domenica 19 gennaio 2020

Stati Uniti e Israele: due democrazie solo presunte.

Stati Uniti e Israele: due democrazie solo presunte.

L’amministrazione Trump si comporta con modalità mafiose e gangsteristiche.
Gli aggettivi non sembrino immoderati: è stato un illustre militare come il generale Angioni a definire “mafiosa” l’eliminazione del generale persiano Soleimani ordinata da Trump:
Il generale Angioni: “L’eliminazione di Soleimani fatta da Trump è un’azione mafiosa”[1].
Franco Angioni
Ed è stato un illustre storico come Franco Cardini, sempre riferendosi all’uccisione di Soleimani, a definire “gangster” l’attuale presidente degli Stati Uniti:
“L’azione criminosa in quanto mirata direttamente ed esplicitamente all’assassinio dell’alto ufficiale è stata ordinata dal gangster che attualmente occupa la Casa Bianca, Donald Trump”[2].
Franco Cardini
Nei giorni scorsi sono emersi ulteriori dettagli sui retroscena che hanno preceduto la predetta uccisione. Scrive il sito globalresearch.ca[3]:
“La storia dietro l’assassinio di Soleimani sembra andare molto più in profondità di quanto finora è stato riportato, coinvolgendo l’Arabia Saudita e la Cina come pure il ruolo del dollaro americano in quanto valuta d riserva globale. Il primo ministro iracheno, Adil Abdul-Mahdi, ha rivelato, in un discorso al parlamento iracheno, dettagli sulle sue interazioni con Trump nelle settimane che hanno condotto all’assassinio di Soleimani. Egli ha cercato di spiegare molte volte in diretta televisiva come Washington abbia cercato di intimidire lui e altri membri del parlamento iracheno per ottenere ubbidienza alla linea americana, arrivando persino a minacciare di dare corso a sparatorie di cecchini sotto falsa bandiera contro manifestanti e addetti alla sicurezza per infiammare la situazione, richiamando un simile modus operandi già visto al Cairo nel 2009, in Libia nel 2011 e a Maidan nel 2014…Abdul-Mahdi ha parlato con indignazione del modo in cui gli americani hanno rovinato il paese e di come ora si siano rifiutati di ultimare le infrastrutture e i progetti di rete elettrica a meno che venisse loro promesso il 50% degli introiti del petrolio”.
Abdul-Mahdi ha inoltre precisato: “Ecco perché sono andato in Cina e ho firmato un importante accordo per intraprendere con loro i progetti di ricostruzione. Al mio ritorno, Trump mi ha chiamato per chiedermi di disdire questo accordo. Al mio rifiuto, ha minacciato di scatenare enormi dimostrazioni contro di me che avrebbero segnato la fine del mio premierato”.
Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi
Trump non è nuovo a progetti gangsteristici riguardanti il petrolio iracheno. Nel 2016, durante la campagna per le presidenziali aveva infatti affermato di volersene impadronire:
“Il piano di Trump per impadronirsi del petrolio dell’Iraq: ‘Non è un furto, stiamo rimborsando noi stessi”, titolava all’epoca il Guardian[4]. “Le spoglie appartengono al vincitore”, aveva detto Trump. Ma già nel 2011 aveva dichiarato che se fosse stato eletto presidente se ne sarebbe impadronito: “Prenderei il petrolio. Non me ne andrei dall’Iraq lasciando che l’Iran prenda il petrolio”.
Ma Trump non sta rubando solo il petrolio iracheno. Sta rubando anche il petrolio siriano:
“Le sole truppe che ho [in Siria] stanno prendendo il petrolio, stanno proteggendo il petrolio”, ha dichiarato solo due giorni fa[5]. Ma già nel mese di ottobre aveva detto:
Quello che intendo fare, forse, è fare un accordo con un ExxonMobil o con una delle nostre grandi compagnie per andare lì [in Siria] e farlo nel modo appropriato”.
Inutile dire che questi comportamenti costituiscono un furto e che azioni del genere sono considerate illegali dal diritto internazionale. Trump e il cosiddetto “Deep State” se ne fregano.
E continuano a mietere vittime, come se niente fosse:
Attacco americano contro comandante talebano provoca vittime tra i civili”, titolava il 9 gennaio scorso aljazeera.com[6]. Più di 60 civili sono stati uccisi e feriti nel corso dell’attacco eseguito da un drone. Sono notizie che la stampa italiana a malapena riporta.
Gli Stati Uniti sono e rimangono un paese pericoloso, come scriveva 20 anni fa il compianto John Kleeves. I dati aggiornati di questi ultimi 20 anni lo confermano in pieno:
“L’America ha speso 6.4 trilioni di dollari in guerre nel Medio Oriente e in Asia dal 2001, afferma un nuovo studio”, ha riferito il sito cnbc.com lo scorso 20 novembre[7]. Tre i punti chiave emersi da tale studio:
  1. Le guerre americane in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan sono costate ai contribuenti americani 6.4 trilioni da quando sono cominciate nel 2001.
  2. Questo totale esorbita di 2 trilioni l’intera spesa del governo federale durante l’anno fiscale recentemente completato.
  3. Il rapporto, elaborato dal Watson Institute of International and Public Affairs della Brown University, rivela anche che più di 801.000 persone sono morte come diretto risultato di queste guerre.
A quanto pare, però, se i costi delle guerre sono stati esorbitanti per i contribuenti americani, qualcuno ci deve aver guadagnato e anche parecchio, altrimenti tali guerre non sarebbero state scatenate: il libro War is a Racket (“La guerra è un racket”), scritto nel 1935 dal generale Smedley D. Butler, da questo punto di vista è più che mai attuale[8].
Queste sono dunque le conseguenze che il mondo ha dovuto subire a causa dell’11 settembre: centinaia di migliaia di vittime e spese belliche “folli” (e profitti, presumibilmente colossali, per il complesso militare-industriale).
Ma quanti 11 settembre gli Stati Uniti hanno scatenato nel mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale?
A questa domanda ha risposto un articolo di Globalresearch pubblicato nel 2015[9]. Secondo l’articolo in questione, gli Stati Uniti sono responsabili della morte di almeno 20 milioni di persone in guerre e conflitti scatenati in tutto il mondo (la cifra di 20 milioni è approssimata per difetto). In questi 75 anni le nazioni vittime degli Stati Uniti sono state 37. Ad esempio, 900.000 cinesi sono stati uccisi nel corso della guerra di Corea.
Comunque, se gli Stati Uniti sono un “paese pericoloso”, Israele non è da meno nel creare conflitti e tensioni, e non solo in Medio Oriente:
Israele sta esercitando un grande ruolo nella crescita del conflitto dell’India con il Pakistan”, intitolava l’anno scorso l’Independent[10]. L’India è diventato il più grande mercato di armi per il commercio israeliano delle armi: nel 2017, ha pagato 530 milioni di sterline per sistemi di difesa aerea, radar e munizioni di provenienza israeliana, inclusi missili aria-terra, la maggior parte dei quali testati durante le offensive militari israeliane contro (gli indifesi) palestinesi e nelle incursioni contro la Siria.
A questo punto, qualcuno mi potrebbe dire: se Trump è un criminale la colpa non è di Israele. Ha già provato a dirlo, ad esempio, l’attivista americana Ariel Gold, dirigente dell’associazione Code-Pink[11]. In realtà, Ariel Gold è smentita sul punto da un ulteriore dato emerso in questi giorni: “Gli israeliani sostengono Trump più di quasi ogni altra nazione, mostra un sondaggio”, rivelava lo scorso 8 gennaio il quotidiano Haaretz[12]. I cittadini di Israele (e delle Filippine) hanno più fiducia in Donald Trump dei cittadini di ogni altro paese del mondo.
Quanto agli americani, non bisogna sottovalutare un altro dato inquietante: un altro sondaggio, condotto nei giorni scorsi, ha rivelato che il 43% degli americani approva l’uccisione del generale iraniano[13]. Il 43%: dunque la maggioranza relativa (mentre dallo stesso sondaggio apprendiamo che il 38% la disapprova).
Un’uccisione che si rivela peraltro essere sempre più un atto di pura barbarie: “Usa-Iran, il Pentagono smentisce Trump: “Nessun attacco imminente da Soleimani”. Così cadono le motivazioni del raid americano”, titolava ieri il Fatto Quotidiano[14].
Quindi, che Trump sia un gangster non è la cosa più grave: la cosa più grave è il consenso di cui gode in due (presunte) democrazie come Stati Uniti e Israele.
 
 
                                                                                                                          

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