venerdì 29 novembre 2024

CANTO DELLE DONNE FASCISTE

 


 CANTO DELLE DONNE FASCISTE 

Cosa importa se siam donne
Non alberga in noi paura
Né c'intralciano le gonne
Nella lotta santa e pura.

Sempre unite e sempre forti,
O fratelli pugneremo,
Vendicando i nostri morti,
Con italica virtù.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Cosa importa a noi Fasciste
della critica severa
delle femmine pipiste
che ci stiman da galera!

Siamo franche e siam sicure
della fede e dell’onore,
aborriamo l’imposture
della falsa santità!

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Le beghine disprezziamo,
che non han niente di pio,
ma convinte noi crediamo
in un santo e giusto Dio;

Disprezziam gli svenimenti,
le pettegole volgari,
le megere delinquenti
che han di sangue avidità.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Della donna è la missione
D'insegnar fede ed amor
E trasmetter la passione
Della patria in ogni cuore!

E' la nostra fede immensa,
Che può dar la redenzione
E formare ogni coscienza
Per l'Italico avvenir!

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Che si viva o che si muoia,
Noi sarem la vostra face
Nel dolore e nella gioia,
Nella guerra e nella pace!
Giunga a voi come promessa.
O fratelli il nostro canto
Di chi pugna per la  stessa
Oltraggiata civiltà.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Su venite comunisti
A sfogar le vostre ire
Come i martiri fascisti
Anche noi sappiam morire!

C'è una luce che ci ammalia,
Che ci guida e checi sprona,
E’ la luce dell’Italia
Che nessuno spegnerà.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà

Cosa importa se siam donne
Non alberga in noi paura
Né c'intralciano le gonne
Nella lotta santa e pura.

Sempre unite e sempre forti,
O fratelli pugneremo,
Vendicando i nostri morti,
Con italica virtù.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Cosa importa a noi Fasciste
della critica severa
delle femmine pipiste
che ci stiman da galera!

Siamo franche e siam sicure
della fede e dell’onore,
aborriamo l’imposture
della falsa santità!

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Le beghine disprezziamo,
che non han niente di pio,
ma convinte noi crediamo
in un santo e giusto Dio;

Disprezziam gli svenimenti,
le pettegole volgari,
le megere delinquenti
che han di sangue avidità.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Della donna è la missione
D'insegnar fede ed amor
E trasmetter la passione
Della patria in ogni cuore!

E' la nostra fede immensa,
Che può dar la redenzione
E formare ogni coscienza
Per l'Italico avvenir!

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Che si viva o che si muoia,
Noi sarem la vostra face
Nel dolore e nella gioia,
Nella guerra e nella pace!

Giunga a voi come promessa.
O fratelli il nostro canto
Di chi pugna per la  stessa
Oltraggiata civiltà.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà.

Su venite comunisti
A sfogar le vostre ire
Come i martiri fascisti
Anche noi sappiam morire!

C'è una luce che ci ammalia,
Che ci guida e checi sprona,
E’ la luce dell’Italia
Che nessuno spegnerà.

Giovinezza, giovinezza,
Primavera di bellezza
Nel Fascismo è la salvezza
Della nostra libertà


venerdì 8 novembre 2024

Le grandi malate d'Italia!

 

Sanità e Scuola

Le grandi malate d'Italia!

SANITA'

L'art.32 della nostra Costituzione recita : “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.

L'attuale situazione della Sanità Pubblica in Italia sembra oramai in netto contrasto con questo articolo.

Partiamo dalle somme stanziate dal Governo che la Meloni ha definito “una cifra mai raggiunta prima”.

La logica dice che a causa dell'inflazione ogni anno la cifra da stanziare, non solo per la Sanità ma per tutto, deve essere più alta solo per garantire gli stessi servizi e quindi per una corretta valutazione sulle risorse investite nella Sanità, bisogna guardare al rapporto della spesa sanitaria rispetto al PIL-Prodotto Interno Lordo-, rapporto secondo il quale l'Italia attualmente assegna alla Sanità il 6,8% del proprio PIL, contro una media europea del 7,1% e con nazioni come la Germania che destinano alla Sanità il 10,9% del proprio PIL e la Francia e l'Austria il 10,3%.

Le risorse assegnate alla Sanità sono quindi insufficienti e questo causa :

* la mancanza di medici, infermieri e OSS (assistenti alle cure);

* l'allungamento dei tempi di attesa per prestazioni specialistiche ed esami;

* la carenza di posti letto ospedalieri e nelle RSA e l'aumento delle rette;

* l'affollamento dei Pronto Soccorso;

* oltre 4 milioni di Italiani che rinunciano oramai a curarsi (il 7% della popolazione);

* altri circa 2 milioni che accusano un disagio economico per far fronte alle spese sanitarie;

* sempre più Italiani costretti a ricorrere alla costosa Sanità Privata.

Circa la carenza di medici e infermieri, secondo il Governo è stimata in 4.500 medici e 10.000 infermieri ma, secondo i dati sul campo dei Sindacati, in realtà mancherebbero 20.000 medici e 70.000 infermieri e, nel 2025, è previsto il pensionamento di altre migliaia di medici e infermieri.

Queste carenze sono il frutto di una cattiva programmazione negli anni scorsi, ma anche del blocco delle assunzioni, del tetto alle iscrizioni alle Facoltà di Medicina (ora rimosso) e di leggi clientelari come la famosa “quota 100” di Salvini, che ha mandato in pensione anticipata 7.225 medici e decine di migliaia di infermieri e OSS.

SCUOLA

La scuola italiana soffre da tempo di una serie di problemi che elenchiamo brevemente :

* inadeguato reclutamento degli insegnanti e della loro formazione;

* corpo docente tra i più anziani al mondo;

* scarsa motivazione dei docenti legata anche a motivazioni salariali;

* classi sovraffollate malgrado il calo demografico;

* dotazioni tecnologiche inadeguate o superate;

* programmi di studio obsoleti e troppo teorici;

* mancata riqualificazione e messa in sicurezza di molti edifici scolastici.

A questi problemi va aggiunto quello delle risorse che, malgrado anche i recenti aumenti retributivi, continua a vedere la scuola italiana fanalino di coda tra i Paesi del G7 e tra Paesi con PIL comparabili.

Secondo un parametro di conversione che tiene conto del potere d'acquisto reale, i docenti italiani guadagnano meno di quelli di tutte le principali nazioni europee.

L'Italia infatti destina alle politiche per l'istruzione solo il 4% del PIL, contro il 4,9% della media dei Paesi OCSE-Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo-.

Secondo un parametro di conversione che tiene conto del potere d'acquisto reale, i docenti italiani guadagnano meno di quelli di tutte le principali nazioni europee.

Un altro dato negativo è quello relativo alla dispersione scolastica, secondo il quale in Italia il 20% dei giovani fra i 25 e i 34 anni non ha completato il ciclo di istruzione secondaria di secondo grado, mentre la media dei Paesi OCSE è del 14%.



domenica 13 ottobre 2024

Demono -crazia

Demonocrazia


Il titolo di questo articolo -che è anche quello del mio ultimo saggio uscito per la Solfanelli- gioca sulla crasi di Demone e Democrazia, suggerendo che attualmente tale forma di governo, per le odierne devianze e per proprie tare costituzionali, è espressione del male al potere.
Occorre fare una riflessione politico-sociologica sul penoso stato in cui versa oggi il soggetto, preso nelle maglie di una rete invisibile che lo mantiene lontano dalle sue radici, dalla sua naturale collocazione fisica, psicologica e culturale. Pochissimi percepiscono le cause socio-politiche del disagio che li opprime, eppure tutti ne sono colpiti. L’aumento vertiginoso dei disturbi psichici, ansia e depressione tra tutti, e dell’ uso di droghe, è il segno di questa forzatura innaturale di cui siamo vittime. C’è un responsabile per questo nostro malessere e il suo strumento è l’attuale democrazia, sistema di governo che oggi è pressoché tabù criticare.
Democrazia e libertà non sono sinonimi, anzi, spesso divengono termini antitetici. Oggi il sistema democratico fa da paravento ad un totalitarismo dal quale è quasi impossibile difendersi. Nelle odierne democrazie il cittadino è una bestia all’ingrasso, per il tornaconto di una ristretta élite finanziaria che si avvale di politici compiacenti. Questo nuovo stato di schiavitù si basa subdolamente sull’inganno e la mancanza di informazione. Gli scenari orwelliani di “ 1984” o quelli del film “Quinto potere” di Sidney Lumet, del 1976, sono addirittura superati dalla realtà. Chi è cosciente dell’inganno democratico è tagliato fuori dai luoghi della grande comunicazione, chi non accetta le regole della menzogna è imprigionato e reso inoffensivo, letteralmente o nei fatti.
Occorre quindi Disinformare d’urgenza, rendere gli individui capaci di ripensare se stessi, operare una sorta di terapia d’urto, per poi cominciare con una riabilitazione filosofica.
Dalle pagine di questo sito ho più volte cercato di sollevare questioni cruciali in tal senso, sottolineando alcuni temi come l’inganno del voto e la natura dei partiti, i meccanismi dell’impegno pubblico e le strategie di condizionamento attraverso i media, la tirannide della finta tolleranza, il senso dell’esportazione della democrazia e, non da ultimi, quelli del signoraggio bancario e del revisionismo olocaustico. Purtroppo, eccetto i pochi “disinformati informatici”, questi sono temi che rimangono ignoti alla maggioranza. Sono come strade fantasma, che non possono essere percorse, che non vengono mostrate, come se noi tutti fossimo automobili con un navigatore satellitare programmato per farci girare in tondo e alla fine condurci come pecore all’ovile.
Si tratta delle mille facce della globalizzazione che ormai ci ha cambiato la vita, modificando dal più piccolo dei nostri atti privati fino alle grandi e pianificate scelte di politica internazionale, la quale è una maschera della macroeconomia. I nostri politici ma anche quelli degli altri, con Obama il rivoluzionario in testa che si è affrettato ad aumentare le truppe in Afghanistan, sono ridicoli burattini.
Oggi, l’unica azione possibile, parte dalla nostra visione antimodernista per culminare in una “proposta per una sopravvivenza”, un cammino che a mio parere è prima individuale e solo dopo collettivo. Tale soluzione prende le mosse da Junger e Unamuno e dalla loro idea di “ribelle” e di “uomo cardiaco” per arrivare ad una sintesi e ad una nuova declinazione. Basta con la finzione della contrapposizione Destra- Sinistra, che è funzionale al mantenimento dell’elite al potere. Basta con la credulità sull’efficacia del voto. Basta alle menzogne che nascondono, sotto l’edulcorata “esportazione della democrazia”, una più schifosa “esportazione del consumismo”.

Matteo Simonetti

giovedì 19 settembre 2024

LA PUREZZA DELLE AUSILIARIE NELLA R.S.I.

 

LA PUREZZA DELLE AUSILIARIE NELLA R.S.I.


LA PUREZZA DELLE AUSILIARIE NELLA R.S.I.
UN’ALTRA STORIA (SUBLIME) VERA

di Filippo Giannini

Alcuni lettori più attenti ricorderanno che pochi giorni fa pubblicai un articolo dal titolo “Roberta, sei dei nostri! – Storia di due donne tanto diverse”. Per i lettori che non dovessero ricordare l’argomento trattava di due eroine completamente diverse, una la Monica Lewinsky, l’eroina (si fa per dire) che fece i servizietti al Presidente Usa Clinton e l’altra Roberta, la quale in attesa di un figlio, nel corso della gestazione, apprese di essere malata di tumore. Di fronte a Roberta si presentavano due alternative: interrompere la gravidanza e curarsi, oppure diventare Mamma ma perdere la vita. Roberta scelse di dar vita a suo figlio, ma per questa scelta, morì.
A seguito di questo articolo un lettore B.V. (debbo indicare solo le iniziali non essendo stato espressamente autorizzato ad indicare il nome) mi ha spedito una nota elettronica che riporto integralmente.
*******
Carissimo Signor Filippo, felice di risentirLa; ho letto la storia di Roberta… a proposito di EROI (la famosa frase fu detta da un letterato tedesco, ma non ricordo il nome). E’ inutile dire che mi trova d’accordissimo col suo pensiero, e a tal proposito vorrei cogliere l’occasione per proporLe la storia di un’altra EROINA.
Anche questa eroina (che si chiamava Franca) ha una storia molto diversa da quella di Roberta, ma a mio avviso, su due punti di essa è unita; tutte e due eroine, per aver voluto perseguire con grande fede e fino in fondo, un grande ideale, per questo tutte e due rimaste anonime e disconosciute, distanti da quella Monica, tutt’altro che eroina ma famosissima, celebre testimone di una società distrutta e disumanizzata da quello che Lei giustamente chiama “American way of living”.
Divulgare la storia di questa Ausiliaria della R.S.I. (che come tantissime altre, tanto onore diedero e tanto sacrificio offrirono alla nostra Patria) vuol dire fare un sentito omaggio al valore di questa donna, ma vuol dire anche e soprattutto inchinarsi di fronte ai VALORI che queste donne hanno scelto di mettere sul piatto della bilancia della loro vita… perché (e riprendo le Sue parole) POTESSE VIVERE UN PRINCIPIO!
Una divulgazione quindi, che vuole rendere più forte quella luce di cui Lei parla nella storia di Roberta, una luce che sporadicamente e con tanto affanno, affiora dalla melma in cui la società odierna (non a caso rappresentata dalle migliaia di “Minica”) sta affogando.
Vivissime cordialità
B.V.

Ecco il pezzo presentato sempre dal Sig. B.V..
In ricordo di tutte le Ausiliarie della R.S.I.
Pubblichiamo la lettera di una ausiliaria della RSI, condannata a morte dai partigiani.
E’ ovvio che, come per tutti gli omicidi decisi ed eseguiti dai partigiani, si tratta di un omicidio volontario. Infatti i partigiani non avevano alcuna autorità in nessun campo. Anche qui troviamo un grande esempio di fede e di eroismo, infatti questa ragazza mantenne un comportamento talmente fermo e dignitoso, da indurre i componenti del plotone di esecuzione ad astenersi nel fare fuoco. Venne barbaramente uccisa con un colpo alla testa dal capo plotone… un vero vigliacco.

Continua il Sig. B.V.
A questa ragazza, come a tutte le ausiliarie della RSI va il nostro vivo ricordo e la nostra più commossa ammirazione.
Franca Barbier, Ausiliaria dei servizi segreti della RSI, Medaglia d’Oro alla Memoria.
Per diretta volontà del Duce, all’eroica Ausiliaria venne conferita la Medaglia d’Oro alla memoria con la seguente motivazione:
.
Ecco la lettera scritta alla madre prima della sua fucilazione.
24-7-44. XXII
Mamma mia adorata,
purtroppo è giunta la mia ultima ora. E’ stata decisa la mia fucilazione che sarà eseguita domani, 25 luglio. Sii calma e rassegnata a questa sorte che non è certo quella che avevo sognato. Non mi è neppure concesso di riabbracciarti ancora una volta. Questo è il mio unico, immenso dolore. Il mio pensiero sarà fino all’ultimo rivolto a te e a Mirko. Digli che compia sempre il suo dovere di soldato e che si ricordi sempre di me. Io il mio dovere non ho potuto compierlo ed ho fatto soltanto sciocchezze, ma muoio per la nostra Causa e questo mi consola.
E’ terribile pensare che domani non sarò più; ancora non mi riesce di capacitarmi. Non chiedo di essre vendicata, non ne vale la pena, ma vorrei che la mia morte servisse di esempio a tutti quelli che si fanno chiamare fascisti e che la nostra Causa non sanno che sacrificare parole.
Mi auguro che papà possa ritornare presso di te e che anche Mirko non ti venga a mancare. Vorrei dirti ancora tante cose, ma tu puoi ben immaginare il mio stato d’animo e come mi riesca difficile riunire i pensieri e le idee. Ricordami a tutti quanti mi sono stati vicini. Scrivi anche ad Adolfo, che mi attendeva proprio oggi da lui. La mia roba ti verrà recapitata ad Aosta. Io sarò sepolta qui, perché neppure il mio corpo vogliono restituire. Mamma, mia piccola Mucci adorata, non ti vedrò più, mai più e neppure il conforto di una tua ultima parola, né della tua immagine. Ho presso di me una piccola fotografia di Mirko: essa mi darà il coraggio di affrontare il passo estremo, la terrò con me. Addio mamma mia, cara povera Mucci; addio Mirko mio. Fa sempre innanzitutto il tuo dovere di soldato e di italiano. Vivete felici quando la felicità sarà riconcessa agli uomini e non crucciatevi tanto per me; io non ho sofferto in questa prigionia e domani sarà tutto finito per sempre.
Della mia roba lascio a te, Mucci, arbitra di decidere. Vorrei che la mia piccola fede la portassi sempre tu per mio ricordo. Addio per sempre, Mucci!
Franca
******
Sin qui lo scritto e la testimonianza del Sig. B.V., ma dato che la mia stima e ammirazione per QUELLE RAGAZZE, le Ausiliarie è, per quanto possibile, ancora più elevata, mi riprometto in un prossimo articolo di rinnovarne la memoria e le motivazioni. Ricorderò la figura di una grande Donna, anch’essa insignita di un altissimo riconoscimento.
Anche se ben comprendo, che per la gioventù di oggi, questi ricordi smuovono incomprensione se non addirittura ilarità, a dispetto di ciò, come si usava dire: “me ne frego e vado avanti”

martedì 27 agosto 2024

IL BATTAGLIONE BARBARIGO

 IL BATTAGLIONE BARBARIGO



Gianfranco La Vizzera
 
    Il battaglione "Barbarigo", inizialmente denominato "Maestrale", fu il primo reparto di Fanteria di Marina della "Decima" ad essere costituito. Nacque a La Spezia, nella caserma di San Bartolomeo, nel novembre del 1943. Ne assunse il comando il capitano di corvetta Umberto Bardelli. Nel gennaio '44, nel ricordo del sommergibile del comandante Enzo Grossi, gli fu attribuito il nome di "Barbarigo".
    Delle quattro compagnie su cui era ordinato, la 2a e la 4a erano state addestrate a San Bartolomeo, mentre la e la 3a erano state trasferite per l'addestramento a Cuneo, alla caserma San Dalmazzo.
    Alla metà di febbraio il battaglione si riunì nuovamente a La Spezia. Il 19 ricevette dal comandante Borghese la bandiera di combattimento e il giorno 20 partì per il fronte di Anzio-Nettuno, dove gli angloamericani avevano creato una testa di ponte dopo lo sbarco avvenuto il 22 gennaio.
    A bordo di torpedoni, seguendo l'itinerario: La Spezia-Firenze-Arezzo-Orvieto-Viterbo-Roma, i marò raggiunsero la capitale dopo aver superato le previste difficoltà dei bombardamenti aerei e dei mitragliamenti a bassa quota degli Spitfire.
    A Roma sosta di alcuni giomi presso la caserma "Graziosi Lane". Un capitano dei granatieri, Alberto Marchesi, diede modo al comandante Bardelli di completare l'equipaggiamento e l'armamento del battaglione attingendo ai magazzini della caserma "Ferdinando di Savoia'.
 
LO SBARCO DI ANZIO
    L'operazione "Singole" (nome in codice dello sbarco ad Anzio e a Nettuno) avvenne il 22 gennaio 1944. A mezzanotte, dopo ventidue ore di attività, unità della Marina americana e della "Rayon Navy" (contrammiraglio Frana I. Locri e Tomai H. Troubridge) avevano fatto sbarcare 36.034 uomini, 3.069 automezzi e quasi tutti i mezzi d'assalto del 6° Corpo d'Armata statunitense, comprendente la divisione britannica (gen. W. Penny), un reggimento e un battaglione paracadutisti, tre battaglioni di "Ranger" e una brigata di "Commandos". Scarsa l'opposizione tedesca e modeste le perdite subite: 13 morti, 44 dispersi e 87 feriti.
    La flotta di protezione era costituita da quattro incrociatori leggeri e 24 cacciatorpediniere. Le perdite tedesche erano state più rilevanti: due batterie costiere distrutte e due battaglioni decimati.
    Ma gli angloamericani badarono solo a consolidare la testa di ponte e a far sbarcare le altre divisioni del Corpo d'Armata, cioè la 45a di fanteria (gen. W. Eagles) e la divisione corazzata (gen. EN Armoni), in tutto 34.000 uomini e 15.000 automezzi. I temporeggiamenti e l'eccessiva prudenza del generale Lucca (comandante del Corpo d'Armata angloamericano), diedero il tempo al Feldmaresciallo Kesselring (comandante del Gruppo d’armare "C") di eseguire i piani predisposti in caso di sbarco a Ravenna, ad Anzio, Civitavecchia, Livorno o Viareggio.
    Le divisioni tedesche si misero in moto per convergere sulla testa di ponte di Anzio. La divisione corazzata "Hermann Goering" lasciò la zona di Frosinone: la 4a divisione paracadutisti quella di Terni; dal fronte del Garigliano la 29a divisione granatieri motocorazzata. Dall'Italia settentrionale, lo Stato Maggiore della 14' Armata e la 65a e 362a divisione di fanteria. Fu perfino disposto, da parte dell'O.K.W. (il Comando generale della Whermacht), l'invio ad Anzio della 715a divisione di fanteria dislocata nella regione di Marsiglia e della 114a divisione cacciatori di stanza nei Balcani.
    Una conversione di truppe così decentrate non poteva avvenire in un giorno, sicché il 23 gennaio, tra Roma ed Anzio, vi era soltanto un distaccamento della divisione corazzata "Hermann Goering", con un assortito campionario di pezzi d'artiglieria (qualche pezzo anticarro da 88 mm, cannoni da campagna italiani, francesi e jugoslavi). Passarono sette giorni prima che la 14a Armata tedesca potesse assumere una consistente sistemazione offensiva.
 
IL "BARBARIGO" AL FRONTE 
    Il 28 gennaio la divisione britannica conquistò Aprilia, 17 Km. a nord di Anzio, ma, alla sua sinistra, la 3a divisione di fanteria americana fu respinta davanti a Cisterna. La 14a armata tedesca aveva concentrato le divisioni a semicerchio intorno alla testa di ponte, dal Fosso della Moletta fino al ramo occidentale del Canale Mussolini.
    Le due controffensive tedesche, quella da Aprilia (16-20 febbraio) e l'altra da Cisterna (28 febbraio - 1 marzo), non erano riuscite a sfondare le linee degli alleati.
    Il "Barbarigo" arrivò al fronte mentre era in corso la seconda controffensiva, e sostò per breve tempo a Sermoneta: dalla collina si vedevano le linee nemiche, pioveva, e il tempo rimase perturbato fino alla fine di marzo. Il terreno, piatto e paludoso, era percorso da un groviglio di canali, fossi di bonifica e di irrigazione.
    Il battaglione venne destinato al settore sud, tenuto dalla 715a divisione tedesca di fanteria, che aveva partecipato alle due controffensive di Aprilia e di Cisterna subendo ingenti perdite. Il Comando della divisione credette di poter impiegare i marò come complementi da aggregare alle compagnie. Bardelli ottenne invece, dopo una lunga discussione con i tedeschi, che il battaglione avesse il suo tratto di fronte.
    La compagnia fu schierata sul tratto alto del Canale Mussolini, la 3a tra il fosso del Gorgolicino e la Strada Lunga, la 4a di qui fino al margine delle paludi: la 2a fu rimandata a Sezze per un corso di addestramento all'uso del panzerfaust e della mitragliatrice MG 42.
    Il reparto nemico del settore assegnato al "Barbarigo" era il l° Distaccamento della Special Service Force, composto per due terzi da americani e per un terzo da canadesi, con un addestramento equivalente a quello dei "Rangers".
    La prima ad essere attaccata fu la 3a compagnia. Gli americani impegnarono i marò con un attacco frontale, seguiti dai più aggressivi canadesi. La 2a compagnia diede il cambio alla 3a. Alla fine di marzo, il battaglione SS italiane "Degli Oddi" rilevò lungo il Canale Mussolini la 1a compagnia, spostata a Terracina per addestramento e sorveglianza costiera. La 3a compagnia tornò in linea davanti al Cerreto Alto, tra la strada Nascosa e la litoranea.
    Nel frattempo il "Barbarigo" provvedeva a dotarsi di una sua artiglieria, formando la 5a compagnia Cannoni, armata con pezzi da accompagnamento 65/17, prelevati dal Museo dei Granatieri. A La Spezia si stava costituendo il Gruppo Artiglieria "San Giorgio" dotato di pezzi someggiati da 75/13. Il comando della Decima inviò al fronte di Nettuno il tenente di vascello Carnevali, comandante del Gruppo "San Giorgio", per organizzare un gruppo di artiglieria da campagna. Formarono il gruppo una batteria da 105/28, una da 105/32 e una da 75/27. Il 15 aprile ci fu un attacco di mezzi corazzati canadesi nel settore del fronte tenuto dalla 2a compagnia che perse i capisaldi "Erna" e "Dora". Lo stesso giorno, al comando del tenente Giulio Cencetti, i marò riconquistarono i capisaldi persi nel precedente attacco.
    Il 19 aprile ci fu un altro attacco sul fronte della 2a compagnia. Ai primi di maggio nuovi cambi in linea: la 4a compagnia sostituiva la 2a, la 1a dava il cambio alla 3a che si trasferiva a Terracina per sorvegliare la costa.
    Il 26 aprile il comandante Bardelli venne richiamato a La Spezia per assumere un incarico superiore. Il tenente di vascello Vallauri sostituì Bardelli al comando del battaglione.
    Ancora un attacco americano al fosso del Gorgolicino, tenuto dalla 4a compagnia. I marò resistettero agli assalti e contrattaccarono il nemico.
    All'alba del 23 maggio gli angloamericani attaccarono dalla testa di ponte di Anzio in direzione di Cisterna, impiegando tre divisioni per tagliare la strada statale Casilina, principale via di ritirata della 10a Armata tedesca.
    Il 24 maggio il battaglione "Barbarigo" e il Gruppo d'artiglieria "San Giorgio" ricevettero l'ordine di ritirarsi. Le tre compagnie in linea si sganciarono in direzione di Sermoneta e Bassiano. La 2a fu attaccata da mezzi corazzati nei pressi di Cisterna, la 4a resistette agli attacchi nemici nell'abitato di Norma. Gli artiglieri del "San Giorgio", dopo aver esaurito tutte le munizioni a loro disposizione, fecero saltare le bocche da fuoco. La 3a compagnia ripiegava da Terracina ricongiungendosi al resto del battaglione.
    La postazione del plotone comandato dal guardiamarina Alessandro Tognoloni (251 compagnia) venne accerchiata da carri Sherman americani. Al grido di "Decima! Barbarigo", i marò andarono all'assalto dei carri. Tognoloni lanciò una bomba a mano e cadde colpito squarciato nel torace. Prima di perdere i sensi scaricò i colpi della sua pistola e, vuoto il caricatore, la lanciò contro il carro avanzante. Per gli atti di valore compiuti sul fronte di Nettuno gli fu concessa la Medaglia d'Oro.
    Il 31 maggio il "Barbarigo" giunse a Roma e si radunò nella caserma di Maridist, in Piazza Randaccio.
    La sera del 4 giugno le avanguardie della 5a Armata americana entrarono in città, primo fra tutti il l° Distaccamento della Special Service Force a cui il "Barbarigo" si era opposto strenuamente per tre mesi.
    La mattina del 5 giugno i resti del "Barbarigo" si inquadrarono e, divisi in piccoli gruppi, marciarono in direzione di La Spezia.
 
IL "BARBARIGO" IN PIEMONTE
    Nel giugno 1944 la "Decima" concentrò i suoi battaglioni nell'alto Piemonte. Il "Barbarigo" fu il primo reparto a giungere nella regione, si sistemò nella zona del lago di Viverone e successivamente fu trasferito a Pont Canavese.
    Nel pomeriggio dell'8 luglio, a Ozegna, una frazione a sud di Courgné (Torino), giunse nella piazza del paese un reparto motorizzato della Decima Mas, al comando del capitano di corvetta Umberto Bardelli. Si trattava di una quarantina di marò del battaglione "Barbarigo" reduci dal fronte di Nettuno.
    Nel paese operava una banda partigiana comandata da Piero Urati detto "Piero Piero". Bardelli aveva saputo che i partigiani erano disposti a uno scambio di prigionieri e per questo motivo si era recato a Ozegna per iniziare le trattative. Gli uomini del "Barbarigo" scesero dagli automezzi e attesero l'arrivo dei partigiani. Bardelli, per dimostrare il carattere pacifico della sua missione, ordinò ai suoi uomini di estrarre i caricatori dai mitra; anch'egli si tolse la pistola dalla fondina e la gettò a terra.
    Il comandante Bardelli e i suoi ufficiali cominciarono a discutere con i rappresentanti della banda partigiana giunti nella piazza. L'atmosfera era apparentemente distesa e nulla lasciava presagire quanto sarebbe avvenuto nel volgere di qualche minuto. Il dialogo si svolse con toni pacati da entrambe le parti.
    Mentre i capi partigiani trattavano con gli ufficiali della "Decima", circa duecento uomini della formazione di "Piero Piero" circondavano la piazza appostandosi nelle strade adiacenti. Quando la manovra di accerchiamento fu conclusa, i capi partigiani con un pretesto chiesero di allontanarsi dalla piazza con l'impegno di ritornare con i prigionieri fascisti da loro detenuti. Da parte sua, il comandante Bardelli promise sul suo onore di liberare, non appena rientrato a Ivrea, un uguale numero di partigiani. Dopo pochi minuti, mentre Bardelli e i suoi uomini attendevano il ritorno dei partigiani, nella piazza si abbatte sugli ignari marò una tempesta di fuoco.
    Nonostante un tentativo di resistenza organizzato da Bardelli, i partigiani ebbero il sopravvento sugli uomini della "Decima". Il comandante Bardelli fu uno dei primi a cadere fulminato.
    L'imboscata tesa dai partigiani costò ai marò altri nove morti e numerosi feriti. Alla salma di Bardelli i partigiani strapparono due denti d'oro e gli altri marò uccisi vennero rinvenuti lordati di letame.
    Nei primi giorni dell'ottobre 1944, il "Barbarigo" mosse all'attacco dei partigiani attestati nella zona di Rimordono (Torino). I marò sbaragliarono le formazioni avversarie, costringendo le bande a riparare in territorio francese.
 
SUL FRONTE ORIENTALE
    Il 25 ottobre il battaglione lasciò Ponte Canavese per il fronte orientale. Il 29 giunse a Vittorio Veneto.
    Nella zona, la gravissima, situazione determinata dalla pressione esercitata contro la frontiera italiana e sulla città di Gorizia dai partigiani sloveni del "IX Corpus" appoggiati da bande comuniste italiane, richiese l'intervento del "Barbarigo", affiancato dalla 2a e 3a compagnia del battaglione "Valanga". I partigiani slavi erano penetrati sino nei boschi del Consiglio; i reparti della "Decima" rastrellarono la zona, infliggendo ingenti perdite alle bande di Tito. Alla fine di dicembre il "Barbarigo", con altri reparti della divisione "Decima" fu inviato sul fronte dell’Isonzo per fronteggiare il "IX Corpus" che minacciava la città di Gorizia.
    Per contrastare le bande tutine, il comando operativo della "Decima" mise a punto con il comando dell’Adriatische-Kustenland il piano Adele Aktion (operazione aquila). Il "Barbarigo" fu il primo reparto ad essere impiegato contro gli slavi, risalì la Biasima occupando l'abitato malgrado la strenua resistenza opposta dai partigiani. Poi occupò Cal di Canale, Localizza e Chiappavano.
    Ai primi di febbraio '45 la divisione "Decima" lasciò Gorizia, ma il battaglione "Barbarigo" restò ancora qualche settimana nella zona a difesa dei confini orientali della Repubblica e sui monti San Marco e Spino respinse gli attacchi dei partigiani sloveni. Con un contrattacco, che impegnò tutte le compagnie del battaglione, ancora una volta i marò sconfissero il nemico.
 
FRONTESUD
    A metà marzo giunse al battaglione l'ordine di trasferimento sul fronte sud. Il reparto partì da Vittorio Veneto il giorno 20 diretto a Rovigo. Il giorno 26 passò da Ferrara, Argenta e Imola. Il giorno successivo entrò in linea alle dipendenze del comando "I° Gruppo di combattimento Decima", comprendente oltre al "Barbarigo" il battaglione "Lupo", il battaglione NP (Nuotatori Paracadutisti), il battaglione "Freccia" (Genio e Trasmissioni) e il Gruppo d'artiglieria "Colmino".
    Nella zona di Imola, dal 28 marzo al 4 aprile, il battaglione fu impegnato in un'intensa attività di pattuglia catturando numerosi prigionieri, appartenenti al gruppo "Friuli" dell'esercito regio.
    Il 20 aprile, per l'arretramento del fronte, il battaglione iniziò il ripiegamento verso nord attraversando il fiume Po in località Oro. A Santa Maria Fornace, i marò sostennero un violento scontro con reparti della brigata "Cremona" del regio esercito del sud (in uniforme britannica).
    Il 27 aprile il "Barbarigo" toccò Mondonovo giungendo in serata a Conserve. Il giorno dopo il reparto proseguì verso Allignassero in direzione di Padova, affrontando presso il ponte del Basassero una postazione partigiana che fu sgominata dai marò della 2a compagnia.
 
L'ONORE DELLE ARMI AL "BARBARIGO"
    Nella notte del 29 aprile il "Barbarigo" si schierò per ascoltare le parole del comandante del "I° Gruppo di combattimento Decima", capitano di corvetta Di Giacomo, e di un ufficiale di una brigata corazzata neozelandese che fece ascoltare il messaggio del Maresciallo Rodolfo Grazianti, registrato per invitare a deporre le armi, evitando ulteriori spargimenti di sangue.
    Gli uomini del "Barbarigo", dopo una notte praticamente insonne, inquadrati dai loro ufficiali, la mattina seguente entrarono a Padova armati, passando fra i reparti di carristi inglesi e neozelandesi che resero loro l'onore delle armi. Il 30 aprile il battaglione si concentrò nella caserma "Pra della Valle" e venne considerato disciolto. I marò furono avviati al 209 PO Cap di Fragola presso Napoli, dove rimasero circa un mese; da qui il 5 giugno furono trasferiti a Taranto e imbarcati sulla Duchessa of Richmond diretta in Algeria, destinazione il 211 PO Cap di Cap Matifou ad una trentina di chilometri da Algeri, in prigionia.
 
 
STORIA DEL XX SECOLO N. 2. Giugno 1995. (Indirizzo e telefono: vedi PERIODICI)


giovedì 15 agosto 2024

Trump od Harris .. le corna saltan fuori

 


Trump od Harris .. le corna saltan fuori

 Infuria, non solo negli USA, lo scontro elettorale per la carica di 47° presidente degli Stati Uniti.

Fatto fuori (da BombObama, Pelosi, finanziatori e soci vari) il robot RimbamBiden è stato sostituito con la "amorfa" radicalchic progressista Kamala Harris. Finora tenuta in frigo persino dallo stesso Biden per evitare che potesse dar seguito alle esternazioni manifestate nelle prime uscite ufficiali come vice-presidente. Che la rinuncia alla candidatura sia avvenuta solo dopo il fallito attentato a Trump non sembra un indizio da sottovalutare nelle varie ipotesi formulate sullo episodio, fatto sta che oggi la Harris ha ricevuto la investitura anche dai "coniugi" Obama. Divenendo così la "candidata ufficiale" non solo dello schieramento "democratico" ma pure di quello "stato profondo" che, già nel 2020, aveva privato il presidente uscente di una vittoria (erroneamente, da parte sua) considerata certa.
Non riapriamo vecchie ferite trumpiane, guardiamo ad oggi con la esperienza di ieri.
Ed allora ripropongo la mia personale opinione :

👉 non nego che pure io, all'inizio, mi ero illuso potesse esserci stato un radicale cambiamento con la elezione di Trump, specie in politica estera. Man mano mi sono ricreduto con il perpetuarsi della aggressione alla Siria, la apertura della ambasciata a Gerusalemme ed il ritiro dallo accordo sul nucleare con l'Iran, affamato con le sanzioni. Ma a svelare il suo volto di criminale a tutto il mondo è stato l'assassinio del Generale Soleimani e del Comandante al-Muhandis a Baghdad il 3 gennaio 2020 .. a tradimento e per compiacere i desideri di figlia, genero e Netanyahu. Linea sionista tenuta, con assoluta coerenza, pure nei momenti brutti delle incriminazioni e della caccia ai trumpiani. Ribadita con fermezza nelle tappe della rinascita ed esternata fino ad ieri durante il colloquio con lo stesso Netanyahu, aggiungendo la nuova variante : guerra aperta all'Iran. Evidentemente un piano strategico, mediante un modello già messo in atto più volte pure in tempi non troppo lontani. Dal Vietnam all'Afghanistan, dall'Iraq alla Libia sempre lo stesso ritornello fallito solo in Siria, guarda caso grazie allo intervento della Repubblica Islamica. È l'Iran il pericolo mortale per il "mondo libero" e le relative "democrazie". Per la Harris, probabilmente, in aggiunta a Putin. Per Trump, che guarda alla "grande israele" dei testi sacri ebraici come un fortissimo alleato militare ed alla lobby sionista come una garanzia per il dollaro, "Teheran delenda est", pertanto "deve essere distrutta", quasi un richiamo biblico, una missione.
Tralasciando tutto il resto, malgrado sia di rilevante importanza, a me basta e avanza per riaffermare quanto già pubblicamente (su Radio Irib iraniana ed Accademia della Libertà) detto e scritto : la Guida Suprema Khomeini aveva svelato per tempo la diabolica verità ovvero che  i presidenti americani, tutti, altro non sono che emanazioni, quelle del Grande Satana.

Grazie per l'attenzione 
Vincenzo Mannello

martedì 23 luglio 2024

la Knesset sputa in faccia al mondo

 

la Knesset sputa in faccia al mondo

 Orgogliosamente, dal loro punto di vista, i parlamentari israeliani hanno sancito, con tanto di votazione, che "MAI ci sarà uno stato palestinese" sul territorio nazionale. Dove, con tale indicazione, si dà per scontata la totale scomparsa di ogni "enclave" che non sia sotto diretto controllo giuridico, militare, politico ed economico delle autorità di Gerusalemme. Avendo già gustato la "Città Santa", preda di guerra occupata in spregio al diritto internazionale, come antipasto a quello della Cisgiordania e della Striscia di Gaza nonché, tanto per "allargarsi", il Golan siriano e le "fattorie libanesi". Per arrivare, una volta conclusa la "pulizia etnica" dei Palestinesi, al sogno (mai troppo svelato) della "grande israele" ebraica. 

Mi sia pertanto consentito richiamare quanto da me scritto, sempre su Accademia della Libertà, nel novembre 2023 in relazione agli avvenimenti in corso da quelle parti e dalle reazioni suscitate in tutto il mondo con continue "prese di posizione" da parte dei massimi esponenti politici e religiosi dello intero globo.
"Due Stati in Palestina : da Biden a Bergoglio una sola presa per il culo".  Per chi volesse leggere tutto, riporto il relativo link https://accademiadellaliberta.blogspot.com/2023/11/due-stati-in-palestina-da-biden_29.html

Sintetizzando per gli altri una considerazione :
TUTTI, pure Putin e Xi, sapevano benissimo di sparare una solenne cazzata "auspicando" quella "unica soluzione". Ed ora ? A fronte di una decisione "irrevocabile", che impegna pure per il futuro l'intero popolo israeliano ad operare affinché sia negata una patria ai Palestinesi, cosa faranno i "potenti del mondo" ? Cosa faranno le cosiddette Nazioni Unite ?
Dubito possano (e vogliano) fare quello che hanno sempre fatto con i "deboli" : sanzionarli prima, affamarli poi, bombardarli ed invaderli alla fine. 

Grazie per l'attenzione 
Vincenzo Mannello

martedì 18 giugno 2024

Un urlo scuote l'Europa : "Finalmente libera" Ilaria Salis

 


Un urlo scuote l'Europa : "Finalmente libera" Ilaria Salis

hanno scritto tutti , con impeto liberatorio, persino sui social. La "martire di Budapest" torna a casa, tra il tripudio di bandiere rosse, centinaia di articoli osannanti della carta stampata, annunzi e commenti trionfalistici di conduttori radiotelevisivi e, sicuramente, gli applausi scroscianti delle "anime buone" di mezzo occidente che hanno seguito l'amorevole padre nei vari show mediatici messi su dallo inimitabile "soccorso rosso". Restano, riservatamente più defilati ma sicuramente soddisfatti, il presidente Mattarella ed il bergogliano Francesco che pure hanno offerto il loro "contributo alla causa". Certo, il crudelissimo Orban, "fascista" ad honorem e dittatore conclamato della sfortunata Ungheria, ha ceduto anche prima del dovuto alla "forza della democrazia" rappresentata dal voto popolare italiano. Che ha fatto (ma questo conta niente) di una pregiudicata "per reati da centro sociale" una eroina del cattocomunismo "democratico e progressista" e dello ueismo, innalzandola allo scranno di Strasburgo come eurodeputata. Con il concorso (notevole) del governo (di destra) della Meloni secondo il quale, evidentemente, nel sacro nome dello antifascismo costituzionale risulta sacrosanto (e comprovato) il dogma resistenziale : "uccidere I fascisti non è reato". Figuriamoci solo mandarli in ospedale, magari pure "in trasferta".

Grazie per l'attenzione
Vincenzo Mannello