martedì 21 dicembre 2021

Passività democratica e cultura della tolleranza.

 

Passività democratica e cultura della tolleranza. Come il sistema crea uomini-zombie. Cause e rimedi

Passivo: ecco la parola perfetta per descrivere il vólgo, la gioventù, l’Homo oeconomicus del XXI secolo. La passività è divenuta patologia, che intride ogni coscienza, ad ogni livello, partendo addirittura dai bambini. Il passivo, sia esso proletario o borghese, ricco o povero, è disposto ad accettare tutto in nome della democrazia: ogni nuova idea, ogni diktat imposto dall’alto, ogni trasgressione, ogni obbligo, ogni negatività in generale. Passività fa perciò rima con tolleranza. E tolleranza, come ben sappiamo, significa accettare il male; ma fino a che punto può essere accettato? C’è un limite alla passività? Fino a che punto possiamo essere passivi? E, soprattutto, come siamo arrivati a tanto?

A dare una risposta a quest’ultimo quesito è stato Dominique Venner, filosofo e storico francese, che, nel volumetto Per una critica positiva. Scritti di lotta per i militanti, ha fornito una spiegazione alquanto feconda e interessante:

«Oggigiorno, i “regimi liberali” d’Occidente sono caratterizzati da una numerosa casta di privilegiati, che agiscono per conto di gruppi finanziari e che detengono l’insieme delle leve politiche, amministrative, economiche e sono uniti da una stretta complicità. Costoro si basano su un gigantesco apparato amministrativo che inquadra rigidamente la popolazione, in modo particolare attraverso le norme sociali. Detengono il monopolio del potere politico e di quello economico. Controllano la quasi totalità dei mezzi d’informazione e sono padroni delle menti. Si fanno difendere da innumerevoli forze di polizia. Hanno mutato i cittadini in docili pecorelle. Le uniche ad essere tollerate sono le opposizioni di comodo».

Avete capito? «Questo è l’attuale stato delle cose in tutte le nazioni a governo democratico», ha proseguito il filosofo. «Lo spirito critico e il pensiero personale vengono distrutti. Basta che si pronuncino le parole chiave perché s’inneschi il riflesso condizionato previsto e si sopprima qualsiasi ragionamento. […] Chiunque rifiuti di accettare il condizionamento spirituale e la castrazione fisica viene marchiato coll’epiteto di “fascista». Questa si chiama forse libertà? Dov’è finita la cosiddetta “courtoisie démocratique” tanto cara alla teppaglia parlamentare? Non fu lo stesso Benjamin Franklin, massone liberale, nonché noto promotore di principi democratici, ad asserire che «la democrazia è due lupi e un agnello che votano su cosa mangiare a pranzo», mentre la libertà, la vera libertà, «è un agnello bene armato che contesta il voto»? Non fu Pirandello, nel noto Il fu Mattia Pascal, a definire la democrazia «la causa vera di tutti i nostri mali»?

Parliamoci chiaro: la passività – ha spiegato Venner – è la base del sistema democratico, il quale, «tramite una propaganda permanente e a senso unico, cui ognuno è sottoposto fin dall’infanzia», crea cittadini passivi e indolenti, privi di qualsiasi spirito di contestazione e attitudine combattiva, capaci solamente di lavorare, consumare e obbedire. Pertanto, non è un caso che il giovane rivoluzionario Bruno Filippi, le cui parole non sempre sono state chiare e condivisibili, abbia definito il vólgo «rettili striscianti in cerca di uno sporco tozzo di pane» o addirittura «carogne imputridite nella rassegnazione». E, rivolgendosi ad esso, ribadì sincero: «[Siete] cani che leccate la mano di chi vi batte!».

Come dargli torto?! Al di là del colore politico – ampiamente deprecabile – del giovane Filippi, le suddette parole – espresse oltre un secolo fa – corrispondono senza dubbio al vero e divengono oggi – alla luce delle nuove misure anti-pandemiche imposte dal governo Draghi – più che mai attuali e di grande valore ideologico. «Il popolo è sempre lì, idiota, vigliacco, rassegnato», rammenta ancora Filippi. «Forza! Alzate in coro il vostro lamento vigliacco! […] Non udite la vita che rombando incalza ed insegna?».


Coscienza rivoluzionaria

Ma torniamo ai quesiti principali. La passività – ci si era domandati – ha un limite? Fino a che punto è possibile tollerare il male e rimanere in silenzio? Ma, soprattutto, che cos’è il male?

Secondo Venner, il male non è nient’altro che «il Materialismo, nelle sue forme liberali e marxiste», ossia il capitalismo, il comunismo, la globalizzazione e tutto ciò che rientra nella sfera della democrazia, definita dallo stesso Venner «il nuovo oppio dei popoli». Il suo scopo, ha spiegato l’intellettuale, «è quello di soddisfare la propria insaziabile volontà di potere attraverso la dominazione economica mondiale. Gli uomini e le civiltà vengono sacrificati ai suoi disegni meramente materialistici che si ricongiungono a quelli dei marxisti. Per i tecnocrati, come per i comunisti, l’uomo è un animale economico con due funzioni: produrre e consumare. […] Liberalismo e marxismo hanno preso strade diverse, […] ma che portano agli stessi esiti: l’asservimento dei popoli, precedentemente ingannati dai miti democratici».

In questo scenario prossimo al disfacimento, in cui il Male si sostituisce al Bene e il Bene ha esaurito il suo fascino primordiale e positivo, una cosa è certa: che non è possibile dimostrare alcuna arrendevolezza, tolleranza o indulgenza, ma soltanto avversione e radicale ostilità. All’inerzia dell’uomo medio sarà necessario contrapporre l’azione: azione diretta, incisiva, detonante, che faccia rivoltar le zolle e scintillare la volta celeste. La passività, mediante un autentico, seppur graduale, slancio rivoluzionario, dovrà quindi lasciar posto alla volontà, alla voglia di fare, di combattere, di donarsi. Non fu forse Cristo ad asserire: «Chi non ha una spada, venda il mantello e ne compri una»?

Ciò – secondo Venner – sarà possibile solamente attraverso l’affermazione di una specifica e profonda «coscienza rivoluzionaria», in grado di rendere il vólgo, o perlomeno una parte di esso, «consapevole della lotta ingaggiata fra il Nazionalismo e il Materialismo» e guidarlo in una «nuova elaborazione dottrinale». Senza di essa, afferma il filosofo, «anche l’uomo più coraggioso e più audace non è altro che una marionetta nelle mani del regime», ossia un “passivo”, un uomo-zombie, un’altra vittima della democrazia occidentale e della corruzione degli spiriti.

Ma Venner, da buon rivoluzionario, si è spinto oltre, decretando la fine del sistema liberal-democratico e, con essa, il risveglio del vólgo: «Nulla sarà compiuto finché i germi del regime [democratico] non saranno sradicati fino all’ultima radice. Per questo bisogna distruggere la sua organizzazione politica, abbattere i suoi idoli e i suoi dogmi, eliminare i suoi padroni noti e quelli occulti, mostrare al popolo come è stato tradito, sfruttato e insozzato. Infine, ricostruire».

E, in tutto questo, non c’è posto per la passività, né per la tolleranza.


Di Javier André Ziosi

                                                                                                                                                                                  

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