martedì 14 giugno 2016

LE ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA --- LA POLITICA DEL FALLIMENTO


LE ALTERNATIVE ALLA DEMOCRAZIA

In un articolo precedente avevamo espresso la nostra convinzione anti democratica e dimostrato come la democrazia diretta sia un’utopia che comunque sarebbe foriera di mal governo in funzione del fatto che a decidere sarebbero le maggioranze che, per legge di natura, sono le meno qualificate stante che in natura la Qualità è sempre inversamente proporzionale alla quantità.
Avevamo anche dimostrato come la democrazia indiretta o per delega si risolva in una truffa a danno dei Cittadini e diventi in pratica una furbocrazia o comunque una oligarchia di gruppi di interessi privati che non coincidono ed anzi spesso confliggono con gli interessi dei Cittadini e del Paese.
Ora tenteremo di proporre un sistema alternativo alla democrazia che abbia la capacità di ovviarne i difetti e che sia in grado di coniugare efficienza ed equità sociale.
L’alternativa da noi proposta è lo Stato Organico che si basa su due concetti base: Corporativismo e Socializzazione.
Corporativismo:
Le corporazioni sono associazioni che riuniscono gruppi di Cittadini che hanno in comune gli stessi interessi nel campo  del lavoro, della produzione, della creatività e della finanza, siano essi imprenditori che lavoratori.
All’interno di uno Stato, le varie corporazioni assumono il valore di elementi costitutivi della società civile e politica nel senso più ampio dei termini e sono controllate dallo Stato per quanto riguarda il loro apporto di diritti e di doveri verso la comunità nazionale, mentre esse stesse si auto regolano per quanto attiene ai diritti e doveri reciproci.
Una Magistratura del lavoro risolve e dirime tutte le eventuali vertenze tra imprese e lavoratori, siano esse di natura economica che normativa mentre lo Stato, come già detto controlla che il tutto si svolga nell’ambito degli interessi del Paese.
Tutto questo elimina dalla scena la lotta di classe che è sempre solamente un rapporto di forza e mai di equità e che non ha più ragione di essere nello Stato corporativo dove i rapporti sono regolati tra le parti con la mediazione dello Stato e dove questi rapporti non sono più regolati dalla forza, ma dalla legge!
Una Camera delle corporazioni partecipa alla emanazione delle leggi dello Stato per quanto riguarda le materie che le riguardano ( e quindi anche per il lavoro e la produzione ) dando un apporto di competenza specifica, di esperienza e professionale che non si trova mai nei parlamenti tradizionali della tradizione democratica dove un politico può fare indifferentemente il ministro della sanità, del lavoro, degli esteri o della pubblica istruzione, senza avere alcuna competenza specifica delle materie di cui si deve occupare.
A differenza poi dei partiti politici che finiscono sempre di essere anche loro delle corporazioni, ma di interessi diversi da quelli dichiarati e quindi in senso degenere e tesi comunque a soddisfare ambizioni economiche private o di casta, le corporazioni così come le intendiamo come organi costitutivi dello Stato Corporativo sono un elemento di equilibrio e di equità sociali e concorrono allo sviluppo armonico della vita civile e della Nazione.
Socializzazione:
La Socializzazione è il punto di arrivo dello stato corporativo in cui le corporazioni sono uno strumento di transizione per portare lo Stato da una posizione liberalcapitalista ad una, appunto, di Socializzazione.
La socializzazione è la sintesi ultima di un processo che porta i Cittadini di uno Stato alla partecipazione attiva al suo governo incominciando dal settore dell’impresa e del lavoro.
Il lavoratore e l’imprenditore non sono più elementi in antitesi ed avversari sociali, ma diventano collaboratori nella conduzione dell’azienda trasformando la lotta di classe in sinergia perché, dati i presupposti di condivisione degli utili e delle responsabilità, vengono spazzati via i motivi di contrasto che sono sostituiti da interessi e scopi comuni.
Il lavoratore cessa di essere oggetto del lavoro, ma diventa uno dei soggetti di esso con un vantaggio che non è meramente economico, ma che assume il valore morale di dignità. di partecipazione, di corresponsabilità partecipando alla gestione aziendale.
Insomma, invece di avere la risultante algebrica di due entità di valore opposto si ha la somma di due entità positive ed il risultato diventa assolutamente più valido!
Nella socializzazione delle imprese ( primo passo per la socializzazione dello Stato) la proprietà dell’azienda è suddivisa tra imprenditore in quanto tale e lavoratori in quanto tali il che significa che tali diritti di proprietà hanno il loro limite nella funzione esercitata ed i lavoratori non possono né vendere, né dare in eredità questo titolo di proprietà che è tale solo e fintanto che il lavoratore lavora nell’azienda.
Inoltre, nell’azienda socializzata, le parti sono tenute ad agire nell’interesse superiore dello Stato e quindi della comunità Nazionale e di questo obiettivo si fa carico il controllo dello Stato Organico ( un esempio, benché parziale di tale concetto lo si ha già per esempio in Germania dove le ditte con un determinato numero dipendenti come Bayer o BASF danno ai propri lavoratori circa un terzo della proprietà delle aziende )
Immaginate la conduzione dei rinnovi contrattuali o le decisioni sulle delocalizzazioni in una siffatta situazione …
Tale concetto di socializzazione può essere in seguito esteso ai rapporti dei Cittadini con le istituzioni in un processo di vera cooperazione dove però lo Stato etico è l’arbitro imparziale e decisivo delle soluzioni finali che devono sempre tenere conto dell’interesse Nazionale.
E’ l’idea dello Stato Organico e cioè di quella forma di Stato che non è pura entità amministrativa, ma un’organizzazione sociale totalizzante in cui, come accade nella famiglia che della società è la cellula primaria,  ogni cittadino ha una sua identità ed una sua funzione sociale in quanto membro della comunità e la comunità ha la sua identità e la sua funzione solamente in quanto aggregazione e sommatoria dei suoi cittadini con i valori della tradizione, della cultura e della solidarietà!
Uno Stato in cui i Cittadini non operano solamente per il proprio interesse personale, ma sono le componenti di uno sforzo collettivo per il progresso dell’intera comunità.
Per chi volesse approfondire tali concetti, rimandiamo a “Lo stato organico” di Rutilio Sermonti
Come ulteriore organizzazione dello Stato corporativo e sociale vorremmo aggiungere una selezione meritocratica che provveda affinché i soggetti cui sarà richiesto di partecipare alle decisioni della vita pubblica siano persone informate e capaci.
Si potrebbero istituire nelle scuole dei corsi obbligatori di educazione civica nei quali si spiegasse ai futuri cittadini quali sono le istituzioni dello Stato, quali i loro compiti e le funzioni, quali siano i diritti ed i doveri dei cittadini verso lo Stato e dello Stato verso i Cittadini, quali siano le principali leggi che regolano l’amministrazione della cosa pubblica sia a livello locale che a livello nazionale.
.Avremmo così una classe di cittadini coscienti e preparati a dare il loro fattivo contributo alla gestione dello Stato corporativo e sociale anziché una massa amorfa di persone che ignorano i principi basilari delle regole della vita sociale.
Mussolini disse:” L’ignoranza esclude dalla partecipazione” e questo non è un concetto di selezione elitario quanto una legge di natura perché l’esclusione non deriva da una discriminazione contro qualcuno, ma deriva dalla incapacità di quel qualcuno di capire e di partecipare con cognizione di causa e quindi con virtuosa operatività sociale!
Il superamento dei suddetti corsi costituirebbe titolo essenziale per potere partecipare alla carriera politica attiva come rappresentante delle corporazioni.
Tanto per contestare subito le consuete ritrite e banali osservazioni dei democratici che sostengono non vi sia altra alternativa alla democrazia se non la dittatura vogliamo precisare che la storia ci insegna come la dittatura non sia mai stata, né possa essere, una stabile forma di governo in quanto essa ha bisogno di particolari condizioni storiche e di uomini di grande carisma, condizioni queste che non possono essere programmate né essere programmatiche, ma che sono esclusivamente contingenti ed irripetibili.
Inoltre, anche una superficiale analisi delle dittature degli ultimi anni dimostrano che esse non nascono da una ideologia specifica, ma hanno le loro radici in ideologie a volte tra di loro antitetiche ed a volte nate dal una concezione politica assolutamente democratica come per esempio le decine di dittature comuniste!
L’ideologia della dittatura in se è una corbelleria insostenibile degna di cervelli che ragionano solo in modo superficiale!
Quanto alla nostra diffidenza ed alla nostra totale critica alla democrazia, a chi ci contesta di essere dei visionari e dei “parvenues” intellettuali rispondiamo che in questo siamo in buona compagnia, da Platone ( lettera VII° e La repubblica ) a Tommaso Moro (“Utopia”) a Tommaso Campanella (“ La città del sole” ) ed in parte anche nel pensiero filosofico di Fichte ( la dottrina dello Stato ) e Hegel ( lineamenti di filosofia del diritto ) e giù sino ad Evola ( Gli uomini e le rovine ) e pertanto respingiamo i soliti luoghi comuni ignoranti ed invitiamo a ragionare nel merito .!!

Alessandro Mezzano
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LA POLITICA DEL FALLIMENTO

Quando tutta una serie di problemi importanti e gravi che coinvolgono la vita di un Paese e sono determinanti per un sereno sviluppo della sua società non vengono risolti neppure nell’arco di decenni e nonostante proclami, promesse e progetti di ogni parte politica, allora esiste una sola, unica spiegazione possibile: qualche cosa di fondamentale non funziona e non solo negli uomini che gestiscono il potere, ma anche e di più nel sistema di potere di cui quegli uomini e quella classe dirigente non sono la causa, ma l’effetto!
In Italia, da svariati decenni, ci sono grandi problemi irrisolti.
I principali sono: mafia, corruzione, evasione fiscale e lavoro nero, elefantiasi della prassi e dei tempi  della giustizia, difesa dei posti di lavoro e dei salari.
Su questi temi tutti i governi e tutte le forze politiche si sono impegnati con promesse, proclami e programmi puntualmente disattesi senza che mai ne siano scaturiti risultati apprezzabili!
Consideriamo tutto il periodo dal primo dopo guerra ad oggi.
La mafia non solo non è stata debellata o ridotta in sordina, ma al contrario è diventata più forte, più spavalda, più padrona del territorio ed oggi arriva a controllare, direttamente o indirettamente almeno quattro regioni e, come testimoniano le cronache recenti, si sta infiltrando massicciamente persino nel nord Italia.
Il suo fatturato è diventato il più alto di ogni altra categoria imprenditoriale del Paese.
Inoltre traspare dalle indagini e dalle testimonianze dei pentiti che si sono fatte sempre più strette le connessioni tra mafie e politica che in molti casi è diventata organica ad esse!
La corruzione della politica e di conseguenza della pubblica amministrazione è arrivata a livelli persino superiori a quelli del periodo di “tangentopoli” come affermano, inascoltati, i procuratori della repubblica ed anche qui le quotidiane cronache dei media confermano e testimoniano il marcio che infetta ad ogni livello istituzioni e partiti, dal più basso sino a membri dello stesso governo, la nazione.
L’’evasione fiscale italiana è stimata in 130 miliardi di euro all’anno ed è considerata la più alta in assoluto di tutti i Paesi occidentali.
Le stime confermano che ogni anno tali livelli di evasione fiscale non solo non diminuiscono, ma aumentano costantemente!
Il lavoro nero, che oltre ad essere un’ulteriore evasione sia fiscale che previdenziale è senza dubbio una vergognosa piaga sociale, ed un reato contro l’umanità, continua ad essere largamente sfruttato da imprenditori senza coscienza e senza scrupoli senza che lo Stato faccia nulla di efficace per contrastare questo fenomeno schiavistico la cui entità è  stimata il 35% del totale del lavoro nazionale.
Di riforme della giustizia si sente continuamente a parlare da tutti e da almeno 60 anni senza che mai ne sia stata concretizzata una che servisse a risolvere i tempi biblici dei processi, ad adeguare gli organici inadeguati della magistratura e dei servizi, la pletoricità delle leggi dei codici che sono in assoluto il numero di gran lunga maggiore di tutta l’Europa, a snellire le procedure, a informatizzare gli uffici che funzionano ancora con faldoni e messi notificatori come nell’800, ecc. ecc.
Le uniche riforme significative rilevate sono quelle contrarie ad ogni senso di giustizia e del diritto che hanno determinato leggi “ad personam” per accorciare le prescrizioni, per depenalizzare i reati, o per impedire che la sentenza di un regolare processo passato in giudicato possa essere considerata elemento probante in un successivo processo in corso, il tutto per tenere lontano dal carcere una persona e per di più con la beffa di far passare il tutto per provvedimenti di giustizia per tutti.
La difesa dei posti di lavoro e dei salari, che sarebbe precipuo dovere di ogni governo, di qualsiasi colore di un Paese, ha avuto in Italia il risultato che la precarietà è diventata la regola anziché l’eccezione, che i padroni contano di più ed i lavoratori contano di meno, che il potere d’acquisto dei salari è fortemente diminuito tanto che molti lavoratori stentano ad arrivare alla fine del mese ed in percentuale, la disoccupazione è notevolmente aumentata raggiungendo livelli tra i più alti dal 1945 e tra i più alti in Europa colpendo in modo particolare i giovani!
Concludendo la classe politica italiana non solo non ha saputo risolvere i più grossi problemi del Paese, ma li ha notevolmente e costantemente aggravati dimostrando inettitudine, inadeguatezza e malafede!
Dopo 71 anni di questo regime e con questi risultati si può affermare senza pericolo di smentita che il sistema non funziona e che va radicalmente cambiato.
Come abbiamo già scritto, sarebbe ora di esautorare questa classe politica e sostituirla con le rappresentanze delle categorie significative del lavoro, del pensiero e dell’economia che avessero potere legislativo ed ispettivo e che soprattutto non avessero come mestiere la politica politicante intesa non come servizio al Paese, ma solamente come strumento di potere fine a se stesso come è ora!
In una qualsiasi azienda privata, una dirigenza che avesse ottenuto risultati così scarsi e negativi per tanto tempo, sarebbe licenziata in tronco.
Forse ci illudiamo, forse c’è una vena di utopia nel nostro ragionamento, ma senza le utopie il progresso della società umana si arresta e comunque nulla è peggio di quanto siano ora la politica ed il potere!

Alessandro Mezzano
                                                                         



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