On doit des égards aux vivants; on doit aux morts que la verité.
Ai vivi si devono dei riguardi, ai morti si deve soltanto la verità.
Voltaire, “Lettere scritte nel 1819”
In memoria di Aldo Bormida
30/01/1944 Borgo Podgora(LT)
Primo caduto della RSI nella difesa
di Roma e dell’Italia
di Roma e dell’Italia
Sulla nostra terra c’e’ un luogo
nascosto in mezzo ad una pianura sconfinata ricca di campi di grano,vigneti e
verdi prati. Proprio in mezzo ad essa passa una stradina,questa ti conduce in
luogo come ce ne sono a migliaia sulla nostra terra ma in realtà ti accompagna
dentro una storia, quella storia che ognuno di noi ha fissato nella mente e nel
cuore e rende questo posto unico. Ti parla di un ragazzo nemmeno ventenne di
nome Aldo Bormida venuto da Torino. Ti parla di un soldato con una divisa
grigio verde.Ti parla del desiderio di libertà, di onore e di fedeltà di
migliaia di giovani patrioti. Ti parla del primo martire della Repubblica
Sociale Italiana. Del suo sacrificio in questo luogo sono rimasti i suoi resti
mortali tumolati per volere della famiglia sotto un cippo di marmo bianco di
fattura umile a ridosso della strada, coperto quasi completamente fino a
qualche anno fa da erbacce, su di esso c’e’ un incisione breve ma esauriente,
caduto per la Patria. Sarebbe difficile raccontare per mezzo delle parole il
senso di gratitudine e rispetto che ognuno di noi prova nel trovarsi in questo
spicchio di terra, difficile raccontare la storia di chi donò tutto se stesso
per l’amore più grande, quello per la propria terra.
UNA COLONNA SPEZZATA
NELLA PIANA PONTINA
NELLA PIANA PONTINA
ALDO BORMIDA
UNO DEI PRIMI ITALIANI
UNO DEI PRIMI ITALIANI
SUL FRONTE DI NETTUNO
Gli Angloamericani nella loro
avanzata lungo la penisola italiana, furono fermati per mesi dalla linea
“Gustav”. Si trattava di una serie di opere fortificate che si
dispiegavano, per 120 km, da Minturno, a sud di Gaeta, fino alla costa
Adriatica, a sud di San Vito/Ortona. Punto nodale della “Gustav” fu
Montecassino che, trasformato dai tedeschi in una fortezza naturale,
vide infrangersi numerosi attacchi da parte Alleata. Per superare la
Gustav, gli Alleati, progettarono uno sbarco alle spalle della linea
fortificata e fu così che nacque “l’Operazione Shingle”, ovvero lo
sbarco sulle coste di Anzio e Nettuno. La “Shingle” ebbe inizio il 17
gennaio ’44 con violenti bombardamenti sulla costa e solo nella notte
del 22 gennaio, alle 2.00 del mattino, le truppe iniziarono a sbarcare.
L’intera operazione fu una sorta di fallimento e le truppe finirono ad
impantanarsi sulla costa pontina. Il commento di Churchill fu dir poco
caustico: “ avevo sperato – scrisse lo statista inglese - di lanciare
sulla spiaggia di Anzio un gatto selvatico, mentre invece ci troviamo
sulla riva con una balena arenata.” Solo il 23 maggio gli Alleati
diedero l’avvio all’operazione “Buffalo” che aveva come obiettivo
Cisterna di Latina. Fortunatamente, la conquista della cittadina laziale
consenti al 6° Corpo d’Armata di riunirsi alle avanguardie americane
del 2° Corpo d’Armata che, reduci da Montecassino, avanzavano da
Terracina. Come è noto i “liberatori” entrarono a Roma solo il 4 di
giugno seguente.
Nella
memoria storica delle popolazioni della Pianura Pontina le operazioni
militari che seguirono allo sbarco, sono ricordate come un titanico
scontro tra tedeschi ed americani. Purtroppo, viene troppo spesso
dimenticato che ai combattimenti parteciparono i primi reparti organici
delle Forze Armate della Republica Sociale Italiana. Furono impegnati su
quel fronte il Battaglione di fanteria di Marina “Barbarigo”, il Gruppo
di artiglieria di Marina “San Giorgio” e i motoscafi d’assalto i MAS
della X° Flottiglia MAS. Inoltre, il Reggimento Arditi Paracadutisti
“Folgore”; (1° Btg. “Folgore”, 2° Btg. “Nembo” 3° Btg. “Azzurro”), il
Battaglione di formazione paracadutisti “Nembo”, il Gruppo Aerosiluranti
“Carlo Emanuele Buscaglia” poi denominato Faggioni”, il 2° Battaglione
Legionario SS, il 1° Battaglione Esplorante Legionario SS “Debica” e
numerosi altri reparti minori. Si avvicendarono in terra pontina, dal
gennaio al giugno ‘44, circa 10.000 soldati della R.S.I. e centinaia di
questi persero la vita.
Nel dopoguerra, la Repubblica
Italiana nata dalla Resistenza ha trovato, a Nettuno e Pomezia, terra
per i cimiteri militari americano e tedesco. Differentemente, per quegli
italiani che osarono morire dalla parte “sbagliata” non vi sono stati
cimiteri di guerra ma solo una tomba privata al Verano. Nel 1993
l’Associazione X° MAS ha costruito a Nettuno, a proprie spese, un
sacrario privato, meglio conosciuto con il nome di “Campo della
Memoria”. Solo da poco l’Associazione è poi riuscita a traslare
all’interno del sacrario i resti dei caduti del “Barbarigo”. La
traslazione è stata possibile solo cedendo il Campo stesso ad Onor
Caduti del Ministero della Difesa, cessione questa che ha trasformato il
sacrario privato in un Cimitero Militare.
Sulla morte di Bormida si è sempre
saputo molto poco. Qualche anno fa, un reduce vi portò dei fiori e
raccontò al padrone del podere sul quale la colonna insiste che lui e
Bormida erano studenti universitari del Politecnico ed erano stati
inviati in Germania per uno scambio culturale. Sorpresi dall’8
settembre, si erano arruolati volontari ed erano stati inviati dai
tedeschi a combattere in Italia. Luciano Populin, oggi un anziano e
squisito signore che, allora dodicenne, assistette alla morte di
Bormida, me l’ha così raccontata: “Il 30 gennaio 1944 avevo 12 anni e 4
mesi ed era per me la prima paurosa e sofferta esperienza di vita. Dal
Borgo Podgora il 24 gennaio, dopo lo sbarco americano ad Anzio, ci
trasferimmo alla Strada Della Croce, presso una famiglia di cloni che
conoscevamo. Il nostro ampio cortile della casa nel Borgo era stato
occupato, dopo due giorni dallo sbarco, dai mezzi corazzati della
Divisione tedesca giunti dal Brennero.
Dalla finestra della casa del colono,
il giorno 30 gennaio, vidi giungere in strada due camions di soldati
che scesero, completarono l’armamento, e si prepararono ad andare contro
il nemico. Gli americani erano sull’argine opposto del Canale Musolini,
distante circa 150 metri dalla nostra casa dove si era insediato un
giovane ufficiale tedesco di origine altoatesina e da dove avvenivano
sparatorie tra le due forze. I militari italiani, che poi seppi erano
giovanissimi volontari del Politecnico di Torino, si lanciarono contro
il nemico e cominciarono a salire l’argine del Canale dalla nostra
parte: dai ricordi lontani mi sembra fossero circa quaranta. Gli
americani, che erano appostati sull’argine opposto a 30/40 metri, li
fecero arrivare alla sommità e inesorabilmente li falciarono con le
armi.
Il ricordo si ferma alla visione dei
poveri ragazzi che cadevano, poi il terrore, la pena e la disperazione
mi fecero nascondere nell’angolo più riparato della casa. Dalla casa non
uscivamo tranne che per qualche istante poiché l’ufficiale tedesco che
era con noi consigliava me e il bambino dei coloni di farci vedere al
pozzo a pompare l’acqua con la speranza che vedendo dei civili gli
americani potessero risparmiare la distruzione della casa. Noi, dopo
qualche giorno, fummo costretti a fuggire a piedi dietro suggerimento
dell’ufficiale tedesco che telefonò alle proprie forze di non sparare
sperando così in una tregua che avvenne.
Aldo Bormida 30/01/1944 Borgo Podgora(LT)
Primo caduto dell’ R.S.I. nella difesa di Roma e dell’Italia
Sulla nostra terra c’e’ un luogo nascosto in mezzo ad una pianura sconfinata ricca di campi di grano,vigneti e verdi prati. Proprio in mezzo ad essa passa una stradina,questa ti conduce in luogo come ce ne sono a migliaia sulla nostra terra ma in realtà ti accompagna dentro una storia, quella storia che ognuno di noi ha fissato nella mente e nel cuore e rende questo posto unico. Ti parla di un ragazzo nemmeno ventenne di nome Aldo Bormida venuto da Torino. Ti parla di un soldato con una divisa grigio verde.Ti parla del desiderio di libertà, di onore e di fedeltà di migliaia di giovani patrioti. Ti parla del primo martire della Repubblica Sociale Italiana. Del suo sacrificio in questo luogo sono rimasti i suoi resti mortali tumolati per volere della famiglia sotto un cippo di marmo bianco di fattura umile a ridosso della strada, coperto quasi completamente fino a qualche anno fa da erbacce, su di esso c’e’ un incisione breve ma esauriente, caduto per la Patria. Sarebbe difficile raccontare per mezzo delle parole il senso di gratitudine e rispetto che ognuno di noi prova nel trovarsi in questo spicchio di terra, difficile raccontare la storia di chi donò tutto se stesso per l’amore più grande, quello per la propria terra.
Nel dopoguerra, la Repubblica Italiana nata dalla Resistenza ha
trovato, a Nettuno e Pomezia, terra per i cimiteri militari americano e
tedesco. Differentemente, per quegli italiani che osarono morire dalla
parte “sbagliata” non vi sono stati cimiteri di guerra ma solo una tomba
privata al Verano. Nel 1993 l’Associazione X° MAS ha costruito a
Nettuno, a proprie spese, un sacrario privato, meglio conosciuto con il
nome di “Campo della Memoria”. Solo da poco l’Associazione è poi
riuscita a traslare all’interno del sacrario i resti dei caduti del
“Barbarigo”. La traslazione è stata possibile solo cedendo il Campo
stesso ad Onor Caduti del Ministero della Difesa, cessione questa che ha
trasformato il sacrario privato in un Cimitero Militare.
Oltre al “Campo della Memoria”, girando la Piana
Pontina, ci si può imbattere in alcuni altri modesti monumenti innalzati
per ricordare i caduti della R.S.I. su quel fronte. Al “Fosso
dell’Acqua Bona” ad Ardea vi è una lapide, mentre cippi commemorativi si
trovano a Campoverde (Cisterna di Latina) e a Borgo Podgora (Cisterna
di Latina/Latina). In particolare, nel territorio di Latina, vi è un
monumento costituito da un’umile colonna spezzata sulla quale si può
leggere “Aldo Bormida – diciannovenne studente Politecnico di Torino –
Caduto per la patria il 30 gennaio 1944”.
Sulla morte di Bormida si è sempre saputo molto poco.
Qualche anno fa, un reduce vi portò dei fiori e raccontò al padrone del
podere sul quale la colonna insiste che lui e Bormida erano studenti
universitari del Politecnico ed erano stati inviati in Germania per uno
scambio culturale. Sorpresi dall’8 settembre, si erano arruolati
volontari ed erano stati inviati dai tedeschi a combattere in Italia.
Luciano Populin, oggi un anziano e squisito signore che, allora
dodicenne, assistette alla morte di Bormida, me l’ha così raccontata:
“Il 30 gennaio 1944 avevo 12 anni e 4 mesi ed era per me la prima
paurosa e sofferta esperienza di vita. Dal Borgo Podgora il 24 gennaio,
dopo lo sbarco americano ad Anzio, ci trasferimmo alla Strada Della
Croce, presso una famiglia di cloni che conoscevamo. Il nostro ampio
cortile della casa nel Borgo era stato occupato, dopo due giorni dallo
sbarco, dai mezzi corazzati della Divisione tedesca giunti dal
Brennero.
Dalla finestra della casa del colono, il giorno 30
gennaio, vidi giungere in strada due camions di soldati che scesero,
completarono l’armamento, e si prepararono ad andare contro il nemico.
Gli americani erano sull’argine opposto del Canale Musolini, distante
circa 150 metri dalla nostra casa dove si era insediato un giovane
ufficiale tedesco di origine altoatesina e da dove avvenivano sparatorie
tra le due forze. I militari italiani, che poi seppi erano giovanissimi
volontari del Politecnico di Torino, si lanciarono contro il nemico e
cominciarono a salire l’argine del Canale dalla nostra parte: dai
ricordi lontani mi sembra fossero circa quaranta. Gli americani, che
erano appostati sull’argine opposto a 30/40 metri, li fecero arrivare
alla sommità e inesorabilmente li falciarono con le armi.
Il ricordo si ferma alla visione dei poveri ragazzi che
cadevano, poi il terrore, la pena e la disperazione mi fecero nascondere
nell’angolo più riparato della casa. Dalla casa non uscivamo tranne che
per qualche istante poiché l’ufficiale tedesco che era con noi
consigliava me e il bambino dei coloni di farci vedere al pozzo a
pompare l’acqua con la speranza che vedendo dei civili gli americani
potessero risparmiare la distruzione della casa. Noi, dopo qualche
giorno, fummo costretti a fuggire a piedi dietro suggerimento
dell’ufficiale tedesco che telefonò alle proprie forze di non sparare
sperando così in una tregua che avvenne.
Il ricordo dell’immolazione dei nostri ragazzi riprende
dopo la guerra (tornammo solo dopo circa due anni a Latina) con la
testimonianza della famiglia Piva, proprietaria del terreno dov’era
avvenuto il massacro. Ho saputo che un solo ragazzo era superstite, dopo
l’attacco si era rifugiato nella casa dei Piva che ospitarono anche un
soldato tedesco ferito.
Il ragazzo andò via quando poté e il giorno dopo la
nostra fuga anche i Piva dovettero abbandonare la loro casa lasciando il
soldato tedesco ferito nel sottoscala con alcune vettovaglie e nei
campi i cadaveri martorizzati che rendevano l’aria irrespirabile.
Tornarono dopo qualche mese nella loro terra dove non poterono rimanere
poiché tutto era minato;
Un incendio spontaneo di sterpaglie aveva ridotto i
corpi a resti ossei. Nel mese di giugno o luglio gli americani
intervennero e riempirono alcuni sacchi bianchi con i resti ridotti ad
ossa e nulla era riconoscibile degli esseri umani. Dopo un periodo di
tempo il superstite tornò sul luogo e ricordò il punto dove era caduto
il giovane Bormida;
Ecco perché lì e sorta la stele a ricordo di Bormida e
dove, fino a qualche anno fa, veniva qualche familiare a fare visita;
ora non si presenta alcuna persone sono i Piva che custodiscono il
ricordo. I resti dei ragazzi dovrebbero essere in un cimitero di Lavinia
o Pomezia con la dicitura “Caduti ignoti”.
Questo è il mio ricordo di bambino, ma affinchè i fatti
narrati siano più chiari ho approntato una cartina approssimativa di
quella zona di guerra.”
La Storia, quella con la ”S” maiuscola, la si fa anche
grazie ai ricordi di un bambino che oggi è un signore di una certa età.
Raccontando di Bormida ho voluto narrare di uno di quei ragazzi che,
educati al mito dell’amor di Patria, quando la Patria chiamò non si
fecero indietro, facendo la scelta di non stare alla finestra a
guardare.
Iscriviti a:
Post (Atom)

TORINO 01/09/1924 - LITTORIA 30/01/1944

NETTUNO CAMPO DELL'ONORE


FRONTE DI NETTUNO

23-28 GENNAIO1944
ROMA CIMITERO DEL VERANO

LA TOMBA DEI 43 LEGIONARI DELLA TAGLIAMENTO TRUCIDATI INERMI A ROVETTA

IL CIPPO ERETTO DAI FAMIGLIARI

.



.

LA STAMPA 15 FEBBRAIO 1944

LA STAMPA 21 FEBBRAIO 1944

Nessun commento:
Posta un commento