ECONOMIA 2014
La
crisi irreversibile degli Stati Uniti
di
Attilio Folliero
Gli
Stati Uniti stanno vivendo una profonda crisi economica ed il debito
pubblico continua a crescere; il 17 marzo (ultimo dato disponibile) il
debito pubblico statunitense è arrivato a 17.546, 81 miliardi di
dollari, ennesimo massimo storico.
Il
17 marzo sono stati pubblicati anche i dati del debito estero,
aggiornati al 31 gennaio 2014. Mentre i dati del debito pubblico totale
sono pubblicati giornalmente (aggiornati al giorno precedente), i dati
del debito estero sono pubblicati mensilmente, a metà di ogni mese e
sono relativi a due mesi anteriori; quindi a metà marzo si pubblicano i
dati del debito estero relativi a gennaio, a metà aprile quelli relativi
a febbraio e così di seguito.
Il
debito estero degli Stati Uniti alla fine di gennaio era 5.832,70
miliardi di dollari, ossia il 33,73% di tutto il debito pubblico
statunitense, che al 31 gennaio 2014 era pari a 17.293,02. Come si
evince dalle cifre, tra il 31 gennaio ed il 17 marzo il debito pubblico
USA è cresciuto di oltre 253 miliardi.
Un
terzo del debito pubblico USA è quindi detenuto all’estero. Chi sono i
detentori del debito estero? Il principale detentore del debito estero è
la Cina che possiede titoli di stato USA pari a 1.273,50 miliardi di
dollari, ossia il 21,83% di tutto il debito estero, pari al 7,36% di
tutto il debito pubblico statunitense. Al secondo posto tra i detentori
del debito estero USA c’è il Giappone con 1.201,40 miliardi.
Anche la Russia ha una importante quota del debito estero USA: 131,80
miliardi di dollari. Con la crisi in Ucraina in atto e le annunciate
sanzioni da parte di USA e Unione Europea, la Russia potrebbe decidere
di vendere tutti i titoli di stato USA, anzi è probabile che lo faccia o
lo stia facendo visto che negli ultimi mesi ha già ridotto la quantità
di titoli USA in suo possesso: ad ottobre del 2013 deteneva titoli per
149,90 miliardi; ad ottobre del 2012 la cifra era ancora più alta, ben
171,10 miliardi.
Non solo il governo russo, ma anche i cittadini russi
stanno smettendo di investire in USA; è di ieri la notizia, riportata
da Bloomberg,
che l’uomo più ricco di Russia, Alisher Usmánov, ha venduto le sue
azioni di Facebook ed Apple per investire in Cina, comprando azioni di
Alibaba, la più importante compagnia di Internet dopo Google, valutata
circa 200 miliardi di dollari.
Analizzando i dati del debito estero USA, si nota chiaramente che anche
la Cina sta vendendo: a novembre aveva titoli USA pari a 1.316,70
miliardi di dollari, quindi ha venduto titoli per oltre 43 miliardi.
La
Cina avendo questa gran massa di titoli USA non può vendere grandi
quantità, perché la mancanza di acquirenti farebbe crollare il loro
valore ed alla fine a rimetterci sarebbero proprio i principali
creditori, a partire dai cinesi. Probabilmente i cinesi venderanno i
loro titoli poco per volta.
Anche altri paesi stanno vendendo, per vari motivi, i
titoli USA posseduti, anzi sono in aumento i paesi che vendono: tre mesi
fa erano 13 i paesi che vendevano titoli USA rispetto al mese
precedente; nell’ultimo mese disponibile (gennaio) sono stati 18 i paesi
che diminuito il possesso di titoli USA rispetto al mese anteriore,
quindi hanno venduto. Oltre a Cina e Russia, stanno riducendo il
possesso di titoli USA anche Norvegia, Olanda, Tailandia, Germania,
Brasile, Taiwan, Irlanda, Perù, Singapore ed altri.
Se i principali detentori del debito USA continuassero a
vendere i titoli USA in loro possesso ciò determinerebbe un crollo del
valore di questi titoli. Non solo, gli USA nell’impossibilità di
finanziare il loro debito, sarebbero costretti sempre più a ricorrere
alla stampa di dollari (il famoso Quantitative easing). Elevare ancora
di più il numero di dollari stampati significa accelerare il tracollo
della moneta USA, che sarebbe sempre più sostituita da altre monete
negli scambi commerciali.
Infatti, secondo l’ultimo rapporto sul debito estero, pubblicato
dal Tesoro USA,
rispetto a due mesi prima, hanno comprato titoli del debito USA paesi
come Hong Kong (+18,60 miliardi), Giappone (+15,00), i paesi
esportatori di petrolio (+10,20), Corea del sud (+9,20), Messico (+7,70)
ed altri con un minore investimento. In realtà il totale di tutti i
titoli acquistati da questi paesi non avrebbe compensato minimamente i
titoli venduti e le nuove necessità, se non fosse intervenuto l’acquisto
massivo del governo belga; infatti il Belgio negli ultimi due mesi,
secondo i dati pubblicati dal Tesoro, avrebbe acquistato titoli per
109,70 miliardi; addirittura rispetto a dicembre 2012 avrebbe
accresciuto il possesso di titoli USA di ben 171,50 miliardi. In
definitiva, oggi il Belgio sarebbe il terzo detentore di titoli del
debito USA dopo Cina e Giappone. Il piccolo Belgio, dunque starebbe
finanziato il gigante USA. Usiamo il condizionale, perché noi riteniamo
che questa sia una balla, una invenzione, una manipolazione evidente dei
dati: come potrebbe il Belgio acquistare in due mesi titoli USA per
quasi 110 miliardi di dollari, quando il suo PIL annuale nel 2012
(ultimo dato annuale conosciuto) è stato di 483 miliardi, tra l’altro in
diminuzione rispetto ai 514 miliardi del 2011? Come potrebbe un piccolo
paese come il Belgio passare agli USA oltre 100 miliardi di dollari in
due mesi?
Visto come stanno le cose, tra due mesi, quando saranno resi noti i dati
al mese di marzo, possiamo scommettere che il Belgio arriverà a 400
miliardi di dollari in titoli USA.
Dietro le cifre attribuite al Belgio c’è forse un paese che non vuole o
non può apparire come finanziatore degli USA? Oppure, dietro tali cifre
si nasconde la stampa di dollari? Non è poi tanto folle ipotizzare
ciò, visto che gli USA stanno stampando soldi, ufficialmente ottanta
miliardi al mese (Quantitative easing). Ricordiamo che l’operazione di
alleggerimento quantitativo o facilitazione quantitativa (in inglese
Quantitative easing) è una pratica mediante la quale una banca centrale
può creare moneta. La banca centrale crea dal nulla nuova moneta, ossia
stampa moneta per acquistare attività finanziarie dalle banche del
sistema (azioni o titoli, anche tossici), con effetti positivi sulla
struttura di bilancio di queste ultime. L'intervento della Banca
centrale può essere diretto anche all'acquisto di titoli di stato, come
nel caso degli USA, con l'obiettivo di ridurre i costi di indebitamento
dello stato.
Ovviamente questo tipo di politica monetaria ha possibili effetti
collaterali, come la iperinflazione. A caso gli USA, attribuendo
l’acquisto di titoli di stato al piccolo Belgio, stanno nascondendo una
ulteriore stampa di denaro, oltre quella annunciata?
Se
così fosse, staremmo assistendo al tracollo degli USA. Il debito
pubblico continua ad aumentare ed allo stesso tempo vengono meno i
finanziatori per cui si ricorre ad ulteriore stampa di dollari.
Ovviamente se cosi fosse veramente non riuscirebbero a nasconderlo per
molto tempo; se adesso ci potrebbe ancora essere qualche bamboccione che
crede o fa finta di credere che un paese come il Belgio possa acquistare
titoli per 100 miliardi in pochi giorni, fra qualche tempo dovranno
inventare un altro paese "amico", ma non potranno certo andare avanti
all’infinito.
Come è evidente, Russia, Cina ed altri paesi stanno smettendo di
finanziare il debito pubblico USA ed al tempo stesso stanno utilizzando
monete alternative al dollaro per il commercio internazionale; ciò
semplicemente significa che si avvicina il momento del tracollo del
dollaro e degli USA. Con il tracollo degli USA sarà trascinata nel
baratro anche l’Europa occidentale.
In ogni caso è evidente che l’economia USA stia
cominciando a vacillare proprio a causa del disprezzo verso il dollaro
di Russia e Cina.
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