CRIMINI DEI PARTIGIANI : "La Buca del diavolo"
Alla fine della
guerra si palesò in tutta la sua evidenza l’odio che trasudava dai partigiani
comunisti e assassini, veri e propri mascalzoni assetati di sangue.
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Nel loro delirio
di onnipotenza compirono ogni genere di nefandezze, macchiandosi di crimini di
tutti i tipi, a partire dal furto sistematico dei beni di proprietà delle loro
vittime (con cui iniziarono fiorenti attività commerciali), alla tortura e alle
mutilazioni, espressioni degli istiniti bestiali e sadici che animavano i
“prodi” combattenti partigiani comunisti, più simili a iene sanguinarie che ad
esseri umani, allo stupro di donne indifese, compreso le bambine, che venivano
violate anche per intere giornate a turno.
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Le vendette
personali costituivano un altro tassello di questo terribile quadro di insieme,
oltre ad una smania incontrollabile di potere, estorto sempre con la violenza
cieca e irrazionale.
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E’ in questo
panorama di sangue e di violenza che il 23 mqggio del 1945 si consumò l’eccidio
cosiddetto della “Buca del diavolo” in
località Gesso, lungo il Lavino, ad opera di partigiani comunisti vigliacchi e
assassini.
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La
Storiografia ufficiale tenta ancora oggi di nascondere questi misfatti, con la
complicità del PD e degli eredi di Togliatti, il comunista che armò la mano di
questi delinquenti, ed è tutt’ora difficile riuscire a trovare notizie
dell’accaduto.
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Il
PD (che possiamo definire come la metamorfosi del vecchio PCI) ha fatto in modo
che sull’accaduto calasse una coltre di silenzio e di omertà, consapevole
dell’efferatezza e della ferocia palesata dai suoi stessi “compagni” partigiani
e assassini.
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Criminali comunisti partigiani che sfilano insieme a Palmiro Togliatti, il loro leader e protettore |
Non
a caso, ancora oggi, i politicanti del PD inneggiano al criminale Pamiro
Togliatti, denominandolo con il vezzeggiativo di “il Migliore” , intitolandogli
anche vie e piazze.
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A
contrastare tutto ciò, esiste però una parte di popolazione che conoscendo la
tragica verità opera in modo che sia mantenuto il ricordo e la memoria delle
vittime, promuovendo cerimonie di commemorazione.
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In
questo caso specifico l’evento commemorativo si è svolto il 22 maggio, con la
partecipazione del neo parlamentare di Forza Italia, Galeazzo Bignami, e di
quei cittadini che, ribadendo un principiò di libertà e di giustizia, vogliono
mantenere vivo il ricordo delle vittime della ferocia comunista,
stigmatizzandone l’operato e la ferocia.
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Il quotidiano "il Resto del Carlino" ha contribuito con un doveroso trafiletto, in cui racconta quel delittuoso misfatto :
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Il quotidiano "il Resto del Carlino" ha contribuito con un doveroso trafiletto, in cui racconta quel delittuoso misfatto :
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Da "Il Resto del Carlino"
di Venerdi 23 Aprile 2004:
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DALLA "BUCA DEL DIAVOLO", QUELLA NOTTE, SALIRONO ATROCI LAMENTI
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Uno era seppellito a terra fino al collo, la testa gonfia come
un cocomero per le percosse subite prima e dopo la morte.
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Gli altri quattro erano legati con fil di ferro ai pioppi a
pochi metri di distanza :
gli occhi e le unghie strappate, il corpo e il volto sfigurati
da un giorno e una notte di sevizie.
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Li trovarono cosi', due giorni dopo essere stati prelevati da
casa da quelli che lo stesso Adolfo Belletti, storico della Resistenza zolese,
definisce partigiani.
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Erano alla tristemente nota 'buca del diavolo', una piccola gola
scavata dal Lavino [foto omessa] e da un rio affluente a valle della frazione
di Rivabella dove il 30 gennaio era stato trovato ucciso a colpi di pistola il
podesta' del comune di Monte San Pietro, Vittorio Torri.
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Per un giorno intero, a partire dalla notte del 23 maggio 1945,
i contadini della vallata del Lavino restarono con le finestre e gli scuri
sbarrati nell'inutile tentativo di smorzare gli urli e i rantoli di Gaetano e
Vincenzo Nadalini, Pietro Montanari, Ferruccio Zocca e Guido Cocchi.
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I primi quattro erano stati arrestati all'indomani del 20 aprile
e poi scarcerati “perche' nulla era emerso a loro carico” scrisse Valentino Cuccoli.
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Secondo Adolfo Belletti essi “...si erano particolarmente
distinti per le bastonature e le purghe all'olio di ricino...”.
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Guido Cocchi non era 'colpevole' neppure di questo.
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Era il capo fabbrica delle Officine Maccaferri e una memoria
scritta narra del suo prelevamento fino al ritrovamento del suo corpo.
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Le indagini che seguirono si scontrarono con il muro
impenetrabile fatto di paura e di desiderio di cancellare quella che e' senza
ombra di dubbio la pagina piu' tremenda della storia di Zola, dove oggi, vivono ancora figli e nipoti di vittime e carnefici.
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Gabriele Mignardi
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A
corollario di questo articolo sottolineo che Guido Cocchi fu ucciso per
vendetta, poiché decise il licenziamento di una donna sorpresa a rubare (alla
Maccaferri), come riportato nel libro “Testimone - Notte di passione” a cura di
Piergiorgio Ferioli.
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Dissenso
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