Un futuro sostenibile
di Francesca Romana Giordano
L'economia attuale basata sulla crescita economica illimitata è insostenibile. Le risorse del pianeta non sono infinite e l'umanità è ormai giunta al limite del loro sfruttamento.Non c'è ormai più dubbio che le attività del genere umano stanno cambiando il clima della Terra. Negli ultimi 100 anni la temperatura e' salita tra i 0 .4 ed i 0.8 gradi Centigradi, anche di piu' nell'entroterra. Lo spessore dei ghiacciai dell'Artico e' diminuita del 40 per cento ed il livello del mare sta salendo. I danni all'ecosistema sono incommensurabili ed il prezzo delle conseguenze che l'umanita' si trovera' a dover pagare nel prossimo futuro non sara' paragonabile agli immediati benefici della politica odierna che, oltretutto, avvantaggia solo una minoranza della popolazione mondiale.
L'aumento della produzione economica del ventesimo secolo ha spinto la pressione umana sull'ecosistema oltre quanto il pianeta e' in grado di sostenere.
La continua richiesta di crescita economica, come principio organizzativo della politica pubblica, sta accelerando la disintegrazione delle capacita' rigenerative dell'ecosistema e della struttura sociale che sostiene la comunita' umana; allo stesso tempo, ha intensificato la competizione tra ricchi e poveri per il controllo delle risorse.
Lo sviluppo, come e' vigorosamente promosso dalla Banca Mondiale, dal Fondo Monetario Internazionale e dalle maggiori istituzioni economiche, non funziona per la maggioranza dell'umanita'. Le radici del problema non sono da ricercarsi nella popolazione povera dei paesi del Terzo Mondo, bensi' nei paesi che stabiliscono gli standards mondiali che hanno istituzionalizzato l'eccessivo spreco.
E' ormai evidente che la nostra societa' e' basata su un modello economico insostenibile.
L'Economia attuale non e' neppure confrontabile alle teorie che l'hanno generata. I teoristi originali
del mercato libero, Adam Smith e David Ricardo, presupponevano che il capitale sarebbe rimasto nel paese d'origine e che i capitalisti avrebbero sempre scelto di investire nel proprio paese. Oggi ci sono pochi ostacoli al flusso di capitale. L'aumento di dimensioni e l'espansione mondiale delle multinazionali e' stato accompagnato da un massiccio aumento di capitale che circola attorno al globo. Con il libero flusso di capitali e merci, l'investimento e' ora dettato da incondizionato profitto e non dal vantaggio comparativo tra nazioni. Ne' Ricardo, tanto meno Smith, pensarono che il capitale potesse diventare mobile a tal punto.
La globalizzazione sta riducendo il potere dei governi di tutto il mondo nel provvedere il necessario per la popolazione. I gruppi multinazionali ed il capitale sono diventati il nuovo governo mondiale. Il loro crescente controllo sull'economia mondiale e' sostenuto dall'ortodossia del mercato libero.
Il processo di globalizzazione economica sta trasferendo il potere dai governi, (responsabili per il benessere pubblico), verso un ristretto gruppo di multinazionali ed istituzioni finanziarie, che sono guidate da un solo imperativo: ottenere il ritorno finanziario a breve termine.
L'unica soluzione per garantire un futuro sostenibile per il genere umano, e' di invertire la tendenza della globalizzazione e di dirigere le economie verso le produzioni locali.
Questo processo, definito "localizzazione", fa parte della scuola di pensiero della Nuova Economia che propone l'instaurazione di un "nuovo protezionismo".
Il "nuovo protezionismo" mira a proteggere l'ambiente attraverso la riduzione del commercio internazionale, dirigendo e diversificando intere economie verso una produzione locale e nazionale, e solo in un secondo momento guardando ai paesi limitrofi, e, solo come ultima risorsa, rivolgendosi verso il commercio globale. L'obiettivo e' di proteggere l'ambiente e ripararne i danni subiti, ridurre le ineguaglianze economiche, soddisfare i fondamentali bisogni sociali ed umani della popolazione mondiale.
I punti principali del manifesto del nuovo protezionismo sono i seguenti:
* rendere la protezione dell'ambiente una priorita';
* far si' che il miglioramento dei processi di produzione e la minimizzazione dei conseguenti effetti nocivi all'ambiente diventino tanto importanti quanto il miglioramento dei prodotti stessi;
* comprendere i legami tra produzione e consumo;
* ottimizzare le diversita' locali e regionali, dalla cultura alla flora e fauna;
* ridurre le disuguaglianze tra economie diverse ed all'interno delle economie stesse;
* migliorare le economie locali ed il controllo dei poteri decisionali economici, specialmente delle Multinazionali e degli organi mondiali;
* mettere in grado la gente di soddisfare i propri bisogni fondamentali quali cibo, aria ed acqua pulite, abitazione, salute e lavoro;
Affinche' la localizazione possa essere messa in atto, sono necessarie nuove regole per il commercio. Le attuali regole sono dirette dalla WTO (World Trade Organisation), stabilita l'1 Gennaio 1995 come risultato delle trattative durate 8 anni del "Uruguay round" del GATT (General Agreement on Tariffs and Trade). Lo scopo della WTO e' quello di codificare le barriere commerciali, prevenire gli aumenti delle tariffe e promuovere le trattative multilaterali per poterle ridurre.
Una serie di regole del commercio mondiale relative all' incoraggiamento dell'economia "locale", ha obiettivi e principi opposti.
Le regole sviluppate dal GATT e controllate dalla WTO sarebbero sostituite dal GAST (General Agreement on Sustainable Trade ed amministrate dalla WLO (World Localisation Organisation).
Lo scopo finale del GAST non sara' quello di garantire il libero flusso di merci e servizi, bensi' quello di rafforzare il controllo democratico del commercio, stimolare le industrie ed i servizi che favoriscono le comunita' economiche locali diversificandole.
Il commercio verra' incoraggiato ma ogni nazione sara' tenuta a favorire la propria industria ed i propri servizi con la "proibizione" di dare lo stesso trattamento ad industrie e servizi esteri.
A condizione che non sia a spese dell'industria domestica, gli stati saranno incoraggiati a favorire le trattative con altri Stati che rispettino i diritti umani, i lavoratori e il rispetto per l'ambiente.
Fortunatamente uno spiraglio di speranza esiste grazie al lavoro ed alle opere di autori come Richard Douthwaite, David C. Korten, Tim Lang, Colin Hines, John Jopling, per citare solo alcuni nomi, ed organizzazioni come la New Economics Foundation di Londra.
Il ruolo dell'Unione Europea dovrebbe essere quello di difendere le identita' dei paesi che ne fanno parte e non, come accade, di cercare di uniformare le culture allo scopo di
amalgamarle ad un singolo modello, facilmente vendibile sul mercato internazionale.
Riferimenti:
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