Ripeto: lavoratore sei stato truffato
QUESTO ARTICOLO E’ DEDICATO A QUEI LAVORATORI CHE PERDERANNO IL LAVORO
di Filippo Giannini
Nel mio precedente articolo “Simbiosi fra capitale e lavoro”,
terminai con queste parole: “I comunisti che controllavano il CLNAI,
come primo atto ufficiale, addirittura il 26 aprile, proprio mentre si
continuava a sparare ed era iniziato l’olocausto nero, abolirono la
“Legge sulla Socializzazione”.
E questo per ripagare i grandi
industriali che avevano finanziato la Resistenza. Fu il capolavoro di
Mario Berlinguer, il padre di Enrico, il grande capitalista, super
proprietario terriero. Era iniziata la beffa ai danni dei lavoratori”.
Ed
ora, caro lettore, leggi la motivazione: “Considerata l’alta
sensibilità politica e nazionale delle maestranze e il carattere
antinazionale e demagogico della pretesa socializzazione fascista (…”.
Queste parole le leggerei in modo che segue: “Mario Berlinguer, essendo
un superproprietario terriero, ha curato i propri interessi, interessi
che sarebbero stati intaccati dalla Legge sulla Socializzazione, allora
approfittando della “nessuna sensibilità politica e nazionale delle
maestranze e della loro ignoranza”, in nome della democrazia e della
libertà ha riconsegnato i lavoratori all’arbitrio del capitale”.
Mi sbaglio?
Benito
Mussolini nell’ultima intervista (che passa come il suo testamento
politico) rilasciata al giornalista Gian Giacomo Gabella, fra l’altro
disse: “Il colmo è che i nostri nemici hanno ottenuto che i proletari, i
poveri, i bisognosi di tutto, si schierassero anima e corpo dalla parte
dei plutocrati, degli affamatori, del grande capitalismo”. Dopo quattro
giorni venne assassinato (e ancora oggi non si sa come) e il suo corpo
appeso per i piedi a Piazzale Loreto.
Pochi giorni prima, esattamente
l’11 marzo, Nicola Bombacci, uno dei fondatori del Pcd’I (Partito
Comunista d’Italia) parlando al Teatro Universale, di fronte alle
commissioni interne degli stabilimenti industriali, fra l’altro disse:
“Il socialismo non lo farà Stalin, ma lo farà Mussolini che è
socialista(…”. Ma già in precedenza, a dicembre 1944, Bombacci visita la
Mondatori, già socializzata traendone sorpresa ed emozione, così
scrisse a Mussolini: “Ho parlato con gli operai che fanno parte del
Consiglio di gestione, che ho trovato pieni di entusiasmo e compresi di
questa loro missione. Hanno detto che gli utili di questi primi mesi
ammontano a circa tre milioni”.
Tra la fine di quell’anno e i primi
mesi del successivo parla a Como, Busto Arsizio, Pavia, Venezia,
Brescia, privilegiando sempre il contatto con il mondo del lavoro.
Decisamente
più significativa l’assemblea tenuta il 13 marzo allo stabilimento
industriale dell’Ansaldo di fronte a più di un migliaio di operai.
Bombacci parla di conquiste sociali operate dal fascismo, raffronta le
condizioni del lavoro italiano con quelle degli altri Paesi e continua:
“Fratelli di fede e d lotta, guardiamoci in viso e parliamo pure
liberamente: voi vi chiederete se io sia lo stesso agitatore socialista,
comunista, amico di Lenin, di vent’anni fa. Sissignori, sono sempre lo
stesso, perché io non ho rinnegato i miei ideali per i quali ho lottato e
per i quali, se Dio mi concederà di vivere ancora lotterò sempre. Ma se
mi trovo nelle file di coloro che militano nella Repubblica sociale
italiana, è perché ho veduto che questa volta si fa sul serio e che si è
veramente decisi a rivendicare i diritti degli operai”. Iddio non
concesse a Bombacci di vivere ancora per molto: poco più di un mese dopo
fu allineato a ridosso del muretto di Dongo insieme ad altri compagni
di fede e fucilato dai partigiani. Poco prima della scarica, alzò il
braccio nel saluto romano e gridò: “Viva il socialismo”.
Ora tu,
operaio di Termini Imerese che fra poco non avrai più il lavoro,
ringrazia Mario Berlinguer e i suoi compagni, essi ti hanno tolto la
possibilità di godere della “ripartizione degli utili, destinandoli in
parte ai lavoratori”. Il testo così continua: (Il Consiglio di Gestione)
decide inoltre sulla stipulazione dei contratti di lavoro aziendali con
le associazioni di lavoratori e su ogni (attenzione Questo compete a
te, licenziando) altra questione inerente alla disciplina e alla tutela
del lavoro nelle imprese>. In altre parole, caro lavoratore che stai
per perdere il posto di lavoro, Mussolini, con la legge sulla
Socializzazione, ti faceva compartecipe, insieme al dirigente e al
proprietario dell’azienda, non solo alla partecipazione degli utili, ma
anche alla gestione dell’azienda.
Questa Repubblica nata dalla
Resistenza, nella sua Costituzione riconosce, nell’articolo 46 attesta:
“Ai fini della evoluzione economica e sociale del lavoro e in armonia
con le esigenze della produzione, la repubblica riconosce il diritto
(sic!) dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti
dalla leggi, alla gestione delle aziende”.
È trascorso molto più di
mezzo secolo da quelle enunciazioni, tu, operaio che hai perso il lavoro
ne hai più sentito parlare? Perché?
Non te lo sei mai chiesto?
Allora proverò a spiegartelo io e sfido chiunque a contestarmi:
ripropongo quanto sopra ho scritto, e cioè: i vari “Mario Berlinguer,
essendo un superproprietario terriero, ha curato i propri interessi,
interessi che sarebbero stati intaccati dalla Legge sulla
Socializzazione, allora approfittando della “mancanza di sensibilità
politica e nazionale delle maestranze e della loro ignoranza”, in nome
della democrazia e della libertà ha riconsegnato i lavoratori
all’arbitrio del capitale”.
Tu, lavoratore, potresti obiettare che
quel che era valido settanta anni fa, oggi non lo è più. Riporto un
pensiero dell’avvocato Manlio Sargenti:
“L’idea della partecipazione
dei lavoratori alla gestione dell’azienda del processo produttivo e, più
ampliamente, al governo dello Stato è, a mio avviso, più che mai valida
come unica alternativa ad una esperienza comunista dimostratasi
fallimentare e ad una soluzione liberal democratica dei problemi della
società e dello Stato che rivela ad ogni passo le proprie
contraddizioni. È un’idea per il futuro, per la quale bisognerebbe
combattere (…)”.
A te lavoratore di Termini Imerese e a tutti coloro che si trovano nelle stesse tue condizioni, desidero farti osservare un’ultima cosa: se la tua azienda fosse stata socializzata, solo tu avresti potuto considerare la chiusura, perché oltre al proprietario, anche tu saresti stato compartecipe alla proprietà dell’azienda. Ora sai chi devi ringraziare delle tue sventure: il compagno Berlinguer e tutti coloro che ti avevano promesso il paradiso rosso, tutti compagni che altro non erano se non scherani del grande capitale plutodemocratico.
Quel che ho scritto ripetutamente, lo ripeto: “Sei stato truffato”, e questa truffa si perpetua da quasi settant’anni.
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