È possibile fermare l’immigrazione clandestina? Tutto quello che non ti dice la sinistra
Si sente spesso affermare che non vi è alcun rimedio all’immigrazione clandestina, che essa è un fenomeno naturale e del tutto spontaneo e che nessun tipo di politica – sia essa di destra o di sinistra – sarebbe in grado di portare ad una soluzione duratura. Queste sono solo mezze verità.
In realtà, contrariamente a quanto si possa pensare oggi, vi sono diverse “manovre” che potrebbero contrastare, nonché limitare l’immigrazione clandestina. «La ricetta è semplice, ha dichiarato Francesca Totolo, esperta d’immigrazione e geopolitica, «ma fino ad ora è mancata solo la volontà politica».
Gli immigrati non sono profughi
Innanzitutto, è necessario comprendere che, come ha ricordato poco tempo fa l’ONU, la maggioranza dei migranti che approdano sistematicamente sulle nostre coste (circa il 90%) sono di tipo economico, i quali «partono per cercare fortuna e mandare soldi ai parenti».
«Se chiedete [ai migranti]», ha scritto molto coraggiosamente il blogger Alessio Mannino, autore dell’inchiesta Mare Monstrum, «vi diranno che sono partiti dall’Africa, dall’Asia, dall’Est Europa per migliorare le proprie condizioni di vita. Materiali, si capisce. Vogliono diventare come noi, con i comfort di un’esistenza garantita da paghe crescenti e diritti da abitanti del global village».
Dunque, non stiamo parlando di profughi, ossia di persone costrette ad abbandonare la propria terra a causa di guerre, persecuzioni o catastrofi naturali (come spesso vuol far credere la sinistra), ma di veri e propri immigrati economici, che, in quanto tali, hanno il dovere di sottostare alle leggi italiane concernenti le condizioni dello straniero, le quali impongono all’immigrato non europeo che vuole entrare in Italia di possedere un passaporto valido e un visto d’ingresso regolarmente rilasciato dalle autorità diplomatiche o consolari (vedi: D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 4, commi 1 e 2).
Scrive esplicitamente il sito del Ministero dell’Interno: «Il cittadino straniero [non europeo] può entrare in Italia se è in grado di documentare il motivo e le condizioni del soggiorno, oltre alla disponibilità di mezzi sia per mantenersi durante il soggiorno, sia per rientrare nel paese di provenienza […]. Non è ammesso in Italia chi non soddisfa questi requisiti, o è considerato una minaccia per la sicurezza nazionale o di uno dei paesi con cui l’Italia ha siglato accordi per la libera circolazione delle persone tra le frontiere interne».
La permanenza in Italia, tuttavia, è consentita solamente in seguito alla concessione di un permesso di soggiorno con indicati i motivi d’ingresso, i quali devono essere uguali a quelli del visto. Tale permesso, che viene rilasciato dalla questura, ha di norma la stessa durata prevista dal visto d’ingresso, la quale varia a seconda dei motivi per i quali lo straniero è entrato in Italia.
Limitare le richieste d’asilo
Una volta compresa la differenza fra profughi e immigrati economici, occorre instaurare controlli più severi e articolati nell’ambito delle richieste di asilo. Un’inchiesta de Il Giornale ha rivelato infatti che i richiedenti asilo, al fine di farsi accettare come “profughi” dalle commissioni che giudicano i migranti, «s’inventano storie di sofferenze e persecuzioni che non hanno mai subito», ingannando così le autorità italiane ed europee.
«La maggior parte delle storie sono inventate, costruite», ha dichiarato un’interprete che lavora a stretto contatto coi migranti e che preferisce non rivelare la propria identità. «Mi capita spesso di sentir raccontare la stessa identica storia da diversi immigrati».
Tale fenomeno – spesso ignorato dalla sinistra e dalle organizzazioni umanitarie – è stato confermato anche dalla ricercatrice ed esperta di questioni africane Anna Bono, che, in un importante intervento a La Bussola Quotidiana, ha rivelato che migliaia di migranti «hanno raggiunto l’Europa illegalmente e per non essere respinti hanno mentito, sostenendo di essere profughi in fuga da guerre e persecuzioni».
Investire sui rimpatri
Pertanto – cosa più importante – è necessario investire molto più tempo, denaro e risorse sui rimpatri, i quali, fino ad oggi, sono stati invece un vero e proprio flop.
Ogni anno, è stato documentato che «500mila migranti irregolari che si trovano nell’Unione Europea ricevono l’ordine di lasciare il suolo UE e di tornare nel proprio paese d’origine». Ma di essi, solamente il 19% «è effettivamente ritornato nel proprio paese al di fuori dell’Europa». In sostanza, meno di uno su cinque viene rimpatriato!
E l’Italia, assieme alla Grecia, è uno di quei paesi che sta riscontrando «maggiori difficoltà nel rimpatrio degli irregolari». La Corte dei Conti Europea (CCE), in un recente dossier, ha non a caso parlato di gravi «inefficienze nella cooperazione con i paesi non-UE per il rimpatrio dei migranti», come la «mancanza di accordi di riammissione», la «durata della procedura di asilo» e l’assenza di collegamenti «tra le procedure di asilo e il rimpatrio», che ostacola «il coordinamento e la condivisione delle informazioni». Ma, secondo il dossier, un’altra grande «debolezza» è costituita «dalla mancanza di sinergie all’interno dell’UE stessa».
Accordi coi paesi d’origine
Per far fronte a queste «inefficienze» e rendere funzionante e più dinamica la macchina dei rimpatri, occorre tuttavia stipulare nuovi accordi stabili e duraturi coi governi dei paesi d’origine dei migranti (come l’Africa), adottando – quando è possibile – il metodo dei «respingimenti assistiti dei barconi», molto in voga in Australia.
Inoltre – per tagliare la testa al toro – vi è la necessità di istituire vere e proprie campagne informative in tutti i paesi d’origine, al fine di dissuadere le persone dai propositi migratori e consapevolizzarle sul fatto che rimanere in patria è la cosa più giusta da fare, sia per loro che per noi. Parallelamente, occorre dare un importante e significativo contributo allo sviluppo delle economie locali, soprattutto a quelle africane, la cui sorte – ha spiegato lo storico francese Dominique Venner – è strettamente «legata a quella dell’Europa».
Creazione di hotspot
Ma non è tutto. Sempre rimanendo nell’ottica del contrasto extra-nazionale dell’immigrazione clandestina, occorre cominciare ad investire nella creazione dei cosiddetti hotspot, ossia strutture allestite per identificare, registrare, fotosegnalare e raccogliere le impronte digitali dei migranti nei paesi di transito (come la Libia).
Tali strutture, gestite da un personale altamente qualificato (come gli agenti della polizia di frontiera, insieme ad esperti locali e di Europol, Eurojust, Frontex), hanno inoltre il compito di trattenere i migranti in attesa del rimpatrio o di un eventuale trasferimento in un paese europeo, se giudicati “veri” profughi.
ONG
Questa strategia, adottata di recente dal governo australiano, è senza dubbio in antitesi alle attività pro-immigrazioniste e anti-identitarie delle ONG (Organizzazioni non governative), le quali – come è risaputo – «causano un aumento delle partenze dei barconi», determinando una netta crescita dell’immigrazione clandestina in Italia e in Europa.
Ecco perché le ONG – italiane e straniere – impegnate sul nostro territorio nazionale e nelle nostre acque devono essere subito messe al bando e le loro attività di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina immediatamente fermate.
È inoltre curioso il fatto che, a fine agosto di quest’anno, ventuno ONG, in collaborazione con l’Associazione degli Studi Giuridici per l’Immigrazione, abbiano puntato il dito contro l’UE, «evocando il dovere di soccorrere» i migranti. Esse, stando ai documenti, desiderano «interrompere i finanziamenti a Frontex, l’Agenzia Europea della Guardia di Frontiera e Costiera, e dirottare le risorse in un programma di ricerca e salvataggio [dei migranti] nel mar Mediterraneo»: un progetto che, se preso sul serio, porterebbe sulle nostre coste altre migliaia di irregolari in pochissimi anni, minacciando seriamente la nostra identità.
Cosa stiamo aspettando?
Per concludere, non resta che domandarci: per quale motivo il governo non ha la volontà politica di contrastare questa immigrazione clandestina, che, solo da inizio anno a fine estate, ha causato oltre mille vittime, fra morti e dispersi? Perché rimanere passivi dinanzi a tutto questo? Non è forse l’articolo 52 della Costituzione italiana a riconoscere che: «La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino»? Cosa stiamo aspettando? Multum….viva vox facit!
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