Immigrazione di massa come “arma letale” del mondialismo
Occorre abituarsi a considerare le questioni per come sono nella loro essenza e non per come vogliono farcele apparire: l’immigrazione di massa non è un fenomeno spontaneo ma piuttosto un fenomeno provocato e come tale costituisce una delle armi più formidabili di cui dispongono i “mondialisti” (coloro che operano per l’affermazione di un nuovo ordine mondiale) per imporre l’annientamento delle identità delle Nazioni.
Codesta costituisce una delle branchie di quel mostro che si chiama grande finanza sovranazionale e che dispone di questo e di altri strumenti possenti per imporre un processo di trasformazione delle Nazioni destinato a realizzare in prospettiva il “nuovo ordine mondiale” (NWO), supremo obiettivo agognato dalle “elites” finanziarie mondiali.
Si prefigura ormai quale sarà lo battaglia decisiva delle Nazioni europee per la loro sopravvivenza in questo secolo: difendere e preservare la propria identità nazionale, culturale ed etnica o lasciarsi sommergere nel cosmopolitismo e lasciar imporre lo schema della società multiculturale, globalizzata ed uniformata al mercato unico, con i suoi effetti sicuri di decadenza economica, culturale e di perdita di sovranità ed autonomia nazionale a favore di istituzioni dominate dalla finaza, obiettivo questo conclamato delle forze mondialiste e delle centrali finanziarie sovranazionali.
L’immigrazione di massa viene ormai considerata un “fatto ineluttabile”, un fenomeno che non si può fermare, come se le cause vere di questa non siano da ricercare proprio nella destabilizzazione di interi paesi dell’Africa e del Medio Oriente voluta ed attuata dalle centrali di potere che fanno capo agli USA ed alla Francia, ad Israele ed alla Gran Bretagna, le grandi potenze che hanno inaugurato la corsa ad impadronirsi delle risorse dell’Africa in antagonismo con la Cina , nuova potenza emergente sul piano mondiale.
L’ostacolo più forte a questo fenomeno non sta soltanto nelle norme e nelle procedure che possono attuare i governi per fronteggiare questa calamità, varie soluzioni sono state adottate da paesi come la Spagna, la Francia, la Grecia, paesi nei quali (a differenza dell’Italia), si sono adottate contromisure rigide vista la crescita del fenomeno. L’Italia, vista la sua compagine politica di fiduciari delle centrali finanziarie, di mondialisti e di massoni collocati all’interno del governo e delle istituzioni, non poteva che “sbragare” per prima e cedere all’assalto verso il nostro paese, togliendo ogni argine (vedi legge Bossi Fini e reato di clandestinità) come presto avverrà.
Il vero ostacolo all’assimilazione ed alla perdita dell’identità nazionale si trova nelle forme di resistenza culturale che possono opporre i popoli contro la globalizzazione e l’immissione massiccia di comunità estranee alla propria cultura e tradizioni e non disponibili ad essere integrate. Questa resistenza si esprime in primo luogo con una valorizzazione delle risorse locali del territorio, risorse non solo in senso economico ma anche nella tradizione e nei costumi delle popolazioni che possono così fronteggiare l’imposizione di modelli consumistici estranei ed avulsi dal contesto storico e culturale. Notevoli le resistenze autonomiste in questo senso di regioni come la Catalogna ed i paesi Baschi in Spagna, la Baviera in Germania, la Bretagna in Francia, l’Ungheria che si oppone strenuamente all’assimilazione ed alle normative europee.
Certamente la presenza consolidata di milioni di extracomunitari nei paesi europei ha già segnato un punto di non ritorno per alcune regioni europee in termini di degrado sociale, presenza di comunità aggressive come quelle islamiche che reclamano l’affermazione dei propri riti e costumi in contrapposizione a quelli esistenti (religione, separazione maschi e femmine, costruzione moschee, abolizione simboli cristiani, ecc..). Per quanto la propaganda mondialista si sforzi di far apparire integrate queste etnie nel contesto sociale, la realtà si incarica di smentire drasticamente queste affermazioni ed è accaduto in Francia con le rivolte nelle “Banlieue” di Parigi, in Svezia con una rivolta analoga pochi mesi addietro, in Gran Bretagna con gli attentati a Londra, in Olanda con gli omicidi a base religiosa, avviene qualche cosa di simile anche in Italia con le rivolte di Rosarno in Calabria o i numerosi casi di stupri e nell’insorgenza della criminalità predatrice, da strada, a Milano, a Roma ed altrove.
Tanto che gli stessi esponenti politici in alcuni paesi si sono dovuti fare carico di affermazioni quali “fallimento dell’integrazione” e riconoscimento dell’emergenza sociale essendo queste sotto gli occhi di tutti.
In alcune nazioni europee è ormai un fatto l’avvento della società multiculturale ed una realtà la perdita della compattezza etnica e della nazione dovuta (come nel caso della Gran Bretagna) all’afflusso di moltitudini provenienti dalle ex colonie, in una situazione dove il governo si destreggia con interventi di basso profilo evitando di intaccare il precario equilibrio esistente dove ad esempio intere zone di Londra sono divenute “off limits” per gli inglesi bianchi ed autoctoni.
Diverso il caso dei paesi mediterranei come Spagna, Italia e Grecia dove il fenomeno è in atto con una voluta crescita del flusso migratorio in contrasto con la profonda crisi economica di questi paesi, anche questa prodotta dalle stesse centrali finanziarie che premono per l’omologazione ed il superamento dei confini nazionali.
La Storia però ci dimostra che il tentativo di stabilizzare queste situazioni neutralizzando le rivalità etniche e religiose, si dimostra quasi sempre un palliativo di breve o media durata che lascia covare le tensioni sotto la cenere salvo poi esplodere in tutta la loro virulenza con scontri etnici e sociali quando salta “il tappo” che li aveva soltanto differiti nel tempo.
Esemplare in questo è stato il conflitto nei Balcani con gli scontri tra le comunità albanese Kossovara di religione mussulmana e quella serba di religione cristiano ortodossa. Un conflitto che in un primo tempo è stato anche esacerbato e provocato da quelle centrali di potere che avevano interesse a provocare una destabilizzazione dello stato Iugoslavo con satellizzazione di alcuni microstati originati da quel conflitto (Slovenia e Croazia).
Bisogna considerare che ci sono paesi dove è più forte il senso della comunità nazionale come in Francia o in Germania e la consapevolezza dell’interesse nazionale come preminente che costituisce un antidoto naturale alla disgregazione, a differenza dell’Italia dove vige una forte opera di autolesionismo nazionale dovuta alla presenza di forti componenti massoniche e dei gruppi ex comunisti e cattolici che inseguono l’utopia della “fratellanza universale” perfettamente compatibile con l’obiettivo massonico del “nuovo ordine mondiale”.
A queste consorterie laiche o religiose, cultrici ante litteram dell’omologazione mondiali sta, a questi personaggi “ politicamente corretti” che hanno in passato criticato ogni forma di autoritarismo, non sembra vero poter aspirare un nuovo ordine universalistico, anche se questo viene esercitato da una forma monopolistica di potere autodefinitosi “democratico”.
Queste organizzazioni, che sono state avversarie storiche di ogni forma di nazionalismo o di idea nazionale, sono favorevoli all’idea utopistica dell’avvento di una società planetaria con l’abolizione di ogni frontiera, annullamento delle differenze fra i popoli, tutti unificati nell’ideologia del “pensiero unico” e nell’adorazione di un unico Dio ( possibilmente quello di Israele). Sfugge a questi “sprovveduti” il rovescio della medaglia che consiste nell’asservimento dell’umanità, attraverso la globalizzazione, ad una de localizzata distribuzione della produzione e del commercio ad un unico centro di potere costituito dalla grande finanza sovranazionale (secondo il progetto mondialista).
Per quanto riguarda l’Italia sono gli intellettuali impegnati, gli esponenti del clero e delle associazioni cattoliche, oltre ai politici del “politicamente corretto”, gli emissari della Comunità Europea e delle organizzazioni internazionali, quelli che più si sono fatti sostenitori di questa crociata dell’accoglienza e dell’integrazione, senza contare la classe degli insegnanti nelle scuole, dei docenti nelle Università, delle tante fondazioni di carattere pseudo culturale esistenti. Saranno questi i soggetti che sperano di ottenere vantaggi e consenso dall’allargamento della base sociale della popolazione in chiave muti etnica. Si pensi a quante associazioni ONLUS operano nella cooperazione ed a quante di queste traggono profitto dall’incremento di presenza di extra comuni tatari in Italia, per non parlare della possibile attribuzione del diritto di voto agli stranieri con conseguente possibilità per i partiti di sfruttarne il proprio tornaconto elettorale.
Il paradosso sarà a nostro avviso nel fatto che da alcune di queste comunità ci sarà un rifiuto all’integrazione e forti resistenze poiché si tratta di comunità chiuse nelle loro tradizioni, culture e religioni, come avviene per le comunità islamiche o per quella cinese, che non accetteranno il mito dell’integrazione ma, che in alcuni casi, tenderanno a sopraffare le comunità italiane locali quando avranno raggiunto la supremazia di numero, nel giro di non molti anni visto il tasso di natalità doppio o triplo rispetto a quello italico.
Questo darà luogo, come facilmente prevedibile, a scontri e conflitti sociali di grande portata con possibilità di disgregazione del tessuto sociale. Vigilerà però la nuova polizia europea la Eurogendor, pronta a reprimere i facinorosi e coloro che non vorranno adattarsi,.
Si potrebbe fermare questa “ineluttabile” invasione se almeno una parte dell’opinione pubblica prendesse coscienza del problema ed acquistasse fiducia nel futuro, questo dovrebbe accompagnarsi ad un rinnovo delle famiglie tradizionali correggendo i tassi di crescita demografica eccessivamente bassi nel “bel paese”.
La fiducia e la volontà di procreare e mettere su famiglia dovrebbe essere quella delle nuove leve, dei giovani tra i 20 ed i 35 anni, quella che invece rappresenta oggi la “generazione perduta” in buona parte senza prospettive per mancanza di lavoro, di mezzi di sostentamento propri, di opportunità di autoaffermazione individuale ed economica.
Guarda caso in questo momento ci si trova nel mezzo di una crisi economica epocale che è stata provocata esattamente dalle stesse centrali finanziarie che oggi spingono per la realizzazione della società multietnica e multiculturale che provveda a smantellare ogni vecchia forma di welfare e di diritti, dove la parola d’ordine è quella della “competitività, produttività e globalizzazione”.
Una società ed un sistema che impongono come un totem, attraverso il ricatto del debito (creato dalle stesse entità finanziarie) quello della stabilità finanziaria e della omogeneità con i paesi a basso costo del lavoro, obiettivo reso più facile dalla presenza di masse di provenienza africana abituati a lavorare con forti ritmi per bassi salari.
Anche questa si badi bene non è una semplice coincidenza ma piuttosto una “convergenza di interessi”. Ecco quindi spiegato in un ragionamento logico e consequenziali quali siano le aspettative delle “elite dominanti”:1) una società globalizzata e multi etnica grazie all’immigrazione di massa, alla caduta delle sovranità nazionali; 2) un mercato unico omologato che approfitta della presenza di grandi masse di salariati con basso livello di pretese; 3) un numero di consumatori adeguato a permettere alle multinazionali di stabilirsi sul territorio; 4) una azione costante (fra tasse e balzelli vari) per mettere fuori mercato la piccola e media industria manifatturiera e le vecchie reti commerciali dei “negozi” all’italiana (sostituiti con i grandi ipermercati) .
Tutto questo permetterà alle grandi centrali sovranazionali di avere il controllo totale e di macinare enormi profitti che saranno a vantaggio della “elite” dominante.
Sarà questo un sogno per taluni (pochi) ed un “incubo” per molti.
di Luciano Lago
Nessun commento:
Posta un commento