giovedì 28 maggio 2020

ONU smentisce la sinistra: migranti non sono profughi

ONU smentisce la sinistra: migranti non sono profughi


L’ONU smentisce le balle raccontate agli italiani dalla sinistra: i migranti non sono profughi, non fuggono dalla fame e dalla guerra e la metà di loro aveva un lavoro nel Paese dal quale ha finto di fuggire.
Chi li chiama profughi mente: sono clandestini, migranti economici puri e semplici.
Il dossier sul Fatto: partono per cercare fortuna, “in Gambia avevo una vita confortevole”




                                                                                                                                      

giovedì 21 maggio 2020

Gli agricoltori a Conte

Gli agricoltori a Conte: “Chiarezza e controlli su prodotti dall’estero”

La lettera di Realtà Popolare al presidente del consiglio: "Regolarizzare gli arrivi per sostenere l'agricoltura meridionale"

“Mi rivolgo a lei perché, rappresentando tutto il governo, potrà farsi portavoce contemporaneamente presso i dicasteri di competenza per valutare le nostre istanze. In queste ultime settimane ho più volte scritto al ministro Bellanova, la quale, pur tralasciando le differenze di visione politica che non ci accomunano, non ha preso in considerazione le pubbliche istanze della categoria degli agricoltori che istituzionalmente dovrebbe rappresentare”. Inizia così la lettera che Michele Latella, responsabile nazionale per le politiche agricole di Realtà Popolare, ha indirizzato direttamente al presidente del consiglio Giuseppe Conte.
Latella ha scritto: “In questi mesi si è parlato della carenza di farine, questo perché alle navi cargo non conveniva intraprendere un viaggio e restare in quarantena per consegnare il grano al solito prezzo. A quel punto la task force dell’agricoltura avrebbe pensato a statalizzare il prodotto italiano, cosa mai né smentita e né confermata dal ministro Bellanova. Comunque, dopo un lieve rialzo del prezzo del cereale italiano rivelatosi inutile se non per delle scorte che senza conferma genetica sono passate per prodotto locale, l’arrivo di sette navi al porto di Bari sta provocando nuovamente un ribasso del prezzo ai minimi termini, creando panico e tensioni tra gli agricoltori del mezzogiorno”. E ancora: “L’economia del Mezzogiorno, reggendosi principalmente sulla coltivazione del grano, ha spinto gli agricoltori al panico come successe prima della sentenza del 5 marzo 2009 che condanno 26 pastifici per l’uso di farine contaminate. Ora gli agricoltori chiedono ai ministri che dovrebbero tutelare la salubrità dei prodotti alimentari locali e esteri di potere essere messi in condizione di fornire un’alternativa cerealicola locale. Se gli agricoltori non verranno messi in condizione di poter produrre un prodotto locale con costi di produzione e burocratici inferiori ne soffrirà anche il settore della ristorazione che specialmente adesso non vive un florido periodo. Contemporaneamente nessuna piccola e media azienda potrà trovarsi nelle condizioni di regolarizzare la manodopera tantomeno stagionale”.
Infine la richiesta: “Realtà Popolare le chiede di intervenire nel prossimo decreto, congiuntamente al Ministro degli Esteri per regolarizzare gli arrivi e i contratti che vengono fatti, al Ministro della Salute perché vengano fatti i controlli qualità e infine al Ministro delle Politiche Agricole per tutelare sia i cerealicoltori che i consumatori”.

sabato 16 maggio 2020

Kasserine, febbraio 1943: quando le suonammo agli americani

Kasserine, febbraio 1943: quando le suonammo agli americani di santa ragione


Grazie alla rimozione voluta della memoria e al bombardamento pluridecennale di film e romanzi nei quali abbiamo toccato i due estremi dell’auto-denigrazione e della cieca esaltazione dell’ex nemico, divenuto, chi sa come, il nostro grande amico e alleato, la maggior parte degli italiani ancora oggi ignora che non sempre gli americani ci hanno soverchiati con la loro poderosa macchina militare, e che il nostro esercito non sempre è stato costretto ad alzare miseramente bandiera bianca di fronte ad essi. Anche persone di una certa cultura, probabilmente, non hanno mai sentito parlare della battaglia del Passo di Kasserine, in Tunisia, del febbraio 1943, nella quale le forze italo-tedesche hanno inflitto una pesantissima sconfitta all’esercito americano da poco sbarcato sulle coste del Marocco e dell’Algeria, e mirante a ricongiungersi all’Ottava Armata britannica, già vittoriosa (grazie alla sua schiacciante superiorità in uomini e mezzi) ad El Alamein; una sconfitta che, dopo pochi giorni di duri combattimenti, assunse le proporzioni, materiali e anche morali, di una vera e propria disfatta. Questo, i libri di testo e i nostri professori di liceo si sono dimenticati di raccontarcelo: che a soli pochi mesi dallo sbarco in Sicilia, antefatto del crollo dell’Italia e del disonorevole armistizio dell’8 settembre, i nostri soldati, insieme ai loro camerati tedeschi e sotto l’eccellente direzione tattica e strategica di due generali germanici, Rommel e von Arnim, seppero battersi come leoni e fecero mordere la polvere ai soldati americani giunti fin laggiù gonfi di boria e convinti che, grazie al loro numero, all’efficienza logistica e alla disponibilità pressoché inesauribile di armi e materiali, non avrebbero dovuto quasi combattere, ma si sarebbero impadroniti di tutto il Nord Africa senza colpo ferire. Questo episodio, e anche il ruolo notevole svolto dalle truppe italiane, specialmente dalla divisione corazzata Centauro e da due reggimenti di bersaglieri, è stato rievocato da una delle storie militari della Seconda guerra mondiale più obiettive, o, se si preferisce, delle meno tendenziose, diffuse fra il grande pubblico: La seconda guerra mondiale del giornalista e storico Raymond Cartier (titolo originale: La seconde guerre mondiale, Paris, Librairie Larousse e Paris Match, 1965; traduzione dal francese di Edmondo Aroldi, Milano, Mondadori, 1968, 2012, vol. 2, pp.130-132):
L’offensiva tedesca inizia il 1° febbraio. Riunite sotto il comando di un luogotenente di von Arnim, il generale Heinz Ziegler, la 10a e la 21a divisione corazzate cacciano gli americani dal colle di Faid, chiudendo il balcone che si erano aperti sulla piana di Gabès. Il 14 riprende l’offensiva. Con 200 carri, Ziegler prepara una manovra a tenaglia attorno alla località di Sidi-abu-Zid, un quadrato di case bianche ai piedi della dorsale orientale. L’avversario è la 1a divisione corazzata americana con forze equivalenti ma esperienza bellica di gran lunga inferiore. Un debole contrattacco fallisce. Accerchiati, molti battaglioni si arrendono. 112 carri americani vengono distrutti o catturati. Ike [Dwight D. Eisenhower] vacilla sotto il colpo. Di ritorno da un giro d’ispezione al fronte, inalberando per la prima volta la sua quarta stella, stava visitando le rovine di Timgad nel momento in cui la sua migliore divisione crollava! Anche in America si dice che egli eccelle solo nella politica e che dovrebbe cedere le operazioni militari al suo assistente inglese, generale Alexander.  Rommel ha partecipato all’offensiva. Lasciando le sue truppe non motorizzate sulla linea del Mareth, egli ha formati con l’Afrika Korps un raggruppamento del valore di una divisione corazzata con la quale ha marciato su Gafsa. Non ha dovuto combattere perché la città era stata evacuata dagli americani che si ritiravano precipitosamente su Tebessa. È una nuova rapida avanzata, tra gruppi di arabi che acclamano i tedeschi e spogliano i cadaveri. I carri armati arrivano all’aeroporto di Thelepte tra le fiamme di 30 aeroplani che gli americani hanno incendiato all’ultimo minuto. Il 17 febbraio Rommel è ai piedi della dorsale occidentale, davanti al passo di Kasserine, in collegamento con Arnim che ha appena preso Sbeitla, al centro del pianoro. Tutto il sud del fronte alleato è crollato. Ma la discordia regna nel comando tedesco. Rommel, che ha fatto 120 chilometri in tre giorni, non può comprendere perché von Arnim ne ha fatti appena 30 e cosa egli aspetti per sfruttare la sua vittoria di Sidi-abu-Zid. Ignora che Arnim intende spostare il suo sforzo a nord con un’offensiva frontale nella valle della Megerda, mentre lui, Rommel, fedele alla tattica del deserto, concepisce la continuazione delle operazioni sotto forma di un vasto movimento aggirante verso Tebessa e ulteriormente verso Bona, nell’intento di piombare sulle comunicazioni del nemico e costringerlo ad evacuare precipitosamente la Tunisia. Gli arbitri, Kesselring e il comando supremo, sono a Roma. Rommel invia loro il suo capo di stato maggiore, Bayerlein, e attende febbricitante le loro decisioni. Arrivano all’una del mattino del 19 febbraio, recandogli insieme una soddisfazione e una delusione. Vengono poste ai suoi ordini alcune divisioni corazzate, ma il comando supremo trova troppo ardita l’idea del movimento aggirante verso Tebessa. Il maresciallo Rommel dovrà tenersi più ad est, marciando solo su Le Kef, al fine di non divergere troppo dalla 5a armata corazzata. Rommel deplora la riduzione della sua manovra, ma non può protrarre la discussione. Il tempo stringe. Il nemico si rafforza. Bisogna colpirlo.
L’offensiva tedesca comincia l’indomani. Rommel ha deciso di attaccare simultaneamente i colli di Sbiba e di Kasserine, libero di trasferire il suo sforzo principale nella zona più propizia. Da Sbeitla la 21a divisone corazzata marcia verso Sbiba. Attraverso Kasserine il Deutsche Afrika Korps si impegna nei solchi dell’uadi Hatab che conducono al colle. La 10a divisione corazzata e la divisione italiana “Centauro” sono di riserva, pronte a portarsi a destra o a sinistra. La terra inzuppata di pioggia si appiccica ai cingoli dei carri; una fitta nebbia ritarda l’alba e sopprime l’aurora. Ancora una volta i combattenti sono circondati dall’Africa gelida. Sui colli, gli Alleati sono ancora in piena improvvisazione. A Sbiba, un distaccamento del 19° corpo viene affrettatamente rinforzato con elementi della 6a divisione corazzata britannica. A Kasserine, il colonnello americano Stark assume, alle 6 del mattino, il comando del settore. Non ha con sé che un battaglione del 26° fanteria, un battaglione di carri e una batteria di vecchi 75 francesi. Occorrono rinforzi, ma il comando esita a sguarnire gli altri settori, avendo l’impressione che l’attacco principale si produrrà più a nord, verso Fonduk o Pont-du-Fahs. Fortunatamente per gli Alleati, i tedeschi partono da troppo lontano. La 21a divisione corazzata avanza verso Sbiba con una lentezza che irrita Rommel. Al colle di Kasserine egli aveva contato sull’azione di sorpresa del 3° battaglione da ricognizione, ma 200 motociclisti sono veramente un distaccamento troppo debole per stanare un nemico munito di artiglieria. La battaglia inizia solo alla fine del pomeriggio. Quando cade la notte, l’Afrika Korps ha preso una bicocca, il bordj Chami, a 1000 metri dal colle. Ma la linea delle creste resta agli Alleati. L’indomani cade il colle di Kasserine. I bersaglieri della divisione “Centauro” hanno brillantemente compiuto l’assalto finale. 2450 prigionieri validi contro 192 caduti: gli americani dimostrano che il loro ardore  combattivo lascia a desiderare. Kesselring raggiunge Rommel sul colle e i due marescialli passeggiano in mezzo a una quantità impressionante di materiale abbandonato. “Abbiamo molto da imparare da loro” dice Rommel facendo notare la perfezione del sistema di standardizzazione americano. “Sì” risponde Kesselring “ma anche loro hanno qualcosa da imparare da noi!”
Pur facendo una certa confusione fra la 131a Divisione corazzata Centauro, che all’epoca disponeva di soli 23 carri, e i bersaglieri del 5° e del 7° Reggimento, impegnati in duri scontri ravvicinati con gli americani (il colonnello Luigi Bonfanti, comandante del 7°, cadde eroicamente in combattimento), lo storico francese riconosce il valore e l’efficacia della partecipazione italiana alla battaglia del passo di Kasserine, che si risolse nella più grande sconfitta tattica dell’esercito statunitense di tutta la Seconda guerra mondiale, con una precipitosa ritirata di 140 km. in una sola settimana. Forse se ne ricordarono bene gli americani, qualche mese dopo, durante lo sbarco in Sicilia, allorché si vendicarono facendo fucilare sul posto, contro ogni legge di guerra, prigionieri italiani e tedeschi catturati nel corso della battaglia per la conquista dell’isola, nel tristemente  famoso massacro di Biscari del 10-14 luglio 1943, nel quale vennero passati per le armi 12 civili italiani, 76 militari italiani e alcuni soldati tedeschi, dopo che si erano arresi. Si trattò di due episodi distinti, una prima strage ordinata dal capitano Compton, e una seconda perpetrata dal sergente West, denunciati da un cappellano militare e che provocarono un’inchiesta, al termine della quale West fu condannato da una corte marziale, ma poi subito rimesso in servizio, mentre Compton venne assolto. Entrambi si giustificarono adducendo di aver preso alla lettera una frase pronunciata dal generale Patton alla vigilia dello sbarco: Se si arrendono solo quando gli sei addosso, ammazzali! E questi sono i signori che vollero il tribunale di Norimberga…
Prigionieri americani in Tunisia
Prigionieri americani in Tunisia
Le truppe italiane, che si batterono con valore fino a quando il fronte interno resse e il Comando supremo, che pur non aveva mai brillato per genialità o per fermezza, continuò ad esistere a a impartire direttive, non si macchiarono di simili atrocità, pur battendosi in condizioni materiali e psicologiche assai meno favorevoli di quelle che assistettero gli americani e gli inglesi nel 1943, prima in Tunisia e poi in Sicilia. Eppure quanti giovani italiani, e anche meno giovani, sanno che le nostre forze armate, ancora nel febbraio del 1943, a sei mesi dal crollo, erano ancora capaci di battersi con ardore e sprezzo del pericolo, e che fecero vedere i sorci verdi all’esercito più potente che il mondo avesse mai visto? Praticamente nessuno. Eppure sarebbe stato dovere degli storici, dei giornalisti, dei registi e degli scrittori tramandare quelle gesta, non per ottuso spirito nazionalistico, ma per rispetto della verità e per onorare quanti caddero sul campo dell’onore, sacrificando la vita per ritardare la sconfitta e l’invasione della patria con l’orrore dei bombardamenti aerei sulle città indifese. In un Paese normale, il cui popolo possieda sufficiente coscienza di sé e abbastanza fierezza da non vergognarsi della propria storia e delle proprie tradizioni, comprese quelle militari, l’eroico sacrificio dei carristi e dei bersaglieri del passo di Kasserine sarebbe stato tramandato alla memoria delle nuove generazioni: sarebbero stati scritti dei saggi storici e anche, perché no, dei romanzi, e girati dei film, e tenute delle conferenze. Invece qualcuno, a partire dal 1945, decise che l’Italia doveva tirare un rigo su tutte queste magnifiche pagine di valore, e che doveva essere tramandata solo la memoria di quanti combatterono per la “libertà”: vale a dire che bisognava creare il mito della Resistenza, di una lotta nobile e pura per altissimi ideali, occultando l’atroce realtà di una belluina guerra civile, nella quale italiani massacrarono altri italiani, comprese donne e ragazzi, e incrudelirono soprattutto dopo la resa dei vinti, calpestando ogni legge umana e divina per perpetrare le più efferate vendette. Il modello era sempre, guarda caso, quello dei tanto strombazzati “liberatori”, quello di Patton, che aveva incitato i suoi soldati a non mostrare pietà e a massacrare anche quelli che si erano già arresi. Così, gli eroi di Kasserine, come il colonnello Bonfanti, e quelli di altre cento e cento battaglie, dalla Grecia alla Russia, dall’Egitto all’Etiopia, e quelli caduti nei cieli e nei mari di tutto il mondo, vennero rimossi, o ricordati solo malvolentieri e a denti stretti; mentre si fabbricarono degli eroi di cartapesta, i partigiani comunisti, molti dei quali furono dei veri e propri criminali, che avrebbero meritato non gli onori dei libri di scuola e, addirittura, le medaglie al valore, ma un tribunale che li giudicasse per le atrocità delle quali si erano macchiati. Così il popolo italiano, dopo il 1945, è stato cresciuto con una educazione alla rovescia e con una consapevolezza totalmente distorta dei suoi padri e del suo passato recente: si è dato a intendere che i valorosi combattenti di Culqualber, di Nikolaiewka, di El Alamein, avevano sacrificato la vita, nel migliore dei casi, per un ideale sbagliato, mentre non esiste ideale più alto, per un soldato, che l’amor di patria, indipendentemente dal governo che esiste in quel momento storico e dalle finalità strategiche e politiche per cui la guerra viene combattuta. Non aver capito ciò o averlo capito tanto bene da volerlo cancellare dalle coscienze è il crimine di cui si è macchiata, fin dal suo sorgere, la Repubblica italiana nata dalle rovine di una sconfitta che fu umiliante solo per il modo in cui avvenne, con la doppiezza, l’inganno e il tradimento, e col misero opportunismo di voler saltare, all’ultimo minuto, sul carro del vincitore. Tale fu il prezzo che l’Italia ha pagato per essere accolta nel consesso delle nazioni, col trattato di Parigi del 1947: e ne fa fede il vergognoso articolo 16, che impone il condono preventivo ai traditori, evidentemente persone grate ai vincitori.

Tratto, col gentile consenso dell’Autore, dal sito Arianna Editrice.


lunedì 11 maggio 2020

Resistenza EVROPA

Resistenza EVROPA

Non siamo né complottisti, né catastrofisti ma semplicemente realisti e perciò valutiamo le cose per quelle che sono secondo la nostra sensibilità politica dettata dall’ispirazione dottrinaria che ci fa essere consapevoli di perseguire una continuità ideale con quei principi che cercarono (ed in parte riuscirono) di preservare lo spirito mediterraneo ed europeo proprio della Civiltà di Roma. Premesso questo dobbiamo valutare l’attuale situazione in un contesto di guerra liquida globale promosso da centrali del terrore che una volta si sarebbero definite demoplutocrazie giudaicomassoniche ed oggi, forse meno enfaticamente, riguardano l’elite oligarco-finanziaria globalista che ha il suo perno – piu’ che mai – nell’asse atlantista governata dall’imperialismo nord americano con il supporto anglofono e sionista.
Senza entrare nel merito di approfondite analisi che non ci competono e su cui lasciamo scrivere persone alquanto piu’ competenti in termini strettamente tecnici non possiamo non rilevare che:
  • é in atto una contaminazione da virus che sta devastando – oltre alla popolazione anzitutto – l’economia mondiale certamente ma che colpisce in modo significativo senza dubbio il continente europeo ed in particolare l’Italia che é tra gli anelli piu’ deboli della cosiddetta “unione di eurolandia” e che andrà a fiaccare le nazioni francese e tedesca che stavano mostrando (tiepidi) segnali di contrasto al dominio d’occupazione statunitense
  • misure di contenimento del contagio (amplificato dal mainstream della comunicazione embedded o – per dirla all’italiana – dalla propaganda di comunicazione di massa gestita da una piattaforma giornalistica omologata ed univoca) tali da essere percepite dalla popolazione come necessarie ma che di fatto limitano le libertà individuali e d’impresa
  • é prossimo l’avvio di una esercitazione militare d’altri tempi che prevedeva in un primo momento la presenza di oltre 20.000 soldati nord americani (forse ora leggermente ridotti ma non ci sono comunicazioni ufficiali a proposito dal comando USA !) e gli “alleati” soprattutto del centro europa (fortunatamente gli assetti italiani non ne faranno piu’ parte…….secondo le indicazioni del nostro ministro della difesa); c’é da chiedersi quanto meno l’opportunità di far circolare e far arrivare tanti uomini nel momento in cui si chiede il sacrificio ai comuni cittadini di non uscire di casa……
  • l’incapacità di reazione della casta politica (maggioranza ed opposizione) rispetto ad arroganti ed unilaterali chiusure di collegamento statunitense da e per l’Europa (a parte però i suddetti soldati a stelle e strisce !) che dovrebbero convincere unilateralmente gli stati europei a indicare a Washington che la misura é colma e richiedere perciò la chiusura immediata di tutte le basi americane sul territorio europeo e la partenza immediata di tutte le truppe di occupazione di stanza in tali basi
Forse abbiamo dimenticato altri punti ma rimane la percezione sgradevolissima di essere di fronte ad uno scenario  di assoggettamento di massa ad una condizione ritenuta quasi ineluttabile e che – viceversa – avrebbe bisogno di trovare dei punti di riferimento rivoluzionari che però al momento non si intravedono perché nel corso degli ultimi decenni sono state lentamente smantellate convinzioni ideali (ricordate la “fine delle ideologie” dichiarate solennemente al triste congresso di Fiuggi……e ancor prima alla bolognina………) che avrebbero potuto tenere in vita organizzazioni capillari di resistenza e militanza attiva che ora non esistono piu’ e che nessuno piu’ é riuscito a riproporre.
Detto ciò siccome Noi rimaniamo e vogliamo rimanere UOMINI LIBERI, SOCIALI, NAZIONALI ED EUROPEI, invitiamo coloro che ancora si ritengono tali a costruire il piu velocemente possibile una nuova struttura patriottica di resistenza europea pronta ad ogni evenienza.
M.C.
                                                                                                                                             

martedì 5 maggio 2020

CASA HA FATTO IL FASCISMO?




Cosa ha fatto  il Fascismo?




Ecco qua alcune delle cose che Mussolini ha fatto... a chi gliene venissero in mente altre...

ACQUA: per tutta la vita cercò acqua potabile e creò molti acquedotti
ANALFABETISMO: eravamo i primi in Europa e diventammo gli ultimi nell’analfabetismo
AGRICOLTURA: bonificò milioni di ettari di terreno, rendendoli da incolti, fertilissimi
ANIMALI: puniva chi li maltrattava
ARCHEOLOGIA: la sviluppò in tutti i suoi rami
ARCHIVI: nel 1923 istituì gli Archivi StataliASFALTO: fu il primo ad averlo utilizzato
ASSEMBLEA: amava le assemblee con gli stranieri, fondò la FAO
ASSISTENZA: creò l’opera per la Maternità e per l’Infanzia per l’assistenza di tutti: piccoli e grandi
ATEISMO: fu il primo che fece sentire il nome di Dio e della Chiesa in Parlamento
ATLETICA: ci volle tutti atleti, fece iniziare la ginnastica dall’asilo fino alla maturità
AUTARCHIA: siamo stati i primi nel mondo a vivere alcuni mesi in perfetta autarchia
BIBLIOTECA: volle in tutti i paesi d’Italia la biblioteca a disposizione di tutti
BRIGANTAGGIO: la mafia e la camorra in Italia furono completamente eliminate
CALCIO: fece del gioco del Calcio il gioco nazionale, l’Italia vinse due titoli mondiali
CARBONE: fece scavare carbone in tutte le regioni d’Italia
CASA: forse la preoccupazione piu’ grande per il Duce fu la casa per tutti, costruì le case popolari per i poveri
CHIESE: ne costruì a migliaia
CINEMA: lo amava, fece costruire Cinecittà
CIRCEO: un borgo antico abbandonato che il Duce fece rinascere come Parco Nazionale
CITTADINE E COMUNI COSTRUITI DA MUSSOLINI IN 10 ANNI: Latina, Aprilia, Sabaudia, Pomezia, Guidonia, Ardea, Ostia Lido, Fregane, Palo, Ladispoli
CITTA’ GIARDINO: ogni città italiana possiede un giardino detto Mussoliniano
CONSORZI: fondò i consorzi agrari al servizio degli agricoltori
DESERTO: fece del deserto libico una zona ad altissima produzione agricola
DIGHE: ne fece costruire molte per raccogliere le acque
DITTATURA: quella del Duce non fu una dittatura, ma una Democrazia popolare
DOPOSCUOLA: fondò i doposcuola per completare la preparazione degli alunni
ENCICLOPEDIA: il Duce è l’autore della piu’ grande e piu’ completa enciclopedia del mondo (Opera Omnia)
ESPORTAZIONE: i nostri prodotti agro-industriali venivano esportati all’estero
ETIOPIA: l’impero coloniale sospirato dal Duce per il popolo
FERROVIE: moltiplicate
FINANZE: corpo istituito dal Duce, prima non era militarizzato
FORESTALE: altro Corpo istituito dal Duce
GIORNALE: creò 7 giornali
GUARDIE: fondò la milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale
ILLUMINAZIONE: al Duce piaceva la luce, illuminazioni in città e paesi
LIRA: aumentò il valore della lira
MILLE MIGLIA: creazione del Duce
MONZA: circuito ideato da Mussolini
PANE: per avere il pane per tutti vinse la battaglia del grano
PINO, PIOPPO, ABETE: piante predilette dal Duce che distribuiva in tuta Italia
PREVIDENZA SOCIALE: in ogni città sorse il Palazzo della Previdenza Sociale
RADIO: Mussolini amava la radio e il suo inventore aiutato da lui
REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA (R.S.I.): fu un bene operato dal duce per la salvezza della Patria
RICERCHE: fondò l’istituto delle Ricerche
ROMA: la passione del Duce, ne fece una metropoli (vedi le sue strade, le università, le accademie, i palazzi, i ministeri)
STRADE: le centuplicò
TREBBIATRICI: le comprò per i contadini
TUBERCOLOSI: era come la sifilide, inguaribile. Costituì il Forlanini per la sua cura
UNIVERSITA’: ha costruito innumerevoli università, anche la Città Universitaria a Roma
UTOPIA: il fascismo non fu utopia perché ha realizzato ogni cosa propostasi, fu utopia il comunismo che pensava di conquistare il mondo, ma ha fallito
VACCINAZIONE: ordinò la vaccinazione di tutti i bambini, anche i piu’ piccoli
VELA: divenne sport al tempo del Duce
VIGILI DEL FUOCO: istituiti dal Duce
VULCANO: propose fin da allora uno studio particolare per le eruzioni dei vulcani
ZOLFO: lo cercò in tutte le regioni.