa, onestà e dedizione, qualità forse troppo rare nel mondo di oggi, e che ci è piaciuto riscoprire in questo volume, adatto sia ai modellisti ( bellissime alcune modifiche “campali” ad esempio su autocarri o automobili ) che agli appassionati di storia della nostra nazione.
Flavio Mazzacurati. http://www.zimmerit.com/main/pagineweb/Recensioni/i_reparti_corazzati.htm
 
 
 
Luca Telese CUORI NERI. DAL ROGO DI PRIMAVALLE ALLA MORTE DI RAMELLI. 21 delitti dimenticati degli anni di piombo
Sperlink & Kupfer. 2006. 780 pp. 2006
Ampia recensione del libro con commenti e dibattito è a http//:www.cuorineri.it 
Lodovico Ellena LE PAGINE STRAPPATE DELLA RESISTENZA
Tabula Fati Editore www.tabulafati.it pagg. 95,E10,00. 2006
Giampaolo Pansa ha definito le finalità del suo libro “Il sangue dei vinti. Quello che accadde in Italia dopo il 25 aprile” (Sperling): il “completismo”. C’è la voglia – dice - di riempire i buchi della storia. Con analoghe finalità si muove Lodovico Ellena che pubblica il volume “Le pagine strappate della Resistenza”, anche questa opera è una lezione di “completismo” sui crimini di certa Resistenza. Un libro scomodo e crudo, a partire dalla copertina che riporta la foto del colpo di grazia, dopo la fucilazione, al prefetto fascista di Vercelli, MicheleMorsero. Oggetto della ricerca sono i crimini di cui si sono macchiati i partigiani tra vercellese e biellese… dopo il 25 aprile ci fu anche il tempo delle vendette e delle efferatezze… Quello di Lodovico Ellena è un pamphlet che ha alla base accurate ricerche e prove documentali, che nasce rovistando tra archivi, documenti, testimonianze e libri dell’epoca “ritrovati”. Vengono così alla luce le “pagine strappate” della storia di un preciso ambito territoriale, che è giusto, doveroso, riportare a galla. Senza fare, ovviamente, di tutte le erbe un fascio. Non fu così tutta la Resistenza, non furono così tutti i partigiani ma è indubbio che migliaia emigliaia di italiani, fascisti e presunti tali, in tutta Italia furono uccisi dai partigiani, o presunti tali, nei giorni che seguirono il 25 aprile. I fatti, le brutalità, raccontati da Ellena (e da Pansa), non possono essere dimenticati, cancellati, “strappati” dai libri di testo (e dalla memoria). E bisogna riconoscere la passione investigativa dell’autore, la sua cristallina professionalità e la libertà d’animo nella ricerca della verità di un momento così unico, doloroso e buio della nostra storia. Il libro, in formato pocket, è completato da un intervento di Alberto Costanzo, da fotografie di luoghi, segni e personaggi e da una rassegna stampa che dimostra come l’argomento sia ancora di scottante attualità. Gaetano Menna
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Racconta l'Autore: In occasione di una conferenza a Crescentino, città vercellese in cui si parlò dei crimini partigiani qui esposti ma sottaciuti per decenni, alla fine della relazione una collaboratrice de “L’impegno - Rivista dell’Istituto per la storia della Resistenza”, disse: «Sì va bene, ma cosa si intende dimostrare raccontando queste cose?»      Le risposi, sottintendendo la premessa della serata e cioè che sarebbe stato irresponsabile e criminale non riconoscere certi fatti orridi legati a nazismo e fascismo, ma che era giunto il momento di raccontare anche dei fatti partigiani: dirla tutta insomma.      La risposta evidentemente non soddisfò la ricercatrice storica, tanto che a conferenza conclusa la donna si avvicinò al tavolo e disse che “comunque alla domanda da lei posta non era seguita risposta”.      È evidente che riportare alla luce certe pagine strappate di storia continua a non essere sport praticabile, così come è anche evidente che le minacce contenute in un manifesto rivolto a Giuseppe Arlotta — assessore e organizzatore dell’evento — possono spiegare meglio di tante parole quanto l’argomento crimini-partigiani-comunisti sia ancora, e molto, un tabù. Nonostante siano passati sessant’anni.      Poi, anche la reiterante questione della cosiddetta “decontestualizzazione”; l’osservazione mossa in merito ad una presunta astrazione di singoli fatti dal loro generale contesto storico, a nostro avviso crolla di fronte a certi orridi episodi di bestiale violenza su donne spesso giovanissime, sovente del tutto aliene dalle cose della politica e della guerra.      Queste pagine parlano infatti anche di loro, sia pur in misura molto contenuta e — sarà bene sottolinearlo — tratteranno soltanto alcuni degli innumerevoli di questi casi, ossia quelli di cui si ha notizia non tanto certa, quanto orribilmente sconcertante.      Non vi è qui intenzione di vendicare uno o difendere un altro, tanto meno giustificare qualcosa, qualcuno o infangare qualcos’altro: qui vi è invece un crudo resoconto di episodi troppo spesso taciuti, inesplorati, negati, distorti e sovente annullati. Perché, è purtroppo questo l’atteggiamento di alcuni che ancora al presente sentono di essere gli unici depositari di verità e giustizia (e questo realmente un po’ spaventa…), con i quali per usare un eufemismo, è piuttosto complesso ragionare: perché certe verità “non esistono”, certe verità “non significano nulla”, certe verità semplicemente non hanno diritto di essere verità.      Tutto ciò amareggia, sconforta, preoccupa: preoccupa perché l’immagine di un sedicente “pacifista” che aggredisce verbalmente chi si appresta a parlarne pubblicamente, non fa bene né alla storia né alla verità, né soprattutto proprio a quella pace che si dice di volere.  Lodovico Ellena 
Giancarlo Bolognesi LE STELLETTE, LA CROCE, IL GLADIO.  La guerra di un radiotelegrafista 
Lo Scarabeo (Bologna) Data di Pubblicazione: 2006 Collana: Storie di guerra 1943-45 ISBN: 888478087X
Descrizione Storia di guerra di un semplice radiotelegrafista, di una persona comune. Per questo forse una storia più importante di tante altre, perché può far capire lo stato d'animo dell'italiano medio che, educato nel ventennio al concetto di Onore, Stato e Patria, fu con l'8 settembre abbandonato e lasciato a se stesso. 
 
 
 
 
G. Rebaudengo UN GIORNO PER MORIRE Una generazione nella guerra civile 1943-45
pp. 112, ill 12,40 Lo Scarabeo. 2006
Con questo libro l’Autore traccia uno spaccato della Guerra Civile che ha insanguinato l’Italia dal 1943 al 1945. Una guerra scaturita dalla resa dell’8 Settembre e che ha visto molti Italiani schierati su due opposti fronti in una lotta che non concedeva quartiere. Come spiega l’Autore nella nota introduttiva, i numerosi personaggi che danno vita alle singole storie non sono personaggi di pura fantasia, essi appartengono – pur in una dimensione romanzata – ad esperienze realmente vissute, trasmesse oralmente dai superstiti. Personaggi di una tragedia che lascerà i vivi con gli occhi spalancati su un mondo piagato, stravolto da una violenza a volte cieca, insondabile. Storia vissuta di studenti e contadini, di ‘vecchi’ soldati che non vogliono arrendersi, di entusiasmi e fatalismi sullo sfondo di scontri cruenti di una maledetta guerra che annuncia le stragi di Aprile. Fanno da filo conduttore in questo “romanzo vero” le annotazioni di un giornalista – anch’esso realmente esistito – che osserva con occhio lucido e impietoso il susseguirsi di eventi legati a una realtà che incide nelle coscienze di ognuno. Una sorta di diario nel quale si specchiano e si confondono umane tragedie e cronache del vivere quotidiano. È un racconto sofferto quello che si dipana lungo tutte le pagine del libro, cogliendo squarci di vita e di morte di un tempo che non concede pause né momenti di quiete. Espressione di un’inquietudine giovanile alla ricerca di una verità sulla pagina più dolorosa della storia d’Italia. 
Gianni Rebaudengo è nato il 3 novembre del 1928. A 16 anni si arruola nel II Battaglione Volontari Bersaglieri “Goffredo Mameli” della RSI. Viene catturato in combattimento nel dicembre 1944 sulla “Linea Gotica”. Prigioniero degli Inglesi nel Campo 211 di Algeri, rimpatria nell’aprile del 1946. Giornalista dal 1952, ha diretto diversi periodici e ha collaborato con case editrici quale traduttore. Attualmente continua a svolgere attività giornalistica come free-lance e presiede il Centro Studi di Storia contemporanea “Historica Nuova”. 
Buchignani Paolo LA RIVOLUZIONE IN CAMICIA NERA
Mondadori 2006
Da http://www.ideazione.com/archivio/sommario_settembre_ottobre_06.htm (versione in rete della rivista reperibile in edicola IDEAZIONE di Domenico Mennitti)
Tutto, o quasi, ebbe inizio sul finire dell’Ottocento, nel ribollire di una cultura europea che si compiaceva con morbosità crescente di un romanticismo oramai estenuato e sempre più annoiato. La noia dell’esistente implicava la ricerca di alternative sia sul piano estetico sia sul piano politico e sociale. Se l’esistente era la democrazia liberale e parlamentare nonché una società civile guidata da una borghesia animata da una filosofia individualistica, utilitaristica e conflittualistica, non si poteva che perseguire la rivoluzione attraverso l’elaborazione di una cultura politica organicistica, spiritualistica e irrazionalistica e di modelli statuali fondati sulla collaborazione tra le classi in nome dell’interesse nazionale. La prima guerra mondiale fu l’evento che incendiò questa componente cospicua e rumorosa della cultura europea.  Una moltitudine di scrittori, poeti, pittori, filosofi e letterati di vario calibro e genere salutò l’estate del 1914 come l’occasione storica che offriva un banco di prova a spiriti generosi repressi dalla meschinità e dal mercantilismo borghesi, un «lavacro di sangue» per popoli imbrigliati da classi dirigenti corrotte, infine una scossa vitale o mortale, comunque necessaria, per una civiltà occidentale in decadenza. Sono tutte qui le origini ideologiche del fascismo, e Paolo Buchignani ce lo ricorda sintetizzando efficacemente le tesi storiografiche di Zeev Sternhell e di Emilio Gentile: da un lato, l’idea che il fascismo trovi un’incubatrice ideologica di molti suoi temi, miti e valori nella ricerca di una “terza via” tra liberalismo e socialismo che la cultura politica francese aveva compiuto a cavallo tra Otto e Novecento; dall’altro lato, la constatazione che in Italia l’antiparlamentarismo, l’antiriformismo, l’utopia rivoluzionaria e l’uso della violenza nella lotta politica non sono prodotti del fascismo ma premesse al suo avvento che vennero incubate dall’antigiolittismo dilagante nella cultura politica d’anteguerra. Il libro di Buchignani prende di petto il tema storiograficamente complesso e controverso dell’ideologia fascista, rinvenendo nella formula della “destra rivoluzionaria” la sua quintessenza.  Quel che un tempo poteva parere una contraddizione in termini, ossia l’abbinamento tra “destra” e “rivoluzione”, oggi risulta pressoché scontato. Felice ed efficace l’espressione sostitutiva scelta da Buchignani, quella di «sovversivismo nero», così come esatta pare l’individuazione della guerra quale origine e compimento dell’idea fascista di rivoluzione, con una parabola che si consuma fra 1915 e 1940. Altrettanto corretto ci pare l’aver evidenziato la forte carica antiborghese della primigenia ideologia fascista, oscillante fra l’attesa di una rigenerazione salvifica dell’Occidente e il desiderio di uccidere tale civiltà, ponendo fine a quella che pareva nient’altro che una lunga agonia. Berto Ricci, Romano Bilenchi e altri giovani fascisti della generazione degli anni Trenta portarono avanti questa loro personale idea della rivoluzione “in camicia nera”.  L’analisi svolta da Buchignani offre quindi documentazione e argomentazioni ulteriori per spiegare ragioni e modalità dell’iter politico che nel dopoguerra condurrà non pochi intellettuali italiani a spogliarsi dell’orbace e impugnare il vessillo rosso della rivoluzione comunista. Pronti a rovesciare tutte le premesse ideologiche pur di coltivare il mito di un “mondo nuovo”, di un’alternativa radicale al sistema politico, economico e sociale vigente, rimasto a loro avviso sempre e comunque borghese e capitalista, sia prima che durante che dopo il fascismo. Danilo Breschi.
Gambassini Gianfranco UNA PAGINA DI VITA IN UNA PAGINA DI STORIA. Dalla Repubblica Sociale al Seminario Romano Maggiore
Settimo Sigillo 2006 Roma 2006, pagg. 152, euro 14.
La storia, pur non essendo maestra di vita, perché in caso contrario consentirebbe di prevenire errori e deviazioni che invece vengono ripetuti con singolare pervicacia, ha sempre una valenza culturale, che diventa etica quando l'interpretazione dei fatti e delle idee che ne furono la matrice, trascenda conclusioni soggettive, o peggio strumentalizzazioni di comodo: come ha rilevato il Sen. Andreotti  intervenendo alla presentazione di questo libro, tenutasi nella Sala Conferenze della Biblioteca del Senato, il bene ed il male non sono facilmente separabili, tanto che, più spesso di quanto si creda, "la cattiveria dei buoni è più dura di quella dei cattivi".
Proprio per questo, ogni ricerca storica autenticamente tale, come questa di Gambassini, che non è un diario, come si potrebbe presumere a prima vista, ma una rivisitazione di esperienze umane sofferte e spesso tragiche, maturate in un momento traumatico come pochi, assume connotazioni di forte impegno civile, non disgiunto dall'ethos e dalla forza volitiva che esso comporta. Se è vero che "non si mente alle proprie radici", è anche vero che per fare grande storia è necessario comprendere, prima ancora delle proprie, le ragioni degli altri.
Lo stesso Andreotti, nelle stimolanti riflessioni che hanno accompagnato il suo intervento alla presentazione di Gambassini, ha insistito sul tema, affermando che "ci vuole grande prudenza nel dare giudizi", e che il tempo trascorso dalle vicende della RSI non è ancora sufficiente per giudicare uomini e cose "con distacco assoluto" (cosa peraltro impossibile, perché la storiografia europea del Novecento, da Meinecke a Croce, ha formulato in termini ineccepibili il principio di "contemporaneità" della storia, sia essa antica o moderna).
Ma c'è di più: il Senatore a vita, spingendosi in esemplificazioni analitiche, ha rammentato come nel dicembre 1940 Papa Pacelli, in visita al Quirinale, ebbe a caldeggiare presso il Sovrano la permanentizzazione della non belligeranza italiana, anche se questa scelta poteva sembrare opinabile, non essendo infondato chiedersi se "sarebbe stato il caso di lasciare tutto nelle mani di Hitler".
Un'opera come quella di Gambassini, in buona sostanza, ha meriti di metodo e di contenuti che vanno ben oltre la narrazione di una dura esperienza umana, sia negli anni della RSI, sia in quelli immediatamente successivi, quando fu ospite del Seminario per sfuggire ai rigori di una "giustizia" sommaria, ma meglio sarebbe dire amorale, come quella partigiana. 
Si tratta di meriti messi puntualmente a fuoco, non soltanto dal Sen. Andreotti, ma anche dal Prof. Chiarini (Ordinario di Storia contemporanea alla Statale di Milano e Presidente del Centro Studi RSI),  quando ha sottolineato come le scelte dei giovani che abbracciarono la causa dell'ultimo fascismo fossero in larga misura "prepolitiche", perché indotte da valori non certo contingenti come l'onore, la coerenza, e soprattutto l'idea di Patria; dal Prof. Parlato (Ordinario di Storia contemporanea all'Università San Pio V, e Rettore della medesima), quando ha ricordato come l'esperienza del ventennio non sia stata totalitaria, bensì autoritaria, anche perché molti fascisti erano cattolici, donde la mancanza di una forte convinzione ideologica, tanto da potersi dire che l'adesione alla RSI di uomini come Gentile, Biggini o lo stesso Gambassini sia stata una reazione (non priva di suggestioni aristocratiche) al trasformismo ed alla facilità di rivoltare le gabbane, tipica di quel momento, ma non solo di quello; e da Mons. Tani (Rettore del Seminario), il quale non ha mancato di rammentare come, sia prima del 1945, sia dopo, la risposta del movimento cattolico, e per esso di Mons. Ronca, Rettore dell'epoca, fosse stata sempre improntata "in funzione della carità cristiana", anche con forte rischio personale, ma non disgiunta da valutazioni etiche di base (e come le attuali dispute sul ruolo di Pio XII non abbiano reale fondamento, inquadrandosi, si dovrebbe aggiungere, in una dimensione antistorica, perché basate su conclusioni a posteriori che non tengono conto della "realtà effettuale" di quell'epoca davvero tragica).
La storiografia contemporanea, nel quadro di un "revisionismo" che è stato demonizzato dalla "vulgata" tuttora prevalente, ma che, a ben vedere,  ne costituisce l'essenza e la stessa ragion d'essere, perché conoscere ed interpretare la storia significa compiere opera di costante approfondimento (a cui il libro di Gambassini contribuisce in maniera non effimera), ha dimostrato che il ruolo della RSI non fu quello di servo sciocco del Reich, anche se per molti aspetti la sua sovranità fu certamente e dolorosamente limitata, almeno sul piano sostanziale, come attestano fenomeni come quelli dell'Adriatisches Kustenland o dell'Alpenvorland.
 Al contrario, se l'Italia non conobbe una sorte ancora peggiore, come quella di altri Paesi dell'Est, e se la logica dell'occupazione militare, al di là di non poche degenerazioni criminali, non si spinse al punto di fare terra bruciata, salvaguardando vite umane, infrastrutture, impianti industriali ed opere d'arte, ciò si deve proprio alla RSI, come ha posto in evidenza quella storiografia, ma come emerge anche dall'impegno divulgativo di uomini come Gianpaolo Pansa, dichiaratamente di sinistra, ma proprio per questo a più forte ragione apprezzabili in una ricerca della verità tuttora rischiosa, come ha dimostrato l'aggressione di Reggio Emilia ai danni del giornalista Autore della fortunata trilogia sulla Resistenza.
In effetti, sia dall'una che dall'altra parte, come ha ricordato il Prof. Chiarini, ci furono ragioni ideali e motivazioni di nobile sincerità, ma anche per questo non potrà esserci una reale "pacificazione", nemmeno quando saranno scomparsi l'ultimo partigiano e l'ultimo "repubblichino", se quelle ragioni, spesso "più grandi di loro", se non anche motivate da fattori contingenti o da vere e proprie emergenze, non saranno comprese fino in fondo, e sublimate in un riconoscimento di pari dignità, anche per chi si trovò per convincimento o per circostanza dalla parte "sbagliata".
 Del resto, nefandezze di ogni tipo, come ormai è ampiamente documentato, furono compiute dall'una e dall'altra parte, perché la madre dei delinquenti, ahinoi, è sempre incinta; e poi, non è forse vero che anche gli Alleati si macchiarono di delitti condannati dallo stesso diritto internazionale, fucilando senza alcun motivo i prigionieri italiani in Sicilia, distruggendo obiettivi senza valore militare, e programmando azioni meramente terroristiche come i quaranta bombardamenti che rasero al suolo la piccola Zara, solo perché così piaceva a Josip Broz detto Tito?
Se non altro per questo, grande merito etico-politico deve essere riconosciuto a Gianfranco Gambassini per avere consegnato agli ignari, e prima ancora agli immemori, quest'opera tanto più stimolante perché mutuata dalla grande storia, ma nello stesso tempo dalla dura esperienza personale; per avere dichiarato "assolutamente inaccettabile" le dichiarazioni di Gianfranco Fini secondo cui "la Repubblica Sociale Italiana è stata una vergogna", cosa che "ha offeso profondamente l'onore di tutti i ragazzi di Salò", ma anche "i valori morali della destra italiana"; e per avere concluso il suo intervento al Senato auspicando che la discussa legge con cui, nello scorcio dell'ultima legislatura, è stato finalmente riconosciuto ai combattenti della RSI lo "status" di belligeranti, ma "senza benefici", aggiungendo al danno la beffa, possa essere rivista e corretta, prima che gli ultimi di costoro tolgano il disturbo. 
Ecco una bella occasione per la sinistra, oggi al Governo, di dare una prova concreta, moralmente importante ed economicamente trascurabile, della sua propensione "pacificatrice", e di anteporre l'ethos alle ragioni della bassa politica. 
 
 
   
Otto Remer "STA CON IL FUHRER O CONTRO DI LUI?" Il mio ruolo a Berlino il 20 luglio 1944  
Effepi 2006
Memorie del Generale tedesco Otto Remer sull'attentato del 20 luglio 1944 contro Adolf Hitler, da cui fu direttamente incaricato della repressione. Numerose foto e tabelle b/n
Rebaudengo Gianni UN GIORNO PER MORIRE UNA GENERAZIONE NELLA GUERRA CIVILE 1943-45
Editore: LO SCARABEO EDITRICE Pubblicazione: 01/2006  Numero di pagine: 112 Prezzo: € 12,40 
Con questo libro l'autore traccia uno spaccato   della Guerra Civile che ha insanguinato l'Italia dal   1943 al 1945. Una guerra scaturita dalla resa   dell'8 settembre e che ha visto molti Italiani   schierati su due opposti fronti in una lotta che non   concedeva quartiere. Come spiega l'autore nella   nota introduttiva, i numerosi personaggi che   danno vita alle singole storie non sono personaggi   di pura fantasia, essi appartengono ­ pur in una   dimensione romanzata ­ ad esperienze realmente   vissute, trasmesse oralmente dai superstiti.   Personaggi di una tragedia che lascerà i vivi con   gli occhi spalancati su un mondo piagato,   stravolto da una violenza a volte cieca,   insondabile. Storia vissuta di studenti e contadini,   di "vecchi" soldati che non vogliono arrendersi, di   entusiasmi e fatalismi sullo sfondo di scontri   cruenti di una maledetta guerra che annuncia le   stragi di Aprile. 
 Michele Simoni (con la colaborazione di Sebastiano Montresor), AUDERE
2006. Un film documentario sulla Decima Flottiglia MAS ne1 periodo 943/45. Il film e' stato finalizzato dalla Labsurdo, verra'  distribuito dalla Lupo Editrice di Bologna.  Il DVD si può ricevere a mezzo posta ,al prezzo di euro 15,00 comprensivi di spese di spedizione, in modalità c/assegno. La richiesta può essere fatta a: obiettivosubologna@libero.it oppure a: micsim@alice.it.
Documentario storico che mira a ricostruire i fatti mai narrati dalla viva voce di chi li ha vissuti. Sette militari appartenenti al corpo della Xª Flottiglia MAS raccontano cosa li ha spinti a offrire tutto alla loro Patria, quali erano le ragioni che li sostenevano durante i periodi più drammatici di un’Italia che già si stava sfasciando negli opportunismi politici e partitici, nelle speculazioni economiche, nelle comode e fittizie certezze narrate da penne al servizio del Sistema. 
Vedi il filmato promozionale del documentario cliccando qui:.
http://video.google.it/videoplay?docid=-5848210512043124799&q=montresor
 
     
 
  
Giovanni Piardi (a cura di Jean Mattassi)  QUANTA STRADA FARAI, GIANNI, NELLA VITA! Memorie di guerra 1943-1945
2006. Il volume è disponibile solo online. Il prezzo per ogni copia stampata è di € 9,00, mentre l'e-book è scaricable gratis.  Per ulteriori informazioni o per ordini cliccare su questo link: http://www.lulu.com/content/824336
Descrizione del libro:   Mio nonno, il sottotenente Giovanni Piardi, catturato a Merano dopo l'otto settembre 1943, girò il III Reich come prigioniero di guerra. Nel manoscritto delle memorie che lasciò ai familiari descrive le sue avventure di venticinquenne neolaureato, strappato alla sua vita per combattere una guerra di un'Italia che quell’infame giorno lo tradirà. Gianni racconta le sue (spesso tragiche) peripezie senza amarezza, ma con uno spirito ottimista, critico e talvolta ironico, nonostante la situazione sembri peggiorare giorno dopo giorno. Ho deciso di trascrivere la sua esperienza per parlare di un uomo, non di un "soldato" o di un "fascista", ma di un ragazzo come tanti, vittime della loro epoca, che sono sopravvissuti per raccontarci l'assurdità della guerra.  Il libro è un ulteriore tassello per la ricostruzione della storia (per alcuni dimenticabile) della RSI. Mio nonno ha scritto diverse osservazioni che vanno contro la storiografia ufficiale (sfatando, ad esempio, il mito che pochi prigionieri italiani dei nazisti aderirono alla Repubblica Sociale) e descrive con minuzia la vita giornaliera nei lager e le varie escamotage per continuare a vivere, fino al suo ritorno a casa.
Massimo Filippini I CADUTI DI CEFALONIA: FINE DI UN MITO
IBN editori, Roma 2006 € 10,00 http://www.cefalonia.it/ Per acquisti: massimo.filippini@cefalonia.it oppure: Istituto Bibliografico Napoleone (IBN) via dei Marsi 53/57 - 00185 ROMA tel. 064452275
Questo libro, il terzo dello stesso autore su quel soggetto, tratta dei fatti occorsi nel settembre 1943 alla divisione Acqui in quella bella isola greca, entrata in tal modo a far parte della storia militare italiana. Sono fatti su cui da 60 anni si polemizza e discute, si indicono commemorazioni commosse; sui fatti chi vuole saperne di più trova puntigliosi riscontri sulle enciclopedie, di cui da tempo si tratta su molti mass media e che sono stati oggetto di due recenti film: uno straniero (Il mandolino del capitano Corelli) e l'altro italiano (Cefalonia, proiettato dalla nostra tv di Stato). Con tale dovizia di informazioni, con un attenzione incessante, inusuale per un Paese come il nostro dove ogni argomento cattura l'interesse per attimi, perché mai occuparsi dell'ennesimo libro su eventi che si avrebbe ragione di considerare accertati oltre ogni ragionevole dubbio? Ebbene, di motivi ve ne sono almeno due. In primo luogo, la ricostruzione ufficiale dei fatti su cui si fonda il mito Cefalonia è contestata con ricchezza di dati di alcuni - fra cui Filippini - e ciò da solo giustifica una legittima curiosità. Inoltre, la lettura del libro fa emergere il dubbio che l'edificazione del mito sia dovuta non solo al desiderio - apprezzabile - di valorizzare la figura del militare in un contesto tragico quale quello del 8 settembre 1943, ma anche al tentativo - opinabile - di avvalorare la tesi del sacrificio di massa in omaggio al cliché in voga in Italia del soldato buono, che alla resa dei conti si converte in eroe martire e remissivo in contrapposizione all'impopolare eroe combattente. Quei due motivi da soli più che giustificano la recensione del libro, impresa non facile per il suo alto contenuto polemico, per il suo tono spigoloso e per l'implicito invito dell'autore ad associarsi al suo scontro diretto con coloro che hanno contribuito a promuovere i fatti di Cefalonia a epopea nazionale. Non farsi coinvolgere non sarà facile, non solo perché si tratta di un tema tragico e assai controverso, ma anche perché il suo autore è profondamente coinvolto egli stesso. Ex ufficiale, orfano di un ufficiale di carriera caduto a Cefalonia, Massimo Filippini ha dedicato tutta una vita al tentativo di fare chiarezza su fatti che ritiene siano stati ad arte manipolati. In questa sua ultima opera che, come indica il titolo, dovrebbe contribuire alla fine dell'esaltazione eroica di Cefalonia, l'autore si rivolge a due aspetti che sono stati fra i pilastri portanti della costruzione del mito. Il primo è il numero che pare davvero eccessivo di soldati italiani passati per le armi dai tedeschi in un eccidio perpetrato da forze regolari contro altre forze regolari. Il numero sarebbe stato ingigantito "forse per accrescere in una opinione pubblica all'oscuro dei fatti non tanto la pietà per i poveri morti quanto il risentimento, in chiave soprattutto ideologica, verso il nemico nazista". Quali che siano le cause della disinformazione, non si può non convenire che non si tratta di un esempio isolato e che in Italia permangono fitte zone d'ombra attorno a quel tragico 8 settembre, di cui Cefalonia è uno dei tanti tristi episodi, che ha esposto spietatamente le carenze delle nostre istituzioni e la fragilità della stessa nazione. La politica del dopoguerra, offrendo al Paese una sua versione dei fatti che attribuiva alla Resistenza ogni merito per il riscatto del Paese minimizzando il ruolo dei militari, ha fatto sì che qualsiasi evento di quegli ultimi anni di guerra fosse desideroso di celebrazione nazionale dovesse essere interpretato in chiave resistenziale. Tuttavia, se ciò ha contribuito all'iniziale edificazione del mito, la persistenza del fenomeno la si deve anche alla sua sintonia con la visione ormai consolidata delle cose militari. Gli ingredienti della cultura militare attuale ci sono tutti: lo scarso credito dato alle strutture militari; la pochezza dei comandanti; la dissidenza di pochi esaltata come eroica perchè in rima resistenziale; il plauso per un presunto referendum inteso a decidere se deporre le armi o resistere e offerto quale prova di democrazia; la resa senza colpo ferire e l'altrettanto rassegnata accettazione dell'eccidio. Per sottoporre la versione ufficiale-ufficiosa - ma comunque generalizzata - dei fatti a una diagnosi che si riveli attendibile, Filippini si avvale di documenti ufficiali e di testimonianze di alcuni superstiti e con pregevole ostinazione si prodiga nel tentativo di smontare l'ipotesi, ormai metabolizzata dalla retorica nazionale, dell'immane "sterminio" le cui cifre si sono attestate su 9-10mila morti per mano tedesca. In una attenta disamina, egli cerca di stabilire quanti siano stati i caduti in combattimento e quelli passati per le armi dai tedeschi, i soli associabili ai drammatici fatti di Cefalonia, per distinguerli da coloro che, invece, si unirono alla resistenza greca (qualche centinaio), collaborarono con il nemico (oltre 1.200) , rientrarono in patria con odissee personali e di gruppo, furono internati in campi di concentramento in varie parti d'Europa, anche in Russia, e perirono in mare (1.300) per l'affondamento delle navi che li trasferivano altrove. Alla fine della rassegna, da cui si esce frastornati dalla ridda di numeri assai distanti fra loro esibiti da vari esperti a sostegno delle rispettive ipotesi sul massacro di Cefalonia e dopo che l'autore ha premesso che "un bilancio definitivo preciso all'unità è impossibile", Filippini propone su un totale di 12.000 militari della divisione Acqui presenti sull'isola , un numero di 1.647 caduti per mano tedesca di cui 1.290 in combattimento e 355 per fucilazione, per la maggior parte ufficiali fra cui suo padre. Tale ultima cifra, seppure non sminuisca le orrende responsabilità dei tedeschi, è meno del cinque per cento rispetto ad alcune fra le ipotesi in circolazione. Un altro aspetto sui cui Filippini si sofferma è la responsabilità delle autorità politiche e militari. A prescindere da quelle ovvie delle alte gerarchie nazionali e su territorio greco, merita attenzione la sua valutazione positiva dell'operato del comandante della divisione Acqui, generale Gandin, sottoposto invece dalla vulgata nazionale a gravissime critiche che Filippini, controcorrente, rovescia su alcuni gruppi di sediziosi che ne avrebbero minato l'autorità. La descrizione, sia pure succinta, di queste deviazioni è fra le parti più inquietanti del libro e resta fra le pagine bianche dei fatti su Cefalonia. Che poi i suoi protagonisti abbiano rivendicato e ottenuto medaglie al valore militare e siano stati reintegrati nella carriera per una bizzarra rivalutazione in chiave resistenziale del loro operato, sa di grottesco. A ciò si aggiunge che oltre mille militari, scampati al massacro e poi divenuti "collaborazionisti a pieno titolo dei tedeschi" furono celebrati come eroi partigiani al loro rientro in Patria e celebrati come tali anche in seguito. Come esempio di travestitismo e come conforme connivenza delle istituzioni, un episodio encomiabile. Si fa, naturalmente, per dire. A latere, vi è anche accenno a stravaganti valutazioni delle commissioni d'inchiesta e persino a iniziative giudiziarie tendenti a incriminare il capo e il sottocapo di stato maggiore dell'Esercito per avere dato l'ordine al generale Gandin di opporsi con le armi ai tedeschi. Ne si desume che, secondo loro, avrebbero dovuto ignorare gli ordini avuti e accettare l'invito alla resa come scelta giuridicamente ineccepibile. Chi si meraviglia oggi per l'avvio di inchieste da parte della magistratura sull'operato di comandanti durante uno scontro a fuoco vi trova un precedente inquietante. Giunto al termine di questa mia confusa recensione, in cui ho trovato non poche difficoltà a raccapezzarmi, consiglio la lettura del libro, che è indubbiamente interessante e si dimostra di preoccupante attualità quale esempio di insabbiamento del caso o di ricostruzione ad arte dei fatti. Tutti vittime, nessuno colpevole, in una fuga dalle proprie responsabilità che torna comoda a chi ha sbagliato ma che offende la memoria di chi per i suoi errori ha sofferto e magari anche perso la vita. Vi è chi auspica che la verità ufficiale su Cefalonia trionfi e che storici come Filippini cessino di contestarla al solo fine di non rimettere tutto in discussione. Se così avessero ragionato gli Stati Uniti, non sarebbero mai emerse le colpe politiche e militari del conflitto in Vietnam. Se la ricerca della verità è indubbiamente traumatica, è anche vero che la persistenza del dubbio che sia stata manipolata induce a debilitante e demotivante sfiducia. Non resta quindi che tirare le somme della intera questione, liberandola della vis polemica, chiarendo il ruolo giocato dai protagonisti, facendo chiarezza sui fatti con auspicabile obiettività. Sono passati 60 anni da allora. E' ora che la storia con la S maiuscola restituisca dignità al triste evento, sottraendolo alle speculazioni e ai conformismi di parte. Sostiene Shakespeare: "La gloria del Tempo è di calmare i contendenti, smascherare le falsità, portare alla luce la verità". Come proposito non è affatto male. Luigi Caligaris, 26 ottobre 2006. da http://www.paginedidifesa.it/2006/caligaris_061026.html 
CAPODISTRIA SANDRINO E I LIBERATORI-INVASORI JUGOSLAVI 1943-1947 Nidia Cernecca 
Brossura, pag. 160  Pubblicato da Controcorrente 2006
Sandrino è un bambino come tanti, intelligente, sensibile e vivace, ma ha la ventura di vivere i suoi anni infantili nella città di Capodistria nel periodo dell'invasione e poi della totale occupazione da parte dei partigiani jugoslavi di Tito. Da questo momento la vita di Sandrino non sarà più la stessa, la sua famiglia si disgregherà con la morte della mamma e l'allontanamento del padre in cerca di lavoro.  Allora Sandrino crescerà in fretta, dovendo affrontare situazioni più grandi di lui, in una spirale di violenze e di discriminazioni nei confronti della popolazione italiana dell'Istria da parte dei feroci occupanti comunisti di Tito.
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valentina (04-09-2006) Bellissimo, un libro che si divora e che ti prende come un vortice. Commovente fino a farti piangere di pietà e di rabbia, per un padre (padri) perduto, per un popolo, quello italiano, che in istria e dalmazia è stato ucciso senza un perchè. Quando si arriva a l'ultima pagina si resta sgomenti per tanta crudeltà e per tanta ingiustizia, per quei morti che ancor oggi molti rinnegano ma che nonostante tutto sembrano ancora urlare dalle foibe per avere giustizia perchè non erano criminali ma semplicemnete italiani. Dovrebbero far leggere questo libro nelle scuole perchè non è possibile che nel 2006 ci siano persone che ancora non conoscono cosa è capitato agli italiani che son stati uccisi dai comunisti jugoslavi. Leggerlo mi ha aperto il cuore e la mente, ve lo consiglio vivamente.
da http://www.ibs.it/code/9788889015551/cernecca-nidia/capodistria-sandrino-liberatori
 
 
 

 
 
2005
 
 
  
Giuliano Fiorani BATTIMANI E SPUTI
Brossura 17 x 24 cm. pag. 282 con alcune foto b/n e riproduzioni di documenti  Stampato nel 2005 da Grafica Ma.Ro 
commento in Historica:
Giuliano Fiorani  Curzio Malaparte che faceva parte dell'Esercito anglo-americano, così descrive l'entrata degli Alleati a Firenze. "Una mattina passammo il fiume e occupammo Firenze. dalle cantine alle fogne, dalle soffitte agli armadi, sotto i letti, dalle crepe dei muri, dove vivevano clandestinamente da un mese, sbucarono come topi gli eroi dell'ultima ora, i tiranni di domani, quegli eroici topi della libertà che un giorno avrebbero invaso tutta l'Europa. Attraversammo Firenze in silenzio, a occhi bassi, come intrusi e guastafeste, sotto gli sguardi sprezzanti dei clown della libertà coperti di coccarde e di bracciali" 
Luciano Lucci Chiarissi CON IL BARBARIGO A NETTUNO
Il diario di un Maro' della Decima Mas reduce dagli scontri ad Anzio-Nettuno. Le impressioni delle settimane al fronte, della guerra di posizione, i vividi ritratti di commilitoni e superiori, il resoconto della realtà quotidiana della vita in linea, delle grandi privazioni e dei brevi momenti di quiete dei ragazzi della terza Compagnia del Battaglione "Barbarigo", sono quì raccontate in pagine intense ma prive di retorica. In appendice è incluso l'elenco dei caduti del battaglione, le onoreficenze concesse e lo spartito musicale dell'Inno della Decima Flottiglia Mas.  Brossura, pag. 88 con 16 pagine di foto b/n  Stampato nel 2005 da Effepi 
Marco  Barsacchi   IL SORRISO DEGLI DEI
Ed.  Jouvence,  Roma  2005
    Sono tempi duri per gli antifascisti di professione. Si incrina sempre  più la diga del silenzio costruita una sessantina di anni fa, che sembra ormai sul punto di rompersi, ed aprire la strada alla diffusione di 'altre' verità, di rivelazioni e scoperte che per tanto tempo si è cercato di ignorare o quanto meno di tenere in ombra. Non si allude soltanto ai lavori di Giampaolo Pansa, che 'pericolosamente' diffondono a livello mediatico la conoscenza di tanti fatti e misfatti già ben noti agli interessati, sia quelli che lamentavano il silenzio intorno ad essi, sia quelli che si sforzavano di perpetuarlo. E non si tratta nemmeno dei numerosissimi che, dopo esser stati esponenti di rilievo delle istituzioni e della cultura durante il periodo fascista, al momento opportuno fecero il salto della quaglia, riqualificandosi subito, tramite una facile abiura, come classe dirigente della nuova Italia. Essi furono già segnalati e registrati, da Alvaro a Zangrandi, nel celebre Italia fascista, in piedi ! di Nino Tripodi. No. Da un po' di tempo affiorano fortunosamente, tra carte lontane e dimenticate (?), lettere o documenti che testimoniano insospettabili momenti di piena integrazione nel regime, o di calda adesione a idee, sentimenti o scelte che lo caratterizzarono, in personaggi che sono poi divenuti figure simboliche, quasi dei 'testimonial', del più puro, incontaminato, intransigente 'antifascismo'.  Esemplari gli imbarazzanti  casi di Norberto Bobbio e Carlo Emilio Gadda, rapidamente archiviati. 
    Un po' diverso il caso di Cesare Pavese, anch'egli classificato, negli anni del dopoguerra, frettolosamente e non senza forzature, come intellettuale comunista vittima del regime, esponente morale della Resistenza benché in quegli anni se ne fosse stato da parte, e scrittore 'neorealista' nonostante la forte componente lirica e simbolica delle sue opere. Conoscendo anche poco il personaggio e la sua opera, si è comunque sicuri che, pur iscrittosi al PCI nel 1945, anche se non fosse morto suicida cinque anni dopo non avrebbe mai assunto il  compiaciuto ed accigliato magistero antifascista tenuto troppo a lungo dagli altri due e da tanti altri. 
Su di lui è uscito, l'anno scorso, un volume sostanzialmente passato sotto silenzio dalla critica letteraria, nonostante qualche caloroso consenso: si tratta di Il sorriso degli dèi, (Jouvence, Roma 2006), di M. Barsacchi. Lo segnaliamo qui perché l'autore dà di Pavese una lettura alternativa rispetto a quella codificata in anni lontani e sostanzialmente rimasta in vigore fino ad oggi, nonostante il mutare delle tendenze letterarie e delle prospettive intellettuali.
Secondo l'autore, Cesare Pavese (1909-1950) -  scrittore raffinato e precocemente aperto alle più diverse tendenze culturali europee, cui egli stesso aprì la strada in Italia - fu una figura complessa, di notevole spessore intellettuale ma anche non priva di contraddizioni, fragile e tormentata, come drammaticamente dimostra la sua tragica fine. E' semplicistica, riduttiva e sostanzialmente falsa la sua inquadratura nei ranghi dell'antifascismo militante, che si cerca ancora di mantenere.
    L'espressione  'il sorriso degli dèi' è una metafora che proviene da un lavoro dello scrittore piemontese, i Dialoghi con Leucò, dove gli dèi sono posti a confronto degli uomini. Allude alla condizione ideale della serena accettazione di se stessi e del mondo, quel vivere il destino come libertà e non come opprimente catena, quella 'maturità' o sicurezza di fronte agli altri ed alla storia, che Pavese, soffrendone, pensò di non esser mai riuscito a conseguire. I Dialoghi, scritti fra il 1945 e il 1947, sono l'opera che egli amò di più (ed anche la più aliena dalla cultura della sinistra), perché pensava di essere riuscito ad esprimervi in forma poeticamente appropriata le sue intuizioni fondamentali sulla vita umana e tanta parte di se stesso. Lì va ricercata la chiave per comprendere sia la storia intellettuale di questo scrittore, sia la causa e il senso della sua perenne inquietudine, delle sue debolezze e sconfitte personali. Quella capacità di sentire in termini 'mitici' la realtà, le proprie esperienze, il sentimento della vita e del destino, la tentazione della morte, fu la sua grandezza e la sua condanna. Barsacchi ne segue le tracce nel profondo rapporto di Pavese col mondo della campagna, nel simbolismo lunare delle sue opere, nella complessa genesi della 'poetica del mito'. Vengono posti così in luce tanti aspetti  dello scrittore che mostrano inconfondibili legami con la sensibilità e la cultura dell'irrazionalismo decadente. Un ampio capitolo dedicato al 'taccuino segreto', che casualmente scoperto nel 1962 a lungo si è preferito lasciare inedito, mostra come le riflessioni ad esso affidate, fra la metà del 1942 e la fine del 1943, lungi dall'essere incomprensibili e 'scandalose' (perché, si direbbe oggi, 'politicamente scorrette'), siano tranquillamente spiegabili nella prospettiva dell'autentico itinerario intellettuale ed umano di Pavese.
    Ma cosa c'è di 'scandaloso' in questo taccuino, che per trent'anni è stato tenuto nascosto, ed è stato infine pubblicato ma nel modo più effimero che si possa immaginare, cioè sulle pagine di un quotidiano, destinate a restare in circolazione al massimo qualche giorno e presto accessibili solo ai volenterosi frequentatori delle grandi biblioteche ? Diamo la parola a Barsacchi : " Semplicemente, esso attesta in maniera inconfutabile, almeno per il periodo in cui è stato redatto - ed è un periodo di svolta cruciale, nella nostra storia, che vede il tracollo militare, la crisi del regime e le premesse della guerra civile - la piena sintonia di Pavese sulla lunghezza d'onda del nazionalismo fascista. Testimonia la sua  insofferenza per il perenne corrosivo chiacchiericcio di opposizione, che caratterizzava il suo ambiente torinese (" Stupido come un antif(ascista). Chi è che lo diceva ?"); l'assoluta sfiducia nei confronti del tentativo badogliano, il disprezzo per quegli "ometti" che cercavano la pace ad ogni costo; le speranze riposte nel fascismo repubblicano."(pag. 91).
    Di questo 'taccuino, Il sorriso degli dèi  riporta ampi stralci, commentandoli opportunamente e mostrandone la coerenza, nonostante le apparenze, con la vita e l'opera dello scrittore piemontese. Le quali, a ben vedere, non corrispondono affatto all'immagine in cui una storiografia di parte - del resto, col suo stesso consenso - volle fissarlo. Il merito di questo libro è di guidarci, senza forzature, a capirlo, e a scoprire un Pavese quanto mai lontano dalla visione marxista dell'uomo e della storia.
 
 
 
Pierangelo Pavesi - Carlo Rivolta ERANO FATTI COSI 
MA.RO. Editrice 2005
256 pagine - 81 fotografie b/n Euro 23,00
“Erano fatti così” è la cronaca della vita di un ragazzo che nell’autunno del 1943 si arruola nella Muti;prima come squadra d’azione, poi Legione. Vive da vicino l’assassinio del federale di Milano, Aldo Resega, il presidio dell’autostrada Milano - Torino, i tre atti tragici di piazzale Loreto:  8 agosto ’43, 10 agosto ‘43, 29 aprile ‘45. Dalla Muti passa nei servizi segreti della RSI: lo Z/A e il PDM, servizi segreti sui quali la storia ufficiale mantiene tuttora il massimo riserbo. Un ragazzo che inizia la sua guerra a poco più di sedici anni: impugna le armi e le tiene in mano fino al mattino del 26 aprile. 

 
Cucut LE FORZE ARMATE DELLA R.S.I. 1943-1945 Volume di 222 pagine (21x 29,7) in carta patinata opaca da 115 gr. e copertina in cartoncino plastificato opaco da 250 gr. a 4 colori, con oltre 180 immagini foto e 13 cartine. Prezzo 30,00 €, ai soci 21,00 €. 2005.
Si tratta di una sintesi, tra "Gli Ultimi in Grigioverde" di Pisanò e Baldrati e "Le Forze Armate della RSI" di Nno Arena con l'intento di avere un quadro più esaustivo possibile.
 

 
2004
 
 
  
CON MUSSOLINI Antonio Pascale
Brossura, pag. 171 con 30 fot b/n  Stampato nel 2004 da Settimo Sigillo 
Enzo Rebucci MODENA 1943-1945: CRONACHE DAL FRONTE INTERNO
Roma : Settimo sigillo, [2004]. 13 Euri.
La Guerra Civile che ha avvolto l'Italia del Nord dopo l'8 Settembre 1943 è stata violenta, sanguinaria e terribile. Solo da qualche anno la storiografia ufficialene sta evidenziando le atrocità compiute nei confronti di fascisti o presunti tali. Se Gianpaolo Pansa ha potuto scrivere il suo "Il sangue di vinnti", che tanto scalpore ha suscitato, è perchè prima di lui molti reduci, ex-combattenti o singoli ricercatori hanno testimoniato ciò che avvenne in quelle "radiose giornate".
Quello che qui pubblichiamo è il diario di un testimone oculare di quellegiornate, attore in prima persona di quegli avvenimenti, in provincia di Modena, e che ha avuto un proprio figlio vittima di quell'odio ideologico che ha diviso l'Italia.
ENZO REBUCCI (1893-1974) - medico chirurgo è stato Primario del reparto oculistico presso gli Ospedali di Mirandola e San Felice sul Panaro, in Provincia di Modena.
Epurato nel 1945, ha curato gratuitamente gli indigenti, che non volevano servirsi delle strutture ospedaliere, presso il suo ambulatorio di Mirandola.
Filippo Giannini DAL 25 LUGLIO A PIAZZALE LORETO
Brossura, pag. 455 con 14 riproduzioni di documenti  Stampato nel 2004 da Settimo Sigillo
Questa collana si concluderà con la pubblicazione di un quinto volume il cui titolo sarà “Uno scudo protettivo, Mussolini, il fascismo e gli ebrei”.
Filippo Giannini ha compiuto uno sforzo di ricerca e di confronto, fra le varie testimonianze orali e scritte, particolarmente difficoltoso sia per l’impossibilità di consultare gli Archivi di Stato, sia per le reticenze che, ancora oggi, sono poste in atto per gli avvenimenti più scabrosi trattati nell’opera.
Architetto e scrittore, ha collaborato con numerosi quotidiani e periodici.
Con mano esperta l’Autore ci conduce fra i meandri del colpo di stato, effettuato dal Re, con la complicità di quegli uomini delle Istituzioni che avrebbero dovuto rivolgere le proprie capacità nell’assolvere i doveri degli incarichi espletati, invece di tramare portando la Nazione al collasso, tradendo le speranze degli italiani.
Con l’occupazione della Tunisia e lo sbarco in Sicilia, il tradimento assume contorni evidenti.
Non è il soldato che si sottrae alla prova, ma l’intero Stato Maggiore che si sottrae allo scontro finale, dando vita ai misteri della mancata difesa della piazzaforte di Augusta e lo sbandamento di alcuni reparti in seguito ad ordini inopportuni. Lo sbarco è contenuto dalle truppe italiane e tedesche provocando la reazione esasperata delle truppe Alleate che si abbandonano ad eccidi nei confronti dei prigionieri rei di avere combattuto con valore e accanimento.
Anche la popolazione civile non fu risparmiata, subendo saccheggi e violenze, come risulta da una valida documentazione. Nonostante tutto, lo sbarco e l’occupazione non furono una passeggiata – come si tenta di far credere – e si può affermare che senza il tradimento posto in atto, decidendo l’intervento della flotta della Marina italiana e della piazzaforte di Augusta, la sorte delle nostre armi sarebbe stata diversa e gli Alleati avrebbero subito tali perdite da addivenire a più miti consigli.
Lo sbarco in Sicilia fu preparato con la connivenza della mafia siciliana presente nelle prigioni americane. Noti mafiosi con anni di galera da scontare vennero liberati e sbarcati in Sicilia, ove misero in piedi una rete di spionaggio e fecero opera di disfacimento presso la popolazione, stremata dai bombardamenti e dagli scarsi rifornimenti alimentari. Ad occupazione avvenuta, questi delinquenti ottennero incarichi di carattere pubblico con le conseguenze ancora oggi evidenti ai nostri occhi. Anche una parte del clero non disdegnò di minare il morale della popolazione, con conseguenze prevedibili. Le vicende siciliane si riflettono sulla politica interna ed internazionale. Il bombardamento di Roma si aggiunge agli eventi disastrosi, incidendo anche sull’incontro a Feltre di Mussolini con Hitler.
I congiurati scalpitano, e dall’odiosa alleanza fra alcuni membri del Gran Consiglio del Fascismo con Badoglio, i vari Generali e l’avallo del Re, si giunse al 25 luglio con il conseguente arresto del Duce. Le trattative con gli Alleati procedono con celerità, ed il gioco su due tavoli impone di assicurare l’alleato tedesco sulla lealtà dell’Italia fino a poche ore prima della divulgazione della resa. Uno sporco affare.
Nel testo presentato, quanto sopra esposto è riportato con dovizia di particolari e testimonianze di ogni genere. L’incalzare degli eventi è vertiginoso. Lo sbarco alleato a Salerno, la fuga del Re a Pescara per imbarcarsi per Brindisi, la liberazione di Mussolini ed il suo colloquio con Hitler, la costituzione della Rsi, l’accorrere di centinaia di migliaia di giovani per combattere contro l’invasore anglo-americano, il processo di Verona, l’inizio della guerra civile, l’uccisione di Gentile per giungere fino alla tragica conclusione. Si può affermare che solo la Sua presenza riuscì a tenere a freno la prepotenza tedesca ed a mantenere la sovranità dello Stato Repubblicano.
Questo libro suscita reazioni ed emozioni profonde specie per chi ha vissuto quegli anni. Il testo scorre ed incuriosisce il lettore che si sofferma a meditare pagina dopo pagina, a volte reagendo con rabbia agli evidenti tradimenti. Gli archivi sono ancora chiusi, ma la gran parte della verità sta emergendo dalla melma delle “vulgate” resistenziali.
Vada un ringraziamento a Giannini per la fatica prestata. 
 
 

2003
 
 
Marino Perissinotto Carlo Panzarasa COME LA FENICE 
Durante la R.S.I. la Decima Mas di Borghese, costitui' non senza notevoli difficolta', alcuni gruppi d'artiglieria con lo scopo di supportare i reparti della Decima impegnati al fronte. Questa e' la storia del Gruppo d'Artiglieria "San Giorgio".  Brossura, pag. 64 con 35 foto b/n  Stampato nel 2003 da Editoriale Lupo 

 2002-1-2000-1999-1998 etc.
 
 
 
JUNIO VALERIO BORGHESE E LA Xa FLOTTIGLIA MAS settembre 1943 - aprile 1945 
256 pp. - ill. b/n - brossura - ed. 2002 - Mursia. NUOVO. EUR 15,50   1x1_06058
Bordogna Mario (a cura di) JUNIO VALERIO BORGHESE E LA Xa FLOTTIGLIA MAS DALL'8 SETTEMBRE 1943 AL 26 APRILE 1945 256 pp. - ill. b/n - brossura - rist. 2007 Mursia - Testimonianze fra cronaca e storia (1939-1945: Seconda Guerra Mondiale) 

 Lodovico Galli L'ECCIDIO DI ROVETTA 28 aprile 1945 Una spietata rappresaglia nella bergamasca
Zanetti Editore Ristampa settembre 2000 pag. 188 Lire 24.000
Un atto di delinquenza, come tanti altri, che ha posto in luce la vera essenza dei valori propagandati ed in nome dei quali vi era stata pretesa di portare giustizia nel mondo. Atti come questi sono naturali in chi professa la diffusione del comunismo...
Rovetta è una pagina infame dell' "epopea'' resisenziale e non esiste decreto o legge che possa declassarla come atto di guerra. La guerra non prevede la fucilazione dei soldati in uniforme che si arrendono perchè la stessa è finita.
Come li chiameremo questi delinquenti che, a guerra conclusa, ebbero anche un premio in denaro per la campagna invernale 19441945?
Quarantatrè Martiri, volontari della Guardia Nazionale Repubblicana al comando di un Sottotenente di 22 anni, il più anziano del reparto, composto da giovani dai quindici ai venti anni che furono indotti alla resa dall'intervento del parroco del paese e dal solito inconcludente comitato, con la promessa di un salvacondotto per rientrare nel proprio paese d'origine. 
Essi furono, invece, gettati alla mercè dei partigiani comunisti, violando ogni codice d'onore e la parola data.
La bell'anima di Don Bravi, è convincente nel trattare la resa, è "audace'' da far parte del CLN, perchè non ha fatto scudo a quei poveri ragazzi, rei di aver amato la Patria, innocenti anche nei pensieri?
Furono pestati a sangue, schierati sotto il muro del cimitero, fucilati a cinque alla volta, infine gettati oltre il muro di cinta come animali con grave vilipendio dei cadaveri. Ed il Maggiore Pacifico, che ottenne la consegna delle armi, che tanto bene descrisse il comportamento militare di quei giovani, come ha potuto trovare pace nel corso della vita? Quei giovani hanno affrontato il plotone degli assassini con fierezza, a testa alta, e l'ultimo, Giuseppe Mancini di anni venti, figlio di Edvige Mussolini, sorella del Duce, prima di essere fucilato fece il saluto alla voce dei quarantadue camerati deceduti ed offrì il petto alla raffica assassina.
L'opera fu completata con il furto di tutti gli oggetti personali dei Caduti, sempre in nome dell'antifascismo e della distribuzione delle ricchezze.
Con questa fatica Lodovico Galli ha reso giustizia ai Caduti, e l'opera, presentata con dovizia di testimonianze, con la pubblicazione delle indagini dei Carabinieri e della Procura della Repubblica e la relazione del CLN di Rovetta, ci permette di giudicare e di confrontare, oltre ai fatti, la differente statura morale delle vittime e dei carnefici. Questo testo merita la più ampia diffusione.
NUOVO FRONTE N. 210 (2001) Rubrica "Leggiamo assieme" a cura di M.Bruno.

Felice Borsato DAL FRONTE INTERNO
Brossura, pag. 63  Stampato nel 2000 da Settimo Sigillo 
I ricordi d'infanzia di un grande cronista sportivo del dopoguerra riaffiorano mostrandoci i momenti salienti del secondo conflitto mondiale di cui è stato spettatore inerme: la dichiarazione di guerra, il Nord, la R.S.I., il bombardamento di Treviso, la fine del conflitto. 

Ezra Pound RADIODISCORSI
Introduzioni contrapposte di Andrea Colombo e Piero Sanavio Edizioni del Girasole Lire 25.000 Ravenna - Via Paolo Costa 10 - Tel. 0544/212830 - Fax 0544/38432 - Pagine 275. 1998
È un testo che fa riflettere.
È un testo che ci fa comprendere perché venne scatenata la guerra contro l'Italia da parte delle potenze Alleate.
È un testo che chiarifica in che modo l'usura e lo sfruttamento del lavoro governino il mondo, adattandosi alle situazioni, corrompendo tutto e tutti in nome dell'accumulo della ricchezza globale.
Il quarantennale della liberazione di Ezra Pound (1958) dall'ospedale psichiatrico di St. Elisabeth (USA) ha fornito l'occasione per pubblicare cinquanta dei centoventi radiodiscorsi indirizzati da radio Roma agli ascoltatori di lingua inglese dal 31 gennaio 1941 al 25 luglio 1943 per il Programma "American Hour''.
Furono questi discorsi che causarono l'internamento di E. Pound per ben 13 anni in un manicomio criminale; senza processo!
Il 3 maggio 1945 viene catturato da alcuni partigiani. Consegnato alle Autorità Statunitensi fu assegnato ad un campo di concentramento per disertori, nei pressi di Pisa, dopo settimane di duri interrogatori. Per tre settimane è rinchiuso in una gabbia di ferro, esposto alle intemperie ed a stretta sorveglianza. Ha un collasso. Finalmente viene ricoverato sotto una tenda; si riprende ed ottiene il permesso di scrivere: compone i "Canti Pisani''. Il 18 novembre è rimpatriato. Nel manicomio criminale compone numerose opere. Nel 1949 i "Canti Pisani'' vengono definiti la migliore opera di poesia pubblicata in quell'anno. Il mondo artistico e culturale si divide nella polemica pro o contro Pound. Nel 1958 viene liberato in seguito al ritiro della accusa di tradimento da parte della Corte Suprema. La liberazione era stata ottenuta per la forte pressione degli scrittori di lingua inglese con in prima fila T.S. Eliot, Archibald MacLeish e Ernest Hemingway.
In luglio rientra in Italia, a Merano presso la figlia Mary da Rachewiltz (che chiuderà questo testo con due interessanti interventi). È l'Italia la Sua Patria, l'ha scelta molti anni prima dopo aver girovagato per il mondo, alla ricerca della giustizia, di quel buon governo che opera per il bene del popolo, ove l'usura e lo sfruttamento non siano gli elementi dominanti, ove l'oro non sia privilegiato rispetto al lavoro.
L'Italia di Mussolini gli appare come un cantiere ove si opera; ove il lavoro ed il produttore sono gli attori principali per costruire una nuova società. È libero chi non è schiavo dell'usura, chi non è vittima dei potentati economici, dei poteri forti che condizionano tutto.
"Il lavoratore non vuole governare, vuole il buon governo''. Da questa affermazione nasce il convincimento che il sistema corporativo, che prevede la partecipazione di tutte le categorie produttrici alla formazione delle norme e delle leggi che amministrano la società, sia migliore di quello basato sul partitismo soggetto alla corruttela dei poteri interessati allo sfruttamento della ricchezza nazionale e mondiale. Pound aveva ben analizzato la diagnosi marxista ma aveva subito constatato che non produceva effetti perché non era incentrata sull'uomo, ma considerava lo stesso come materia per la produzione, da gettare quando non più produttivo, da sfruttare in ogni modo per lo stato comunista, senza dargli in cambio un benessere almeno vicino alla ricchezza prodotta. L'Unione Sovietica era caratterizzata da schiavi, da razioni, da alloggi promiscui ed affollati. In Italia trovò le bonifiche, con la distribuzione delle terre ai coltivatori non sottoposti all'usura bancaria per il riscatto dei poderi, con l'acquisto del raccolto garantito anche nel prezzo che non seguiva il mercato estero sottoposto al capriccio dei cambi. Trovò il fermento delle grandi opere di elettrificazione, di disciplina delle acque, portando il prezioso liquido nelle regioni sitibonde e povere, di costruzione di strade ed opere pubbliche. In Italia venivano attuati gli interventi nel campo della medicina sociale (con la sconfitta della tubercolosi), la tutela del lavoro, le assicurazioni sociali, la riforma del sistema bancario, il progresso nel campo tecnico, la tutela dell'arte libera in ogni sua espressione, la cura per la gioventù, l'onestà ripristinata come valore, la giustizia e l'equità poste a fondamento del vivere civile.
Pound fu impressionato da tanta vitalità.
Confrontava la miseria dei sobborghi delle città inglesi ed americane, la schiavitù e lo sfruttamento dei cittadini sovietici, il gioco di chi con trucchi e corruzioni sfruttava il commercio mondiale senza remore, il disordine in ogni campo, l'incultura di questi paesi, con quanto si stava realizzando in Italia.
Da qui nasce l'ammirazione per Mussolini, che paragonò a Jefferson, da qui tenta ogni passo per contrastare la violenta campagna che i mass media mondiali ponevano in atto contro l'Italia fascista, tradita da Wilson a Versailles. Propaganda la nostra cultura con passione, invita gli anglosassoni a conoscere la classicità greco-latina, madre della civiltà occidentale.  Fa di tutto per scongiurare la guerra contro la Germania e l'Italia, colpevoli di essersi sottratte ai grandi usurai. Bolla come un crimine l'alleanza con l'Unione Sovietica. Bolla come menzognero l'insegnamento della storia e dell'economia.
Si chiede: perché l'America è entrata in guerra, chi la minacciava? Giunge ad affermare che "ogni uomo di buon senso preferisce il fascismo al comunismo dal momento che apprende qualche fatto concreto su entrambi'', "né l'agricoltore né l'uomo d'affari hanno nulla da sperare nel sistema comunista''. ''La guerra degli Stati Uniti è il frutto di fraintendimenti, d'ignoranza e confusione di non conoscenza''.
Per finire con le citazioni: "Questa guerra non è stata causata da alcun capriccio di Mussolini. Essa fa parte di quella guerra secolare che si combatte fra gli usurai ed i contadini, tra l'usurocrazia a chiunque compie un'onesta giornata di lavoro con la mente e con le braccia''.
I radiodiscorsi presentati appassionano ed impressionano. Sono il frutto della sensibilità di un grande personaggio della cultura mondiale che si impone al rispetto di amici ed avversari, che aveva visto realizzati i suoi sogni per una società "in itinere'' che con la propria autarchia si sottraeva all'usura del grande capitale, senza nulla togliere alla capacità imprenditoriale ed al diritto di proprietà nel segno dell'equità sociale. Il Suo sogno era un mondo ove una famiglia con due figli ed un solo reddito potesse vivere confortevolmente.
Questo grande idealista dal 1° novembre del 1972 riposa a Venezia nel cimitero protestante dell'isola di S. Michele.
È soprattutto ai giovani che raccomando questa lettura che ci offre uno squarcio di cielo pulito, la diagnosi di tanti mali e la precognizione di ciò che oggi siamo: vittime di una propaganda ignobile che altera ogni verità storica pur di preservare il potere e la ricchezza dovuta allo sfruttamento usuraio.
NUOVO FRONTE N. 198. 2000. Rubrica "Leggiamo assieme" a cura di M.Bruno
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ANTICIPAZIONI Escono gli interventi con cui il poeta americano esalto' il fascismo dai microfoni dell' Eiar. L' inedito Pound, i radiodiscorsi maledetti "Ma nessuno puo' accusarmi di avere tradito il mio Paese"
----------------------------------------------------------------- ANTICIPAZIONI Escono gli interventi con cui il poeta americano esalto' il fascismo dai microfoni dell' Eiar Pound, i radiodiscorsi maledetti Un conto e' la vita di un artista e un altro la sua opera, l' unica che alla fine resta. Se cosi' non fosse, sarebbe da mettere al bando sia chi picchia la moglie sia chi fa scelte politiche scellerate. E qui le cose si complicano, perche' in materia di morale le valutazioni possono essere diversissime. La premessa e' necessaria nel momento in cui si annuncia la prima traduzione in italiano dei Radiodiscorsi di Ezra Pound (1885 - 1972), trasmessi dall' Italia in inglese e destinati soprattutto al pubblico d' oltreoceano. Il poeta americano volle pubblicamente prendere posizione in favore del fascismo dal gennaio 1941 (prima dell' entrata in guerra degli Usa) al luglio 1943 (quando Mussolini era sul punto di cadere). Dei centoventi discorsi ne appaiono ora cinquanta, tradotti da Andrea Colombo. Percorrendo questi Radiodiscorsi, e' possibile fugare ogni dubbio. Pound ammiro' Mussolini e persino Hitler. Non per convenienza ne' per cinismo, ma inseguendo una propria utopia. Per lui il capitalismo era usura generalizzata e concentrata nel sistema bancario. Contro questo male, gia' stigmatizzato da Dante, vagheggiava un' economia ispirata al socialismo corporativo di C.H. Douglas: ristretta circolazione della carta moneta e scambio diretto dei prodotti. Estendendo l' idea - per lui ovvia - che l' ebraismo coincidesse con l' usura, fu anche antisemita. Ma, commenta Alfredo Rizzardi, introducendo i Canti pisani da lui tradotti nel 1952: "Anche se Pound avesse capito qualcosa del fascismo e del nazismo, il che sembra alquanto improbabile, sarebbe certamente rimasto inorridito da Buchenwald e da Mauthausen". Pound cerco' un ritorno alla societa' rurale nel corporativismo fascista e su questo proietto' un paradigma mitico: la societa' del buon governo voluta da Confucio. D' altra parte, aveva insistito su tali questioni (sia in prosa sia nella poesia dei Cantos, dove ritornano ossessivamente) gia' prima dell' avvento del regime. In questo assomiglia a un poeta romantico (e' stato giustamente comparato a Byron): sente di dover assumere un ruolo sociale, che lo spinge a esporsi, ad ammonire gli americani, a rivelare loro le malefatte di Roosevelt. Da pacifista, compiange una generazione destinata al macello. In un' intervista a Pasolini, Pound disse: "Buona parte della letteratura nasce dall' odio". Se e' vero, molte di queste pagine, cosi' spesso oscure per i farraginosi dettagli economici, sono documenti letterari. Basterebbero gli incipit, il modo sempre diretto e incisivo con cui iniziano, per suggerire l' idea di un parallelo necessario con i Cantos, il poema epico cui Pound attese quasi tutta la vita. Oltre all' odio per la classe dirigente americana, si avverte l' entusiasmo per l' uso del nuovo mezzo, la radio, per il "concetto italiano di civilta" che il fascismo pareva rappresentare. Per esempio, offrendo "liberamente" il microfono a un poeta che, come un moderno Don Chisciotte, prende la parola su tutto: "Ezra Pound vi parla da Roma, in un regime dove la liberta' e' considerata un dovere". Con trionfante compiacimento, confronta la vita degli operai tedeschi e russi. Interviene sulla morte di Joyce, da lui scoperto e lanciato quando viveva a Londra negli anni ' 10. E dedica piu' di una puntata alla lettura dei suoi testi poetici. A piu' di cinquanta anni di distanza, molto altro da leggere non c' e' . Maggio ' 45, la liberazione. Pound fu arrestato dagli alleati, accusato di tradimento, messo (letteralmente) in gabbia, vicino a Pisa. A novembre fu rimpatriato per il processo. Per evitargli la pena di morte, fu rinchiuso per dodici anni in manicomio. Liberato nel ' 58, torno' in Italia, a Merano presso la figlia e a Venezia. La vicenda fece molto scalpore. Ma quale traccia ha lasciato nell' opera? Si devono alla prigionia alcuni dei Canti piu' belli, quelli appunto intitolati pisani. Come se Pound, al pari di altri grandi poeti del ' 900, fosse dovuto passare attraverso un "martirio" per raggiungere i risultati piu' alti. L' inferno della detenzione (alleggerita da molte visite) non muta, pero' , la posizione del poeta. Nessuno scioglimento definitivo interviene a liberare il canto. Le difficolta' di lettura restano: in quella palestra per gli esegeti che e' il poema, fra mille rimandi a testi e personaggi storici, non ci si raccapezza senza un mare di note. Alcune pagine si alzano sulle altre con una forza irresistibile. La tecnica del frammento non tarda pero' a riprendere il sopravvento, imponendo al testo una profonda e insanabile rottura. Per questa via, Pound rappresenta piu' di chiunque altro un certo tipo di Novecento. Rappresenta le arditezze e le contraddizioni di un tempo che ormai viviamo come gia' storico. Ermanno Krumm a * Il libro: "Radiodiscorsi", di Ezra Pound, Edizioni del Girasole, 275 pagine, 25.000 lire, in libreria nei prossimi giorni. Introduzioni di Andrea Colombo e Piero Sanavio. Con due interventi di Mary de Rachewiltz, figlia di Pound. ----------------------------------------------------------------- L' INEDITO "Ma nessuno puo' accusarmi di aver tradito il mio Paese" Dal libro "Radiodiscorsi" anticipiamo il testo, finora inedito, che Pound scrisse al suo ritorno in Italia per replicare all' accusa di tradimento. Ezra Pound non trasmetteva propaganda dell' Asse. Parlava da americano su questioni americane. Veniva ripetutamente trasmesso che "non gli sarebbe stato chiesto di dire alcunche' di contrario alla sua coscienza o contrario ai suoi doveri di cittadino americano" fino a quando, stufo di ascoltare sempre la stessa formula, chiese, stupidamente, di ometterla per risparmiare tempo. L' affermazione venne pubblicata all' epoca sul settimanale "Time" ed e' ora contenuta nel "Who' s who" britannico. La promessa venne fedelmente mantenuta dal governo italiano. Non ha mai sostenuto che l' esecutivo non debba MAI oltrepassare i suoi poteri (poteri legali, costituzionali). Credeva che QUANDO accadono tali eccessi, SE nessuno protesta, ogni liberta' sara' perduta. (Pericolo sempre piu' evidente per un numero crescente di persone). E.P. non ha mai ricevuto istruzioni da persona o potenza straniera sul contenuto dei suoi radiodiscorsi. L' unica volta che chiese cosa potesse interessare ad un italiano, Pavolini suggeri' di parlare di religione. Dio solo sa perche' . Ma a parte questo, probabilmente irrilevante ai fini dell' inchiesta, la Corte di Boston ha dichiarato: non c' e' tradimento senza dolo. E.P. ha detto di non aver mai tradito nessuno. Ed Hemingway ha sostenuto che E.P. sarebbe incapace di tradire. Questa e' un' opinione che puo' riguardare i fatti solo in relazione ad Hemingway, che l' ha sostenuta come opinione. Ezra Pound
Krumm Ermanno. Pagina 35 (22 dicembre 1998) - Corriere della Sera

I VOLANTINI DELLA RSI Un mezzo di propaganda
Novantico Editore 1998 80 pag.- Formato cm 17x24 -  77 illustrazioni in bianco e nero + 5 a colori € 8,00

Pesce - Massimello ADRIANO VISCONTI Asso di guerra 
Albertelli. 1997. Rilegatura editoriale tela, pagine n°: 160 , collana  ISBN: 978888590980 Prezzo: Euro 19,63 iva incl. No
Frutto di lunghe ricerche, questo volume, corredato da una sessantina di foto, quasi tutte inedite, è basato sulla consultazione dei documenti ufficiali, dispersi in vari archivi, e sulle molte testimonianze raccolte dagli autori tra chi conobbe direttamente Visconti, condividendone esperienze ed emozioni.
PESCE-MASSIMELLO Pesce, ufficiale pilota in s.p.e. dal 1939 al 1980, ha partecipato alla guerra di Liberazione 1943-1945. Massimello ha scritto numerosi articoli dedicati ai piloti della seconda guerra mondiale. 

 
Domenico Lombini 8 SETTEMBRE 1943 31 AGOSTO 1945. 720 GIORNI NELLA R.S.I.
Brossura 17 x 24 cm. pag. 102 con alcune foto b/n  Stampato nel 1992 da L'Ultima Crociata
Il presente scritto, è il diario di Domenico Lombini che, l'8 settembre 1943 si trovava a Roma in forza al 274° Autoreparto Pesante del I Battaglione Autieri. Dopo lo sfacelo del Regio Esercito e alcune settimane trascorse a casa, viene inquadrato in una compagnia del genio sotto comando tedesco e impiegato nella costruzione di postazioni fortificate per questi ultimi. La situazione non idilliaca, lo porta a la Spezia alla Caserma San Bartolomeo per arruolarsi nella Decima Flottiglia Mas del comandante Borghese, qui incontra alcuni suoi compaesani con i quali poi affronterà il viaggio verso la Germania per essere inquadrato nella costituenda Divisione "San Marco". 


I CADUTI DELLA R.S.I. ASTI E PROVINCIA a cura di Emilio Scarone e Ernesto Zucconi Novantico edizioni Anno e copertina? Anno ???????


Degli Uberti Riccardo M. EZRA POUND DA RAPALLO A CASTEL FONTANA
Centro Studi Atesini - Bolzano 1985 

Lembo, Daniele I SERVIZI SEGRETI DI SALO : SERVIZI SEGRETI E SERVIZI SPECIALI NELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Ma.Ro Editrice. 2001 Quest'opera verrà poi rieditata nel 2009 come nuova versione (Lembo, Daniele I SERVIZI SEGRETI DELLA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA
Ma.Ro Editrice. 2009), con un sostanzialeampiamento con nuovi capitoli.
 



Da inserire:
 
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Lamura Riccardo IL GRUPPO ESPLORANTE DELLA DIVISIONE «SAN MARCO» NELLE LANGHE DURANTE LA R.S.I. Una delle tante storie di combattenti dell’Onore, dall'umiliante 8 settembre all'onorevole sconfitta della R.S.I.  152 pp. - 16 pp. di foto a colori fuori testo - brossura - ed. 2007 Ritter, Milano
Le vicissitudini del Caporale Lamura: le operazioni antiguerriglia nell'entroterra ligure e piemontese, le veglie notturne, le imboscate dei partigiani, i ricordi dei commilitoni, la figura del Comandante del Battaglione, Tenente-Colonnello Marcianò, la ritirata negli ultimi giorni dell'aprile 1945 e infine alcuni vivissimi ricordi del primo dopoguerra, nel tentativo di ricrearsi una vita più o meno normale in un'Italia profondamente cambiata. 
 
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Duelli Raffaella RICORDI DI UN’AUSILIARIA  Con il Barbarigo da Roma al Fronte Sud 1944-1945 171 pp. - 60 foto e documenti b/n di proprietà dell’autrice, 6 tavole a colori - testo illustrato dai disegni di Riccardo Benelli - brossura - ed. 2008 Ed. Associazione Italia
Le memorie di Raffaella Duelli, Volontaria nel Battaglione Barbarigo della Decima Flottiglia Mas iniziano con la partenza del Barbarigo da Roma, narrando la lunga marcia del reparto verso il nord, sotto il mitragliamento degli aerei Alleati. Quindi, è descritta vividamente l'ultima battaglia del Barbarigo sul Fronte Sud, dal Senio a Comacchio: gli appunti di Raffaella, giovane Ausiliaria presso il Comando di Battaglione, tratteggiano con grande nitidezza i propri camerati, Ufficiali e Maro', la popolazione delle località colpite dai combattimenti, i terribili e continui attacchi aerei e d'artiglieria nemici, e gli ultimi giorni di guerra, con il drammatico combattimento di ripiegamento del Barbarigo verso il Po e la resa con l'onore delle armi a Padova. Dopo la prigionia, Raffaella Duelli si prodigo' nella ricerca delle salme dei soldati italiani caduti sul fronte di Nettuno, contribuendo a fondare il Campo della Memoria di Nettuno, oggi Cimitero di Guerra. 
 
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Codice: 3902 EUR 20,00 ordina  Farotti Generale Giorgio SOTTO TRE BANDIERE Una vita per la patria 1941-1946 Sottotenente nel R.E.I. Guardiamarina nella Decima Mas  Generale nell’E.I.  187 pp. - 100 foto e 10 disegni b/n - a cura di Enrico Frattini e Andrea Lombardi con la collaborazione del Maggiore Stefano Basset e Giovanni Buongirolami - brossura - 2a ed. 2005 riveduta e ampliata Ed. Associazione Italia - Effepi
Il testo è integrato da 100 foto del Raggruppamento Alpino Carnevalis, del Btg. Barbarigo e di altre unità della Decima MAS, la maggior parte inedite e molte di proprietà dell'autore, e da appendici con testimonianze di Reduci della Decima MAS e documenti. Parte del ricavato della vendita del libro sarà donato al "Campo della Memoria" dei Caduti della Decima MAS. L'autore ha prestato servizio come Sottotenente in s.p.e. nel Regio Esercito e nel Raggruppamento Alpino Carnevalis, e come Guardiamarina nella Decima MAS, dove ricoprì gli incarichi di Comandante della Compagnia Mitraglieri del Battaglione Barbarigo e successivamente di Ufficiale alle Operazioni della stessa unità. Queste memorie, toccanti ma scritte con grande rigore storico-militare, comprendono capitoli sull'addestramento nelle Scuole Ufficiali del REI nel 1941-1942, sulle operazioni nel Goriziano prima e dopo l'otto settembre 1943, e sul periodo nella Decima MAS nel 1944-1945, con interessanti considerazioni sulle tattiche adottate dai Reparti della Decima MAS a Chiapovano, sul San Gabriele, a Tarnova e sul fronte del Senio. 
 
 
 
 
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Bollati Benito UN RAGAZZO DI SALÒ 1943-1946 240 pp. - brossura - rist. 2007 Mursia - Testimonianze fra cronaca e storia (1939-1945: Seconda Guerra Mondiale)
l’8 settembre 1943. Benito Bollati, il “ragazzo di Salò”, protagonista e autore del libro, ha diciassette anni quando sceglie di aderire alla Repubblica Sociale Italiana per restare fedele al fascismo e continuare a lottare per una causa che ritiene giusta e per la difesa dell’onore d’Italia. Un piccolo “vinto” della storia ricorda la guerra civile in Italia attraverso il diario della propria vicenda umana che segnerà tutta la sua vita e le sue future scelte politiche. Dalla drammatica decisione di continuare a combattere alla lunga detenzione, sino al ritorno in libertà in un’Italia diversa che al primo impatto lo delude e che non riconosce come quella che aveva immaginato nei giorni trascorsi in cella. 
 
 
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Codice: 3549 EUR 17,80 ordina  Bordin Giannetto SPIA DEL «BURO MARINE» Un Balilla Moschettiere nei servizi segreti tedeschi 192 pp. - ill. b/n - brossura - 1a ed. 2007 Lo Scarabeo Editrice - Collana Storie di Guerra 1943-45
Nelle pagine di questo libro Giannetto Bordin, classe 1930, Balilla Moschettiere promosso caposquadra il fatidico 25 luglio 1943, schierato con la Repubblica Sociale Italiana insieme a suo padre, sua madre e le sue sorelle fino all’ultimo, ci regala una lezione formidabile di verità, di identità e di dignità attraverso la sua storia di giovanissimo allievo di una scuola di spionaggio militare sul finire della seconda guerra mondiale, del tutto inedita anche per tipologia di eventi nonostante la pubblicistica sterminata sulla RSI che ha visto la luce negli ultimi anni. La cosa singolare è che l’autore di queste pagine è, oggi, un italiano perfettamente integrato nella sua terra e fra la sua gente con un’unica, scandalosa devianza: non solo non si vergogna dell’Italia fascista ma ne è orgoglioso e fiero di avervi vissuto, convinto fermamente com’è che quanto è ancora valido di quelle radici, oggi solo immateriali, sopravvissute alla prova del ferro e del fuoco sessant’anni or sono, custodisce la chiave della rinascita non solo spirituale della nazione italiana. 
 
 
Lembo, Daniele  I Fantasmi di Nettunia : i reparti della RSI impegnati sul fronte di Anzio-Nettuno nella battaglia per Roma / Daniele Lembo  Roma : Settimo Sigillo, c2000 Monografia - Testo a stampa
Lembo, Daniele  I servizi segreti di Salo : servizi segreti e servizi speciali nella Repubblica Sociale Italiana / Daniele Lembo  [s.l.] : Ma.Ro Editrice, c2001 Monografia - Testo a stampa 
Lembo, Daniele  Taranto : ...fate saltare quel ponte : storie di Nuotatori Paracadutisti, guastatori e sabotaggi / Daniele Lembo  Copiano : MA.RO, c2002 Monografia - Testo a stampa 
Lembo, Daniele  Le portaerei del Duce : Le navi portaidrovolanti e le navi portaerei della Regia Marina / Daniele Lembo  Copiano : MA.RO, c2004 Monografia - Testo a stampa  
Lembo, Daniele  La resistenza fascista : fascisti e agenti speciali dietro le linee : la "Rete Pignatelli" e la resistenza fascista nell'Italia invasa dagli angloamericani / Daniele Lembo  Copiano : MARO, c2004 
Lembo, Daniele  Fascisti dopo la liberazione : Storia del Fascismo e dei fascisti nel dopoguerra in Italia : Dalla Repubblica Sociale al Movimento Sociale Italiano : 1945-1956 / Daniele Lembo  Copiano : Grafica MA.RO. Editrice, 2007
Lembo, Daniele  La guerra nel dopoguerra in Italia : le operazioni di stay behind della Decima Mas nell'Italia occupata, in guerra e nel dopoguerra, le verita', le mezze verita' e le grandi bufale / Daniele Lembo  Grafica MA.RO. Editrice, 2007
 
 
 



 
Vi è un'importante novità.
Inizia una operazione interattiva a vasto raggio portata avanti dai nuovi curatori del data base. Visibiltà della parte essenziale del database, rapido contatto per le correzioni e sgnalazioni, aggiornamento ogni due mesi del data base in rete.
Libri in formato PDF gratuitamente scaricabili dal nostro sito
Il primo titolo:
"Cari Compagni"
Un breve ma affascinante collage di testi e documenti che portarono alla Socializzazione................ la cinica abrogazione di essa da parte del CLN ............. ai "compagni" che non riescono a capire quello che hanno sotto il naso............ preferendo attribuire -come il perfido nanetto dell'Armata Brancaleone II- i guai ................. ad un fascismo ...... quanto il fascismo sia stato determinante nella introduzione ........
                                                                                                                                                                                                                                                                                                              repere 06
                                                               
  
 
 
   Roberto Colombo (giornalista) e Maurizio Casarola (scrittore), entrambi di Como, ricercano notizie, segnalazioni e soprattutto i nominativi, se ve ne sono ancora di viventi, degli ultimi reduci della 
Marcia su Roma
del 1922.
    Stiamo cercando di rintracciare queste persone perché vorremmo scrivere un libro sulla loro esperienza. Chi avesse ogni tipo di informazioni a riguardo può telefonare al cellulare 335/427422, scrivere una mail all’indirizzo r.colombo@laprovincia.it, o spedire una lettera a: dott. Roberto Colombo – via Montorfano 1103 – 22030 Lipomo (Co).
Vi ringraziamo fin d’ora                                           repere 06
La redazione dell'Atlante letterario italiano sta aggiornando i dati delle diverse biografie e non riusciamo ad avere notizie recenti dell'artista 
 
Principo Federico Altomonte di Verona nato nel 1912
 
Le ultime notizie risalgono al 1998. Se qualcuno gentilmente ci può aiutare lo invitiamo a scriverci al seguente indirizzo di posta elettronica gpt@literary.it Con molti ringraziamenti. Giampietro Tonon, l'editore."                                           repere 06
 
 
  
 

 
 
Per motivi di studio storico (realizzazione libro memorie del padre marinaio) l'Autore sta cercando militari (ufficiali o soldati) che hanno fatto parte della MILMART di Sebenico in Dalmazia, nell'8 settembre 1943. In particolare vorrei conoscere il nominativo del comandante della stessa che doveva essere un capitano, udinese, dai cappelli rossi, con i baffi. Per eventuali segnalazioni da passare all'Autore inviare alla posta elettronica del sito Italia-RSI.
  
 
 
STORIA IN RETE
Direttore Fabio Andriola
Uno degli ultimi numeri in edicola
  
                                 
   
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Buongiorno, sono un regista documentarista e sto realizzando un documentario  sullo sbarco in Normandia con insert anche di esperienze italiane. Ho raccolto  tre testimonianze di italiani che videro lo sbarco di cui una di un italiano  che era con le truppe americane. Vorrei però inserire notizie anche di italiani  appartenenbte alla LAH che parteciparono a qui combattimenti. Penso sia un po'  impossibile trovare un testimone ma non perdo le speranze. VI chiedo quindi se  avete notizie o materiale o qualche esperto da intervistare proprio sugli  italiani che parteciparono, accanto ai tedeschi, allo sbarco in Normandia. In attesa di una vostra risposta viinvio i miei migliori saluti. Mauro Vittorio Quattrina regista Verona www.mauroquattrina.ws   repere 2009
   
In:
 
http://www.laltraverita.it/elenco_caduti_e_dispersi.htm
  
è possibile consultare e scaricare tutto l'elenco dei Caduti della Repubblica Sociale Italiana. Questo data base viene aggiornato ogni tre mesi.
 
Contiamo SEMPRE  sulla VOSTRA collaborazione per rendere più precisa la nostra ricerca.
Per inviarci precisazioni, integrazioni , notizie, richieste d'informazioni che riguardino l'elenco dei Caduti della RSI potete contattarci al seguente indirizzo 
e-mail:   caduti@laltraverita
Attenzione: per accordo con il gruppo di compilazione di www.laltraverita.it è stato messo in rete lo stesso Data Base nel sito www.inilossum.it
Questo Data Base viene aggiornato leggermente in ritardo rispetto all'originale ma ha il pregio di essere ordinabile per nome, Provincia, etc. Cioè per tutti i criteri che in genere possono risultare utili a un ricercatore        repere 2009
      
 
Buongiorno a Voi tutti. Sono un ricervatore storico, forse potete aiutarmi. Vi allego una fotografia ben nota, scattata fra il 28 ed il 30 Aprile 1945 al bivio stradale di Mezzegra. Sto cercando di individuare il nominativo della terza persona da sinistra, un agente italo-americanbo dell'allora OSS: qualcuno puó aiutarmi? Grazie. E. Logan / CH skipper@sunrise.ch repere 2009