Lembo Daniele LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN
ITALIA Le operazioni di stay behind della Decima Mas nell'Italia occupata,
in guerra e nel dopoguerra ... le verità, le mezze verità
e le grandi bufale
160 pp. - brossura - ed. 2007 Grafica MA.RO Editrice Un libro che fa
piena luce sulle operazioni speciali della Decima Mas nell'Italia occupata
dagli angloamericani. L'autore racconta la verità sui presunti rapporti
tra gli uomini della Decima e la banda del bandito salvatore Giuliano,
sia durante la guerra che dopo di essa. Tra l'altro si smentiscono una
serie di inesattezze e false verità come quella che vorrebbe la
corazzata "Novorossijsk", affondata nel dopoguerra dagli uomini
della Decima. Per concludere, viene affrontato lo scottante tema del "Golpe
Borghese" sul quale Lembo, più che certezze, rivela una serie
di dubbi. Costo 25 euro. MARO EDITRICE - Strada Vicinale della Pieve n.11
Copiano PV. Tel 0382 2968151/2. Per chi volesse contattare l’autore:
EMAIL: danielelembo@email.it oppure al nr. 328/9156050
INDICE DEL LIBRO
PREMESSA - Due storie dell’infanzia : zio Settimio e zio Antonio
PARTE PRIMA - I nuotatori paracadutisti dall’entrata in guerra all’aprile
1945
CAPITOLO 1 - I battaglioni “N” e “P” della Regia Marina e i nuotatori
paracadutisti della Decima Flottiglia Mas
CAPITOLO 2 - Le azioni oltre le linee degli N.P. della Decima
CAPITOLO 3 - Il Battaglione Vega
CAPITOLO 4 - La resistenza nei territori invasi e le missioni informative
al sud in appoggio ai patrioti
PARTE SECONDA - Le operazioni di stay behind della Decima in vista
della definitiva caduta del fronte e il dopoguerra
CAPITOLO 5 - Il fascismo voleva sopravvivere alla sconfitta militare
CAPITOLO 6 - Le operazioni di stay behind del Vega in vista della sconfitta
CAPITOLO 7 - I documenti del N.A.RA. e una distorta interpretazione
dei fatti.
CAPITOLO 8 -L’ultima operazione del Vega nelle province dell’Italia
del Nord aveva scopi esclusivamente militari
CAPITOLO 9 - Quando gli americani tentarono di arruolare quelli
della Decima e i fascisti
CAPITOLO 10 -La Decima e Giuliano - Gli equivoci sui rapporti
la Decima e la banda Giuliano, in guerra e nel dopoguerra
CAPITOLO 11 Il mistero dell’affondamento della Novorossijsk
CAPITOLO 12 Il golpe borghese… fu un reale tentativo insurrezionale
o una gigantesca bufala?
Dopo “LA RESISTENZA FASCISTA”, libro che tratta di un pezzo di storia
completamente occultato, ovvero quello della resistenza opposta agli angloamericani
invasori nel Sud Italia occupato, Daniele Lembo ha prodotto un nuovo e
interessante lavoro.
Per i tipi della M.A.RO. Editrice è stato edito un volume da
titolo “LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN ITALIA”
Il saggio, che ha come oggetto le operazioni di Stay Behind organizzate
dalla Decima Flottiglia Mas, nel corso della guerra nell’Italia occupata,
intende affrontare anche il tema di quelle operazioni di Stay Behind approntate
dalla Decima in vista dell’intera occupazione della Penisola. Ne da atto
il sottotitolo di questo lavoro che è “Le operazioni di stay behind
Decima Mas nell’Italia occupata, in guerra e nel dopoguerra…le verità,
le mezze verità e le grandi bufale”
La Decima Flottiglia Mas Repubblicana di Junio Valerio Borghese ebbe
alle dipendenze un Battaglione di sabotatori incursori, denominato Battaglione
Nuotatori Paracadutisti.
Il Battaglione N.P., che fu il primo reparto di Fanteria di Marina
a nascere in seno alla Decima Repubblicana, generò, in seguito,
il Battaglione Vega. Ufficialmente, il Vega era il “Deposito” del Btg.
N.P., ovvero il reparto dal quale il Battaglione principale avrebbe dovuto
trarre il personale (i complementi) da inviare al fronte. Quest’ultimo
fu solo un compito di copertura e, in realtà, il Vega fu un reparto
specializzato in azioni di guerra non ortodossa, sabotaggi, spionaggio
ed “Operazioni Sorpasso” nei territori italiani invasi. In breve, il Vega
lasciava uomini perfettamente addestrati ed equipaggiati nei territori
dei quali si prevedeva l’occupazione. Una volta che quest i territori fossero
caduti nelle mani degli Angloamericani, gli uomini/Vega avrebbero eseguito
azioni di attacco alle spalle del nemico con rapide puntate del tipo “mordi
e fuggi” ed attività informativa.
(Negli anni a venire, con la scoperta di Gladio, le “Operazione Sorpasso”
sarebbero divenute meglio famose con il nome inglese di “Stay Behind”).
In vista della caduta finale del fronte, il Vega articolò un
ampio piano di Stay Behind in tutte le province del nord (Milano, Genova,
Bologna, Modena, Torino, Venezia e Treviso), destinando in tutte queste
città uomini armati ed equipaggiati, che si occultarono nel tessuto
sociale aprendo bar, negozi di radiotecnici, ditte di trasporto ecc., nell’attesa
che arrivassero gli Alleati per poi poterli attaccare alle spalle. Era
questa l’ultima operazione militare della Decima.
Negli anni seguenti, sull’operato del Battaglione sono nate alcune
errate interpretazioni. C’è stato chi ha voluto vedere nel Vega
l’inizio di Gladio e chi addirittura ha descritto la banda Giuliano come
un’emanazione della Decima Mas, asserendo che il 1 giugno 1947, a Portella
Della Ginestra, a sparare c’erano anche quelli della Decima.
Addirittura, si è ventilata l’ipotesi, (a parere dell’autore
completamente infondata ), che lo stesso bandito Giuliano fosse un uomo
del Vega.
Indubbiamente la Decima, tramite i suoi agenti speciali nei territori
invasi, poteva avere interesse a contattare Giuliano e la sua banda. Le
Forze Armate Repubblicane si sarebbero potute giovare dell’alleanza con
Giuliano per creare una quinta colonna alle spalle degli angloamericani.
La ricerca di tale alleanza, qualora ci fosse stata, nel corso della
guerra, poteva anche ritenersi lecita, nella misura in cui in guerra tutto
è lecito e vale il principio secondo il quale “i nemici dei miei
nemici sono miei amici”
Di contro Giuliano, in cerca di una legittimazione politico ideologica,
poteva avere interesse a contattare la Decima. Salvatore Giuliano che era
un latitante, ha sempre tentato di affermare la leggenda che egli non fosse
un delinquente comune ma un uomo spinto dalle ingiustizie patite a fare
quello che aveva fatto. In una situazione come quella della Sicilia dell’epoca,
il confine tra la figura del delinquente e quella del patriota poteva essere
labile e il bandito ha sempre provato ad acquisire nell’immaginario collettivo
una fisionomia idealistica che giustificasse le sue gesta. Il contatto
con le Forze Armate fasciste avrebbe potuto fornirgli questo alibi morale,
trasformandolo da delinquente in combattente per la libertà della
Patria invasa.
Le due realtà, quella militare della Decima Mas e quella banditistica
di Giuliano potevano avere, quindi, interesse ad avere dei contatti conflitto
durante, ma di qui ad affermare che quell’alleanza effettivamente ci fu,
ce ne corre.
C’è un dato fatto che è tale da sciogliere ogni dubbio
in merito e che viene di seguito riportato:
che Giuliano abbia tentato di contattare le Forze Armate Repubblicane
non è frutto di una semplice deduzione ma è un solido fatto.
A prova di quanto affermato, basta riprendere quanto scritto dallo stesso
Daniele Lembo nel suo precedente lavoro, dal titolo La resistenza Fascista,
circa l’invio a Napoli, da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare
la Rete Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico.
Tratto da LA RESISTENZA FASCISTA, opera dello stesso autore:
“Con la cattura del principe verrà meno ai suoi uomini la disponibilità
delle sue finanze personali che, fino a
quel momento, il Pignatelli ha messo a disposizione della causa, sebbene
anche queste incomincino a venirgli meno. “La mancanza di fondi- scriverà
il Pignatelli - ci fu presto contraria. Il sacrificio personale di mia
moglie e mio non poteva sopperire che in minima parte al sempre crescente
fabbisogno, specie per il blocco della nostra industria di legnami requisita
dagli inglesi”[1]
Gli aiuti economici promessi dalla R.S.I. alla principessa Pignatelli
non arriveranno mai, o meglio, saranno spediti ma non giungeranno mai a
Napoli.”
“La possibilità di ottenere cospicui finanziamenti si presenterà
per gli uomini dell’organizzazione fascista da una fonte quanto mai inaspettata.
Una proposta di finanziamento arriverà addirittura dal bandito siciliano
Giuliano che invia a Napoli suoi emissari per contattare la centrale della
Rete Pignatelli.: “vi fu ancora tra me e Ioele - racconterà l’Arch.
de Pascale nel suo memoriale – una situazione che influì sui nostri
rapporti. Ioele chiedeva insistentemente che io incontrassi degli emissari
del bandito siciliano Salvatore Giuliano che si trovavano a Napoli: mi
volevano comunicare una certa disponibilità del loro capo ad appoggiare
la nostra causa e, anche se occorreva, con aiuto in denaro. Gli dissi che
non intendevo fare certo sgarbo a queste persone, ma non potevamo essere
fiancheggiati da un movimento palesemente fuorilegge e separatista. A certi
principi morali e ideali non potevamo venire meno. Alcuni giorni
dopo Rosario Ioele si presentò al mio studio accompagnato da due
persone. …(…)… Egli mi presentò costoro, che mostravano modi cortesi
e civili, Iole mi disse che i “signori volevano conoscermi personalmente”
e volevano avere una risposta su quanto lui aveva precedentemente proposto.
Non esitai a dire, col dovuto garbo, che li ringraziavo della loro offerta
e solidarietà ma non potevo accettarla per ragioni inerenti ai principi
della nostra organizzazione. Costoro, i verità, furono corretti
più di quanto io potessi aspettarmi. Aggiunsero che la persona che
loro rappresentavano, in caso di necessità o di nostro ripensamento,
si sarebbe mostrato sempre disponibile ad aiutarci. Ioele non gradì
la mia presa di posizione, come io non gradii la sua ingerenza nel mio
campo d’azione. Sentivo d’aver fatto bene: la mia non era una presa di
posizione contro salvatore Giulia no, ma era il rispetto a un principio
morale e organizzativo: gli angloamericani per conquistare la Sicilia si
erano serviti del fecciume della malavita e della camorra, cosa che noi
detestammo e commentammo in modo decisamente negativo. Non potevamo usare
noi la loro stessa arma, anche se Giuliano all’epoca era considerato solo
un fuorilegge e, da un certo ambiente di propaganda giornalistica, era
commentato sotto una luce in certo qual modo romantica” “Il tentativo
di avvicinamento al fascismo clandestino fatto da Salvatore Giuliano è
chiaro. Egli sa che la rete Pignatelli ha ramificazioni anche in Sicilia
e cerca nuove alleanze per il suo movimento che non è solo una semplice
attività delinquenziale, come qualcuno ha voluto farla passare.”
Quindi, Giuliano tentò di contattare il clandestinismo fascista
al sud, ma se Giuliano aveva il contatto degli uomini della Decima in Sicilia,
o meglio, se Giuliano era addirittura un uomo della Decima perché
doveva mandare i suoi uomini a Napoli a contattare la Rete Pignatelli nella
figura di Antonio De Pascale?
Nel suo ultimo saggio, Daniele Lembo, oltre a trattare della Decima
e del Vega, avvalendosi della non vasta la bibliografia esistente sull’argomento,
di testimonianze e memoriali e di documenti provenienti dal National Archives
di Washington, smonta una serie di errate interpretazioni nate sull’attività
della Decima nei territori occupati e nel dopoguerra.
Tra gli errori circolanti, circa una presunta operatività della
Decima nel dopoguerra, vi è sicuramente anche quella che vorrebbe
la corazzata Novorossijsk (già Giulio Cesare ) come affondata dagli
uomini della Decima. Anche questo mito viene completamente disarticolato
da Daniele Lembo.
Il libro si chiude con un capitolo sul Golpe Borghese, dal titolo:
Il golpe borghese… fu un reale tentativo insurrezionale o una gigantesca
bufala?
L’AUTORE
Daniele Lembo, nasce nel 1961 a Minori (SA), in Costiera
Amalfitana, e dopo la maturità liceale frequenta il corso biennale
della Scuola Ispettori della Guardia di Finanza. Laureato in Scienze dell’Amministrazione
e dell’Organizzazione è pubblicista iscritto all’Ordine dei Giornalisti
del Lazio.
Cultore di studi storici sulla partecipazione italiana
al secondo conflitto mondiale è autore di varie cronache sull’argomento.
Suoi articoli sono apparsi su Storia del XX Secolo, Storia del Novecento,
Storia e Dossier, Storia Verità, Eserciti nella Storia, Storia e
Battaglie, Aerei nella storia, Aeronautica, Cockpit.
Nel 1999 è stata edita una sua monografia dal
titolo “Taranto…fate saltare quel ponte”, avente come tema i Nuotatori
Paracadutisti della Regia Marina; nel 2000 è apparso un suo saggio
dal titolo “I Fantasmi di Nettunia – I reparti della R.S.I. impegnati sul
fronte di Anzio – Nettuno”; nel 2001 sono apparsi due altri suoi lavori,
di cui uno avente come tema la storia Regia Aeronautica dal titolo “Il
lungo Volo della Regia” ed un saggio dal titolo” I Servizi Segreti di Salò
– Servizi Segreti e Servizi Speciali nella Repubblica Sociale Italiana”.
Nell’anno 2002 è stato pubblicato “Il prigioniero di Wanda”, ovvero
il suo primo romanzo d’ambientazione storica. Nel 2003 ha dato alle stampe
il volume “ La Carne contro l’acciaio - Il Regio Esercito Italiano alla
vigilia della seconda guerra mondiale“.
Infine, nel 2005, è stato pubblicato il suo saggio
“La resistenza fascista - La “Rete Pignatelli e la resistenza fascista
nell’Italia invasa dagli angloamericani”
Attualmente vive a Cisterna di Latina. danielelembo@email.it
***
INTERVISTA ALL'AUTORE SU http://www.quicalabria.it/
CANZANO - La resistenza agli 'invasori' angloamericani nel Sud d'Italia
occupato, è una storia di cui non si era ancora sentito parlare
né si è mai letto nei libri di storia, tu nel tuo ultimo
lavoro ne parli ampiamente. LEMBO - Una decina di anni fa, leggendo
la rivista "Nuovo Fronte" mi imbattei nella recensione di un
libro di un allora per me sconosciuto, Francesco Fatica. Il titolo del
Libro era "Mezzogiorno e fascismo clandestino 1943/1945". Dalla
recensione si intuiva chiaramente che il volume narrava della attività
di resistenza agli angloamericani nei territori del Sud Italia invaso.
Credimi, la scoperta fu per me un trauma. Per anni mi avevano raccontato,
in tutte le scuole di ogni ordine e grado, la favola bella degli Americani
accolti come Liberatori, in ogni dove, da una folla acclamante e festante.
Invece, adesso, questo sconosciuta Fatica narrava una realtà dei
fatti completamente differente. Volli conoscere l'autore che da allora
divenne per me solamente Ciccio (diminutivo di Francesco) e dopo qualche
tempo presi parte a Napoli a convegno di Studi storici organizzato dall'ISSES
avente come tema "Il dissenso clandestino 1943-1945 nelle regioni
meridionali occupate dagli angloamericani". Il mio interesse verso
l'argomento andava via via crescendo. Mi resi conto che c'era una parte
della ricerca storica completamente inesplorata perché negata per
anni. Intrapresi così a lavorare per conto mio, a fare ricerche
d'archivio ed intervistando i superstiti di quei fatti. Per anni erano
stati intervistati i partigiani, adesso io mi ritrovavo ad intervistare
altri tipi di partigiani: quelli che si erano opposti agli angloamericani
non sempre solo perché animati da sentimenti fascisti ma anche solo
perché semplici patrioti. Il libro di Fatica aveva un limite: era
stato prodotto da chi quei fati li aveva vissuti in prima persona. Era
pertanto un lavoro, anche se eccezionale, comunque di parte. Occorreva
che nascesse un'opera che avesse il requisito della asettica ricerca scientifica
e che trattasse della resistenza nei territori occupati. Nel 2004 è
stato edito dalla Casa Editrice Maro di Copiano (PV) il mio volume "LA
RESISTENZA FASCISTA - Fascisti ed agenti speciali dietro le linee - la
rete Pignatelli e la resistenza fascista nell'Italia invasa dagli angloamericani
" Come detto, per la redazione del volume, oltre che consultare tutta
la bibliografia esistente sull'argomento, mi sono avvalso delle testimonianze
e di memoriali di alcuni di quelli che, considerando gli alleati invasori
e non liberatori, continuarono a combatterli anche nell'Italia invasa,
venendo per questo arrestati e processati. Il punto di forza del libro
è costituito proprio da queste testimonianze che, assieme ad alcuni
documenti inediti provenienti dal National Archives di Washington, costituiscono
un vero e proprio elemento di novità sull'argomento. In particolare,
il volume si articola in due parti. La prima di queste tratta delle attività
resistenziali fasciste nelle varie regioni del Sud. La seconda parte del
libro è dedicata proprio ai servizi segreti e agli agenti speciali
della R.S.I., operanti nei territori invasi. In vista dell'invasione delle
regioni meridionali, vi furono numerosi progetti militari tesi ad organizzare
operazioni di stay behind. Tali progetti, prevedendo l'invasione della
Penisola, venero approntati Regio Esercito, dalla Regia Marina e dal P.N.F.
che costituì la "Guardia ai Labari." Dalla Guardia ai
Labari ebbe origine la "Rete Pignatelli", una rete clandestina
fascista operante al Sud, che o operò in Sicilia, Calabria, Puglia
e Campania e che vide come propulsori il Principe Valerio Pignatelli di
Val Cerchiara e sua moglie La "rete" fu un'organizzazione articolata
ed efficiente con continui contatti con il territorio della R.S.I. e Pignatelli
ed i suoi svolsero attività informativa, fornendo notizie di carattere
militare e generale al Nord, e propagandistica al sud, ma non è
detto che non abbiano anche svolto attività di sabotaggio e in casi
particolari siano passati a vere e proprie azioni militari. Dal Governo
della R.S.I - Repubblica Sociale - a Pignatelli, vennero inviati fondi.
Inoltre, furono inviati al sud agenti speciali con il compito di strutturare
meglio la Rete e fare da consiglieri militari. La seconda parte del libro
"La resistenza fascista" è dedicata proprio ai servizi
segreti e agli agenti speciali della R.S.I., operanti nei territori invasi.
Per i contatti con la rete Pignatelli furono inviati uomini della Decima
Mas, ma non dobbiamo dimenticare che al sud agirono uomini di altri servizi
segreti della R.S.I., come quelli del Gruppo David di Tommaso David (e
la sua più nota agente, Carla Costa), o dei Servizi speciali delle
Forze Armate Repubblicane. Numerosi furono gli agenti speciali che, catturati
in missione, furono passati per le armi dagli Alleati. Molte di queste
catture furono possibili grazie ad un elenco degli agenti speciali italiani,
in possesso dei servizi segreti Alleati. Reputo che "La Resistenza
Fascista" sia uno dei miei libri meglio riusciti e mi lusinga riportare
quanto scritto, a proposito, dal Prof. Giuseppe Parlato, Rettore dell'Università
Pio V, nel suo libro "Fascisti Senza Mussolini. Scrive Parlato: "Recentemente
è uscito un volume che raccoglie le informazioni sul fascismo clandestino
al sud , corredandole di nuovi dati, Daniele lembo, già noto per
aver pubblicato un interessante studio sui servizi segreti della R.S.I.,
ha cercato, in buona misura riuscendovi, di costruire un panorama completo
del fenomeno e la ricerca si segnala per correttezza documentaria e per
gli elementi innovativi che offre". Pur lusingato dalle parole di
Giuseppe Parlato debbo dire che, dall'avere un panorama completo del fenomeno
siamo ben lontani. Anni di menzogne e reticenze si frappongono al raggiungimento
della verità. Il mio volume si chiude con un inquietante dubbio:
"E' probabile quindi che, nel dopoguerra, ci sia una continuità
tra i servizi segreti americani ed alcuni personaggi o interi settori delle
disciolte Forze Armate fasciste repubblicane e ciò nell'ambito "dell'attenzione
americana all'espansione comunista". Se proprio vogliamo far galoppare
la fantasia, si potrebbe anche pensare che la Rete Pignatelli, individuata
e disciolta nel corso del conflitto, sarà poi riammagliata negli
anni successivi. Ma questa è solo un'ipotesi per sostenere la quale
non ho nulla in mano se non la mia fantasia che è solita correre
veloce"
CANZANO - Le operazioni di Stay Behind organizzate dalla Decima Flottiglia
Mas, nel corso della guerra nell'Italia occupata, come sono state inserite
nell'intera occupazione della Penisola? LEMBO - La Decima Flottiglia
nacque, in seno alla Regia Marina, per operare alle spalle del nemico.
Lo scopo della Flottiglia, originariamente, era quello trasportare propri
uomini addestratissimi fino ai porti nemici. Il compito di questi uomini,
che erano nuotatori d'assalto o i piloti dei siluri a lenta corsa, (i siluri
erano meglio conosciuti come "Maiali"), era quello di sabotare
il naviglio nemico alla fonda. Dopo l'8 settembre, Borghese alla Spezia,
farà una sorta di trattato di alleanza con i tedeschi. I germanici
volevano appropriarsi del Know how, ovvero del corredo di conoscenze tecnico
scientifico in possesso della Decima nel campo della lotta subacquea, mentre
Borghese voleva continuare a combattere avendo mano libera. Il Principe
armerà poche unità navali, qualche silurante, qualche piccolo
sommergibile tascabile, continuerà ad addestrare sabotatori subacquei,
ma soprattutto armerà una Divisione di fanteria di Marina: la Divisione
Decima.
CANZANO - Il Battaglione Nuotatori Paracadutisti, che era un Battaglione
di sabotatori, è vero che fu alle dipendenze della Decima Flottiglia
Mas Repubblicana di Junio Valerio Borghese. LEMBO - Tra i reparti
armati da Borghese vi fu il battaglione Nuotatori Paracadutisti meglio
conosciuto come Battaglione N.P. . Originariamente il Battaglione doveva
servire a compiti di sabotaggio, tant'è che a tutti gli appartenenti
furono fatti seguire i corsi N.E.S.G.A.P. - Nuotatore Esploratore Sabotatore
Guastatore Ardito Paracadutista. In realtà, poi, seguendo un'infausta
usanza tutta italiana queste costosissime truppe (addestrare ai corsi NESGAP
era molto oneroso) furono impiegate in ordinari compiti di fanteria.
CANZANO - Il Battaglione Vega che fu generato dal Battaglione Nuotatori
Paracadutisti, era il 'Deposito' del Btg. N.P. ovvero il reparto dal quale
il Battaglione principale avrebbe dovuto trarre il personale (i complementi)
da inviare al fronte? Se questa era solo un'attività di copertura,
cosa era in realtà il Battaglione Vega? Con la scoperta di Gladio,
le 'Operazioni Sorpasso' negli anni successivi divennero famose con il
nome inglese 'Stay Behind'? LEMBO - Il Battaglione N.P., in sostanza,
ebbe una strutturazione organica dicotomica. In quanto, dal battaglione
principale, che come detto voleva essere un battaglione di sabotatori incursori
e poi fu impiegato come ordinaria fanteria, si articolò il Battaglione
Vega. Il Vega aveva un compito di copertura che era quello di essere il
Deposito del Battaglione principale, ovvero doveva di fornire i complementi,
le sostituzioni di uomini al reparto di N.P. In realtà, gli uomini
del Vega erano specialisti in azioni di guerra non ortodossa, sabotaggi,
spionaggio ed "operazioni sorpasso" nei territori italiani invasi.
Cosa era un'Operazione sorpasso? In breve, il Vega lasciava uomini perfettamente
equipaggiati nei territori dei quali si prevedeva l'occupazione. Una volta
che questi territori fossero caduti nelle mani degli Angloamericani, questi
uomini avrebbero eseguito azioni di attacco alle spalle del nemico con
rapide puntate del tipo "mordi e fuggi". Gli uomini del Vega
potevano anche attraversare le linee per portarsi nei territori occupati
e svolgere missioni informative, di sabotaggio e di appoggio e supporto
a gruppi di patrioti ivi esistenti In vista della caduta finale il Vega
articolò un ampio piano di stay behind in tutte le province del
nord (Milano, Genova, Bologna, Modena, Torino, Venezia e Treviso) destinando
in tutte queste città uomini armati ed equipaggiati, che si occultarono
nel tessuto sociale aprendo bar, negozi di radiotecnici, ditte di trasporto
ecc., nell'attesa che arrivassero gli Alleati per poi poterli attaccare
alle spalle. Era in sostanza l'ultima operazione militare del Vega., operazione
che, peraltro, non fu mai portata a compimento. L'argomento è trattato
molto bene e in maniera molto nel mio ultimo libro edito da qualche giorno
dalla Edizioni MARO, dal titolo "LA GUERRA NEL DOPOGUERRA IN ITALIA
LE OPERAZIONI DI STAY BEHIND DELLA DECIMA MAS NELL'ITALIA OCCUPATA, IN
GUERRA E NEL DOPOGUERRA.LE VERITÀ, LE MEZZE VERITÀ E LE GRANDI
BUFALE" CANZANO - Sull'operato del Battaglione c'è stato chi
ha voluto vedere nel Vega l'inizio di Gladio e chi addirittura ha descritto
la banda Giuliano come un'emanazione della Decima Mas, asserendo che il
1 giugno 1947, a Portella della Ginestra, a sparare c'erano anche quelli
della Decima? LEMBO - Negli anni seguenti al dopoguerra, sull'operato del
Vega sono nati una serie di veri e propri miti. C'è stato chi ha
voluto vedere nel Vega l'inizio dell'Organizzazione Gladio. Con la scoperta
dell'Organizzazione Gladio, l'operazione sorpasso sarebbe divenuta meglio
famosa come "stay behind". A tal proposito, è bene precisare
che non è esistita solo una Gladio Italiana ma ogni paese europeo,
in ambito Nato ha ordito una proprio Gladio, sebbene con nomi diversi.
Nell'immediato dopoguerra, chi arruolò i Gladiatori, li arruolò,
chiaramente, in ambienti anticomunisti. Vennero arruolati ex militari della
R.S.I. ma anche partigiani bianchi e semplici patrioti. E' normale che
chi creava una struttura di Stay Behind, che doveva entrare in azione in
caso di invasione russa del territorio nazionale, non poteva certo fare
gli arruolamenti traendoli dalle file dei filocomunisti. Probabilmente,
tra i gladiatori vi fu arruolato anche qualche ex N.P proveniente dal Vega,
ma da qui ad affermare che il Vega si trasformò in Gladio ci vuole
un bel coraggio. Da qualche tempo, poi, è ritornata a galla la storia
che vorrebbe gli uomini della Decima, oltre che in contatto con la banda
Giuliano, addirittura anche presenti a Portella delle Ginestre a sparare
sulla folla che festeggiava il 1° maggio . A chi sostiene tali tesi,
non posso che rispondere che la storia la si fa con i fatti e con i documenti.
Se qualcuno dispone di documentazione che dimostri con chiarezza tale tesi,
sia garbato, la tiri fuori e la faccia consultare anche agli altri studiosi.
In caso contrario, debbo ricordare che una cosa è la Storia e un'altra
è la novellistica.
CANZANO - Salvatore Giuliano, in cerca di legittimazione politica ed
ideologica poteva avere interesse a contattare la Decima? LEMBO -
Salvatore Giuliano all'epoca era un latitante e, in una situazione come
quella della Sicilia dell'epoca il confine tra la figura del delinquente
e quella del patriota poteva essere labile e Giuliano ha sempre tentato
di affermare la leggenda che egli fosse un uomo spinto dalle ingiustizie
patite a fare quello che aveva fatto. Il bandito ha sempre provato ad acquisire
agli occhi del popolo una fisionomia idealistica che giustificasse le sue
gesta. Il contatto con le Forze armate fasciste avrebbe potuto fornirgli
questo alibi morale, di contro le Forze Armate Repubblicane si sarebbero
potute giovare di quell'alleanza per creare una quinta colonna alle spalle
degli angloamericani.
CANZANO - Nel tuo ultimo saggio, oltre a trattare della Decima e del
Vega, avvalendoti della vasta bibliografia esistente sull'argomento, di
testimonianze, memoriali e di documenti d'archivio, smonti una serie di
errate interpretazioni nate sull'attività della Decima nei territori
occupati e nel dopoguerra, quale è la tua tesi a proposito?
LEMBO - In realtà da qualche tempo, dagli archivi americani del
NARA sono sortiti fuori i documenti relativi agli interrogatori degli agenti
degli N.P. catturati in Sud Italia dai servizi segreti Angloamericani.
Da tali documenti si evince che una squadra del Vega Operò in Sicilia
e che gli uomini di questa squadra si interessarono, e forse segnalarono
al loro comando, dell'esistenza della banda Giuliano in Sicilia. E' da
chiarire, circa la veridicità di quegli interrogatori, che gli uomini
del Vega, una volta catturati dietro le linee nemiche mentivano fino allo
spasimo e, anche quando decidevano di ammettere qualche responsabilità,
continuavano a mentire. Per loro, dire tutta la verità significava
finire diritti alla fucilazione. Dai documenti relativi ai loro interrogatori,
anche se i fatti narrati rispondessero al vero, si potrebbe evincere che
gli agenti Vega in Sicilia dimostrarono un qualche interesse cognitivo,
non dimentichiamoci che quegli uomini avevano anche compiti solo informativi,
verso una banda armata che sicuramente poteva dare del filo da torcere
agli angloamericani. Nulla però dimostra che ci furono reali contati
tra gli uomini del Vega e quelli di Giuliano e, soprattutto, nulla dimostra
che, qualora vi fossero stati tali contatti, questi portarono ad accordi
tra la Decima e Giuliano Anche in questo caso di qui ad affermare che l'alleanza
tra la Decima e Giuliano effettivamente ci fu, ce ne corre. Invece, c'è
chi addirittura sostiene, senza prova alcuna certa prova documentale, che
Salvatore Giuliano si sia addirittura trasferito al nord per arruolarsi
nella Decima ed essere addestrato come agente speciale, dopodiché
sarebbe ritornato in Sicilia dove avrebbe operato con la sua banda. La
tesi è molta affascinante e buonissima per un film d'avventura,
ma gli studi storici, come detto, si basano su fonti documentali, testimonianze
e fatti concreti .
CANZANO - Nel tuo precedente lavoro 'La resistenza Fascista', ci parli
dell'invio a Napoli da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare
la Rete Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico, come
avvennero i contatti? LEMBO - Circa i presunti rapporti tra Giuliano
e la Decima c'è un "solido " fatto che è tale da
eliminare ogni dubbio. Che il bandito Giuliano abbia tentato di contattare
La resistenza fascista al Sud, e quindi le Forze Armate della R.S.I., non
è frutto di una semplice deduzione ma è un solido fatto.
Nel mio libro "La resistenza fascista" ho riportato un brano
tratto dal memoriale De Pascale, fornitomi dallo stesso De Pascale che
fu uno degli elementi di punta della Rete Pignatelli, relativo all'invio
a Napoli, da parte di Giuliano di suoi emissari per contattare la rete
Pignatelli ed offrire collaborazione e sostegno economico. Leggo testualmente
dal mio libro: "La mancanza di fondi- scriverà il Pignatelli
- ci fu presto contraria. Il sacrificio personale di mia moglie e mio non
poteva sopperire che in minima parte al sempre crescente fabbisogno, specie
per il blocco della nostra industria di legnami requisita dagli inglesi"(Cfr.
Valerio Pignatelli, Il Caso Pace, cit., p. 33.) Gli aiuti economici promessi
dalla R.S.I. alla principessa Pignatelli non arriveranno mai, o meglio,
saranno spediti ma non giungeranno mai a Napoli. In quel periodo il servizio
segreto angloamericano intercetterà due uomini ed una donna provenienti
dal Nord, mentre stanno attraversando le linee. I tre sono i corrieri dei
fondi promessi e recano con loro la somma di cinque milioni di lire. Saranno
tutti e tre fucilati. "Ricevemmo segnalazione - scriverà Pignatelli
- che ci erano stati spediti cinque milioni tramite una donna e due giovani.
Dopo qualche tempo ci giunse notizia di una donna e due ragazzi catturati
dagli inglesi, trovati in possesso di grosse somme e di radio trasmittente.
Gli inglesi li avevano fucilati in Santa Maria Capua Vetere. Non erano
riusciti a sapere a chi la somma e la radio erano destinati. Una segnalazione
radio ricevuta da me verso la fine di gennaio 1944 mi dava indicazioni.
Gloria alle tre vittime!"( Cfr. Valerio Pignatelli, Il Caso Pace,
cit. p. 33.) In merito, è da riportare anche la testimonianza di
De Pascale che, quando sarà arrestato di nuovo, si sentirà
dire dal maggiore Pecorella che lo interroga: "Aspettavate denaro
dai vostri padroni del nord? Chiedetelo agli inglesi". La possibilità
di ottenere cospicui finanziamenti si presenterà per gli uomini
dell'organizzazione fascista da una fonte quanto mai inaspettata. Una proposta
in tal senso arriverà addirittura dal bandito siciliano Giuliano
che invia a Napoli suoi emissari per contattare la centrale della "Rete
Pignatelli". "Vi fu ancora tra me e Ioele - racconterà
l'architetto De Pascale nel suo memoriale - una situazione che influì
sui nostri rapporti. Ioele chiedeva insistentemente che io incontrassi
degli emissari del bandito siciliano Salvatore Giuliano che si trovavano
a Napoli: mi volevano comunicare una certa disponibilità del loro
capo ad appoggiare la nostra causa e, anche se occorreva, con aiuto in
denaro. Gli dissi che non intendevo fare certo sgarbo a queste persone,
ma non potevamo essere fiancheggiati da un movimento palesemente fuorilegge
e separatista. A certi principi morali e ideali non potevamo venire meno.
Alcuni giorni dopo Rosario Ioele si presentò al mio studio accompagnato
da due persone. (.) Egli mi presentò costoro, che mostravano modi
cortesi e civili, Ioele mi disse che i "signori volevano conoscermi
personalmente" e volevano avere una risposta su quanto lui aveva precedentemente
proposto. Non esitai a dire, col dovuto garbo, che li ringraziavo della
loro offerta e solidarietà ma non potevo accettarla per ragioni
inerenti ai principi della nostra organizzazione. Costoro, in verità,
furono corretti più di quanto io potessi aspettarmi. Aggiunsero
che la persona che loro rappresentavano, in caso di necessità o
di nostro ripensamento, si sarebbe mostrato sempre disponibile ad aiutarci.
Ioele non gradì la mia presa di posizione, come io non gradii la
sua ingerenza nel mio campo d'azione. Sentivo d'aver fatto bene: la mia
non era una presa di posizione contro Salvatore Giuliano, ma era il rispetto
a un principio morale e organizzativo: gli angloamericani per conquistare
la Sicilia si erano serviti del feccime della malavita e della camorra,
cosa che noi detestammo e commentammo in modo decisamente negativo. Non
potevamo usare noi la loro stessa arma, anche se Giuliano all'epoca era
considerato solo un fuorilegge e, da un certo ambiente di propaganda giornalistica,
era commentato sotto una luce in certo qual modo romantica". Il tentativo
di avvicinamento al fascismo clandestino fatto da Salvatore Giuliano è
chiaro. Egli sa che la "Rete Pignatelli" ha ramificazioni anche
in Sicilia e cerca nuove alleanze per il suo movimento che non è
solo una semplice attività delinquenziale. Bisogna chiedersi se
tale esperimento di contatto con i fascisti, il capo banda siciliano lo
faccia per proprio conto oppure per conto del movimento separatista. I
due movimenti, quello separatista e quello fascista, sono tra loro ideologicamente
incompatibili ed è quindi lecito pensare che Giuliano agisca autonomamente
nella ricerca di alleanze o, ancora meglio, di una giustificazione ideologica
al suo operato. Si tratta di un evento, questo, particolarmente interessante
in quanto apre uno spiraglio di luce sui tanti misteri che circondano la
figura di Salvatore Giuliano. Viene da chiedersi se il noto "bandito"
prima di schierarsi con separatisti non abbia addirittura pensato di farlo
con i fascisti. Se ciò fosse, il rifiuto di De Pascale rappresenterebbeun
erro decisivo. Giuliano è un combattente ed ha con lui uomini decisi
alla lotta, ma più di ogni altra cosa, il cosiddetto "bandito"
è un uomo che ha carisma e fascino da vendere, elementi questi che
in una lotta ideologica contano forse quanto e più di cannoni e
mitragliatrici. " Quindi, Giuliano tentò di contattare il clandestinismo
fascista al sud, ma se Giuliano aveva il contatto degli uomini della Decima
in Sicilia, o meglio se Giuliano era addirittura un uomo della Decima perché
doveva mandare i suoi uomini a Napoli a contattare Antonio de Pascale e
la rete Pignatelli? Come vedete, i conti non tornano. Infine, circa la
tesi che vorrebbe gli uomini della Decima presenti a Portella delle Ginestre
a sparare sulla folla adunata per festeggiare il 1° maggio, proprio
qualche giorno fa è arrivata una clamorosa smentita. Ha scritto
Antonio Carioti in un suo articolo dal titolo "Portella la X°
Mas non c'era" apparso sul Corriere della Sera del 7 Maggio 2007:
"Questa versione dei fatti (la tesi che vorrebbe uomini del vega presente
a Portela delle Ginestre n.d.a. ) incontra ora una smentita proveniente
da un'istituzione non certo sospettabile di indulgenza verso il neofascismo.
Si tratta della Fondazione Di Vittorio, che per il sessantesimo anniversario
dell'eccidio, compiuto in Sicilia contro contadini inermi e le loro famiglie
il 1° maggio 1947, non solo ha riproposto gli interventi sulla vicenda
del dirigente comunista Girolamo Li Causi nel volume "Portella della
Ginestra. La ricerca della verità" , ma ha raccolto le testimonianze
filmate dei superstiti, curate dal regista Odino Artioli. Tra queste si
trovano iracconti di due cugini, Vincenti di Noto e Francesco Di Giuseppe,
i quali al momento della strage si trovavano sul cozzo del Dxuhait, da
dove avrebbero sparato, secondo Casarrubea, (è uno degli studiosi
sostiene la tesi che vorrebbe la Decima in contato con Giuliano n.d.a.)
sicari neofascisti. Entrambi dichiarano che sul posto c'erano soltanto
loro e che di là nessuno aprì il fuoco sulla folla inerme.
Ciò ovviamente non smentisce la matrice politica della strage, senza
dubbio voluta da ambienti reazionari e mafiosi legati al blocco agrario,
ma solleva ulteriori dubbi sulla possibilità di ricondurla a un
piano eversivo nazionale di matrice neofascista.
CANZANO - Nel tuo libro a proposito del Golpe Borghese dici: Il golpe
Borghese fu un reale tentativo insurrezionale o una gigantesca bufala?
LEMBOPerché? E' l'ultimo capitolo del mio libro sulla "Guerra
nel dopoguerra in Italia". La storia del Golpe Borghese non mi ha
mai convinto. Non penso sia stato un vero tentativo insurrezionale, o meglio
se lo è stato lo fu per chi ci credette, ma i veri organizzatori
volevano ben altro che fare il Golpe. Anche di questo, come detto, tratto
nel mio ultimo lavoro, ma se racconto tutto qui finisce che il libro non
se lo compra nessuno e allora, se permetti.adesso sono stanco.
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