giovedì 16 ottobre 2014

uno studio da leggere -- L'estrema destra contro il Fascismo


Italia - Repubblica - Socializzazione
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uno studio da leggere
L'estrema destra contro il Fascismo
 
UNA NOTA ALLA MIA RECENSIONE
 
Questo studio, che io stesso ho recensito, è molto importante, a prescindere dalla collocazione politica degli autori, anche se poi non è che sia del tutto condivisibile.
Vi si dimostra, e a ragione, che il fascismo nato dall'Interventismo, dalla intuizione mussoliniana di realizzare il socialismo nella nazione e non nella utopia internazionalista, fascismo che poi si manifestò in nel ventennio quale recupero della "romanità" e crogiolo di varie sfaccettature ideologiche ed infine si riscattò, dai compromessi e dalle necessità di una politica conservatrice, con la RSI, che sulle sue bandiere mise Giuseppe Mazzini.
Questo per dire che il fascismo è un fenomeno specificatamente italiano, come il nazionalsocialismo fu un fenomeno tedesco (addirittura Hitler, lo definì «non da esportazione»).
In sintesi il fascismo si innestò, andando oltre, nel solco della rivoluzione francese e del risorgimento, che furono fenomeni, per così dire, "sovversivi" e antitradizionali. Ma indietro, come specificò Mussolini stesso nella Dottrina, non si poteva tornare, le nostre tradizioni nazionali erano quelle e su quelle si poteva e doveva agire, Mazzini compreso, il cui nome faceva storcere la bocca a sanfedisti e neoborbonici e nel suo operato si potevano riscontrare collusioni "massoniche". In un certo senso la Tradizione si poteva e si doveva, riproporre in termini, modi e progetti sociali, affatto diversi dal passato.
Durante il ventennio si innestò nelle varie correnti del fascismo anche quella di Evola, come quella di Reghini, apportando una componente neopagana, Ma mentre una, quella di Reghini, si proiettava nel solco della Tradizione Italica, quella di Evola si indirizzò verso la tradizione nordico Germanica. Non è qui il caso di polemizzare su queste due sfaccettatura che, oltretutto, riteniamo complementari. Evola, durante il fascismo, anche all'interno della scuola di mistica fascista, rimase emarginato, la sua specificità "spirituale" non venne mai pienamente accolta e anche le sue indicazioni esoteriche e "magiche", rimasero fuori della scuola di mistica fascista.
Oggi però possiamo dire che Evola, pur ponendosi nello schieramento reazionario e conservatore, quindi avverso all'Interventismo, ai progetti sociali del fascismo, ecc., nella sua critica alle componenti borghesi del ventennio e dello stesso Partito Nazionale Fascista, alle abborracciate sintesi tra fascismo, nazionalismo, cattolicesimo, ecc., ad un certo razzismo biologico mal mutuato da quello tedesco, aveva pienamente ragione.
Ma resta il fatto che la sua "filosofia", pur non essendo anti, non poteva definirsi fascista, visto che il fascismo, di Mussolini soprattutto, era stato un fenomeno sociale e rivoluzionario del XX Secolo. Nel dopoguerra il pensiero di Evola venne recuperato da alcune correnti giovanili e successivamente, mentre l'infame spostamento a destra dei reduci del fascismo e la nascita del MSI, un partito tipicamente conservatore, non esprimevano alcun tipo di cultura, furono invece proprio le minoritarie correnti "evoliane" che presero a caratterizzare il neofascismo. Oggi, spassionatamente, possiamo dire che ci sono due aspetti da considerare: uno positivo ed uno negativo: positivo perchè il recupero, indicato da Evola, di una certa Sapienza Antica, integrava e precisava meglio, la stessa Dottrina del Fascismo, facendo assumere al fascismo stesso aspetti che superavano il solo piano sociale e reducistico.
Ma uno anche negativo, perché Evola, politicamente era rimasto alle caste, alle vecchie aristocrazie, oggi merce per scandali da rotocalco, a Metternich e, cosa peggiore di tutte, alla teorizzazione del male minore: ovvero la difesa di questo Stato antifascista e del cosiddetto mondo libero, come male minore rispetto al comunismo.
A parte il fatto che era invece proprio il "mondo libero" il vero nemico dell'uomo, mentre il comunismo era una utopia transitoria, con questa scellerata teorizzazione, si dava l'alibi ai farabutti che erano in servizio permanente effettivo dei nostri colonizzatori, degli atlantoidi operare anche attraverso una "scusante ideologica", che li portò demenzialmente a solidarizzare con l'OAS, con i "Berretti verdi" yenkee, e persino con Israele, visto quale «ultimo baluardo dell'uomo bianco nel vicino oriente»).
Fu così che, ad esempio, Ordine Nuovo, nato e sviluppatosi, all'insaputa di tanti suoi militanti (forse la parte migliore del neofascismo), dietro interessi delle strategie stay Behind, manovrato dal nostro Stato Maggiore, di fatto un appendice parastatale dei Servizi, non facendo politica in senso lato, come politica non fanno gli apparati di polizia e dei Servizi, ripiegò sul Centro Studi, sulla valorizzazione e divulgazione del pensiero tradizionale.
Ed anche qui possiamo trovare un lato positivo, perché questo pensiero integrava come abbiamo detto il fascismo (ma avrebbe dovuto appunto "integrarlo", non stravolgerlo) ed uno negativo. Negativo perché intanto quella introduzione di tradizioni nordiche, che si distaccavano dalle nostre tradizioni italiche, che non avevano un terreno, neppure etnico o di storia nazionale per sorreggersi, quel simbolismo di asce bipenne, rune e croci celtiche, non erano antitetiche, ma neppure appartenevano al fascismo.
Potevano e dovevano restare sul piano dello "studio", della considerazioni di certi ancestrali e comuni "filoni di civiltà", non farli assurgere come nuovi simboli e bandiere del politica del neofascismo.
Insomma, si da il caso che delle tradizioni, una religione, non si possono inventare dall'oggi al domani, o riesumare dal passato, perché sono stati esistenziali che fanno anche parte di determinati cicli cosmici.
Ed è andata così a finire che abbiamo visto la nascita di infatuazioni neopagane, in soggetti, per lo più giovani, che esprimevano una religiosità, pagana appunto, a parole, ma conducevano una esistenza, di fatto, sostanzialmente atea per finire, da "adulti", con mogli, figli e miserie borghesi a carico.
Altre infatuazioni si accesero sul piano degli studi esoterici, laddove certa "Sapienza", non a caso, era rimasta sempre celata dietro un linguaggio ermetico, simbolico. Resa, come purtroppo doveva essere resa, razionale e intellettuale nei tempi ultimi, anche grazie ad Evola e Guenon, comportava però seri rischi di "corto circuito" mentale, di infatuazioni deleterie.
"Calvacare la tigre" non era un libro per tutti e comunque la società non è fatta di soli "sacerdoti" e "guerrieri", ma di tante altre componenti umane e lo stesso fascismo come partito e come Stato, si caratterizzava come uno Stato nazional popolare, che al suo interno poteva coltivare una èlite, ma la cui specificità restava sempre patrimonio di tutti i cittadini, cimentati anche dal concetto di mutualità e di giustizia sociale.
Il fenomeno delle "sette sataniche" è forse uno degli aspetti più evidenti di questi pericolicirca la somministrazione intellettuale, soprattutto ai giovani di teorie e pratiche "esoteriche e magiche".
Ma nel neofascismo, certe infatuazioni, da "figli del sole", pervase da un certo "superomismo", di un razzismo darwiniano da selezione naturale del più forte, tutte infatuazioni queste che non avevano fatto parte del fascismo stesso, unite ad un certo anticomunismo viscerale, fomentato dalle forze reazionarie e dalle strutture atlantiche, amplificate da certe velleità di voler raggiungere il potere attraverso la destabilizzazione del Sistema, ha anche prodotto "mostri" che hanno ritenuto utilizzare la strage di cittadini inermi come mezzo che scusa il fine da raggiungere.
E ci fosse un reo confesso, oppure uno scampato alla giustizia, che ben sa quello che ha fatto o gli hanno fatto fare, magari un cultore di questo tradizionalismo, anzi del Bushido, che di fronte al sangue italiano sparso inutilmente, di fronte allo sputtanamento che hanno procurato all'immaginario collettivo del fascismo, si fosse fatto dignitosamente saltare le cervella! Quando mai! "Guerrieri" si, ma ben attaccati alla pelle, alla loro, ovviamente perche a quella di inermi italiani che hanno mutilato o ammazzato non ci tenevano di certo.
Tutto questo, oggi bisogna riconsiderarlo a freddo, spassionatamente, senza pregiudizi e soprattutto facendo chiarezza storica che inchiodi farabutti e criminali alle loro responsabilità. Lo dobbiamo proprio a quella rivoluzione fascista, stroncata dalla guerra, alla quale tantisi sono abusivamente richiamati.

 Maurizio Barozzi (29/10/2013)
 
 
Maurizio Barozzi  (19/10/2013)
 
Invitiamo a leggere attentamente questo studio di Marco Pirano e Stefano Fiorito: "L'estrema destra contro il fascismo", Lulu Editori 2013, € 4,76. Scaricabile anche on line: http://www.archivioguerrapolitica.org/wp-content/uploads/2013/09/Piraino-estrema-destra-contro-il-fascismo.pdf e da questo sito [L'estrema destra contro il fascismo]

Titolo alquanto forte, ma azzeccato, anche se noi non condividiamo tutto quello che vi viene riportato.
Lo studio prende in considerazione la specificità del Fascismo di Mussolini a cui, invece nel dopoguerra, si sovrappose quella specie di "destra radicale" definita Tradizionalista, emarginata durante il ventennio, che si rifaceva a Julius Evola.
Ne seguì uno stravolgimento totale del fascismo che era stato un tipico fenomeno del XX secolo che pur anteponendosi al socialismo marxista, alla democrazia e al liberismo, non rappresentava però un mero ritorno ad un passato oramai tramontato, a certe aristocrazie oramai morte, come, di fatto, si rifacevano idealmente i "rivoluzionari conservatori" di destra.
A questo si aggiunsero simbologie nordiche, quali croci celtiche, etc. che non troppo centravano con il fascismo e sua specificità italica. Fu così che la visione di una Stato nazional popolare quale specificità fascista, la sua visione di una società socialista, vennero accantonate, per sostenere demenziali riproposizioni di tematiche fuori tempo.
Se ne avvantaggiarono le forze reazionarie e conservatrici della nazione e i nostri occupanti statunitensi, perché il nuovo "fascismo di destra" era a loro confacente e utile. Fin qui, possiamo dire che l'analisi degli autori non fa una piega.
Non so quale sia la collocazione politica o ideologica degli autori, ma questo testo è molto importante. Anche se, come accennato, personalmente non lo condividiamo in pieno.
A mio avviso, infatti, a prescindere dagli aspetti propriamente iniziatici e di studi esoterici, Julius Evola ha avuto due grandi meriti: quello di dimostrare e rendere palese che certi riti e simbologie erano preesistenti al Cristianesimo ed alla stessa Massoneria e quello di qualificare il fascismo anche su di un piano "metastorico" integrandone e precisandone meglio i valori eroici e spirituali che lo caratterizzavano, attestandolo in tal modo in una dimensione che trascendeva i soli aspetti politici, reducistici e sociali.
Qui invece gli autori pongono in risalto gli aspetti divergenti tra la mistica fascista e la visione spirituale di Evola, mentre io invece credo che questi due aspetti, sicuramente divergenti al tempo, si sarebbero potuti conciliare.
Ritengo comunque che i concetti della "sapienza antica" evidenziati e rielaborati da Evola, ad esempio le attitudini umane innate, nella classica divisione sacerdoti, guerrieri, mercanti e lavoratori, davano alla stessa dottrina del fascismo e agli studi della mistica fascista, dei punti di riferimento importantissimi, decisamente superiori alle fallaci interpretazioni "sociali" e psicanalitiche dell'uomo.
Non entro negli aspetti "iniziatici" ed "esoterici" che ad esempio hanno diviso partigiani di Evola e di Reghini, con la sua Tradizione Italica, nordico germanici contro "italici", sia perché non è il mio campo e sia perché da quel poco che posso capire queste due visioni tradizionali sono perfettamente compatibili e integrabili.
E neppure entro nelle annose diatribe tra evoliani e gentiliani, perché ritengo che ci siano ragioni e aspetti positivi in entrambi questi indirizzi ideologici.
Di certo, e qui divergiamo dagli autori, possiamo dire che molte critiche avanzate da Evola a un certo fascismo sciatto, borghese, retorico, arrabattato, possono essere condivise. Comprese quelle alla improvvisata legislazione "razziale".
A mio avviso, però, la visione di Evola, mutuata da una antica conoscenza sapienziale, doveva costituire, più che altro, una "indicazione di riferimento" a cui, in un certo senso, lo stesso fascismo si era rifatto, potendo dirsi che il fenomeno fascista rientrava in quelle affermazioni storiche della Tradizione.
Questo perchè, il fascismo, era anche una affermazione del XX secolo, il secolo delle masse, e quindi certi prìncipi li aveva meravigliosamente adattati ai nostri tempi attingendo e adeguandosi anche, seppur superandole, a quelle trasformazioni storiche come la Rivoluzione francese e il Risorgimento, che sono state manifestazioni sovversive rispetto al "mondo della Tradizione". Questa negazione di un "ritorno al passato" era stata più volteevidenziata proprio da Mussolini.
I tempi di certe "Aristocrazie" erano oramai finiti: ora i "nobili" sciamavano e sperperavano nei Casinò e nelle stazioni termali e le nuove aristocrazie potevano riconoscersi solo nella rivoluzione e nelle trincee. Non aveva senso attaccarsi alla visione della "discesa" che dalle civiltà solari era finita nelle democrazie e quindi nel kalìyuga, per farsi partigiani di quello che c'era prima, ad esempio la Vandea, rispetto a quello che era venuto dopo. Occorreva andare comunque avanti.
Si dà il fatto, invece, che il pensiero di Evola, sconfinando sul piano politico, non solo era chiaramente reazionario, ma come molti avevano fatto notare era rimasto a Donoso Cortes e Metternich. Evola, che oltretutto, mai aveva aderito al Fascismo, ma soprattutto non aveva aderito alla RSI, ritenendone il suo portato repubblicano e socialista, contrario alla sua visione gerarchica e Monarchica dello Stato in cui, praticamente, aveva come riferimento ideale i tempi delle caste.
Per fare un esempio, la costituzione dello Stato organico, propugnata anche dal fascismo, applicando in toto la visione di Evola, finiva per vagheggiare delle Gerarchie, condivisibili dal punto di vista teorico, ma non realizzabili nei tempi moderni. Tanto è vero che Mussolini, così come riconobbe in repubblica, che il Corporativismo (tanto caro ad Evola che ne vedeva una specie di "ritorno alle società feudali"), senza la socializzazione (mal vista invece da Evola) era facilmente piegabile dal padronato per i suoi interessi; così le stesse nomine dall'alto delle Gerarchie avevano palesato molte disfunzioni e malaffare, per cui in RSI si propose un sistema misto tra nomine dall'alta ed eleggibilità che garantisse anche la dovuta e necessaria critica dell'opinione pubblica.
Ma l'aspetto peggiore di questa visione reazionaria lo si riscontra nelle sue conseguenze politiche: nonostante che dottrinalmente Evola avesse ben inquadrato gli aspetti negativi e nefasti sia del bolscevismo che dell'americanismo, politicamente finì per elaborare una specie di graduazione del "male minore" che induceva a parteggiare per il cosiddetto "mondo libero" onde contrastare il comunismo. E per gli americani, nostri colonizzatori, in primis.
A parte il fatto che questo "mondo libero" tutto era meno che preferibile ad alcunché, si creava anche un alibi per giustificare connubi e collusioni con l'Occidente che invece era proprio il principale "nemico dell'uomo" e del fascismo, distruttore della dimensione spirituale dell'esistenza, essendo il comunismo, nella sua attuazione pratica, una utopia irrealizzabile nella condizione umana e quindi una dimensione, una "nomenklatura" per quanto violenta e criminale, del tutto fittizia e transitoria.
Questo impedì ad Evola, a differenza dei fascisti della FNCRSI, di parteggiare per i Vietcong, Guevara i popoli arabi, ecc. da lui, stupidamente visti, come "comunisti".
Fatto sta che gli "Orientamenti" di Evola, presi alla lettera e trasposti in politica, furono anche funzionali alla reazione e un alibi per chi operava, sotto dettatura Atlantica, di fatto in senso antinazionale. Non solo questo pensiero, unito al missismo, ebbe una sua parte nella moda del disgustoso fenomeno dei "fascisti pariolini", ma produsse anche gli ammiratori dei "mercenari", mercenari loro stessi in servizio permanente effettivo di "chi di dovere".
Questo, ovviamente, non toglie, che sul piano personale, interiore, gli studi, le ricerche e i princìpi evidenziati da Evola, come del resto da Guenon, hanno una loro importanza.
Ma anche qui entriamoin un campo delicato che dovrebbe appunto essere riservato a chi ne ha le qualifiche personali per percorrere certi "pericolosi" cammini iniziatici o "magici".
Il "cavalcare la tigre" non è per tutti.
Noto è, infatti, che questa Sapienza è sempre stata nascosta dietro linguaggi allegorici e simbolici, perché la sua divulgazione, al di fuori di regolari scuole iniziatiche, era pericolosa dal punto di vista esistenziale. Poteva provocare corto circuiti mentali e invasamenti o infatuazioni pericolose.
Anche una certa tendenza a propagandare il "paganesimo" e certe religioni nordiche, fuori da certi studi, non era molto "salutare", perché, oltre che essere anche qui un "fatto personale",le religioni non si riesumano fuori tempo, essendo legate a certi cambiamenti cosmici.
Abbiamo visto quanti "figli del sole", pagani a tutto tondo, erano in realtà degli atei mascherati che dopo qualche decennio da invasati si sono ben integrati tra famiglia e miserie quotidiane, con buona pace di Wotan ed Odino.
Ma c'è un altro aspetto molto delicato e inquietante, sul quale non vogliamo dare giudizi affrettati, ma di certo lascia a pensare.
È oramai accertato, anche in sede giudiziaria, che Ordine Nuovo, forse il gruppo più impregnato di "evolismo", spesso all'insaputa di tanti militanti in buona fece, ha avuto esponenti che si sono dedicati allo stragismo.
Tanto per cominciare, come dobbiamo interpretare questo scritto che troviamo in un bollettino interno del Centro Ordine Nuovo, o meglio il Quaderno n°1 (riportato anche in G. De Lutiis, "Il lato oscuro del potere", Editori Riuniti 1996)?
Il saggio era significativamente titolato: "La guerra rivoluzionaria". In esso è scritto:
«Per la conquista totale delle masse la dottrina della guerra rivoluzionaria prevede, oltre che il ricorso alla azione psicologica, il ricorso a forme di terrorismo spietato ed indiscriminato. Si tratta cioè di condizionare le folle non solo attraverso la propaganda ma anche agendo sul principale riflesso innato presente tanto negli animali quanto nella psiche di una grande massa: la paura, il terrore, l'istinto di conservazione.
Occorre determinare tra le masse un senso di impotenza, un senso di acquiescenza assoluto un rapporto all'ineluttabile destino di vittoria delle fazione rivoluzionaria. Inoltre, il terrorismo su larga scala attuato tra le fila delle forze incaricate della repressione del movimento rivoluzionario genera sempre disagio, stanchezza, insicurezza, determinando così condizioni favorevoli alla propaganda disfattista.
Una attività terroristica di questo genere tende anche ad esasperare l'avversario per costringerlo ad azioni di rappresaglia sempre odiose ed antipopolari, anche se giuste e che pertanto, alienano il favore e la simpatia di larghi strati della popolazione. Abbiamo accennato al terrorismo indiscriminato e questo concetto implica, ovviamente, la possibilità di uccidere, o far uccidere, vecchi, donne e bambini. Queste forme di intimidazione terroristica sono, oggi, non solo ritenute valide, ma, a volte, assolutamente necessarie per il conseguimento di un determinato obiettivo».
Certo che per chi criticava la guerra gappista partigiana, vigliacca, queste tesi non è che fossero tanto edificanti.
Peggio ancora scrive il giudice Guido Salvini, forte di testimonianze e prove: «Ordine Nuovo ha compiuto molti attentati prima e dopo il 12 dicembre (Piazza Fontana)».
Bisognerebbe ora chiedersi: ma come hanno potuto persone che si definivano fasciste uccidere e mutilare altri italiani?
È difficile dare una risposta che vada al di là del machiavellico «il fine giustifica il mezzo», per il quale certi farabutti si sono auto assegnati il compito di "correggere" e "migliorare" il mondo con ogni mezzo.
Ma lo stesso giudice Salvini da anche una risposta significativa, egli scrive:
«Nei discorsi che si tenevano nella libreria padovana di Freda e nel sentire dei suoi militanti, si parlava infatti dell'uomo "indifferenziato" e quindi dei comuni civili, come semplici bipedi che potevano essere sacrificati per realizzare il "Nuovo Ordine europeo" appunto».
Se questo risponde al vero e se gli stessi che facevano questi discorsi, sono gli stessi che facevano anche i bombaroli, dobbiamo allora ritenere che il pensiero di Evola, ma non solo lui, oltre all'anticomunismo viscerale e filo atlantico, ha anche prodotto "mostri" a dir poco ripugnanti.
Non vogliamo teorizzare nulla, ma abbiamo il sospetto che, in genere, il vigliacco criminale che depone una bomba è un sicario senza scrupoli, ma in politica, conta di più anche il mandante e questi assume spesso le vesti di un esaltato e se a questo ci aggiungiamo soggetti che, magari senza averne le dovute qualifiche, si sono dati a pratiche esoteriche, a studi iniziatici a cui un mal digerito pensiero "tradizionale", suo malgrado, può portare, e al contempo fanno politica, allora la miscela può diventare veramente "esplosiva".
Lungi da noi l'intento di criminalizzare il pensiero Tradizionale, al quale anzi in molti aspetti ci riconosciamo, ma ci sono tanti aspetti politici e non da considerare con attenzione.
Questo studio di Pirano e Fiorito "L'estrema destra contro il fascismo", apporta sicuramente un certo contributo politico ed ideologico.
Non è indispensabile che lo si condivida in tutto o in parte. Del resto ci manca la controprova di che cosa sarebbe accaduto se il neofascismo, nel dopoguerra, avesse emarginato il MSI e suoi dirigenti, magari riempiendoli di botte, visto ciò che rappresentavano, e si fosse attestato sui principi del fascismo Mussoliniano, su la sua visione sociale, da trasformare in richiami di lotta per la socializzazione e una società socialista, su la sua irrinunciabile e irriducibile premessa di essere il difensore e il realizzatore degli interessi nazionali. Ergo un neofascismo che sarebbe sceso nelle piazze a manifestare contro la Nato, a combattere la società americanista e contro il Vaticano.
Non lo sappiamo, ma siamo certi che, tanti burattinai dei Servizi e delle Caserme avrebbero avuto molta difficoltà a reclutare manovalanza e il gioco infame degli opposti estremismi avrebbe avuto molte difficoltà a perpetuarsi.
Il neofascismo invece, quello della destra radicale, evoliana, se si sono salvati alcuni singoli esponenti, molti di ottimo livello culturale, per il resto,questo è certo, è letteralmente finito nella merda.
Maurizio Barozzi   

                                                                                                                                       

mercoledì 15 ottobre 2014

UN TRIBUNALE CHE NON GARANTISCE UN GIUSTO PROCESSO

Blog politicamente scorretto contro la dittatura del pensiero unico. E. LONGO

UN TRIBUNALE CHE NON GARANTISCE UN GIUSTO PROCESSO


 Oggetto e motivi dell' istanza di trasferimento del processo ad altra sede , diversa dal tribunale di Pordenone. 
I
 motivi dedotti a suffragio della presente istanza sono tratti dalla vicenda giudiziaria in oggetto e dalla illegittima e perdurante limitazione alla libertà personale patita dal ricorrente.
Per esporre le ragioni per le quali si chiede la celebrazione di questo processo in altra sede, ritenuta idonea a soddisfare le garanzie di giusto processo e terzietà del giudice, si prenderanno le mosse dall’ ultima ordinanza di diniego alla revoca della custodia cautelare domiciliare emessa da questo tribunale – in ossequio ad una deprecabile giurisprudenza casereccia – e impugnata avanti al tribunale distrettuale della libertà .
Il tribunale della Libertà, accogliendo il ricorso del sottoscritto, ha annullato la impugnata decisione, concordando sulle preoccupate argomentazioni del difensore in materia di legalità a rischio .
I due ricorrenti – il sottoscritto e altro coimputato - avevano impugnato una ordinanza emessa dal tribunale di Pordenone che, nonostante una interminabile detenzione domiciliare degli stessi, senza prove d’ accusa, respingeva una richiesta, dopo oltre un anno , di revoca degli arresti domiciliari. Il Giudice del tribunale di Pordenone motivava la sua decisione sostenendo la aberrante ed allucinata tesi della inutilità ed irrilevanza della sofferta misura cautelare detentiva, ai fini di una revoca della stessa.

L’ avvocato Longo impugnava questa ordinanza avanti al tribunale della Libertà che accoglieva il ricorso e rimetteva in libertà i due ricorrenti. La motivazione è a tutt’ oggi riservata, ma merita una ampia segnalazione perché ha caducato una ambigua giurisprudenza invocata pretestuosamente da molti tribunali poco rispettosi dei diritti di libertà , fra i quali primeggia ( purtroppo ) il tribunale di Pordenone.

Per il tribunale della Libertà di Trieste non è quindi  vero – come millantava il tribunale di Pordenone con un genere di ordinanze- fotocopia invalse in questa sede giudiziaria - che la difesa non abbia evidenziato motivi obiettivi fondati la richiesta e successivi alla prima determinazione della misura in essere : essi sono invece il decorso del tempo, la buona condotta tenuta dagli  imputati.

Tutte queste, oltre ad una doverosa ri-valutazione – dopo oltre un anno di domiciliari - della scarsa incisività del quadro accusatorio già svolta dal tribunale distrettuale della libertà con la ordinanza con cui aveva modificato la misura della custodia detentiva con quella degli arresti domiciliari, sono circostanze che hanno un certo pregio, nonostante la discutibile giurisprudenza contraria cui si richiama il Giudice , in modo per inciso acritico e non motivato.
Una giurisprudenza contraria ai principi di legalità.

Il punto di doglianza fondante si appunta , proprio, sulla genericità del richiamo a questa discutibile giurisprudenza, che qui si intende per varie ragioni confutare.
La tesi della inutilità della sofferta misura detentiva ai fini della revisione della presunta “ pericolosità “ alla radice di siffatte misure, è alquanto discutibile e così come concepita ed applicata cozza contro i fondanti principi del giusto processo.

Una acritica recezione di detta giurisprudenza – applicata in genere fuori di misura anche  dalla sede giudiziaria di Pordenone – è, a ben vedere, la causa principale di quella aberrante situazione che ha additato il nostro Paese , a livello internazionale e comunitario, come nazione incivile e che applica in modo illegittimo ed abnorme l’ istituto della custodia cautelare e sul cui abuso più e più volte lo stesso presidente della repubblica, come capo della magistratura e garante della legalità , si è più volte soffermato.

Le distorsioni del sistema giudiziario e le involuzione illiberali non nascono dal nulla , ma derivano da errate ed aberranti applicazioni di principi giuridici e nel caso di specie è evidente fuor di misura che la errata giurisprudenza richiamata nella impugnata ordinanza è la causa principale del notorio abuso della custodia cautelare in Italia.

Le distorsioni del sistema giudiziario e le involuzione illiberali non nascono dal nulla , ma derivano da errate ed aberranti applicazioni di principi giuridici e nel caso di specie è evidente fuor di misura che la errata giurisprudenza richiamata nella impugnata ordinanza è la causa principale del notorio abuso della custodia cautelare in Italia.
Violazione del principio di legalità e di gradualità.

Prima di tutto, un tanto vanifica il concetto normativo del minimo e del massimo di applicazione di una misura cautelare.

Di fatto, tale interpretazione svuota di senso tale previsione normativa, perché di fatto appiattisce sul massimo previsto ogni forma di misura cautelare.

Così facendo, il giudice finisce con l’ emettere un giudizio “ prognostico “ ( e come tale opinabile e variabile ) una sola volta, all’ inizio della sanzione, rendendo vano il decorso del tempo e il suo rapportarsi ad una graduazione della misura, prevista dall’ ordinamento stesso.

E’ evidente, quindi, che tale acefala giurisprudenza va contro il principio equilibratore della gradualità, cardine fondante di ogni misura limitatrice della libertà personale.

Tale principio si esplica non solo ab origine nella scelta graduale della misura coercitiva, ma anche durante la fase della esecuzione della stessa, in virtù proprio della previsione normativa di un minimo e di un massimo della misura, entro i cui poli deve essere nel concreto graduata la misura.

E’ fatto obbligo al giudice ri – valutare la sanzione inizialmente irrogata, perché il fattore tempo – con la scansione dei fatti che porta ineluttabilmente con sé, è previsto come rilevante dalla norma proprio per la sua intrinseca previsione di fasce oscillanti di durata.
Violazione della presunzione di innocenza e anticipazione illegale di condanna.

Il criterio – scriteriato , nel senso etimologico del termine, perché proprio non ancorato a dei presupposti logico giuridici, come richiesto viceversa dal ricorso del sottoscritto – qui impugnato, viola anche contro il principio di legalità, in quanto, di fatto, appiattisce la misura cautelare personale, delicata ed opinabile, in quanto agganciata a criteri meramente prognostici al concetto di pena definitiva, giudicata, immodificabile, irreversibile.

Il che è raccapricciante : di fatto, un cittadino, ancora non giudicato e non colpevole anche formalmente , viene sottoposto ad una misura cautelare ( che concettualmente è appunto il contrario logico di una pena detentiva, ma è una valutazione ipotetica in cui la prudenza a favore della sicurezza sociale non può essere disgiunta dalla prudenza nella coercizione della libertà di un cittadino che non è ancora stato giudicato ) che, una volta applicata, rimane costante fino al suo spirare massimo, il che parifica una “ ordinanza “ in materia di libertà personale – opinabile e rivedibile – al concetto di sentenza passata in giudicato.  Liberando così il giudice dal dovere morale e giuridico di valutare se, dopo un anno di tempo, come nel caso di specie, siano maturati fatti – come il decorso non problematico della esecuzione della misura – atti ad affievolire la prognosi nefasta cogitata all’ inizio.

Una giurisprudenza che istiga a delinquere = violazione al principio di proporzionalità.

Raccapricciante è anche il fatto che non si considerino i fatti addotti dalla difesa come meritevoli di affievolimento/revoca della misura rilevanti e degni di considerazione :  Come si può pensare di valutare un affievolimento di “ pericolosità “ , quando il soggetto in verifica trovasi in misura cautelare , se non attraverso una valutazione della sua condotta ?

Ma allora, se una persona si comporta bene, non viola gli obblighi, patisce una custodia domiciliare interminabile per un fatto di accusa tutto sommato ( come dice il tribunale della Libertà ) non grave ai fini del calcolo di una pericolosità trattandosi di fatto non reiterato , ma ad evento unico, di scarsa fondatezza probatoria, con un imputato che non ha un quadro penale antecedente  , dovrà stare agli arresti fino alla scadenza del massimo edittale, come se la sua condotta fosse quella di un colpevole che ha violato i doveri imposti dalla custodia ?

Perché questo è l’ esito aberrante di tale tesi : se una persona rispetta gli obblighi della custodia, magari anche lavorando correttamente senza violarli, dovrà scontare fino la massimo previsto la custodia, e se invece, viola gli obblighi della stessa…. Sarà trattato alla stessa guisa, poichè più del massimo non potrà scontare..

Si vede quindi che questa tesi è aberrante, perché viola il principio di legalità e di proporzionalità, parificando tutte le condotte a quelle criminali .

Questa tesi è stata ampiamente criticata e respinta dal medesimo tribunale della Libertà che ha annullato la misura in atto disposta dal tribunale di Pordenone.

Purtroppo questo genere di giurisprudenza aberrante ha trovato da molti anni sistematica ed acritica applicazione presso il tribunale di Pordenone, in quanto  si ha ragione di ritenere essere stata letteralmente imposta a tutti i giudici penali  della relativa sezione penale. Non è possibile, infatti, che tutti giudici di questo tribunale, di fronte a svariati e diversi casi al loro esame, emettano sempre questo genere di ordinanze monolitiche, esponendo sempre i soliti discutibilissimi ed illegittimi concetti, senza varianti alcune, neanche sintattiche o concettuali.


Come si è visto, è una giurisprudenza illegale,  che rende del tutto inidoneo il tribunale di Pordenone, alla sua funzione giudicante, a giudicare di imputati che ha già gettato ai ceppi in via indeterminata ed illegittima in forma cautelare : in realtà, in questo modo il tribunale che opera così  finisce  sempre con il pronunciarsi, anticipatamente ad ogni giudizio, con un giudizio preventivo di condanna nei confronti degli imputati, chiunque siano, e ciò con buona pace del principio della presunzione di innocenza, di terzietà del giudice e di giusto processo.

E questo corollario che discende dalla applicazione scriteriata a tempo indeterminato delle sanzioni cautelari di ambito detentivo è evidente ed intuibile : giammai un siffatto tribunale potrà poi esprimersi imparzialmente nei confronti di questi imputati illegalmente privati della libertà a tempo indeterminato, per una ovvia ragione : se avesse poi ad assolverli, chi potrà esimere siffatti giudici dal risarcire poi i danni per ingiusta detenzione ?
E’ evidente quindi che il primo strappo alla legalità attraverso un abuso indiscriminato della carcerazione cautelare, porta con sé altri abusi, fra cui quello del capovolgimento del principio di innocenza che viene trasformato in un principio di condanna fatale dell’ imputato , onde allontanare dall’ ordine giudiziario il rischio che, mediante assoluzioni in primo grado, possa aprirsi il pericolo di dover risarcire detti imputati per la ingiusta detenzione.

Concettualmente e nella prassi di questo tribunale, la misura cautelare, lungi da essere considerata nei limiti di legalità imposti dalla legge e  non  rispettati, diviene così null’ altro che una sorta di anticipazione della esecuzione di una condanna penale, che, lungi da ogni criterio di legalità, viene già scritta in anticipo.
La logica (? ) di questo genere di applicazione illegittima dell’ istituto è quella di bypassare ogni norma processuale e sostanziale [1] a favore dell’ imputato e di rendere esecutiva subito una condanna  penale già scritta e senza attendere i tre gradi di giudizio previsti dalla legge.

Insomma : come gli sceriffi del far – West e con buona pace dello stato di legalità repubblicana.

Questo genere di prassi illegittima funziona solo come deterrente o per assumersi responsabilità penali che l’ imputato non ha – come nel caso di specie – facendogli credere con la coazione di una carcere “ preventivo” lungo ed illegale che così almeno risparmia un po’ di pena finale ineludibile, oppure per coartarlo a  chiamate di correità infondate e coercitive, come acutamente sottolineato dallo stesso tribunale della libertà di Trieste nella citata ordinanza.

In ogni caso, è evidente che la legalità appare sepolta, come pure ogni forma  e sostanza di giusto processo.
Si aggiunga anche che, se pure il giudice del dibattimento è coinvolto in queste argomentazioni non conformi a legalità con ordinanze o decisioni che le confermino, il sospetto di incompatibilità ambientale  e di mancanza di presupposti per un giusto processo appare più che legittimo e fondato.

Del resto, se ad assolvere  imputati vittime di questa prassi giudiziaria illegittima  fosse un giudice territoriale di primo grado, si verrebbe ad incrinare la stessa prassi monolitica dell’ abuso della carcerazione preventiva, invalsa monoliticamente da anni e anni anche presso il tribunale penale di Pordenone.

L’ ipotesi, quindi, di una sentenza di primo grado che non sia condizionata in termini accusatori e colpevolisti, appare quindi altamente improbabile e chimerico, alla luce delle argomentazioni dianzi svolte.
P
er questa ragione, il sottoscritto ricorrente, che è stato vittima di questa mala prassi giudiziaria, ritiene a buon diritto che, in ogni caso, avanti a qualsivoglia giudice di questa piccola realtà giudiziaria, verrebbe al sottoscritto precluso quel giusto processo con giudice terzo che è imposto dalla Costituzione.

Non v’ alternativa, per il rispetto della legalità, che lo spostamento di questo processo ad altra sede giudiziaria, ove non possa riproporsi quel corto circuito di  consuetudini giudiziarie  non legittime  che nuocciono alla serenità del giudizio.

Vi è anche un altro motivo  che rende fondata questa istanza ed è stato sviscerato perfettamente dalle premesse del tribunale della Libertà nella citata ordinanza di annullamento.

Il punto riguarda la circostanza della anomala durata – oltre un anno – della misura cautelare domiciliare e una stranissima scansione di eventi  giudiziari che , di fatto, hanno bypassato la scadenza dei sei mesi di durata, trasformandola di fatto in eterna .

Ma leggiamo come illustra questa strana ( casuale o causale ? ) anomalia il tribunale della Libertà :


In altre parole, alle soglie della scadenza della misura, anziché disporre l’ udienza preliminare dovuta ex lege, la procura ha disposto citazione diretta in tribunale, evitando così il venir meno della misura.

All’ udienza poi, nessuno ( né gli avvocati, né il pubblico ministero, né il medesimo Giudice ) si è accorto che il decreto di citazione era nullo perché aveva bypassato l’ udienza preliminare.

Si è svolto invece un certo pressing per spingere gli imputati ad accedere a riti alternativi, con conseguente venir meno della esperibilità di detta eccezione di nullità e con la conseguenziale sanatoria della stessa.

E con il reiterarsi, ad infinito, di altri sei mesi di carcerazione domiciliare….
.
E’ chiaro che anche questa anomalia, di cui è difficile trovare spiegazione, motiva ampiamente la richiesta di trasferimento del processo ad altra sede non incompatibile ed in grado di garantire un giusto processo.
Tutto ciò esposto, considerato ed eccepito si formula
richiesta di rimessione
ad altro distretto giudiziario ex art. 11 cpp  del presente  procedimento per le ragioni qui ampiamente illustrate.  Con declaratoria di nullità di tutti gli atti processuali emessi dal tribunale di Pordenone e susseguenti alla citazione diretta emessa illegittimamente dal pubblico ministero, e relativa remissione in termini del ricorrente ad ogni attività difensiva preclusasi nell’ ambito della pregressa fase.
Si chiede la immediata trasmissione della presente istanza alla Suprema Corte di Cassazione, come previsto dalla legge , e sotto pena di nullità della emananda sentenza.
Il sottoscritto ……………………………………………..nomina l’ avvocato Edoardo Longo anche difensore presso il sub procedimento di remissione avanti alla Corte di Cassazione attivato con la presente istanza , conferendo al difensore ogni più ampia potestà difensiva ed incaricandolo anche dell’ inoltro formale del presente atto di remissione.
Pordenone, 05/09/2014
In fede,  sottoscrive il sig…………………………………
[ Si ritiene di un qualche interesse giuridico la pubblicazione di questo ricorso alla Suprema Corte di Cassazione per i temi giuridici che in esso sono dibattuti, di estrema attualità. Per intuibili ragioni di privacy sono omessi i nomi dei ricorrenti ed altri dati ].
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domenica 12 ottobre 2014

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