lunedì 8 settembre 2014

Manifesto di Rinascita Nazionale





Manifesto di Rinascita Nazionale
Un laboratorio di sovversione mondiale lavora per la perversa distruzione di ogni cultura, di ogni identità, di ogni giustizia sociale, di ogni differenza territoriale, linguistica e storica, di ogni assetto umano già fondato sulla libertà individuale, sulla solidità della famiglia, sulla centralità e solidarietà di ogni parte della comunità nazionale.

L’arma brandita da questo “laboratorio della distruzione” è la feroce iniezione di massicce dosi di un pensiero unico ispirato a pseudo-modelli “universali” di finto egualitarismo culturale, sociale ed economico, imposti a una società di massa rassegnata e narcotizzata, ed estranei ai nostri costumi, valori, ideali, speranze.

Il suo inconfessabile obiettivo è l’annientamento dei popoli, soprattutto se forti di una civiltà e di un destino comune.

È fondamentale dovere, di ogni uomo libero e di ogni forza sociale ancora gelosa e fiera della propria indipendenza e creatività, contrastare questa strategia della distruzione nelle sue molteplici manifestazioni.

Nostro è il dovere di ricostruire l’identità e la solidarietà di popolo.

Innanzitutto rovesciando le nefaste politiche di decrescita demografica e di coatta immigrazione-invasione che hanno quale scopo comune la distruzione del tessuto identitario e socio-economico delle nostre genti.

L’accoglienza indiscriminata di moltitudini sradicate dalle proprie culture, provocata dalla continua propaganda in favore di un falso umanitarismo spacciato come “espiazione” di presunte colpe ancestrali, è una politica criminale, e per noi suicida, che conduce all’ineluttabile rottura di quel “contratto sociale” che ha reso possibile, da sempre, la nascita e la crescita delle civiltà.

Questa la strategia della distruzione contrabbanda come “becero razzismo di un popolino scomposto e ignorante dal cuore di pietra che mai sanguina”, il sacro diritto di essere padroni in casa nostra.

I nuovi negrieri manovrati da “menti oscure” utilizzano questa merce umana per procurare profitti ai signori del denaro. L’iniezione di questa manovalanza a basso costo per abbattere i cosiddetti costi del lavoro crea soltanto, nei territori di accoglienza, disoccupazione, delocalizzazioni e disordine delinquenziale. Nei territori di origine, guerre, sottosviluppo e destabilizzazione sociale, economica, culturale e politica.

Ogni comunità organica ha diritto a decidere e a costruire essa stessa, nella sua terra, il proprio futuro.

La civiltà non si sradica né si esporta: è il cammino autodeterminato di ogni popolo.

La forzata integrazione, la forzata acculturazione, crea soltanto emarginazione e conflitti sociali.

La nobiltà dell’uomo e la nobiltà del lavoro.

Ogni realizzazione dell’uomo, ogni creazione manuale ed intellettuale dei nostri popoli, va gelosamente protetta: si tratti della cultura o della mozzarella, dell’acciaio o del vino.

Rifiutiamo di importare ciò che già da noi si produce, in abbondanza e di qualità.

Rifiutiamo ogni modello monoculturale di massa che il laboratorio della distruzione vuole imporre per dividere uomini e popoli e così assoggettarli alle leggi del profitto e dell’usura: dall’ipermercato h24 all’informazione unica e manipolata, dalle armate neocoloniali alla “giustizia universale”, dalla moneta unica alla lingua unica.

Noi e la nostra terra possiamo già soddisfare ogni necessità sociale, industriale, agricola, politica e intellettuale.

È vitale restituire all’uomo la sua centralità nella vita, nel lavoro e nell’economia. L’uomo, il lavoratore, il produttore, non più numero o consumatore, deve tornare ad essere attore ed artefice della propria esistenza, del proprio benessere e del proprio futuro. Non più mercificato e sfruttato. Non più inconsapevole strumento dell’arricchimento della ristretta oligarchia dei signori del denaro, la stessa che guida le multinazionali, le banche, la politica del Debito Infinito di uomini e nazioni e la globalizzazione. Globalizzazione e mondializzazione da noi mai voluta, ma certamente subita!

Un’oligarchia senza volto, che utilizza i suoi camerieri imposti alla guida dei governi e degli Stati, che si nasconde dietro i suoi delegati di Wall Street e della City e che distrugge l’economia reale con vergognose speculazioni finanziarie, privatizzazioni-rapina, liberalizzazioni-truffa, delocalizzazioni e deregolamentazioni.

Un’oligarchia senza volto che si maschera dietro impenetrabili trust e impone miseria per tutti,  con la flessibilità, la precarietà e la mobilità del lavoro. Che spegne ogni scintilla di iniziativa imprenditoriale non conforme agli interessi della lobby globalista.

Un’oligarchia che si ingrassa di eterne cedole e di tassi usurai imposti alle nazioni con inique tassazioni emanate da “governi tecnici” nominati ad hoc. Immoralità del debito pubblico.

Soltanto riprendendo nelle mani il suo futuro il popolo potrà liberarsi dalle catene dell’attuale servitù. Con ogni mezzo.

Tutto deve essere ridiscusso.

L’imposizione di una società multietnica.

I trattati di servaggio internazionale.

Le leggi capestro sulla proprietà della moneta, che non può che essere dei popoli e non, come oggi, di banche d’affari “anonime”.

Le norme liberticide: quelle che comprimono le libertà dell’uomo, rapinano il futuro ai giovani e quelle che soffocano l’economia produttiva ad esclusivo vantaggio di speculatori e finanzieri internazionali.

La struttura elefantiaca e inefficiente dei mille organi istituzionali – amministrativi, governativi, legislativi e giudiziari – non più strumenti del contratto sociale e degli interessi del popolo, ma autoreferenziali e al tempo stesso sudditi di caste interne e di poteri transnazionali.

Tutto nell’interesse di tutti

È tempo di rovesciare il piatto avvelenato che il laboratorio della distruzione impone.

È tempo di rivendicare con orgoglio la nostra diversità e unicità. Gelosi delle nostre autonomie e delle nostre tradizioni.

Roma, Parigi e Mosca non sono né la New York delle banche né la Bruxelles dell’eurocrazia.

Arte, cultura, storia, genio, solidarietà e civiltà sono radicate nelle nostre terre e nelle nostre genti.

La nostra identità vive anche delle nostre case, delle nostre strade, delle nostre campagne, della nostra opera, della nostra memoria. Non può essere  accettato alcun attacco speculativo o fiscale contro questi valori primari. E quando prone e assenti istituzioni latitano dai loro doveri di tutela, è nostro compito e obbligo civile sostituirle con un impegno in prima persona.

  • È il momento di riaffermare la sovranità di ogni nazionalità.
  • È il momento di stracciare tutti i pezzi di carta che altri hanno scritto e sottoscritto a nostro nome e a nostro danno.
  • È il momento di riproporre il vero contratto sociale tra i cittadini e i loro rappresentanti, di costruire uno Stato strumento del popolo e non soggetto a caste interne ed oligarchie apolidi.
  • È il momento di farla finita con la cosiddetta “unione europea” che altro non è che la cinghia di trasmissione dei diktat del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale, delle sue Banche Centrali, della grande finanza e delle multinazionali.
  • È il momento di riaffermare il sacro diritto dei popoli all’autodeterminazione.
  • È il momento di riunire in un solo corpo vivente, in una potente alleanza, i popoli che da sempre condividono lo stesso destino, da Dublino a Vladivostok.
  • È il momento di una Lega di terra e di popolo.        
  • È vitale costruire rapidamente e attivare una Lega Nazionale.

  • Per aggregare rapidamente ogni energia, ogni forza italiana orgogliosa della nostra comune memoria, della nostra storia, della nostra gente, della nostra cultura e pronta a riprendere la strada del virtuoso cammino un destino comune.
  • Per mandare a casa definitivamente i distruttori della nostra patria comune e i parassiti loro camerieri, tutti vergognosi esportatori di “democrazia” a colpi di guerre e di odio.
  • Per riprenderci le nostre vite, la nostra dignità, i nostri sogni, la famiglia, la natura, le amicizie, le risate  e quindi un lavoro che ci permetta tutto ciò e non al loro posto.
  • Per restituire ai giovani il diritto-dovere di riconquistare, in una scuola “seconda famiglia” e maestra e palestra di vita, la migliore educazione e istruzione nazionale. Con la libertà di dissentire dal pensiero unico, con il confronto diretto tra tesi contrapposte e con l’ausilio di ogni nuova tecnologia.
  • Per spazzare via ogni deviazione multiculturale, predicata dalle varie chiese, propagandata dai media asserviti e tesa soltanto alla massificazione del genere umano in un indistinto e “tollerante” caos di teatranti, mimi e schiavi.
  • Per uscire dai patti capestro di sudditanza politica imposti dalla cosiddetta “unione europea”, dall’Alleanza Atlantica e dall’alta finanza – dal Trattato di non proliferazione nucleare alla Corte internazionale di Giustizia, al fiscal compact fino al prossimo Trattato commerciale transatlantico – sottoscritti ai danni di ogni popolo d’Europa e combattere ogni strategia di deregolamentazione economica, meticciato culturale ed esproprio militare della nostra sovranità nazionale.
  • Per aggregare tutte le entità nazionali europee, da Dublino a Vladivostok, su una via comune di progresso e di destino culturale, economico, scientifico, politico e militare.
  • Per un’Europa dei Popoli.
Promotori e sottoscrittori su:
La nostra è la tua lotta.

Non è certo di chi, schiavo senza dignità, si fa scimmia e cane e zerbino di questi Signori della tristezza e del denaro. Di esseri senza spina dorsale che di tutto conoscono il prezzo ma di niente il valore.

  • Qui si tratta di porre fine al tempo del bastone e della carota.
  • Qui si tratta di sollevarsi dalle macerie. Di smettere di guardare soltanto alle nostre scarpe senza combattere per l’avvenire e senza chiedersi mai quale impronta lasceremo del nostro passaggio. Di urlare la propria dignità, di realizzare il proprio destino.
La sottoscrizione di questo manifesto è un dovere personale e comunitario per creare non oltre questo autunno 2014 un potente, trasversale, fuori dai vecchi schemi e risolutivo movimento di popolo: una Lega Nazionale.


06/09/2014

                                                                                                                

sabato 6 settembre 2014

Comitato Onoranze Caduti di Rovetta



Ass.ne Reduci 1^ Legione CC. NN. 'M' d'Assalto Tagliamento
Comitato Onoranze Caduti di Rovetta
Ass.ne  Il Campo della Memoria di Nettuno

Visita alla Tomba dei Caduti di Rovetta
al Cimitero del Verano di Roma
21 Settembre 2014

P R O G R A M M A
Ore 9,30
Incontro all’ingresso secondario del Cimitero del Verano nel Piazzale delle Crociate
 (poco prima della Tangenziale).
Ore 10,00
Corteo dei Reduci dall'Ingresso del Verano alla Tomba dei Caduti.
Ore 10,30
Visita alla Tomba dei Caduti di Rovetta e Cerimonia commemorativa come segue:
Breve saluto di un rappresentante dell'Ass. Reduci della Tagliamento
e del Presidente Alberto Indri  del Campo della Memoria
Sintetica Commemorazione storica del prof. Stelvio Dal Piaz
Appello ai Caduti di Rovetta.
Ore 11,30
Cerimonia religiosa come segue:
Santa Messa in suffragio dei Martiri officiata da  Don Marco Solimena, sacerdote del Clero romano, e Benedizione della Tomba.
Lettura della 'Preghiera del legionario'.
Ore 12,45
Pranzo presso il Ristorante 'Mammà' (ex Le Crociate). Il convivio sarà preceduto dalla consegna del Premio Alto Morale Edizione 2014 all'Associazione 'Campo della Memoria' di Nettuno,
annunciato nel XXII Raduno di Rovetta domenica 25 Maggio scorso.
Ore 16,00
Eventuali comunicazioni degli Appuntamenti in Programma per  l'anno 2015, e commiato.

RIFERIMENTI
Pernottamento
Per prenotazioni pernottamento di sabato sera 20 Settembre 2014
 presso l'Hotel Regina Margherita, via Bari n.3 (una traversa di Viale Regina Margherita):
camera singola euro 74.00, inclusa prima colazione, non inclusa tassa di soggiorno
camera doppia euro 84.00, inclusa prima colazione, non inclusa tassa di soggiorno
Rivolgersi al sig. Lucio tel. 06 44202145 facendo riferimento all' Ass. Reduci Tagliamento
Pranzo
Per prenotazioni per il pranzo (prezzo euro 22,00) che avrà luogo domenica 21 alle ore 12,45 al vicino Ristorante 'Mammà' (ex Le Crociate) che è in Piazza delle Crociate 17 (sopra il Supermercato INS) ,
 rivolgersi a: Alberto Indri, tel. 06 64721096, cell. 339 4676055, Paolo Piovaticci, cell. 335 5280754



VERANO 2014..

venerdì 5 settembre 2014

CULTURA - La concezione politica di Platone: la critica alla democrazia

La concezione politica di Platone: la critica alla democrazia

Raffaello Sanzio, Platone e Aristotele (Particolare da Scuola di Atene, 1509). Immagine tratta da: www.pedagogy.ca di Franco Ferrari*   (Da Treccani.it)

Nonostante i tentativi compiuti negli ultimi decenni da numerosi studiosi di interpretare in senso liberal-democratico la filosofia politica di Platone, la tesi del filosofo austriaco Karl Popper secondo la quale Platone fu un pensatore totalitario, che avversò in maniera radicale la società aperta e la democrazia, appare difficilmente contestabile. L'avversione platonica nei confronti della democrazia è di natura profonda e investe importanti aspetti del suo pensiero filosofico, sia sul versante antropologico sia su quello etico e morale. Per Platone la democrazia assume in maniera del tutto ingiustificata l'uguaglianza degli uomini e rinuncia programmaticamente al principio di competenza. Inoltre essa è destinata inevitabilmente a degenerare nella più terribile delle forme di governo: la tirannide.

Protagora ‘ideologo’ della democrazia
La riflessione filosofica del V-IV secolo a.C. fu generalmente ostile alla democrazia. Forse la prassi democratica non aveva bisogno di venire legittimata sul piano teorico dal momento che era, almeno ad Atene, diffusa e accettata. Quando la filosofia, con Socrate, Platone e, sia pure in misura meno radicale, con Aristotele, iniziò a riflettere sistematicamente sui fondamenti della democrazia, assunse un atteggiamento critico e polemico. Non mancarono tuttavia, soprattutto in ambiente sofistico, tentativi di legittimare teoreticamente la prassi democratica. Il più interessante di questi tentativi fu probabilmente compiuto da Protagora di Abdera, uno degli intellettuali più prestigiosi e celebri attivi ad Atene nella seconda metà del V secolo.
Platone, proprio nel dialogo dedicato a questo sofista, fa esporre a Protagora il celebre mito sull'origine della civiltà. In base al racconto di Protagora nella distribuzione originaria delle capacità, che Zeus affidò al poco preveggente Epimeteo, gli uomini restarono privi di dotazioni naturali, cioè senza forza, velocità, robustezza, ecc., e di conseguenza non erano in grado di sopravvivere di fronte alla soverchiante forza degli altri esseri viventi. Per supplire a questa carenza, Prometeo donò agli uomini la sapienza tecnica, cioè la competenza artigianale (demiourgikè techne) sotto forma di fuoco. Per Protagora, tuttavia, il possesso di una competenza tecnico-artigianale non è ancora sufficiente a garantire la sopravvivenza, perché gli uomini sono naturalmente portati a sopraffarsi a vicenda e, sulla base della sola dotazione tecnica, non risultano orientati ad associarsi tra loro e a dare vita a forme di collaborazione e a nuclei associativi. Per questa ragione intervenne direttamente Zeus, donando la tecnica politica (politikè techne), la quale si costituisce di due principi: il rispetto (aidòs), cioè una forma di riconoscimento reciproco, e il senso di giustizia (dike). A differenza delle dotazioni naturali e delle singole competenze artigianali, la tecnica politica venne distribuita a tutti gli uomini, i quali risultano così legittimati ad assumere le decisioni che riguardano la vita della comunità (Protagora, 320 D-323 C).
Il mito di Protagora viene considerato il ‘manifesto’ dell'ideologia democratica perché in esso trova giustificazione una certa forma di uguaglianza tra gli uomini, i quali sono tutti, almeno potenzialmente, in possesso della virtù politica, cioè sia di una dotazione minima di competenze utili a governare la città, sia di un'autonomia decisionale, che rinvia a una soggettività autonoma e trasparente. In altre parole, Protagora sembra fondare l'assunto fondamentale dell'ideologia democratica, il quale stabilisce che i membri di un gruppo chiamati a discutere, a deliberare e a istituire norme valide per tutti, sono liberi e consapevoli, cioè perfettamente in grado di stipulare un patto negoziale.

Disuguaglianza naturale e principio di competenza
Sul piano della riflessione filosofica la polemica antidemocratica di Platone si indirizza proprio contro la validità di questo insieme di assunti. Alla tesi dell'uguaglianza degli uomini egli contrappone un celebre argomento di natura antropologica, che si fonda su una spregiudicata analisi della struttura dell'anima. Quest'ultima presenta tre differenti centri motivazionali, dalla prevalenza di uno dei quali dipende l'orientamento generale della vita psichica dell'individuo. Solo il primo di questi centri motivazionali è razionale, e si identifica con la capacità calcolativa della ragione (logismòs). La sua prevalenza nell'anima dell'individuo garantisce l'orientamento dello stesso alla conoscenza e soprattutto la capacità di universalizzazione. Viceversa le altre due ‘parti’ sono irrazionali: l'una rappresenta le istanze dell'impulsività e della reattività collerica, l'altra dei desideri collegati alla corporeità.
Secondo Platone solo in un numero molto limitato di individui il centro razionale esercita il dominio e assoggetta le altre due parti; le anime della maggioranza dei cittadini sono invece dominate dalle parti irrazionali. Ciò significa che in questi individui gli interessi privati, i desideri, la pretesa di autoaffermazione prendono il sopravvento nei confronti dell'orientamento al bene generale. Si tratta di uomini che risultano ‘schiavi’ dei desideri e che perciò non sono in grado di esercitare in maniera libera e veramente autonoma il loro ruolo di cittadini. Solo coloro nei quali prevale l'istanza calcolativa e razionale, cioè i filosofi, possono assumere legittimamente il governo della città, perché solo loro sono in grado di universalizzare le proprie decisioni, cioè di agire nell'interesse collettivo. Inoltre i filosofi conoscono il mondo delle idee, cioè l'ambito eterno e invariabile dei valori normativi (la giustizia, il bene, ecc.) ai quali deve uniformarsi ogni comportamento politico razionale. La conoscenza delle idee consente di fissare dei criteri universali e assoluti in riferimento ai quali l'uomo politico può stabilire se una certa legge o un determinato comportamento sia conforme alla ragione e al bene. E' evidente che, secondo Platone, la democrazia viola le due norme fondamentali del buon governo: la naturale disuguaglianza degli uomini e il principio di competenza, cioè il possesso del sapere.

Il paradosso della democrazia: l'avvento della tirannide
Platone affianca alla riflessione filosofica sui fondamenti etici e antropologici della politica un'approfondita analisi storico-fenomenologica delle varie forme di governo. Come la città democratica è dominata dall'uguaglianza (isonomìa) dei cittadini, così l'uomo democratico è un individuo ‘isonomico’, nel quale è assente ogni principio gerarchico tra i desideri. Nell'uomo democratico non esiste un orientamento psichico prevalente, dal momento che ogni desiderio (perfino quello di sapere) si colloca sullo stesso piano degli altri: la sua anima è dominata dal principio di libertà, la quale sconfina inevitabilmente nella licenza.
Dal punto di vista storico la democrazia è destinata a trasformarsi nella tirannide che rappresenta la forma più nefasta di governo. L'eccesso di libertà induce i cittadini a consegnarsi a un difensore, solitamente un demagogo, il quale sollecita le istanze irrazionali degli individui e riesce a farsi consegnare ‘democraticamente’ il potere, trasformandosi in tiranno, ed eliminando tutte le libertà della democrazia. Platone fu il primo pensatore a formulare il cosiddetto paradosso della libertà o della democrazia: si tratta dell'incapacità della democrazia di autofondarsi, cioè della circostanza che una democrazia può decidere in forma democratica di annullarsi.

Attualità di Platone?
Come si vede, la filosofia politica di Platone fu profondamente antidemocratica; essa appare del tutto inconciliabile con principi liberali della modernità. Tuttavia la riflessione platonica ha il merito di aiutarci a collocare in prospettiva, e forse a relativizzare, una serie di assunzioni che appaiono naturali. In particolare essa invita a considerare l'uguaglianza tra gli uomini non come il presunto dato di partenza, ma come il fine dell'azione politica. Inoltre l'orientamento universalizzante e comunitario del pensiero platonico può rappresentare un eccellente antidoto contro l'individualismo e l'eccesso di privatezza che deformano di fatto la prassi democratica moderna.


*Insegna Storia della filosofia antica presso l'Università di Salerno. Si occupa prevalentemente di Platone e del platonismo antico. Fra le sue pubblicazioni: Platone. Contro la democrazia, BUR 2008.
                                                                                                                                             

martedì 2 settembre 2014

"LE CASSANDRE" AVEVAMO RAGIONE

 
Ucraina,poco fa...,Siria oggi ed ieri,Irak oggi,ieri e da Bush padre.
Libia : da Sarkozy a BombObama, via Berlusconi,un video mostra gli integralisti islamici nuotare nella piscina dell'ambasciata (abbandonata di corsa) Usa a Tripoli.
Afghanistan dal primo giorno dopo l'11 settembre...Somalia ancor prima...
Algeria,Tunisia,Egitto e "primavere arabe".
Gaza e Palestina in coda.
L'elenco degli eventi accaduti,trattati ed ipotizzati è lunghissimo e potrebbe andare a ritroso senza fine.
Tutto guardato ed esaminato con un'ottica "diversa",non conformista e decisamente "scomoda" in questo 70ennio che va dal 1945 ad oggi.
Non solo da me (che però mi riconosco il vanto di averlo detto e scritto mettendoci sempre faccia e nome) quanto da quel poco di stampa e tanto di libera informazione su internet che,nel tempo,hanno avuto il coraggio di riprendere e pubblicare (senza censura) gli interventi delle "Cassandre" scomode.
Quelle,tante ma non "di grido",che ammonivamo sui rischi di "tutte" le operazioni di guerra sopracitate (sempre per restare a quelle di attualità) nella consapevolezza che,vivendo in Occidente e sotto un regime mediaticamente manipolatore,quanto dicevamo,scrivevamo e (a volte) facevamo  sarebbe stato o censurato oppure ferocemente condannato perché in contrasto con l'operato delle "democrazie  occidentali".
Personalmente mi sono visto affibbiare di tutto : "nazista,fascista,razzista,antisemita,terrorista,islamico,difensore di dittature e dittatori sanguinari..."e tante altre cose per finire con " testa di ca...".
Tutte offese (ed a volte minacce) che non mi hanno mai toccato piú di tanto ma che si sono pure riversate sulle testate di informazione libera,ree di ospitare "opinioni" alternative (condivise o meno che fossero dalla direzione).
Stessa cosa,sicuramente in maggior misura, per altre "Cassandre" colpite da vere e proprie persecuzioni.
Tornando alla sostanza di quanto spero di comunicare : come Troia cadde (a tradimento) malgrado gli avvisi e profezie della Profetessa così oggi abbiamo la realizzazione di quanto segnalato per tempo.
Le "primavere arabe" hanno portato,con il pieno appoggio degli occidentali :
la dittatura militare (toh..e Mubarak ?) in Egitto con migliaia di morti per le strade ed una situazione che esploderà nuovamente  ;
la frammentazione della Libia in Califfati e territori tribali incontrollati ed incontrollabili,con in più centinaia di migliaia di profughi esterni che si riverseranno in Italia ;
la creazione del Califfato dell'Irak e del Levante,sogno di Bin Laden e dei suoi eredi piú o meno legittimi ;
la mai cessata guerra in Afghanistan ove i talebani riprenderanno subito il potere non appena andranno via i soldati Usa (ma non ci credo che andranno via) ;
la aggressione ad Assad in Siria (fermata solo da Putin) che,oggi, viene "riabilitato" di fatto quale argine essenziale per fermare l'Isis.
Gaza e Palestina....,dopo migliaia di civili morti (tutti palestinesi,meno cinque) nessuno crede che le ostilità siano cessate davvero.
Ucraina,notizia di poco fa : Putin continua ad ammonire BombObama,l'UEismo e la Nato che mai permetterà il massacro dei russofoni ucraini e che...ha le bombe atomiche.
Chiaramente ho usato Cassandra per rendere l'idea e non perché mi senta tale o per darmi soverchia importanza.
Sono certo che le analisi del tempo (e quelle di oggi) le avrebbe potuto fare qualunque persona minimamente informata e con un poco di buonsenso.
Come i direttori delle libere testate telematiche che hanno dato loro spazio e quanti abbiano potuto o voluto esaminarle.
Ad altri, quelli che li hanno respinte "per partito preso" e perché "allineati e coperti" suggerisco solo una cosa :
un bell'esame di coscienza.....

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello
                                                                                                                                                 

domenica 31 agosto 2014

É la svolta? Se Obama...... (di Claudio Moffa)



É la svolta? Se Obama si allea con la Siria, la strategia del caos di Israele - che è dietro Isis e curdi, e che continua le sue provocazioni contro l’Iran - potrebbe finalmente entrare in crisi
 
di Claudio Moffa

Un deja-vu inquietante: Israele dietro i Curdi e l’Isis, in guerra tra loro. I precedenti ci sono: in una delle tante guerre civili africane, Congo Brazzaville anni 90, gli israeliani si trovarono a sostenere entrambe i fronti, tanto che dopo la protesta delle madri dei ragazzi in guerra gli uni contro gli altri, la stampa denunciò lo scandalo.
Anche la strategia della tensione italiana ha visto il Mossad usare a piacere destra e sinistra, purché fosse caos: a Piazza Fontana 1969, l’ombra di Ordine Nuovo, fascistissima organizzazione legata ai servizi israeliani; alla Questura di Milano 1973, l’ anarchico Bertoli, fresco fresco di un viaggetto in un kibbutz israeliano, fatto che venne probabilmente scoperto dal commissario Calabresi, poi “sfortunatamente” assassinato; e nel caso Moro - dopo l’arresto di Franceschini e Curcio, che contattati dai servizi israeliani li avevano mandati a quel paese - ecco spuntare il “compagno Moretti”, quello della stella a sei punte del sequestro Mincuzzi e di tante altre cose puntigliosamente vagliate dalla Commissione stragi di Giovanni Pellegrino.
Anche così venne ucciso Moro, il filoarabo odiato da Kissinger e dai banchieri della FED per i suoi pericolosi biglietti di stato a corso legale.

Ma precedenti di cosa, e perché precedenti? Perché quello che sta accadendo in Ucraina – una crisi iniziata con il colpo di stato di Kiev, rivendicato durante la mattanza di Gaza da George Soros, e che ha paralizzato Putin – e in Medio Oriente – le bombe sull’Isis e le armi ai curdi, entrambi sostenuti da Israele – ripete i vecchi scenari appena accennati: da una parte la convergenza tra il sionismo a-territoriale della grande finanza transnazionale “cosmopolita”, e il sionismo territoriale dello Stato d’Israele; dall’altra una guerra civil-religiosa in Iraq alimentata, alle spalle di due dei tre contendenti (Isis e Curdi, conflittuali tra loro e col governo di Bagdad), da una stessa mano, Israele: l’indipendenza curda è stata rivendicata apertamente da Netanyahu il 29 giugno scorso; e l’ISIS, fondato ufficialmente nelle stesse ore, è ormai chiaramente una vera e propria pedina dello Stato ebraico, come denunciato da Teheran (“Al Baghdadi è in realtà un ebreo, agente del Mossad”), e come confermato più o meno direttamente da Snowden e da Hillary Clinton, che nel partito democratico e nell’Amministrazione Obama ha sempre rappresentato l’ala più sensibile a Tel Aviv. L’eventuale presenza all’interno del ‘califfato’ di residui della resistenza baathista all’invasione angloamericana, non conta, evoca al massimo quel fenomeno tipico che colpisce i vinti dalla Storia e che alla Storia cercano di reagire finendo dall’altra parte. Il linguaggio dell’ISIS, sigla franchising o no, non ha nulla di quello del Partito Baath iracheno: è invece lo stesso linguaggio truculento di Al Qaeda, altra organizzazione creata durante la guerra sovietica in Afghanistan con il concorso di Cia e Mossad. Un odio stragista contro tutto il mondo occidentale, i cui obbiettivi prediletti, più che gli eserciti occupanti territori invasi in nome di ‘missioni di pace’, sono civili innocenti. Come a New York, a Madrid, a Londra.

Un dejavu positivo
Inquietante deja-vu, dunque, il triangolo Israele-Curdi-Isis. Ma qual è stata la reazione di Obama? L’intervento in Iraq sul caso degli Yazidi, è potuto sembrare un ritorno al passato, nonostante le dichiarazione del suo carattere mirato e circoscritto alle armate di Al Baghdadi. Ma l’annuncio di un possibile prolungamento dell’assalto all’Isis in territorio siriano è una svolta nel senso opposto, coerente e non contraddittoria con il no di Obama all’intervento in Siria nell’estate dello scorso anno. Un po’ ripetendo il tentativo di Bush all’indomani dell’11 settembre di dar vita a una ‘grande alleanza contro il terrorismo’ (un’alleanza inclusiva anche della Siria e del Sudan), Obama infatti adesso interverrebbe non contro il regime di Damasco, come preteso da Kerry nell’estate 2013, ma contro i terroristi anticristiani che assediano Assad, il quale non a caso si è dichiarato disponibile a un coordinamento con Washington per le operazioni militari.

Una opzione in fieri quella del presidente americano, che rischia però di fallire come quella del suo precedessore. Gli ostacoli infatti sono molti, nell’immediato e in prospettiva, negli Stati Uniti e fuori: all’interno la Israel Lobby nel Congresso, al quale il Presidente americano ha chiesto di poter procedere per un intervento in Siria, lavorerà probabilmente al sabotaggio, anche se la lettera sul New York Times di 300 “sopravvissuti all’Olocausto” che condannano duramente le stragi di palestinesi, è un segnale che potrebbe convincere una parte dei lobbisti a approvare la proposta di Obama. Ma anche se andasse in porto la proposta del Capo della Casa Bianca, gli ostacoli non cesseranno, come già accaduto in Libia: dalla guerra del 2011 il presidente USA si defilò presto, non partecipando già ai primi di aprile ai raid della Nato voluti da Sarkozy, tanto che Gheddafi gli scrisse una lettera elogiando “il ritiro degli USA dalla cociata colonialista contro la Libia” (fonte Affaritaliani.it, 6 aprile). Ma fu un drone americano a individuare Gheddafi in fuga e a dare la stura al linciaggio del leader libico da parte dei Misuratini – una città forte di una orgogliosa comunità ebraica, come ricordò in quei giorni la Stampa – il che significava che la coraggiosa ritirata di Obama era stata osteggiata dentro il Pentagono e forse il Dipartimento di Stato, tra le maglie di un imprecisato ‘supporto logistico” da mantenere attivo. Non si capirà mai nulla della politica estera americana, se si parte da una lettura monolitica dell’establishment USA, diretto da un Presidente onnipotente: non è così, non è mai stato così, almeno fin dai tempi di Kennedy.

Ma gli ostacoli vengono anche dall’Europa, i cui leaders - sotto il ricatto di una costante pressione economica e finanziaria che, anche se solo casualmente coincidente, risulta nei fatti parte integrante del progetto bellicista - o tacciono o si muovono su obbiettivi fumosi e distorti che non colgono la gravità della situazione e in particolare la forte presenza israeliana nell’ attuale crisi irachena. Renzi ha deciso di dare armi anche ai curdi, e Cameron ha operativamente imboccato la stessa strada, inviando secondo quanto ha scritto il Daily-Mail on Sunday una “notevole forza” (Sas e SRR) in Iraq e Siria per “catturare estremisti” (operazione che rischia di essere solo mediatica simbolica, perché la cattura di singoli terroristi risolve ben poco) raggiungendo in particolare in Iraq “unità irachene e curde” per sostenerne la resistenza alle armate di Al Baghdadi. Anche in Siria Cameron appoggerà i Curdi, in lotta contro Assad? E’ questa una opzione che aiuta la strategia della pace?

La complessità della questione Curdistan: la secessione non è l’unico modo di garantire i diritti identitari dei peshmerga. In realtà le armi ai curdi rappresentano da una parte una rottura storica – Cia e Mossad hanno fin dagli anni 60 sostenuto i curdi, ma la consegna delle armi seguiva le modalità semiclandestine della guerra fredda (a ciascun blocco la sua guerriglia) e non costituivano un riconoscimento formale del secessionismo - e nello stesso tempo un grave attacco non solo al governo di Bagdad, ma anche alla Siria, già sconvolta da attacchi terroristici manovrati dall’oltranzismo occidentale, e all’Iran e alla Turchia, paesi il primo infiltrato oggi da un drone israeliano abbattuto dalla contraerea iraniana, e la seconda sede, anche prima della vittoria di Erdogan, di un interessante processo di pacificazione tra curdi e governo centrale. Tutte situazioni, adesso, pronte ad esplodere se non si ha chiarezza sul punto focale: che bisogna trattare con, ma anche difendere gli Stati della regione dai processi di destabilizzazione interni (una destabilizzazione armata e disgregatrice, altra cosa dal sacrosanto diritto di manifestare la propria opinione) e non inseguire sul loro terreno le trame del burrattinai del ‘terrorismo islamico’. Di questa coscienza solo la Casa Bianca sembra aver dato sin qui un mero segnale positivo.

In Europa invece ci si muove diversamente: si pretende, in questo caso alla stessa stregua di Washington, che i russi dell’Ucraina orientale non abbiano il diritto di ribellarsi al golpista Poroshenko, e di riannettersi a uno Stato russo esistente da un quarto di secolo – senza contare peraltro il passato sovietico e zarista – ma che nello stesso tempo tale diritto secessionista debba per forza di cose essere applicato a una complessa regione geopolitica che coinvolge ormai cinque Stati – non solo i quattro comprensivi di minoranze curde, ma ormai anche Israele – operando a vantaggio solo di quest’ultimo, peraltro protetto nello specifico scacchiere palestinese dal silenzio e dall’inazione giuridica e politica dell’ONU e della diplomazia euroamericana.

Questa via rischia di provocare altre scintille nella direzione della guerra mondiale: esistono molti modi di risolvere i diritti identitari delle minoranze nei paesi multietnici, altri che quella retorica delle minoranze che i paesi europei sconvolti dall’immigrazione selvaggia conoscono bene, e che l’Italia ad esempio ha sempre conosciuto (ma risolvendo il problema in modo positivo) nelle regioni di confine settentrionali. Il discorso sarebbe lungo,rimanderei a chi interessa a un mio vecchio saggio su Limes (“Popoli senza stato e ideologi senza cervello”) e ad altri miei scritti sulla “questione nazionale” e la sua proiezione giuridica, il “diritto di autodecisione dei popli”.

Resta il fatto che la soluzione alla crisi irachena non può consistere nel gettare altro fuoco alla benzina dell’Isis, sostenendone i ‘cugini geopolitici”, i peshmerga. L’opzione solo annunciata di Obama – fatte salve tutte le citate incognite della sua concreta applicazione – è quella corretta, e per una volta non sarebbe male che l’Europa seguisse l’alleato d’oltreatlantico, cambiando direzione almeno nello scacchiere siriano.

Ma in caso di dissenso tra Washington e Tel Aviv, l’Europa troverà il coraggio di scegliere? O preferirà non pronunciarsi e magari seguire la tendenza peggiore? Se si parte dagli interessi geopolitici dell’Europa e dell’Italia in particolare – anche senza riandare alla memoria storica di due grandi, De Gaulle e Mattei – e inoltre, dalla coscienza di sé non come suddito altrui, ma come Stato o unione di Stati autonomi e sovrani, la risposta è facile. Ma qui torniamo al punto di partenza: il nodo israelo-palestinese, la questione cioè di un piccolo Stato protetto dalla grande finanza mondiale, che fomenta zizzania tra i Popoli e tra gli Stati, e si mostra capace di tenere al suo guinzaglio le grandi potenze occidentali, fino al punto che diventa un tabù per politici e giornalisti del ‘mondo libero’, il mero racconto dei fatti : il fatto che Israele è dietro Curdi e Isis; il fatto che il golpe ucraino è targato George Soros e ha favorito, inchiodando la Russia, la strage di ormai più 2000 palestinesi, il fatto che la svolta di cui parlano oggi alcune testate, non è affatto della Siria – demonizzata e infangata da una campagna mediatica e diplomatica infame, mentre combatte eroicamente in difesa anche dei cristiani contro il terrorismo sedicente islamico ma che islamico non è – ma di Obama. Il fatto, in conclusione, che è Israele che spinge alla III guerra mondiale e non, questa volta almeno, gli Stati Uniti, secondo un facile clichetantiamericanista, alibi diffuso non solo sui grandi media ma anche in rete, per non rischiare gli anatemi dell'antisemitismo e dell'ostracismo professionale.


                                                                                                                    

sabato 30 agosto 2014

EQUITALIA E I SUOI ORRORI (avvocato Edoardo Longo)

EQUITALIA E I SUOI ORRORI

Questa antologia vuole presentare al lettore alcuni aspetti poco noti e poco rassicuranti di Equitalia, il braccio armato della Statotagliagole che affligge il popolo italiano.
Gli Autori degli scritti sono l’ avvocato Edoardo Longo [2] , Anonimo Pontino – uno studioso di dinamiche finanziarie , di formazione auritiana, molto noto ai nostri Lettori per aver pubblicato alcuni interessanti studi[3] in materia di strozzinaggio bancario e finanziario , nonché un giovanissimo e brillante commentatore politico, che ha preferito celarsi sotto lo pseudonimo di Von Leers, per ragioni di precauzione : già sotto il mirino di una delle più ottuse e liberticide procure d’ Italia con accuse viete e strumentali di antisemitismo  per aver denunciato sul web con scritti seguitissimi e al calor bianco  le cricche finanziarie internazionali , ha ritenuto di bypassare così le feroci attenzione dei cani da guardia in toga al soldo della tirannica lobby ebraica presente in Italia e non estranea neppure alla gestione ed amministrazione della equiitalica agenzia di vampiraggio nazionale…..
Gli scritti di von Leers sono stati anche  rimodulati  anche dalla penna dell’ avvocato Longo, curatore del blog Dissonanze e di questa antologia , per verificare che non vi fossero in ogni caso appigli per i liberticidi gendarmi al soldo della lobby di quelli del pianto che paga….
Uno scrittore molto promettente ed arguto, il nostro von Leers, a cui auguriamo di cuore di uscire indenne dal coltello di Shylock e di conservare sempre la sua verve, il suo coraggio , la sua indipendenza di pensiero : in Italia c’è gran bisogno di giovani intellettualmente forti come lui.
“ Equitalia e i suoi orrori “ : Una antologia di scritti sui sistemi pirateschi di Equitalia e i legami lobbistici di taluni suoi alti dirigenti, che contano altissime connivenze con i poteri forti.
Una documentazione unica e retroscena svelati per la prima volta, compresi alcuni gravissimi casi giudiziari di strozzinaggio perpetrati dall' esattore di stato.
Curatore dell’ antologia l’ avvocato Edoardo Longo, fra gli altri studi qui editi,   ha illustrato in questo volume  anche un emblematico caso di strozzinaggio perpetrato da Equitalia e finito avanti al tribunale di Trieste e che ha suscitato notevole interesse politico e mediatico.
Un volume da leggere assolutamente.
Link ufficiale del volume :
EDIZIONI DELLA LANTERNA
                                                                                                  

mercoledì 27 agosto 2014

Uomo e Donna: la guerra deve finire

Uomo e Donna: la guerra deve finire

manonellamano
di V.J.Wolf
Il rapporto tra uomo e donna nel corso dei secoli è cambiato sotto tutti i punti di vista. L’umanità ha dimenticato la complementarietà dei sessi facendo partire un processo di dissoluzione della “normalità” che ha portato i due sessi a combattersi. C’è una vera e proprio guerra su scala mondiale tra opposte fazioni per determinare chi tra “lui” e “lei” sia migliore dell’altro. Questa contesa si gioca su tutti i fronti, lavoro, sport, politica, scuola, si è talmente impegnati a decretare il vincitore che ci si è dimenticati di come una volta questo problema non esisteva, poiché la complementarietà delle opposte nature faceva funzionare tutto in maniera corretta senza creare sciocche contese che non hanno ne capo ne coda. La natura ci insegna come per raggiungere l’equilibrio ci sia bisogno “dell’altra parte”. Il sole e la luna, i semi e la terra, l’uomo e la donna, la naturale completezza che permette al mondo di continuare e di conservare la sua origine tanto divina quanto NORMALE. L’uomo cerca il riscatto provando a dimostrare la sua superiorità nel lavoro e in altri settori considerati “tipicamente maschili” come i campi di battaglia e i lavori più faticosi. Dimenticando forse chi, fin dall’antichità provvedeva a tenere in piedi la famiglia e il lavoro quando gli uomini erano chiamati alle armi. A proposito di armi, l’uomo che di questo settore ne fa un vanto ancora una volta dimentica esempi eroici come furono le “Ausiliarie” durante l’epoca fascista. Con questo non si vuole convincere nessuno che la donna quindi sia adatta a svolgere meglio dell’uomo ruoli come quello del soldato, ma è giusto per chiarire che uomo e donna all’occorrenza possono svolgere compiti e ruoli che tendenzialmente e per naturale predisposizione sono più adatti al sesso opposto. Come ad esempio tutti quegli uomini che si sono trovati a causa di un destino crudele a dover crescere i figli senza l’appoggio della propria compagna, venuta a mancare per un qualsiasi motivo. Qui non si vuole puntualizzare su quali compiti e lavori possano svolgere gli uni o gli altri, ma chiarire a quanti leggeranno queste righe, che la base del rapporto tra uomo e donna sta nell’equilibrio, nella complementarietà. Oggi troppo spesso a causa di questa “cultura” dell’emancipazione la donna è sempre più alla ricerca di una sua “indipendenza” e dimentica quanta importanza ha invece il ruolo che ha sempre avuto la figura femminile nella famiglia. Certo è che oggi nella maggior parte dei casi, è indispensabile che in una famiglia a lavorare siano sia l’uomo che la donna, ma l’esortazione che oggi vogliamo fare è quella di riflettere se l’indispensabilità di lavorare per entrambi sia reale o dettata da sciocchi ragionamenti del tipo “Così se voglio comprare il rossetto nuovo non devo chiedere niente a nessuno”. Crediamo fermamente che sia più importante crescere personalmente i propri figli piuttosto che comprare un “rossetto nuovo” e quindi far crescere i figli da una badante che nel migliore dei casi parla a mala pena l’italiano. L’uomo e la donna da sempre hanno vissuto in armonia, riempiendo uno lo spazio che l’altro lasciava vuoto. Lei il bastone della vecchiaia di lui e viceversa. E’ anche vero che oggi a proposito di riempire gli spazi, la qualità dell’uomo è decaduta, e quindi di conseguenza come “un liquido” la donna riempi il vuoto lasciato da un materiale umano sempre più dequalificato. Naturalmente l’umanità tutta è decaduta, ma quello che risalta è lo scivolone che l’uomo ha preso e dopo il quale non è più riuscito a rialzarsi. Per questo è fondamentale, laddove ci si volesse svegliare da questo sonno che ormai da anni ci vede assopiti, iniziare a lavorare su se stessi per cercare di risalire da questo stato in cui ci troviamo. Da subumani quali siamo allo stato di Uomo, ritrovare la normalità. Per ritrovare la normalità possiamo iniziare anche dal rapporto tra uomo e donna e quindi provare a vivere con equilibrio le nostre storie, senza cercare di sottomettere la nostra compagna per paura che questa possa prendere le redini della relazione e senza farci assorbire completamente dalla relazione stessa e quindi diventare burattini nella mani di una burattinaia che ci sfrutterà per i suoi spettacolini in piazza, fino a rimpiazzarci con una marionetta più nuova e alla moda. Nessuna soluzione troverete in queste parole ma forse, ed è quello che ci auguriamo, sani spunti di riflessione.