venerdì 18 settembre 2015

L’OSTETRICA DELL’ISIS

L’OSTETRICA DELL’ISIS




…Nel suo nuovo libro di rivelazioni “I File di WikiLeaks”, presentato in questi giorni alla Tv RT, il fondatore di WikiLeaks Julian Assange dedica un intero capitolo alla Siria con informazioni risalenti al 2006, quando ancora nessuno poteva immaginare che sarebbero esplose, di lì a poco, le Primavere Arabe.
Durante la trasmissione “Going Underground” di RT, Assange rivela il piano di Washington mirato a rovesciare il regime di Bashar al-Assad, programmato molto prima del 2011. Un piano contro il governo di Damasco che poco c’entra con l’apparente rivolta spontanea del popolo siriano….
Nulla di nuovo se non la riprova che la “democratica” America è la chiave di volta di manovre a dir poco scorrette per piegare la politica mondiale ai suoi interessi oppure, come in questo caso, a quelli dello stato sionista di Israele che aveva nella Siria di Assad uno dei suoi principali nemici ed antagonisti in medio oriente!
Perché, guarda caso, ogni volta che Israele ha un nemico, anche se esso vuole solamente difendere i diritti di un popolo dalle mire imperialiste di Israele che mira all’obiettivo espansionistico della “Grande Israele” ( come apertamente dichiarato in passato dai sui maggiori esponenti politici ) l’America democratica e pacifista si trova SEMPRE al suo fianco nel perseguire politiche di oppressione, di sterminio e di genocidio.
Vedi Palestina…!!
D’altronde è logico che in uno stato come l’America, dove solo il dio denaro conta ed ha valore, sia fortissima l’influenza politica di chi, come il sionismo, ha sul denaro un grande controllo..
Né la grande America guarda e si cura delle disastrose conseguenze come ha fatto in Iraq, come ha fatto in Afganistan, come ha fatto in Libia e come sta facendo in Siria dove la rivolta contro Assad si è servita degli estremismi tra sciti e sunniti ed ha fatto nascere il “Califfato dell’ISIS” che sta ora imperversando in tutto il mondo e che ha messo in pericolo la stessa Europa..!
Il che dimostra che oltre ad avere tanto pelo sullo stomaco gli americani sono pure un poco cretini dato che le conseguenze delle loro azioni sono spesso, alla lunga, negative anche per loro stessi..!!
Quanto poi ad Israele che in questo caso è stato l’ispiratore e l’istigatore, nemmeno tanto nascosto, di questa azione, ai sionisti non frega un cavolo del resto del mondo dato che loro sono “i prediletti da Dio”, sono “habram” e cioè “Uomini” mentre il resto dell’umanità è ”Goym” e cioè “animali”…!!!
Ad entrambi, America ed Israele, auguriamo di finire nello stesso modo in cui essi hanno fatto finire i loro nemici: distrutti per sempre..!!

Alessandro Mezzano
                                                                                                                        

giovedì 17 settembre 2015

RADIO TIRANAUNO...



Ci risiamo (anzi,non si è mai smesso) : non appena gli eventi della politica nazionale ed estera richiedono un sostegno mediatico,Radiouno corre in prima linea !!
Con la forza delle trasmissioni 24h,condotte generalmente da buoni "mestieranti",si martella la testa degli ascoltatori con un'informazione quasi esclusivamente di parte e molto,molto lacunosa...pur se subdolamente mascherata come "servizio pubblico" e pure "pluralista".
Sono io (e tanti altri) esagerato e fazioso ?  Sottopongo ai lettori queste mie considerazioni,poi decidano loro...
Dove entrano istituzioni e partiti (praticamente tutto)...ascoltate le trasmissioni che ospitano politici,opinionisti,economisti ed esperti vari...(sindacalisti compresi) : rappresentano "tutti" una qualche formazione politica sempre presente in parlamento o fanno riferimento a correnti e correntine varie che ambiscono ad entrarci !!
Peccato che,attualmente,quasi (o più) della metà degli italiani (me compreso) non votino !! Per decine di motivi diversi...ma non votano !! Piú che altro per  assoluta e crescente sfiducia nelle istituzioni e nei partiti...dico il falso ?
Ebbene,qualcuno ha mai sentito a Radiouno un qualunque ospite, intervistato su qualsivoglia tematica,dichiararsi "astensionista" o magari singolo rappresentante di questa decina di milioni di cittadini italiani ??
Io,mai...e voi ??
Come è possibile che un "servizio pubblico" ignori volontà,esigenze,aspettative di quanti non credono piú nella partitocrazia imperante (pure in Rai) ??
Possibilissimo,avviene "minuto per minuto" (mi perdonino gli ottimi,innocenti  conduttori di trasmissioni sportive e musicali fuori discussione)...basta seguire l'informazione per un paio di ore,poi balza evidente !
Idem,se addirittura non in maggior misura,per tutto ciò che è "Europa" comunitaria,quella di Bruxelles...che decide tutto su tutti,anche sui cetriolini !!
A fronte di un 60% di europei che non votiamo,più milioni di "euroscettici" che sono ostili alla UE,gli ineffabili conduttori delle varie trasmissioni ci presentano il regime UEista (tale sicuramente è per milioni di persone) come il paradiso in terra,la panacea di tutti i mali e l'unica speranza possibile per il futuro d'Europa.
Ospitando si,perché rappresentati in parlamento,pure "euroscettici" di casa nostra (cui non credo per nulla) ma rovesciando sui "populisti" nostrani ed esteri (che di UEismo non vogliono sentir parlare) tonnellate di offese ed insulti che vanno dallo "xenofobo" al "razzista" e pure "nazista"!!
Tutto,rigorosamente,senza alcun diritto di replica o rappresentanza....!!
Quanto sopra ancor più reso evidente da queste giornate di esodo di decine di migliaia di profughi,veri o presunti che siano.
Dimenticando (perché amici strettissimi ideologicamente) i muri eretti dagli Usa e da israele,Radiouno ha cavalcato,via inviati speciali,la caccia ad Orban ed alla Ungheria per la costruzione del muro (??) con interventi lacrimevoli e feroci nel sottolineare l'atteggiamento brutale e "nazista" del governo ungherese...
Qualcuno ha potuto ascoltare alla radio nazionale una sola intervista diretta all'ambasciatore,ad un ministro,ad un esponente di Jobbik (partito vituperato di estrema destra) o ad un solo difensore di Orban ?? Per i giornalisti Rai non esistono....questa la verità !!
La Siria e tutte le tragedie che la riguardano : chiamano tutti,esclusi i legittimi (anche per l'Onu,non solo per Putin) esponenti del governo siriano...mai uno qualunque di quanti,pur presenti,si spendono per Assad su internet...non a Damasco,qui in Italia e con nome e cognome.
Insomma,spero di aver reso l'idea :
RadioTiranauno trasmette sempre la stessa musica !! ...e non è balcanica


Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello 


                                                                                                                                               

domenica 13 settembre 2015

SIRIA: NON SOLO I PROFUGHI

SIRIA: NON SOLO I PROFUGHI

...sono il problema !!
Con l'immagine sconvolgente del piccolo Aylan tutti abbiamo avuto sbattuto in faccia il dramma dei profughi siriani in fuga dalle loro città e del loro peregrinare per mari e monti,destinazione Germania.
Le posizioni su questo dramma (unito a quelli di altre nazioni da dove si scappa pure per fame) sono piú o meno risapute da quanti leggono questa mia riflessione...uniscono o dividono l'opinione pubblica sull'onda delle emozioni e delle varie opinioni politiche di ciascuno di noi....e su questo,sorvolo.
Ritengo sia preminente porre l'attenzione su quanto accade in Siria e sui riflessi futuri di ciò che potrebbe accadere...,argomento che (generalmente) i media principali evitano di analizzare e sottoporre al loro (numericamente) grande pubblico.
Per non ingenerare timori piú che sacrosanti,visto il pericolo che realmente esiste di un cataclisma militare,politico e sociale di enormi proporzioni.
Oggi,in Siria,la situazione è questa : circa 1/5 del territorio è effettivamente sotto controllo dell'esercito governativo di Bashar al Assad,ma è la parte più popolosa della nazione..la piú produttiva (almeno lo era) e quella con le migliori infrastrutture industriali e sociali.
La capitale Damasco,patrimonio storico dell'umanità,è fortemente a rischio di cadere nelle mani dell'azione congiunta Isis-AlNusra-ribelli (che ne controllano alcuni sobborghi) qualora le linee di difesa governative cedessero.
Sarebbe una ecatombe di militari e civili,basti guardare cosa accade ad Aleppo (ex seconda città piú importante) dove i due fronti di scannano da anni per averne una minima idea.
Un'altra parte della Siria (ancora minore,ma pure densamente popolata) è controllata dal fronte eterogeneo AlNusra-ribelli,all'epoca armato e finanziato dagli Usa e dai paesi europei con la scusa delle "primavere arabe". Senza il determinante sostegno degli occidentali,dell'Arabia Saudita e degli Emirati sarebbe stato spazzato via già nel 2011 e non ci si ritroverebbe in questa situazione.
Sempre una consistente parte del territorio siriano (ai confini con Turchia ed Iraq) è sotto controllo dei Curdi,spesso alleati degli Assad,la cui fama di combattenti non abbisogna di delucidazioni.
Oggi combattono per la sopravvivenza contro l'Isis (e la Turchia).
Lo Stato Islamico,sorto e dilagato in soli tre anni,controlla gran parte della Siria,risorse energetiche comprese,però con territorio desertico e scarsamente popolato.
A parole,e con qualche bomba sganciata dagli aerei della #coalizionecrociata (con aggiunta di alleati musulmani),lo combatte tutto il mondo...nella realtà si amplia,si pompa (di petrolio e gas) e si prepara all'assalto finale.
So benissimo che,solo a leggere le righe soprastanti,già gira la testa...insomma,si capisce poco o nulla...io stesso faccio fatica a cercare di spiegare sintetizzando.
Uno sforzo ancora,per favore Ci si mette pure la religione a complicare tutto : sunniti  (tutti gli schieramenti anti Assad) contro sciiti,alauiti,cristiani e pure drusi e curdi (di fatto pro Assad).
Chi perde...rischia fisicamente di perdere tutto,compresa la testa...
Li lasciamo al loro destino ? Se la vedano tra di loro ?
Non è più possibile,non dovevamo interferire prima,nel 2011,per "esportare la democrazia" !! Non era bastato l'Iraq,neppure la recente Libia...dopo i guai creati laggiù dovevamo cacciare il "dittatore" Assad (peraltro eletto dal suo popolo)...oggi ci ritroviamo con 5 milioni di profughi siriani che vogliono venire in Europa,con destinazione Germania e Svezia !!
Finito ? Quando mai,il peggio deve ancora venire...se cade Assad !!
Damasco e tutta la fascia costiera,abitate da alauiti,sciiti,cristiani e drusi diverrebbe un lago di sangue...presto l'Isis prevarrebbe sui mercenari AlNusra-ribelli e ci ritroveremmo con il Califfo Al Baghdadi più potente del mitico Saladino.
Pensate alla Siria all'Iraq,alla Libia,al Sudan,alla  Nigeria e magari al rischio Egitto e vedrete che prospettiva...
Nel contempo,mentre scrivo,cosa accade ?
Israele,bontà sua,bombarda a Zabadani le truppe di Assad per appoggiare gli "amici" di AlNusra...
Francia ed Inghilterra,come contro Gheddafi,vogliono cacciare il "malvagio" Assad.
BombObama...pure,però giura di combattere (???) l'Isis.
L'Iran,capito di essere il prossimo bersaglio dello Stato Islamico (e degli occidentali) ha già truppe iraniane ed alleati (Hezbollah) sul terreno.
Putin,che fesso non è, ha compreso che il Califfo spingerebbe il proprio interesse pure in Cecenia e dentro la Federazione russa...e sta inviando armi e (forse) truppe di terra a Tartus (base navale russa in Siria).
Come finirà ?? Figurati se posso saperlo io ma credo proprio che finirà male !!

Grazie per l'attenzione.
Vincenzo Mannello
                                                                                                                                  

sabato 12 settembre 2015

Legge islamica in mano ai califfati?




 GEOPOLITICA 2015 

Legge islamica in mano ai califfati?

di Giovanna Canzano

intervista a Daniele Scalea
2 marzo 2015

"Una delle conseguenze del "Quarantotto Arabo" è il fallimento dell'Islam Politico "moderato", disposto ad accettare il processo elettorale e, almeno per ora, i diritti delle minoranze.
Gli islamisti, disillusi sulle possibilità di arrivare al potere democraticamente, si sono riversati in massa in opzioni radicali, intransigenti e insurrezionali come Daish". (Daniele Scalea)

Canzano 1- Dalla Primavera Araba, ai disordini in Egitto di questi giorni.

SCALEA – La "Primavera Araba" è stato un movimento storico che, apparentemente, avrebbe scalzato i vecchi regimi nazionalisti e laici, ormai privi dello slancio dei primi decenni del dopoguerra, a vantaggio di nuove realtà d'ispirazione religiosa, per lo più legate ai Fratelli Musulmani. Nei primi mesi delle rivolte, quindi nel pieno degli eventi, pubblicai un piccolo libro sul tema. Tra gli scenari futuri ipotizzati, c'era quello di un "Quarantotto arabo": esattamente come l'analogo europeo, la spinta politica emergente, dopo i successi iniziali, sarebbe stata soffocata. E' quel che è successo, con l'Arabia Saudita a giocare il ruolo che fu della Russia zarista. Ciò non significa che l'Islam Politico non tornerà a bussare alla porta del potere, presto o tardi.

Canzano 2- La Libia del dopo Gheddafi è diventato un terreno dove non c’è legge e tutto il territorio è in un continuo caos.

SCALEA – La Libia era un paese artificiale, un castello di carte in delicato equilibrio che Gheddafi, pur con tutti i suoi difetti, sapeva mantenere, garantendo standard di vita ineguagliati in Africa. Francia, GB e USA hanno voluto distruggere quell'equilibrio e, ciò ch'è peggio, una volta che l'hanno fatto si sono subito disimpegnati, accontentandosi di qualche contratto petrolifero. Il risultato è quello sotto gli occhi di tutti.

Canzano 3- La legge islamica in mano ai califfati?

SCALEA – Una delle conseguenze del "Quarantotto Arabo" è il fallimento dell'Islam Politico "moderato", disposto ad accettare il processo elettorale e, almeno per ora, i diritti delle minoranze. Gli islamisti, disillusi sulle possibilità di arrivare al potere democraticamente, si sono riversati in massa in opzioni radicali, intransigenti e insurrezionali come Daish.

Canzano 4- I Paesi Arabi in guerra solo per questioni economici?

SCALEA – No, credo che in questo caso contino molto di più politica e ideologia. L'Egitto combatte in Libia per non avere un paese vicino sotto l'influenza dei Fratelli Musulmani odiati da al-Sisi. L'Arabia Saudita impegna ovunque i suoi petrodollari per ribattere l'influenza di Turchia e Iran, e anche del Qatar che, pur essendo wahhabita come lei, ha strategie e interlocutori diversi sullo scacchiere regionale.


Daniele Scalea è Direttore Generale dell'Istituto di Alti Studi in Geopolitica e Scienze Ausiliarie (IsAG), Condirettore di "Geopolitica", Cultore di Geografia Politica ed Economica all'Università Sapienza di Roma, Blogger per "L'Huffington Post". Autori di alcuni libri e svariati articoli su temi storici e geopolitici, è frequente commentatore dei fatti internazionali, apparso tra gli altri su Rai 1, Rai 3, Radio Rai 1, Radio Rai 3, ADN Kronos, Class News CNBC, L'Indro, Il Secolo d'Italia, La Voce della Russia, IRIB, IRNA

11/05/2015

                                                                                                                            

mercoledì 9 settembre 2015

ORRORE / UNA INVASIONE SENZA FINE E SENZA MORALE

Blog politicamente scorretto contro la dittatura del pensiero unico, coordinato dall' avvocato Edoardo Longo.

ORRORE / UNA INVASIONE SENZA FINE E SENZA MORALE




Documentazione raccolta da Observer

Aggredita da disertori siriani una anziana italiana al confine italo – austriaco : volevano rubarle l’ auto per entrare in Austria. 

 “Ho visto le immagini dei profughi che entrano felici e saltellanti in Germania. Tutti uomini in ottima salute dai 20 ai 30 anni. Poi ho pensato ai loro confratelli che combattono e muoiono in patria cercando di ostacolare i tagliagole dell'Isis”.( Alfio Krancic, collaboratore de Il Giornale ).
Per avere questa notizia, di un fatto accaduto  il 4 Settembre alla frontiera tra l’Italia e l’Austria, siamo dovuti ricorrere ai media polacchi. Il che dice tutto, sul livello di manipolazione mediatica in cui versa la stampa italiana.

Il giornale polacco Niezalesna , seguito poi da altri giornali, racconta la disavventura capitata a un giornalista - blogger polacco , Kamil Bulonis, proprio passando il confine fra Italia e Austria . Di seguito riportiamo l' articolo : 

Mezz’ora fa, al confine tra Italia e Austria, con i miei occhi ho visto un enorme numero di immigrati …

Con tutta la solidarietà che ho per le persone in difficoltà, devo dire che quello che ho visto suscita orrore …

Questa enorme massa di persone – mi dispiace doverlo scrivere – ma deserto assoluto … volgarità, lancio bottiglie lancio, grida di “Vogliamo la Germania” – e la Germania ora è un paradiso?

Hanno circondato l’auto di un’anziana donna italiana, l’hanno presa per i i capelli e trascinata fuori dalla macchina: volevano prenderla per andare in Germania.

In che modo pensano di assimilarli in Germania? Ho sentito per un attimo come di essere in una guerra …

Abbiamo passato tre ore alla frontiera. I passeggeri di un bus sono stati aggrediti, il bus è stato danneggiato, fatto oggetto di lancio di merda, sputi. Hanno cercato di ribaltarlo, distruggendo i finestrini. Erano selvaggi.

Tra questi, c’erano pochissime donne, senza figli – la stragrande maggioranza erano giovani aggressivi … 

Proprio ieri avevo letto la notizia dei profughi su tutti i siti, e mi dispiaceva per loro, oggi, dopo quello che ho visto ho solo paura e allo stesso tempo sono contento che non scelgano il nostro paese come destinazione. Noi polacchi semplicemente non siamo pronti ad accettare queste persone – sia culturalmente che finanziariamente. Non so se qualcuno è pronto.

Ad un bus turistico francese, hanno aperto il bagagliaio e rubato tutto il bagaglio. Ci sono voluti la polizia austriaca e diverse ore di scontri per respingere la folla al confine italiano.


FONTE :





venerdì 4 settembre 2015

LA GIUSTIZIA DEI VINCITORI

LA GIUSTIZIA DEI VINCITORI

presente
Questo dossier è stato ritrovato dentro un archivio informatico del nostro ufficio storico. Lo riproponiamo nella forma originale, perché ricco di dati, eventi e circostanze di indubbio interesse storico e documentale, riguardante gli eventi della Guerra Civile 1943-1945.

IL MARTIRIO DELLA FAMIGLIA UGAZIO

Augusto Pastore, Articolo tratto da “L’ultima Crociata” del 1998.

La tragedia della famiglia Ugazio vien voglia di scriverla con l’inchiostro rosso. Un rosso sangue. E ci vorrebbero anche le tonalità espressive di Eschilo per rendere con chiarezza l’atmosfera allucinante nella quale venne consumata una strage orribile che lascia increduli, inorriditi. Le malvagità della sporca bestia umana toccano vertici sconosciuti alla bestia stessa. certo che al cospetto del calvario di Mirka, Cornelia e Giuseppe Ugazio la più maledetta iena proverebbe un moto di sgomento.
Galliate è un grosso centro agricolo-industriale, posto ad una decina di chilometri da Novara. Si allunga a levante, fino alle rive del Ticino.
In questo pezzo di valle padana l’inverno è rigido, umido: una cappa pesante di nebbia avvolge tutto. D’estate l’afa, stagnante e le zanzare fanno attendere il calare del sole come una benedizione del Padreterno. Allora la gente esce di casa e si siede sui gradini. Aspetta il ristoro di un filo d’aria.
Anche la sera del 28 agosto 1944, dopo una giornata arroventata, a Galliate si aspettava il sollievo del tramonto.
Giuseppe Ugazio, un brav’uomo di 43 anni, segretario del Fascio locale, si intratteneva con alcuni amici presso la trattoria S. Carlo. Discuteva della guerra, delle terrificanti incursioni sul ponte del Ticino spaccato in due dalle bombe inglesi.
Cornelia, la figlia di 21 anni, simpatica e bella studentessa in medicina, si era recata da conoscenti che l’avevano pregata per alcune iniezioni. Mirka, l’ultima creatura di Giuseppe Ugazio, era saltata sulla bicicletta e si divertiva a pedalare forte con la gioia innocente dei 13 anni! Ma in quella sera del 28 agosto 1944, il destino di Mirka, Cornelia e Giuseppe Ugazio si compie. Un gruppo di partigiani, usciti dalla boscaglia, come lupi famelici attendono i tre. Con un pretesto qualsiasi distolgono Giuseppe Ugazio dalla compagnia degli amici, poi, camuffati da militi della R.S.I. in borghese, fermano Cornelia. Mirka, la dolce bambina di 13 anni con le trecce avvolte sulla nuca e il vestitino bianco a fioroni rosa, viene spinta dalla camionetta in corsa sul bordo della strada. La raccolgono in fretta, senza dare nell’occhio, accorti come una banda di bucanieri. Una sporca e nodosa mano le comprime la bocca mentre l’automezzo si rimette in marcia. Il tragico appuntamento per le tre vittime è fissato presso la tenuta «Negrina», un cascinale isolato a mezza strada tra Galliate e Novara. Sono le 21 della sera del 28 agosto 1944, un cielo calmo, dolce, pieno di stelle. Dalle risaie si alza il concerto gracidante delle rane: alla tenuta «Negrina» incomincia invece la sarabanda, la macabra giostra. I partigiani, una ventina circa, hanno tanta fame e sete, ma per fortuna il pollaio è portata di mano e la cantina a due passi. Un festino in piena regola per tutti quanti ad eccezione dei tre prigionieri. Mirka piange ed invoca la madre. Cornelia, dignitosa come la donna di Roma, sfida con gli occhi quel banchetto di forsennati. Papà Ugazio è cereo in viso: avverte la tragedia immane che pesa nell’aria. Avanti, è ora. Il vino ha raggiunto l’effetto e a calci e a pugni la turba di delinquenti spinge Giuseppe Ugazio nel boschetto adiacente la tenuta. Lo legano ad un fusto, gli spengono i mozziconi di sigarette sulle carni e, sotto gli occhi terrorizzati di Mirka e di Cornelia, lo finiscono a pugni in faccia e pedate nel basso ventre. Il calvario dura più del previsto perché la fibra fisica dell’Ugazio resiste. La gragnuola di pugni infittisce, i calci si fanno più decisi. Ora si ode soltanto il rantolo: «Ciao Mirka, ciao Cornelia» e Giuseppe Ugazio spira. Adesso inizia l’ignobile. Sono venti uomini avvinazzati su due corpi indifesi. Mirka è una bambina e non conosce ancora le brutture degli uomini degeneri. Dapprima non comprende, non sa, poi tenta un’inutile resistenza. Cornelia si difende ma è sopraffatta. Sette ore di violenze ancestrali, sette ore di schifo e di urla. Poi l’alba. Mirka e Cornelia non respirano più. Conviene togliere di mezzo i cadaveri e ritornare nella boscaglia. Si scavano venti centimetri di terra e si buttano le vittime. Le zolle fredde al contatto delle carni riaccendono un barlume di vita e i due corpi sussultano ancora. Ma è questione di un momento per i partigiani: a Cornelia spaccano il cranio con il calcio del mitra e sul collo di Mirka, la bambina, si abbatte uno scarpone che la strozza. La tragedia è finita.
Sull’orizzonte si alza il sole, il sole insanguinato del 29 agosto 1944, a soli otto mesi dalla “liberazione”.
A mamma Maria Ugazio, il giornalista chiede di fargli vedere un ricordo personale di Mirka. Allora gli fu mostrato un album di famiglia un poco ingiallito dal tempo. Sul retro di una foto scattata nei giardini dell’Isola Bella la mano infantile di Mirka aveva scritto nel 1943 queste parole: «Al mio papalone che mi ha portato a fare questa bella gita, la sua Mirka».
Per i comunisti i parroci erano tra gli oppositori più efficaci, quindi molto pericolosi. Avevano confessionali in cui sapere anche la verità sulla violenza rossa che, fuori, nessuno osava dire.
Avevano pulpiti da cui parlare e condannare, gente ad ascoltare. Erano organizzati con oratori, consigli comunali, formavano diocesi. Quattro volte più numerosi di oggi, erano disseminati ovunque. Più dei carabinieri, più dei farmacisti. Persino più delle case del popolo. E se la loro parrocchia disponeva di benefici terrieri, ebbene, erano da odiare due volte, una perché preti, l’altra come padroni, e rientravano perciò doppiamente in quell’assunto che, dalla fine della guerra, girò per anni tra le squadre d’azione comunista, in cellula e nelle case del popolo:
«Se dopo la liberazione ogni compagno uccidesse il proprio parroco e ogni contadino il padrone, il problema sarebbe già risolto».
E non è vero che ad ogni don Camillo rispondesse un Peppone. I primi furono tanti, dei secondi in questo amaro viaggio di triangolo della morte non vi è traccia. Non c’è parroco che non abbiano intimidito, isolato. Tantissimi furono scherniti, derubati, rapinati. Ora io vi racconterò di quelli che, dopo aver già tanto sofferto in tempo di guerra da tedeschi, fascisti e partigiani rossi, sono stati martirizzati in tempo di pace dalla violenza comunista. Nell’allora folto branco di parroci può magari scapparci, che so, lo scapestrato, il disattento, l’arricchito. Non però tra le decine uccisi.
Ogni assassinato è perbene. E tra i più attivi, equilibrati, generosi, attenti alla propria gente. E’ seguito, amato, perciò un maledetto nemico del popolo, dunque va soppresso, distrutto e che ogni assassinato sia esempio per gli altri, che tengano la bocca chiusa. E c’è un motivo, più d’ogni altro: essi hanno in sé e con sé Dio.
Il 25 aprile è la Liberazione, la fine della guerra, e da adesso i parroci dell’Emilia Romagna, ma anche delle regioni vicine, ogni sera, nell’ultimo segno della croce, non sanno se rivedranno l’alba o se capiteranno in casa gli assassini, come accade la sera del 16 gennaio ’46 a don Francesco Venturelli, arciprete di Fossoli, nel Modenese vicino Carpi.
E’ stato cappellano nel campo di concentramento della sua parrocchia, è un tipo che non chiede che tessera politica hai, che assiste tutti quanti, inglesi, fascisti, partigiani, collaborazionisti. E’ uno che dopo la Liberazione detesta la brutalità e gli eccidi che si ripetono nel Carpigiano contro fascisti e presunti fascisti. E dunque è sera, uno sconosciuto lo chiama fuori di canonica chiedendo di accorrere per un incidente mortale sulla provinciale. Don Francesco corre e si trova invece davanti a un plotone di rossi che lo falcia col mitra.
Invece don Gianni Domenico, trentenne, celebra messa ai giovani soldati repubblichini. Il 24 aprile ’45 all’arrivo degli alleati corre tra la sua gente a San Vitale di Reno: in chiesa lo stanno aspettando i partigiani comunisti, lo gettano in un porcile, lo denudano, lo violentano. Ci sono anche donne tra loro, e una in particolare, è la più ardente nel seviziarlo. Il lungo martirio si conclude a colpi di mitra e ai parrocchiani si impedisce per giorni di seppellire il martirizzato.
Don Giuseppe Tarozzi è parroco a Riolo di Castelfranco, diocesi di Bologna, severissimo nell’amministrare un’opera pia fa il diavolo a quattro per tener lontano da essa la politica e ladri. Notte del 25 maggio ’45: i commandos comunisti fracassano a colpi di scure la porta della canonica, lo strappano dal letto, lo pestano, poi lo trascinano via in camicia da notte. La gente vede un’ombra bianca sospinta fuori a calci, il suo cadavere non sarà mai più ritrovato.
Ancora diocesi di Bologna: don Giuseppe Rasori, sessantenne a San Martino Casola ha solo due parrocchiani non iscritti al PCI. Sberleffi, minacce, assalti alla chiesa. Vive nella paura ma resta. Nel pomeriggio del 2 luglio ’46 in canonica, dove in guerra ha nascosto tanti partigiani, lo ammazzano con un colpo di pistola al collo. Il suo successore poco tempo dopo in chiesa parlando della passione di Gesù accenna allo straccio rosso con cui fu coperto per derisione. Deve fare ripetute e pubbliche scuse, i comunisti l’hanno presa come ingiuria alla loro bandiera.
Don Alfonso Reggiani, parroco di Anzola di Piano, Bologna, il 5 dicembre ’45 sta pedalando di ritorno da una visita ai suoi ammalati, lo fermano in due, l’ammazzano a raffiche di mitra, se ne vanno sulle biciclette. Una cigola e gli assassini dicono: «L’ungeremo a casa, adesso che abbiamo ammazzato il maiale». Al funerale di don Alfonso, reo di battute umoristiche sui comunisti, ci sono solo cinque bambini e qualche donna.
Un prete semplice, conciliante, don Enrico Donati, ma è parroco a Lorenzatico, Bologna, della famiglia del sindacalista bianco Giuseppe Fanin, che sarà massacrato, nel ’48 a colpi di spranga dai comunisti. Il 13 maggio ’45 quattro compagni con la scusa di portare don Donati al comando partigiano per formalità, lo feriscono a colpi di mitra, gli legano le mani, lo infilano in un sacco e lo gettano con due sassi per zavorra in un macero colmo d’acqua.
La sera del 25 luglio ’45 un altro comando chiama don Achille Filippi, parroco di Maiola, sull’uscio della chiesa e l’uccide: cancellando anni ed anni di lavoro e bontà per la gente, le colonie per i bambini, la povertà degli anziani. Ma il gran farabutto in chiesa biasimava le violenze e i soprusi dei comunisti; a morte.
Già un altro era stato condannato a morte un mese prima della Liberazione a Santa Maria in Duno per aver rinfacciato ai partigiani rossi efferatezza durante la guerriglia: il primo marzo ’45 si presentano due armati travestiti da tedeschi, irrompono in canonica con due donne anch’esse armate, dicono di essere di un comitato, legano Don Corrado Bortolini, rubacchiano e poi lo portano via in motocicletta. Mai più trovato, anche se tutti sanno che è stato torturato, strangolato, gettato in una fossa. Al suo successore c’è chi ammonisce di non interessarsene: «Tanto don Corrado dorme in un campo di fiori».
Don Tino Galletti, nella chiesa di Spazzate Sassatelli, a Imola, è un altro che non parla bene dei comunisti in una parrocchia rossa, non più di sei persone alla messa domenicale. Il 9 maggio ’45 è ucciso a colpi di pistola e per non mandarlo via da solo ammazzano anche tre dei suoi sei fedeli. Non un cane ai funerali.
Implora pietà invece don Luigi Lenzini, parroco di Crocetta di Pavullo, nel Modenese, la notte in cui un gruppo di comunisti, gente del paese, lo trascina in camicia da notte dalla canonica alla vigna e qui lo seviziano da stramaledetti e poi gli spaccano la testa: ha condannato il metodo di «far fuori la gente» dei comunisti.
Freddati a pistolettate il parroco di Mocogno e di Montalto, cioè il canonico Giovanni Guizzardi e don Giuseppe Preci, nel Modenese. Morte lenta per l’anziano don Ernesto Talè, parroco di Castellino delle Formiche, modenese, e per la donna che stava accompagnandolo da un ammalato, «quella carogna non voleva morire … », dirà al bar, vantandosi con gli amici, uno dei “coraggiosi partigiani” torturatori del prete.
Nel Reggiano non ammettono gli eccessi disumani di chi, partigiano comunista, scredita il movimento di Resistenza e sono freddati col mitra don Giuseppe Lemmi, cappellano di Felina e don Luigi Manfredi, parroco di Budrio.
E’ il 14 settembre ’45, l’assassino che spacca il cranio a don Tebaldo Dapporto, parroco di Casalfiumanese di Imola, corre alla Camera del Lavoro a vantarsi d’aver fatto fuori il suo prete-padrone.
Don Carlo Terenziani, prevosto di Ventosa, la mattina del 29 aprile ’45 è preso dai partigiani rossi che lo fanno girare per le strade come un Cristo schernito, sputato, ingozzato di vino all’osteria, battuto e infine fucilato a sera.
Don Giuseppe Pessina, parroco di San Martino di Correggio, piange diciannove parrocchiani assassinati dai comunisti e sa troppe cose: ucciso a colpi di mitra mentre la sera del 18 giugno ’46 rintocca l’Ave Maria… Purtroppo, l’elenco delle vittime delle radiose giornate non finisce qui,
tanti preti martiri in Emilia, tanti Toscana e in altre regioni…
Tutto questo orrore non vi è bastato?
Credete ancora alla favola dei partigiani combattenti per democrazia e per la libertà?

righe-tricolori

giovedì 3 settembre 2015

"Macché poveri e disperati. Questi sono falsi profughi"

"Macché poveri e disperati. Questi sono falsi profughi"


Anna Bono, professoressa di Storia ed esperta d'Africa: "Da noi emigranti scolarizzati e benestanti". Nella maggior parte dei casi le richieste d'asilo sono ingiustificate



«Quando sento parlare di disperati che scappano dalle bombe, a proposito degli emigranti dall'Africa subsahriana, resto abbastanza sconcertata» confessa la professoressa Anna Bono, docente di Storia e Istituzioni dell'Africa all'Università di Torino, una studiosa fuori dal coro che conosce bene l'Africa (ci ha lavorato per anni, parla lo swahili).
«Certo arrivano da Paesi dove la democrazia non ha raggiunto vette esemplari, e dove pure non mancano conflitti, ma salvo pochissimi casi sono Paesi che non giustificano una richiesta di asilo, e chi la inoltra infatti raramente la ottiene. Io li chiamo come si sono sempre chiamati: emigranti».
Professoressa, sta dicendo che l'immagine del profugo che scappa dalla miseria e dalle guerre non corrisponde del tutto alla realtà?
«Ripeto, se parliamo di chi arriva da paesi dell'Africa subsahariana, come il Senegal, il Ghana, ma anche la Somalia e la Nigeria e altri, lì chi fugge da guerre cerca rifugio o in zone più sicure dello stesso Paese oppure in un Paese vicino, non parte per l'Europa. Il caso della Somalia è esemplare. La diaspora somala è tra le più grandi al mondo, però centinaia di migliaia fuggono nel vicino Kenya, e da quando il governo ha sottratto ad Al Shabaab (gruppo terrorista islamico, ndr) le città più importanti, migliaia di somali cercano di rientrare in patria. Chi decide di emigrare, con tutti i rischi e le incognite che questo comporta, lo fa per altri motivi, non perchè è in pericolo di vita, o vive nel terrore di un regime spietato, e nemmeno per la miseria estrema».
Chi sono allora gli emigranti che arrivano da noi sui barconi?
«In maggioranza non appartengono ai ceti più poveri della società africana. Le caratteristiche che mi sembrano accomunarli sono: giovani, in prevalenza maschi, sicuramente scolarizzati anche con titoli di studio da scuola media superiore, in grande maggioranza partiti da centri urbani dove avrebbero potuto continuare a vivere, in situazioni che magari ai nostri occhi sembrano invivibili, ma che in Africa rappresentano già un traguardo rispetto alle centinaia di milioni di persone realmente in miseria».
Insomma sulle barche della speranza c'è la middle class africana?
«Diciamo il ceto intermedio, che però teme di scendere di uno o più gradini nella scala sociale. E lì basta poco: una malattia, la perdita di un famigliare ben inserito, un intoppo burocratico. E poi sono attirati dalla propaganda che dipinge l'Italia e altri paesi europei come l'Eldorado, posti dove risolveranno tutti i problemi, troveranno un lavoro e il benessere. Questo è un aspetto poco considerato, ma come per altre attività redditizie anche il business del traffico di emigranti non aspetta il cliente, se lo va a cercare. E la propaganda è talmente forte ed efficace che i governi, come quelli dell'Etiopia, Tanzania, Mali e Nigeria stanno provando a combatterla con campagne di dissuasione. Nelle strade si trovano grandi manifesti con scritto «Il nostro Eldorado è il Mali», mentre in Nigeria può capitare di vedere un manifesto con un uomo che, sullo sfondo un aereo in volo, dice ad una ragazza: «Ti trovo un lavoro in Italia». E sotto: «I trafficanti di uomini conoscono molti trucchi. Rifiuta!».
I trafficanti vendono speranze per 3-4mila euro a testa.
«Anche di più, quelle sono le cifre per chi parte già nei pressi del Mediterraneo, ma tanti partono da molto più lontano, e pagano di più».
Come fanno a permettersi cifre che valgono il reddito di diversi anni?
«Le modalità di pagamento sono molto diverse. C'è chi paga subito, oppure è aiutato dalla famiglia allargata, o vende qualcosa, o ancora si indebita. Il fatto che possano pagare cifre molto alte dimostra appunto come, in molti casi, non siano i poveri a partire ma chi è al di sopra della soglia di povertà».