martedì 9 aprile 2019

I NOSTRI EROI !!!

Gorrini, quel «top gun» (di Salò) che terrorizzava le Fortezze volanti

Alessandro Fulloni.
Luigi Gorrini entra nell’abitacolo di un Macchi 205

Nell’Aeronautica militare italiana era una specie di leggenda: l’ultimo degli «assi» - e a detta di tanti il migliore - del cielo. Luigi Gorrini, questo il suo nome, si è spento a Piacenza, all’età di 97 anni. Durante la Seconda guerra mondiale abbattè 24 aerei, a sua volta fu abbattuto 5 volte, lanciandosi con il paracadute e restando vivo, nonostante gravi ferite, grazie a circostanze che ebbero del miracoloso. Atterrando su stagni e chiome di alberi che attutirono la violenza dell’impatto.


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«Con Salò perché volevo difendere le città dai bombardamenti»
Meglio chiarirlo subito: gli aerei abbattuti erano tutti inglesi e americani, Spitfire, Mustang, Lightning, Fortezze volanti. Perché dopo l’8 settembre Gorrini, senza esitazioni, lasciò la Regia Aeronautica per volare sui caccia della Repubblica Sociale di Salò. Un’adesione spiegata così: «Dopo aver volato per tre anni fianco a fianco con i piloti tedeschi, sulla Manica, in Nord Africa, Grecia, Egitto, Tunisia e - infine - sulla mia patria, avevo fatto amicizia con alcuni di loro... non volevo fare la banderuola, per dire così, e forse sparare sui miei amici tedeschi. Inoltre, volevo proteggere le città del Nord Italia dai bombardamenti indiscriminati, per quanto possibile».
Ufficiale solo dopo la pensione



Luigi Gorrini

Gorrini entrò in Aeronautica giovanissimo. Pilota sottufficiale. Ufficiale lo diventò soltanto dopo la pensione, nel 1979. Finita la guerra, era rientrato nei ranghi dell’Aeronautica militare nonostante l’opposizione iniziale del comando alleato, che non aveva dimenticato come l’aviatore italiano pareva aver fatto quasi un fatto personale di quei duelli in cielo contro i caccia di Raf e Air Force. Volando con le insegne di Salò, Gorrini abbattè diversi bombardieri in missione nel Nord Italia. «Inventò» una tecnica di attacco che gli valse l’ammirazione della Luftwaffe dalla quale ricevette anche due Croci di guerra. In sostanza, superava la quota di volo dello stormo avversario per poi buttarsi giù in picchiata a tutta velocità, quasi come un kamikaze, individuando il bersaglio che cercava di colpire avendo a disposizione solo una manciata di secondi. Manovra che terrorizzava i mitraglieri avversari ma che per il pilota era rischiosissima, aumentando il rischio collisione con i bombardieri.
Medaglia d’oro nel 1958
Nel 1958, conflitto finito, dall’Aeronautica - che oggi in una nota «esprime il cordoglio per la morte dell’ultimo grande Asso» - ricevette una medaglia d’oro, unica decorazione concessa
                                                                                                                                                            

Fausto Fornaci, l’asso della Rsi che difese l’Italia dalle bombe alleate

Il 6 febbraio 1945 veniva abbattuto da dieci aerei americani l’asso dell’aviazione della Rsi Fausto Fornaci nei cieli di Thiene, nel Vicentino. Fausto Fornaci, da Umbertide, classe 1917, si era levato in volo da Osoppo, inquadrato nel 2° Gruppo caccia dell’Aeronautica nazionale repubblicana, 3° squadriglia, i cui membri sono soprannominati i Diavoli Rossi, per contrastare una quarantina di bombardieri americani scortati a loro volta da un nugolo di caccia Thunderbolt. Le fortezze volanti andavano a bombardare la Pianura Padana e i nostri sei Bf 109 erano tutto quello che si opponeva a un ennesimo massacro di civili.
di ANTONIO PANNULLO
La dinamica dell’impari lotta la facciamo raccontare a Franco Benetti, classe 1923, all’epoca allievo pilota del Gruppo complementare in addestramento nella stessa base. «Le cose andarono in questo modo – racconta Benetti -: arrivato l’ordine di decollare si alzarono in volo sei caccia Bf 109 dei nostri, tra cui quello pilotato da Fornaci. Il comando guida caccia di Verona aveva infatti segnalato una formazione di una quarantina di bombardieri americani Marauder e Boston, velivoli bimotori, scortati da un certo numero di caccia P-47 Thunderbolt, in missione di bombardamento sulla pianura Padana.
Così sul lago di Garda si ritrovarono i nostri sei 109 con altri aerei delle basi di Villafranca e Orio, pronti per intercettare la formazione nemica. Per una volta, stranamente vista l’impari proporzione di forze tra i contendenti negli ultimi mesi del conflitto, la battaglia si svolge in parità. Gli americani sono convinti di trovarsi di fronte alla Luftwaffe, vista la presenza deiMesserschmitt, e solo in seguito si accorgono che stanno combattendo contro piloti italiani. Intanto i duelli imperversano furibondi nel cielo, finché a dare manforte agli americani non arriva una seconda formazione, composta da una cinquantina di caccia P-47 e P-51 Mustang, nettamente superiori ai Bf- 109. Le cronache riportano due abbattimenti sicuri da parte del sergente maggiore Fornaci, e due presunti.
Ma la battaglia volge a favore degli americani, nettamente superiori in numero. Gli aerei italiani si sganciano, ma alcuni fanno fatica a liberarsi dalla caccia serrata degli antagonisti. Fornaci, a quanto sembra, per quanto più volte richiamato, è l’ultimo a ritirarsi. Raggiunto nei cieli sopra Vicenza dai Mustang e dai Thunderbolt, ingaggia l’ultimo duello della sua vita, venendo infine abbattuto: forse, quando l’aereo si schianta al suolo, è già morto, ucciso dalle pallottole nemiche» (Testimonianza raccolta dal sito lucavelente.it).
Fausto Fornaci fu recuperato solo nel 2002
Ma chi era Fausto Fornaci? Nato a Umbertide, in Umbria, il 5 maggio 1917, entra a 19 anni nellaRegia Aeronautica. Quando scoppia la Seconda Guerra Mondiale combatte in Albania, in Grecia e sul fronte russo, dove abbatte l’asso sovietico capitano Vassilii Psegnienikoff. Rientrato in Italia, nel maggio 1942 si trova a difendere i cieli di Napoli dalle incursioni alleate, e l’anno successivo difese i cieli siciliani e calabresi coprendosi ovunque di gloria e abbattendo numerosi aerei nemici. Fu proposto per la nomina a tenente ma la nomina non ci si concretizzò per l’intervenire dell’armistizio.

Dopo l’8 settembre Fornaci aderì senza esitazione allaRepubblica Scoiale Italiana, entrando nell’Aviazione nazionale repubblicana, e precisamente nel 2° Gruppo caccia “Gigi Tre Osei” del comandante Aldo Alessandrini, equipaggiati con Fiat G.55 Centauro, dove combatté valorosamente meritandosi altre onorificenze. Fino a quel 6 febbraio, quando fu abbattuto da un numero soverchiante di caccia americani.
Fausto Fornaci in tutta la sua carriera ha ricevuto due Medaglie d’argento al Valor militare, due di Bronzo, una Croce di guerra e una Croce di Ferro tedesca di IIa classe. Ma la vicenda di Fornaci ha una bella fine: nel 2002 un gruppo di ricercatori guidati da Giuseppe Versolato individua e mette allo scoperto a Lupiola a Sandrigo i resti del suo aereo, sepolto sotto un cumulo di terra, nel quale trovano con grande commozione il libro di avventure marinare Hornblower di Forester, con scritto su Fausto Fornaci squadriglia Diavoli Rossi. Non potevano esserci più dubbi. Si trovano le ossa, uno stivale nero: quello che resta del sergente maggiore Fausto Fornaci, riportato alla luce dopo oltre mezzo secolo dai volontari del Comitato storico di Ravenna “Agmen Quadratum” assieme ai vicentini del “Gruppo amici velivoli storici” e del “Club Frecce tricolori”.
Alcune parti del suo corpo vennero recuperate subito dopo lo schianto, e fu anche celebrato un funerale, a Vicenza, l’8 febbraio 1945. Nel 1953, invece, la famiglia Fornaci fece riesumare quei resti per seppellirli nuovamente ad Umbertide, suo paese natale, che ogni anno ricorda il suo eroico figlio con una cerimonia.
Fonte: www.secoloditalia.it/

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