LE ALTERNATIVE ALLA
DEMOCRAZIA
In un articolo precedente avevamo espresso la nostra convinzione anti
democratica e dimostrato come la democrazia diretta sia un’utopia che comunque
sarebbe foriera di mal governo in funzione del fatto che a decidere sarebbero le
maggioranze che, per legge di natura, sono le meno qualificate stante che in
natura la
Qualità è sempre inversamente proporzionale alla
quantità.
Avevamo anche dimostrato come la democrazia indiretta o per delega si
risolva in una truffa a danno dei Cittadini e diventi in pratica una furbocrazia
o comunque una oligarchia di gruppi di interessi privati che non coincidono ed
anzi spesso confliggono con gli interessi dei Cittadini e del
Paese.
Ora tenteremo di proporre un sistema alternativo alla democrazia che
abbia la capacità di ovviarne i difetti e che sia in grado di coniugare
efficienza ed equità sociale.
L’alternativa
da noi proposta è lo Stato Organico
che si
basa su due concetti base: Corporativismo e
Socializzazione.
Corporativismo:
Le corporazioni sono associazioni che riuniscono gruppi di Cittadini che
hanno in comune gli stessi interessi nel campo del lavoro, della produzione, della
creatività e della finanza, siano essi imprenditori che
lavoratori.
All’interno di uno Stato, le varie corporazioni assumono il valore di
elementi costitutivi della società civile e politica nel senso più ampio dei
termini e sono controllate dallo Stato per quanto riguarda il loro apporto di
diritti e di doveri verso la comunità nazionale, mentre esse stesse si auto
regolano per quanto attiene ai diritti e doveri
reciproci.
Una
Magistratura del
lavoro
risolve e dirime tutte le eventuali vertenze tra imprese e lavoratori, siano
esse di natura economica che normativa mentre lo Stato, come già detto controlla
che il tutto si svolga nell’ambito degli interessi del
Paese.
Tutto
questo elimina dalla scena
la lotta di classe che è
sempre solamente un rapporto di forza e mai di equità e che non ha più ragione
di essere nello Stato corporativo dove i rapporti sono regolati tra le parti con
la mediazione dello Stato e dove questi rapporti non sono più regolati dalla
forza, ma dalla legge!
Una
Camera
delle corporazioni partecipa
alla emanazione delle leggi dello Stato per quanto riguarda le materie che le
riguardano ( e quindi anche per il lavoro e la produzione ) dando un apporto di
competenza specifica, di esperienza e professionale che non si trova mai nei
parlamenti tradizionali della tradizione democratica dove un politico può fare
indifferentemente il ministro della sanità, del lavoro, degli esteri o della
pubblica istruzione, senza avere alcuna competenza specifica delle materie di
cui si deve occupare.
A differenza poi dei partiti politici che finiscono sempre di essere
anche loro delle corporazioni, ma di interessi diversi da quelli dichiarati e
quindi in senso degenere e tesi comunque a soddisfare ambizioni economiche
private o di casta, le corporazioni così come le intendiamo come organi
costitutivi dello Stato Corporativo sono un elemento di equilibrio e di equità
sociali e concorrono allo sviluppo armonico della vita civile e della
Nazione.
Socializzazione:
La
Socializzazione è il
punto di arrivo dello stato corporativo in cui le corporazioni sono uno
strumento di transizione per portare lo Stato da una posizione
liberalcapitalista ad una, appunto, di
Socializzazione.
La socializzazione è la sintesi ultima di un processo che porta i
Cittadini di uno Stato alla partecipazione attiva al suo governo incominciando
dal settore dell’impresa e del lavoro.
Il lavoratore e l’imprenditore non sono più elementi in antitesi ed
avversari sociali, ma diventano collaboratori nella conduzione dell’azienda
trasformando la lotta di classe in sinergia perché, dati i presupposti di
condivisione degli utili e delle responsabilità, vengono spazzati via i motivi
di contrasto che sono sostituiti da interessi e scopi
comuni.
Il lavoratore cessa di essere oggetto del lavoro, ma diventa uno dei
soggetti di esso con un vantaggio che non è meramente economico, ma che assume
il valore morale di dignità. di partecipazione, di corresponsabilità partecipando
alla gestione aziendale.
Insomma, invece di avere la risultante algebrica di due entità di valore
opposto si ha la somma di due entità positive ed il risultato diventa
assolutamente più valido!
Nella socializzazione delle imprese ( primo passo per la socializzazione
dello Stato) la proprietà dell’azienda è suddivisa tra imprenditore in quanto
tale e lavoratori in quanto tali il che significa che tali diritti di proprietà
hanno il loro limite nella funzione esercitata ed i lavoratori non possono né
vendere, né dare in eredità questo titolo di proprietà che è tale solo e
fintanto che il lavoratore lavora nell’azienda.
Inoltre, nell’azienda socializzata, le parti sono tenute ad agire
nell’interesse superiore dello Stato e quindi della comunità Nazionale e di
questo obiettivo si fa carico il controllo dello Stato Organico ( un esempio,
benché parziale di tale concetto lo si ha già per esempio in Germania dove le
ditte con un determinato numero dipendenti come Bayer o BASF danno ai propri
lavoratori circa un terzo della proprietà delle aziende
)
Immaginate la conduzione dei rinnovi contrattuali o le decisioni sulle
delocalizzazioni in una siffatta situazione …
Tale concetto di socializzazione può essere in seguito esteso ai rapporti
dei Cittadini con le istituzioni in un processo di vera cooperazione dove però
lo Stato etico è l’arbitro imparziale e decisivo delle soluzioni finali che
devono sempre tenere conto dell’interesse
Nazionale.
E’ l’idea dello Stato Organico e cioè di quella forma di Stato che non è
pura entità amministrativa, ma un’organizzazione sociale totalizzante in cui,
come accade nella famiglia che della società è la cellula primaria, ogni cittadino ha una sua identità ed
una sua funzione sociale in quanto membro della comunità e la comunità ha la sua
identità e la sua funzione solamente in quanto aggregazione e sommatoria dei
suoi cittadini con i valori della tradizione, della cultura e della
solidarietà!
Uno Stato in cui i Cittadini non operano solamente per il proprio
interesse personale, ma sono le componenti di uno sforzo collettivo per il
progresso dell’intera comunità.
Per chi volesse approfondire tali concetti, rimandiamo a “Lo stato
organico” di Rutilio Sermonti
Come ulteriore organizzazione dello Stato corporativo e sociale vorremmo
aggiungere una selezione meritocratica che provveda affinché i soggetti cui sarà
richiesto di partecipare alle decisioni della vita pubblica siano persone
informate e capaci.
Si potrebbero istituire nelle scuole dei corsi obbligatori di educazione
civica nei quali si spiegasse ai futuri cittadini quali sono le istituzioni
dello Stato, quali i loro compiti e le funzioni, quali siano i diritti ed i
doveri dei cittadini verso lo Stato e dello Stato verso i Cittadini, quali siano
le principali leggi che regolano l’amministrazione della cosa pubblica sia a
livello locale che a livello nazionale.
.Avremmo così una classe di cittadini coscienti e preparati a dare il
loro fattivo contributo alla gestione dello Stato corporativo e sociale anziché
una massa amorfa di persone che ignorano i principi basilari delle regole della
vita sociale.
Mussolini disse:” L’ignoranza esclude dalla partecipazione” e questo non
è un concetto di selezione elitario quanto una legge di natura perché
l’esclusione non deriva da una discriminazione contro qualcuno, ma deriva dalla
incapacità di quel qualcuno di capire e di partecipare con cognizione di causa e
quindi con virtuosa operatività sociale!
Il superamento dei suddetti corsi costituirebbe titolo essenziale per
potere partecipare alla carriera politica attiva come rappresentante delle
corporazioni.
Tanto per contestare subito le consuete ritrite e banali osservazioni dei
democratici che sostengono non vi sia altra alternativa alla democrazia se non
la dittatura vogliamo precisare che la storia ci insegna come la dittatura non
sia mai stata, né possa essere, una stabile forma di governo in quanto essa ha
bisogno di particolari condizioni storiche e di uomini di grande carisma,
condizioni queste che non possono essere programmate né essere programmatiche,
ma che sono esclusivamente contingenti ed
irripetibili.
Inoltre, anche una superficiale analisi delle dittature degli ultimi anni
dimostrano che esse non nascono da una ideologia specifica, ma hanno le loro
radici in ideologie a volte tra di loro antitetiche ed a volte nate dal una
concezione politica assolutamente democratica come per esempio le decine di
dittature comuniste!
L’ideologia della dittatura in se è una corbelleria insostenibile degna
di cervelli che ragionano solo in modo
superficiale!
Quanto alla nostra diffidenza ed alla nostra totale critica alla
democrazia, a chi ci contesta di essere dei visionari e dei “parvenues”
intellettuali rispondiamo che in questo siamo in buona compagnia, da Platone (
lettera VII° e La repubblica ) a Tommaso Moro (“Utopia”) a Tommaso Campanella (“
La città del sole” ) ed in parte anche nel pensiero filosofico di Fichte ( la
dottrina dello Stato ) e Hegel ( lineamenti di filosofia del diritto ) e giù
sino ad Evola ( Gli uomini e le rovine ) e pertanto respingiamo i soliti luoghi
comuni ignoranti ed invitiamo a ragionare nel merito
.!!
Alessandro Mezzano
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LA POLITICA DEL FALLIMENTO
Quando tutta una serie di problemi importanti e gravi che coinvolgono la
vita di un Paese e sono determinanti per un sereno sviluppo della sua società
non vengono risolti neppure nell’arco di decenni e nonostante proclami, promesse
e progetti di ogni parte politica, allora esiste una sola, unica spiegazione
possibile: qualche cosa di fondamentale non funziona e non solo negli uomini
che gestiscono il potere, ma anche e di più nel sistema di potere di cui quegli
uomini e quella classe dirigente non sono la causa, ma l’effetto!
In Italia, da svariati decenni, ci sono grandi problemi irrisolti.
I principali sono: mafia, corruzione, evasione fiscale e lavoro nero,
elefantiasi della prassi e dei tempi
della giustizia, difesa dei posti di lavoro e dei salari.
Su questi temi tutti i governi e tutte le forze
politiche si sono impegnati con promesse, proclami e programmi puntualmente
disattesi senza che mai ne siano scaturiti risultati
apprezzabili!
Consideriamo tutto il periodo dal primo dopo guerra ad oggi.
La mafia non solo non è stata debellata o ridotta in sordina, ma al
contrario è diventata più forte, più spavalda, più padrona del territorio ed
oggi arriva a controllare, direttamente o indirettamente almeno quattro regioni
e, come testimoniano le cronache recenti, si sta infiltrando massicciamente
persino nel nord Italia.
Il suo fatturato è diventato il più alto di ogni altra categoria
imprenditoriale del Paese.
Inoltre traspare dalle indagini e dalle testimonianze dei pentiti che si
sono fatte sempre più strette le connessioni tra mafie e politica che in molti
casi è diventata organica ad esse!
La corruzione della politica e di conseguenza della pubblica
amministrazione è arrivata a livelli persino superiori a quelli del periodo di
“tangentopoli” come affermano, inascoltati, i procuratori della repubblica ed
anche qui le quotidiane cronache dei media confermano e testimoniano il marcio
che infetta ad ogni livello istituzioni e partiti, dal più basso sino a membri
dello stesso governo, la nazione.
L’’evasione fiscale italiana è stimata in 130 miliardi di euro all’anno
ed è considerata la più alta in assoluto di tutti i Paesi occidentali.
Le stime confermano che ogni anno tali livelli di evasione fiscale non
solo non diminuiscono, ma aumentano costantemente!
Il lavoro nero, che oltre ad essere un’ulteriore evasione sia fiscale che
previdenziale è senza dubbio una vergognosa piaga sociale, ed un reato contro
l’umanità, continua ad essere largamente sfruttato da imprenditori senza
coscienza e senza scrupoli senza che lo Stato faccia nulla di efficace per
contrastare questo fenomeno schiavistico la cui entità è stimata il 35% del totale del lavoro
nazionale.
Di riforme della giustizia si sente continuamente a parlare da tutti e da
almeno 60 anni senza che mai ne sia stata concretizzata una che servisse a
risolvere i tempi biblici dei processi, ad adeguare gli organici inadeguati
della magistratura e dei servizi, la pletoricità delle leggi dei codici che
sono in assoluto il numero di gran lunga maggiore di tutta l’Europa, a snellire
le procedure, a informatizzare gli uffici che funzionano ancora con faldoni e
messi notificatori come nell’800, ecc. ecc.
Le uniche riforme significative rilevate sono quelle contrarie ad ogni
senso di giustizia e del diritto che hanno determinato leggi “ad personam” per
accorciare le prescrizioni, per depenalizzare i reati, o per impedire che la
sentenza di un regolare processo passato in giudicato possa essere considerata
elemento probante in un successivo processo in corso, il tutto per tenere
lontano dal carcere una persona e per di più con la beffa di far passare il
tutto per provvedimenti di giustizia per tutti.
La difesa dei posti di lavoro e dei salari, che sarebbe precipuo dovere
di ogni governo, di qualsiasi colore di un Paese, ha avuto in Italia il
risultato che la precarietà è diventata la regola anziché l’eccezione, che i
padroni contano di più ed i lavoratori contano di meno, che il potere
d’acquisto dei salari è fortemente diminuito tanto che molti lavoratori
stentano ad arrivare alla fine del mese ed in percentuale, la disoccupazione è
notevolmente aumentata raggiungendo livelli tra i più alti dal 1945 e tra i più
alti in Europa colpendo in modo particolare i giovani!
Concludendo la classe politica italiana non solo non ha saputo risolvere
i più grossi problemi del Paese, ma li ha notevolmente e costantemente
aggravati dimostrando inettitudine, inadeguatezza e malafede!
Dopo 71 anni di questo regime e con questi risultati si può affermare
senza pericolo di smentita che il sistema non funziona e che va radicalmente
cambiato.
Come abbiamo già scritto, sarebbe ora di esautorare questa classe
politica e sostituirla con le rappresentanze delle categorie significative del
lavoro, del pensiero e dell’economia che avessero potere legislativo ed
ispettivo e che soprattutto non avessero come mestiere la politica politicante
intesa non come servizio al Paese, ma solamente come strumento di potere fine a
se stesso come è ora!
In una qualsiasi azienda privata, una
dirigenza che avesse ottenuto risultati così scarsi e negativi per tanto tempo,
sarebbe licenziata in tronco.
Forse ci illudiamo, forse c’è una vena di utopia nel nostro ragionamento,
ma senza le utopie il progresso della società umana si arresta e comunque nulla
è peggio di quanto siano ora la politica ed il potere!
Alessandro Mezzano