venerdì 20 marzo 2020

CITTA' FONDATE DAL FASCISMO



Onore d'Italia

Città di fondazione nel periodo fascista


Le città di fondazione nel periodo fascista, ovvero i centri urbani fondati in quell'epoca, hanno delle caratteristiche peculiari legate alle teorie urbanistiche dell'epoca. Riguardano alcune zone del territorio nazionale del Regno d'Italia e delle sue colonie a partire dal 1928, anno di fondazione di Mussolinia, oggi Arborea, e nei territori dell'Impero dopo la sua fondazione (1936).Le fonti sono discordanti sopratutto su alcuni borghi e zone periferiche vediamo nel dettaglio regione per regione.

Caratteristiche

Tali centri urbani fanno parte del più vasto fenomeno delle bonifiche integrali che videro la realizzazione di un gran numero di nuovi insediamenti. Solo alcuni di questi hanno però il carattere di complessità di centro urbano residenziale. Gli insediamenti avevano spesso modesta estensione territoriale e demografica e uno specifico carattere rurale, e non erano allora assimilabili, sia per dimensioni che per caratteristiche progettuali, ad una città vera e propria, intesa come insediamento urbano intensivo, separato dalla campagna, sede di attività economiche di vario tipo, luogo di integrazione, concentrazione ed interrelazione tra varie funzioni ed istituzioni. La più frequente tipologia insediativa corrispondeva infatti ad un centro di servizi posto all'interno di un'area d'insediamento agricolo sparso, in cui le case rurali sono poste direttamente sull'appezzamento agricolo assegnato alla famiglia colonica. Il centro di aggregazione non aveva carattere residenziale, ma comprendeva edifici pubblici (chiesa, casa del fascio, ambulatorio, a volte municipio, caserma della milizia e scuola) e servizi (consorzio agrario, spaccio, barbiere, locanda), organizzati intorno ad una piazza o ad un asse viario. La consolidata definizione di "città di fondazione", non comprende quindi, anche alla luce di recenti studi, riscoperte e pubblicazioni, la complessità ed il gran numero di urbanizzazioni di varia tipologia insediativa programmate nel contesto di pianificazione territoriale ed agricola di più ampia scala della "bonifica integrale" che prevedeva la bonifica idrica o il disboscamento di aree vaste, la suddivisione del territorio agricolo in appezzamenti podarili e l'infrastrutturazione del territorio. Fecero eccezione alcune città fondate nel Lazio, come Littoria, poste all'interno di una vasta area d'insediamento (Agro Pontino) che necessitava di servizi di maggior scala, ed altre in Sardegna come Carbonia, sorte per finalità diverse da quelle agricole.

Scopi e presupposti politici ed ideologici

L'intensa attività di fondazione di questi nuovi insediamenti e le loro caratteristiche, nascevano da specifici caratteri dell'ideologia fascista ed in particolare dalle istanze antimoderne ed antiurbane che caratterizzavano una parte del movimento, senza per questo esaurirne la complessità. Le nuove fondazioni avevano quindi carattere di piccoli centri rurali, nell'ottica di un tradizionalista ritorno alla terra e alla civiltà contadina, che il fascismo mostrava di preferire alla grande urbanizzazione, nonostante una parte di esso si presentasse come modernista. Tale antiurbanesimo fu chiaramente espresso nel "Discorso dell'Ascensione" pronunciato da Mussolini al parlamento il 26 maggio del 1927 in cui si metteva l'accento sulla necessità di limitare la crescita urbana, l'inurbamento del proletariato e lo spopolamento delle campagne al fine di combattere la denatalità. Aprilia nel 1936 La creazione di nuove possibilità di sfruttamento agricolo avrebbe, nelle intenzioni, creato una classe sociale di piccoli mezzadri o proprietari agricoli, legati alla terra con tutta la famiglia, immuni alla crisi d'identità causata dal rapporto salariale e dall'inurbamento, tematica già oggetto di uno dei libri fondativi delle ideologie totalitarie, Il tramonto dell'Occidente, di Oswald Spengler, ammiratissimo da Mussolini. La mezzadria fu vista come esempio e origine del corporativismo e propugnata fortemente. Si sperava quindi che la ruralizzazione avrebbe combattuto la denatalità, vista come degenerazione, ed i disordini sociali. Le aree necessarie a realizzare gli interventi venivano recuperate quasi sempre attingendo a terreni demaniali incolti o da bonificare che venivano ceduti all'ente incaricato della bonifica, spesso l'O.N.C. (Opera Nazionale Combattenti) che provvedeva alla pianificazione, all'appoderamento ed all'assegnazione dei vari appezzamenti a famiglie di mezzadri che avrebbero nel tempo ripagato gli investimenti iniziali e anche riscattata la proprietà. I nuovi centri avevano uno scopo economico e sociale, in quanto volevano essere centri propulsivi dello sviluppo (agricolo o industriale, a seconda dei casi) di zone precedentemente poco o nulla abitate, come l'Agro Pontino e il Metapontino. Molti sorsero in aree agricole appena bonificate o espropriate al latifondo[senza fonte], altre sorsero come borghi di minatori, come accadde in Sardegna e in Istria. La fondazione di nuovi centri rappresentò in breve un'operazione di grande valenza propagandistica per il regime, nonostante le primissime fondazioni (fra tutte quella di Littoria) si fossero svolte in un clima di contrasto e con la parziale contrarietà dello stesso Mussolini, fautore inizialmente di una politica e di una propaganda radicalmente anti-urbana, tradottasi successivamente in forme più moderate.

Urbanistica

Il centro di Pomezia Torre Littoria a Sabaudia, oggi Torre civica. I nuovi centri, in particolar modo i più grandi, erano costruiti a partire da un modello base: una piazza centrale, nella quale era presente una "Torre Littoria", attorno alla quale venivano eretti gli edifici pubblici principali (il municipio, la chiesa, la casa del fascio, la caserma della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN), l'ufficio postale, la scuola) e così via. Intorno a questo nucleo centrale si estendevano, nei centri più grandi, i quartieri abitati veri e propri, mentre nei centri rurali si passava direttamente alle campagne appoderate.

Architettura

L'architettura degli insediamenti di fondazione riflette la complessità del panorama architettonico italiano degli anni trenta, in cui convivevano le istanze del razionalismo europeo più rigoroso, con il cosiddetto stile "novecento" che perseguiva una rilettura della tradizione, per tacere delle posizioni più accademiche. Tra tali posizioni vigeva un'accesa polemica che non impediva compromessi e ibridazioni sulla strada di ricerca di un razionalismo "italiano" portata avanti, per esempio da Libera e sull'attenzione per l'architettura spontanea "mediterranea". Questo scontro e questa contemporanea ricerca di conciliare modernità e tradizione possiamo vederla per esempio nella realizzazione dei cinque maggiori centri dell'Agro Pontino. Littoria fu progettata da Oriolo Frezzotti in uno stile eclettico e monumentale in cui spiccano solo due edifici di Angiolo Mazzoni con caratteri che richiamano il futurismo. Dopo le critiche dei razionalisti per la seconda città, Sabaudia, viene bandito un concorso vinto, tra le polemiche, da un gruppo di giovani progettisti che propone un linguaggio razionalista, sia pure con qualche elemento novecentista. Il terzo centro Pontinia, viene affidata all'ufficio tecnico dell'ONC, per evitare le polemiche che avevano provocato anche una gazzarra in Parlamento, ma il risultato è una contaminazione poco riuscita di razionalismo con forme vernacolari. Per Aprilia e Pomezia si ritorna al concorso a cui partecipano progetti molto interessanti (Libera e Muratori-Quaroni), anche se vincono i progetti del collettivo 2PST (Concezio Petrucci, Mario (Mosè) Tufaroli, Emanuele Filiberto Paolini e Riccardo Silenzi), già autori di Fertilia, progetto spesso definiti piuttosto anonimi e vernacolari. La polemica tra il razionalismo di Sabaudia, "la vuota magniloquenza" di Littoria e "il falso folclore imitativo dei cosiddetti stili minori" o "l'insulso populismo ruralista" di Pontinia o di Aprilia, continuò nel dopoguerra e restituisce la complessità di un dibattito architettonico che coinvolse tutte le realizzazioni di quel decennio e che oggi può sfuggire portando a confondere in un generico stile razionalista, le forme architettoniche prive di ornamenti architettonici, se non i simboli del regime (aquile e fasci) in altorilievi sui muri o sulle pavimentazioni, che tanto richiamano la pittura metafisica.

Popolamento

Il popolamento delle nuove città veniva pianificato in ragione delle dimensioni dell'area e della funzione produttiva principale per essa prevista. Per le aree rurali si parla di "colonizzazione", specialmente nel caso di aree paludose bonificate o di ex latifondi, appoderate secondo il modello "a poderi diffusi": queste nuove aree rurali furono popolate principalmente da cittadini provenienti da zone dell'Italia settentrionale caratterizzate da un'agricoltura tradizionale più avanzata, ma depresse dalla crisi economica: in particolare da Friuli, Veneto, Emilia, Romagna e Marche; v'erano però anche famiglie autoctone o prossime dell'area appoderata, come accadeva in modo particolare per le bonifiche dell'Italia meridionale, ossia del foggiano, del Metapontino e del latifondo siciliano.

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sabato 14 marzo 2020

Stati Uniti e Israele...

Stati Uniti e Israele: due democrazie solo presunte

Da
a.carancini
L’amministrazione Trump si comporta con modalità mafiose e gangsteristiche.
Gli aggettivi non sembrino immoderati: è stato un illustre militare come il generale Angioni a definire “mafiosa” l’eliminazione del generale persiano Soleimani ordinata da Trump:
Il generale Angioni: “L’eliminazione di Soleimani fatta da Trump è un’azione mafiosa”[1].
Franco Angioni
Ed è stato un illustre storico come Franco Cardini, sempre riferendosi all’uccisione di Soleimani, a definire “gangster” l’attuale presidente degli Stati Uniti:
“L’azione criminosa in quanto mirata direttamente ed esplicitamente all’assassinio dell’alto ufficiale è stata ordinata dal gangster che attualmente occupa la Casa Bianca, Donald Trump”[2].
Franco Cardini
Nei giorni scorsi sono emersi ulteriori dettagli sui retroscena che hanno preceduto la predetta uccisione. Scrive il sito globalresearch.ca[3]:
“La storia dietro l’assassinio di Soleimani sembra andare molto più in profondità di quanto finora è stato riportato, coinvolgendo l’Arabia Saudita e la Cina come pure il ruolo del dollaro americano in quanto valuta d riserva globale. Il primo ministro iracheno, Adil Abdul-Mahdi, ha rivelato, in un discorso al parlamento iracheno, dettagli sulle sue interazioni con Trump nelle settimane che hanno condotto all’assassinio di Soleimani. Egli ha cercato di spiegare molte volte in diretta televisiva come Washington abbia cercato di intimidire lui e altri membri del parlamento iracheno per ottenere ubbidienza alla linea americana, arrivando persino a minacciare di dare corso a sparatorie di cecchini sotto falsa bandiera contro manifestanti e addetti alla sicurezza per infiammare la situazione, richiamando un simile modus operandi già visto al Cairo nel 2009, in Libia nel 2011 e a Maidan nel 2014…Abdul-Mahdi ha parlato con indignazione del modo in cui gli americani hanno rovinato il paese e di come ora si siano rifiutati di ultimare le infrastrutture e i progetti di rete elettrica a meno che venisse loro promesso il 50% degli introiti del petrolio”.
Abdul-Mahdi ha inoltre precisato: “Ecco perché sono andato in Cina e ho firmato un importante accordo per intraprendere con loro i progetti di ricostruzione. Al mio ritorno, Trump mi ha chiamato per chiedermi di disdire questo accordo. Al mio rifiuto, ha minacciato di scatenare enormi dimostrazioni contro di me che avrebbero segnato la fine del mio premierato”.
Il primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi
Trump non è nuovo a progetti gangsteristici riguardanti il petrolio iracheno. Nel 2016, durante la campagna per le presidenziali aveva infatti affermato di volersene impadronire:
“Il piano di Trump per impadronirsi del petrolio dell’Iraq: ‘Non è un furto, stiamo rimborsando noi stessi”, titolava all’epoca il Guardian[4]. “Le spoglie appartengono al vincitore”, aveva detto Trump. Ma già nel 2011 aveva dichiarato che se fosse stato eletto presidente se ne sarebbe impadronito: “Prenderei il petrolio. Non me ne andrei dall’Iraq lasciando che l’Iran prenda il petrolio”.
Ma Trump non sta rubando solo il petrolio iracheno. Sta rubando anche il petrolio siriano:
“Le sole truppe che ho [in Siria] stanno prendendo il petrolio, stanno proteggendo il petrolio”, ha dichiarato solo due giorni fa[5]. Ma già nel mese di ottobre aveva detto:
Quello che intendo fare, forse, è fare un accordo con un ExxonMobil o con una delle nostre grandi compagnie per andare lì [in Siria] e farlo nel modo appropriato”.
Inutile dire che questi comportamenti costituiscono un furto e che azioni del genere sono considerate illegali dal diritto internazionale. Trump e il cosiddetto “Deep State” se ne fregano.
E continuano a mietere vittime, come se niente fosse:
Attacco americano contro comandante talebano provoca vittime tra i civili”, titolava il 9 gennaio scorso aljazeera.com[6]. Più di 60 civili sono stati uccisi e feriti nel corso dell’attacco eseguito da un drone. Sono notizie che la stampa italiana a malapena riporta.
Gli Stati Uniti sono e rimangono un paese pericoloso, come scriveva 20 anni fa il compianto John Kleeves. I dati aggiornati di questi ultimi 20 anni lo confermano in pieno:
“L’America ha speso 6.4 trilioni di dollari in guerre nel Medio Oriente e in Asia dal 2001, afferma un nuovo studio”, ha riferito il sito cnbc.com lo scorso 20 novembre[7]. Tre i punti chiave emersi da tale studio:
  1. Le guerre americane in Afghanistan, Iraq, Siria e Pakistan sono costate ai contribuenti americani 6.4 trilioni da quando sono cominciate nel 2001.
  2. Questo totale esorbita di 2 trilioni l’intera spesa del governo federale durante l’anno fiscale recentemente completato.
  3. Il rapporto, elaborato dal Watson Institute of International and Public Affairs della Brown University, rivela anche che più di 801.000 persone sono morte come diretto risultato di queste guerre.
A quanto pare, però, se i costi delle guerre sono stati esorbitanti per i contribuenti americani, qualcuno ci deve aver guadagnato e anche parecchio, altrimenti tali guerre non sarebbero state scatenate: il libro War is a Racket (“La guerra è un racket”), scritto nel 1935 dal generale Smedley D. Butler, da questo punto di vista è più che mai attuale[8].
Queste sono dunque le conseguenze che il mondo ha dovuto subire a causa dell’11 settembre: centinaia di migliaia di vittime e spese belliche “folli” (e profitti, presumibilmente colossali, per il complesso militare-industriale).
Ma quanti 11 settembre gli Stati Uniti hanno scatenato nel mondo a partire dalla fine della seconda guerra mondiale?
A questa domanda ha risposto un articolo di Globalresearch pubblicato nel 2015[9]. Secondo l’articolo in questione, gli Stati Uniti sono responsabili della morte di almeno 20 milioni di persone in guerre e conflitti scatenati in tutto il mondo (la cifra di 20 milioni è approssimata per difetto). In questi 75 anni le nazioni vittime degli Stati Uniti sono state 37. Ad esempio, 900.000 cinesi sono stati uccisi nel corso della guerra di Corea.
Comunque, se gli Stati Uniti sono un “paese pericoloso”, Israele non è da meno nel creare conflitti e tensioni, e non solo in Medio Oriente:
Israele sta esercitando un grande ruolo nella crescita del conflitto dell’India con il Pakistan”, intitolava l’anno scorso l’Independent[10]. L’India è diventato il più grande mercato di armi per il commercio israeliano delle armi: nel 2017, ha pagato 530 milioni di sterline per sistemi di difesa aerea, radar e munizioni di provenienza israeliana, inclusi missili aria-terra, la maggior parte dei quali testati durante le offensive militari israeliane contro (gli indifesi) palestinesi e nelle incursioni contro la Siria.
A questo punto, qualcuno mi potrebbe dire: se Trump è un criminale la colpa non è di Israele. Ha già provato a dirlo, ad esempio, l’attivista americana Ariel Gold, dirigente dell’associazione Code-Pink[11]. In realtà, Ariel Gold è smentita sul punto da un ulteriore dato emerso in questi giorni: “Gli israeliani sostengono Trump più di quasi ogni altra nazione, mostra un sondaggio”, rivelava lo scorso 8 gennaio il quotidiano Haaretz[12]. I cittadini di Israele (e delle Filippine) hanno più fiducia in Donald Trump dei cittadini di ogni altro paese del mondo.
Quanto agli americani, non bisogna sottovalutare un altro dato inquietante: un altro sondaggio, condotto nei giorni scorsi, ha rivelato che il 43% degli americani approva l’uccisione del generale iraniano[13]. Il 43%: dunque la maggioranza relativa (mentre dallo stesso sondaggio apprendiamo che il 38% la disapprova).
Un’uccisione che si rivela peraltro essere sempre più un atto di pura barbarie: “Usa-Iran, il Pentagono smentisce Trump: “Nessun attacco imminente da Soleimani”. Così cadono le motivazioni del raid americano”, titolava ieri il Fatto Quotidiano[14].
Quindi, che Trump sia un gangster non è la cosa più grave: la cosa più grave è il consenso di cui gode in due (presunte) democrazie come Stati Uniti e Israele.
 
                                                                                                                                       

sabato 7 marzo 2020

LA LIBERTA' ''DEMOCRATICA''

Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione.

Legge Scelba

(Gazz. Uff., 23 giugno 1952, n. 143)
Legge 20 giugno 1952, n. 645
Art. 1 – Riorganizzazione del disciolto partito fascista
Ai fini della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione, si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista, esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza, o svolgendo propaganda razzista, ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, princìpi, fatti e metodi propri del predetto partito o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista.
Art. 2 – Sanzioni penali
Chiunque promuove, organizza o dirige le associazioni, i movimenti o i gruppi indicati nell’art. 1, è punito con la reclusione da cinque a dodici anni e con la multa da due a venti milioni di lire .Chiunque partecipa a tali associazioni, movimenti o gruppi è punito con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da 1.000.000 a 10.000.000 di lire .Se l’associazione, il movimento o il gruppo assume in tutto o in parte il carattere di organizzazione armata o paramilitare, ovvero fa uso della violenza, le pene indicate nei commi precedenti sono raddoppiate .L’organizzazione si considera armata se i promotori e i partecipanti hanno comunque la disponibilità di armi o esplosivi ovunque siano custoditi .Fermo il disposto dell’art. 29, comma primo, del Codice penale, la condanna dei promotori, degli organizzatori o dei dirigenti importa in ogni caso la privazione dei diritti e degli uffici indicati nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del Codice penale per un periodo di cinque anni. La condanna dei partecipanti importa per lo stesso periodo di cinque anni la privazione dei diritti previsti dall’art. 28, comma secondo, n. 1, del Codice penale.
Art. 3 – Scioglimento e confisca dei beni
Qualora con sentenza risulti accertata la riorganizzazione del disciolto partito fascista, il Ministro per l’interno, sentito il Consiglio dei Ministri, ordina lo scioglimento e la confisca dei beni dell’associazione, del movimento o del gruppo .Nei casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo, sempre che ricorra taluna delle ipotesi previste nell’art. 1, adotta il provvedimento di scioglimento e di confisca dei beni mediante decreto-legge ai sensi del secondo comma dell’art. 77 della Costituzione.
Art. 4 – Apologia del fascismo
Chiunque fa propaganda per la costituzione di una associazione, di un movimento o di un gruppo avente le caratteristiche e perseguente le finalità ideate nell’art. 1 è punito con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000. .Alla stessa pena di cui al primo comma soggiace chi pubblicamente esalta esponenti, princìpi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni .La pena è della reclusione da due a cinque anni e della multa da 1.000.000 a 4.000.000 di lire se alcuno dei fatti previsti nei commi precedenti è commesso con il mezzo della stampa.La condanna comporta la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale, per usi periodo di cinque anni.
Art. 5 – Manifestazioni fasciste
Chiunque, partecipando a pubbliche riunioni, compie manifestazioni usuali del disciolto partito fascista ovvero di organizzazioni naziste è punito con la pena della reclusione sino a tre anni e con la multa da 400.000 a 1.000.000 lire .Il giudice, nel pronunciare la condanna, può disporre la privazione dei diritti previsti nell’art. 28, comma secondo, numeri 1 e 2, del codice penale per un periodo di cinque anni.
Art. 5-bis
Per i reati previsti dall’art. 2 della presente legge è obbligatoria l’emissione del mandato di cattura.
Art. 6 – Aggravamento di pene
Le pene sono aumentate quando i colpevoli abbiano ricoperto una delle cariche indicate dall’art. 1 della legge 23 dicembre 1947, n. 1453, o risultino condannati per collaborazionismo ancorchè amnistiati.Le pene sono altresì aumentate per coloro che abbiano comunque finanziato, per i fatti preveduti come reati negli articoli precedenti, l’associazione, il movimento, il gruppo o la stampa .
Art. 7 – Competenza e procedimenti
La cognizione dei delitti preveduti dalla presente legge appartiene al Tribunale.
Art. 8 – Provvedimenti cautelari in materia di stampa
Anche prima dell’inizio dell’azione penale, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro dei giornali, delle pubblicazioni o degli stampati nell’ipotesi del delitto preveduto dall’art. 4 della presente legge.Nel caso previsto dal precedente comma, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell’autorità giudiziaria, il sequestro dei giornali e delle altre pubblicazioni periodiche può essere eseguito dagli ufficiali di polizia giudiziaria, che debbono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, farne denuncia all’autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro si intende revocato e privo di ogni effetto.Nella sentenza di condanna il giudice dispone la cessazione dell’efficacia della registrazione, stabilita dall’art. 5 della legge 8 febbraio 1948, n. 47, per un periodo da tre mesi a un anno e, in caso di recidiva, da sei mesi a tre anni.
Art. 9 – Pubblicazioni sull’attività antidemocratica del fascismo
La Presidenza del Consiglio bandisce concorsi per la compilazione di cronache dell’azione fascista, sui temi e secondo le norme stabilite da una Commissione di dieci membri, nominati dai Presidenti delle due Camere, presieduta dal Ministro per la pubblica istruzione, allo scopo di far conoscere in forma obbiettiva ai cittadini e particolarmente ai giovani delle scuole, per i quali dovranno compilarsi apposite pubblicazioni da adottare per l’insegnamento, l’attività antidemocratica del fascismo.La spesa per i premi dei concorsi, per la stampa e la diffusione è a carico dei capitoli degli stati di previsione della spesa per acquisto e stampa di pubblicazioni della Presidenza del Consiglio e del Ministero della pubblica istruzione.
Art. 10 – Norme di coordinamento e finali
Le disposizioni della presente legge si applicano senza pregiudizio delle maggiori pene previste dal Codice penale.Sono abrogate le disposizioni della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, concernenti la repressione dell’attività fascista, in quanto incompatibili con la presente legge.La presente legge e le norme della legge 3 dicembre 1947, n. 1546, non abrogate, cesseranno di aver vigore appena che saranno state rivedute le disposizioni relative alla stessa materia del Codice penale. La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sarà inserta nella Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica italiana. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

lunedì 2 marzo 2020

Sempre più numerose

Sempre più numerose le pressioni della Chiesa di Dio Onnipotente sulla politica italiana

Negli ultimi tempi sembra che l'interesse da parte dei media italiani per la Chiesa di Dio Onnipotente e i suoi richiedenti asilo in Italia stia crescendo esponenzialmente. Sempre più numerosi sono di conseguenza anche gli appelli al mondo politico.
Chiesa di Dio Onnipotente
Qualche giorno fa, consultando come di consueto “Google News”, ci siamo imbattuti in svariati nuovi articoli sulla Chiesa di Dio Onnipotente, secondo una tendenza che vede sempre più giornali e testate online occuparsene rispetto anche soltanto a poco tempo fa. Di questo gruppo religioso, nato in Cina tra la fine degli Anni ’80 e l’inizio degli Anni ’90 e messo al bando pochi anni più tardi, nel 1995, ci siamo già occupati e continueremo a farlo, anche perché abbiamo notato come, nel corso del tempo, abbia cominciato a diventare sempre più noto persino nel nostro paese, e non soltanto negli ambienti religiosi.
Due prestigiosi istituti  italiani dediti allo studio delle religioni ed in particolare delle cosiddette “Nuove Religioni” (termine con cui, eufemisticamente, in genere vengono chiamate molte sette) come il CESNUR ed il LIREC, per esempio, dedicano molta della loro attenzione a questo gruppo religioso, non soltanto nelle loro pubblicazioni online ma anche in pubbliche occasioni che spesso si tengono in sedi importanti e prestigiose come la Camera dei Deputati, l’Università di Torino o Palazzo Marino a Milano. Ciò testimonia come questo movimento religioso, che pure in Italia non raggiunge se non a fatica i mille membri accertati, risulti comunque molto importante, al punto da riscuotere anche dai professionisti del settore un’attenzione addirittura maggiore rispetto a quella riservata ad altri gruppi o sette ben più numerosi e maggiormente noti all’opinione pubblica. Si potrebbe insomma dire che il peso specifico della Chiesa di Dio Onnipotente (che d’ora in poi, per maggior comodità, chiameremo col suo acronimo, CDO) sia persino superiore a gruppi molto più estesi e famosi nel nostro paese come Scientology, Damanhur, i Testimoni di Geova, Hare Krishna, Soka Gakkai ed altri ancora. Proprio questa particolarità ci ha da sempre incuriositi.
Come ormai molti nostri lettori sapranno, la CDO nacque per iniziativa di Zhao Weishan, nato nel 1951 nella provincia dell’Heilongjiang e predicatore e leader di una branca indipendente di un’altra contestata setta cinese di stampo evangelico e millenarista, gli Shouters, che di lì a breve sarebbe stata anch’essa bandita dal governo di Pechino, nel 1995. Nello stesso periodo, intorno al 1989, in una fase di forte risveglio del movimento evangelico in Cina, una donna entrava nel complesso mondo delle “Chiese domestiche” cinesi, ovvero le varie Chiese protestanti non autorizzate dal governo, iniziando a sua volta la predicazione all’interno del movimento fondato anni prima dal predicatore cinese Watchman Nee (1903-1972).  Costei era Yang Xiangbin, nata nella Cina nordoccidentale nel 1973, che diventò poco dopo la compagna di vita di Zhao Weishan e che fu da questi identificata come la nuova personificazione di Dio figlio, ovvero di Gesù, a suo dire stavolta nato in Cina con sembianze di donna. La CDO non parla mai di lei, ed è persino proibito menzionare il suo nome, ma molti studiosi ritengono che il Dio Onnipotente predicato e venerato dalla setta sia proprio lei, mentre il suo compagno Zhao Weishan viene identificato come “l’Uomo usato dallo Spirito Santo” e “il Prete” della CDO, ovvero il suo “braccio amministrativo”.
Già questa visione “teologica”, quantomeno bizzarra, dovrebbe far riflettere sulla natura di questo culto e, com’è pure facile immaginarsi, spiega anche la diffidenza e talvolta persino l’ironia con cui esso viene guardato dalla maggior parte degli altri cristiani, a cominciare da quelli che nel nostro paese se ne sono anche soltanto occasionalmente occupati. Non è infatti difficile, navigando su internet, imbattersi in qualche forum o sito di fedeli, soprattutto cattolici ma anche protestanti o evangelici, che mettono in guardia i loro fratelli e correligionari dal pericolo e dagli errori contenuti nel messaggio diffuso dai seguaci della CDO. Ne parlano, per esempio, con dovizia di particolari e di fonti, i cattolici più conservatori in questo loro forum, o i battisti della Chiesa di Cristo di Ciampino nel loro sito internet.
Tuttavia, fin qui non vi sarebbe nulla di male se non fosse che questa setta, che in Italia suscita tante attenzioni dagli addetti alla materia e che ultimamente si sta guadagnando sempre più spazi anche in molte agenzie e testate online, in Cina risulta essersi macchiata di gravi reati, che proprio per questo ne hanno determinato l’inevitabile messa al bando. Il caso più famoso è certamente quello dell’omicidio settario del McDonald’s di Zhaoyuan, nella provincia dello Shandong, costato la vita ad una commessa 37enne: in quell’occasione i “missionari” della CDO, entrati nell’esercizio, cominciarono a predicare e a chiedere ai vari avventori i loro numeri di telefono per essere ricontattati in seguito. La giovane Wu Shuoyan, tuttavia, si rifiutò e due di loro, per reazione, cominciarono a picchiarla fino ad ucciderla, mentre gli altri “missionari” impedivano, con le minacce, agli altri avventori di soccorrerla e d’interrompere quello scempio. Quando la polizia arrivò, arrestò i responsabili ma per la giovane commessa ormai non c’era più niente da fare. Le telecamere, tuttavia, avevano ripreso l’intera scena, ed il fatto apparve sin da subito talmente grave da indurre anche la stessa BBC, la più prestigiosa rete televisiva pubblica al mondo, ad occuparsene con un suo apposito programma.
Prima ancora di quel grave fatto, avvenuto il 28 maggio 2014, ve ne erano comunque stati già altri di molto allarmanti: l’anno precedente, il 24 agosto 2013, nella provincia dello Shanxi una seguace della CDO aveva rapito un bambino di sei anni, Guo Bin, e gli aveva strappato via gli occhi; mentre l’anno prima ancora, nei giorni successivi al 21 dicembre 2012, sull’onda delle profezie dei Maya sull’imminente fine del mondo, numerosi membri della CDO provocarono vari crimini e veri e propri tumulti in varie località della Cina. Indipendentemente dal giudizio che ognuno di noi può avere della Cina o del suo governo, bisogna comunque concordare sul fatto che un simile movimento religioso costituisca di fatto un pericolo e che nessuna autorità politica responsabile possa permettersi il lusso di lasciarlo agire e prosperare liberamente, data la sua provata pericolosità per l’ordine pubblico e la sicurezza dei cittadini.
Tuttavia, sono stati numerosi i tentativi di smentire anche questi episodi, che pure sono provati da numerosi elementi come foto e riprese, difficilmente oppugnabili. Inoltre, non sono soltanto le autorità politiche cinesi ad accusare la Chiesa di Dio Onnipotente dei crimini compiuti dai suoi esponenti, ma anche molte altre Chiese del paese, i cui fedeli hanno subito la predicazione aggressiva dei seguaci della setta. In Italia poco o niente si dice di quei crimini e delle prove che li dimostrano, preferendo invece elencare le obiezioni che li smentirebbero, sullo sfondo di una trattazione che fa perno sulla tutela dei diritti umani, sull’anticomunismo, sulla minaccia del “pericolo giallo”, ecc. Così, si finisce per ridurre la questione della Chiesa di Dio Onnipotente ad una gratuita ed ingiusta persecuzione per ragioni politiche ed ideologiche e di mancanza di libertà religiosa e non ad una più complessa questione di sicurezza sociale e nazionale. Inoltre, andrebbe notato come, a questa sorta di “convivio”, sieda un “convitato di pietra” che è la politica o meglio ancora la geopolitica: la CDO, al pari del Falun Gong, hanno ben presto trovato simpatie ed appoggi negli Stati Uniti così come in Europa, presso gli ambienti più atlantisti o che sposano una politica tradizionalmente anticinese, secondo il ben noto principio per cui “il nemico del mio nemico è mio amico”. Venendosi a creare anche tal genere di “strumentalizzazione”, diventa a quel punto davvero difficile fare e pretendere chiarezza.
Che nella guerra fra la Chiesa di Dio Onnipotente e le autorità di Pechino, molti in Occidente (e non solo) stiano dalla parte della prima, lo si nota nella “chiamata alle armi” che una giovane seguace della setta, Giulia Lu, fa in un’intervista pubblicata dall’agenzia DIRE: “Non bisogna avere paura di questo virus. Dobbiamo prendere le necessarie misure di protezione, ma non escludere la comunità cinese. Noi della Chiesa di Dio onnipotente vogliamo aiutare il prossimo. Penso anche ai miei confratelli rimasti in Cina, ma anche agli abitanti del Tibet e di Hong Kong, ai cristiani e agli altri gruppi religiosi, che subiscono ulteriori discriminazioni da parte di Pechino. Bisogna informarsi e fare pressioni affinché le autorità smettano di perseguitare le persone”. Il riferimento è, ovviamente, al famigerato Coronavirus, per il quale la Cina è stata messa sul banco degli imputati in più sensi (è stato detto che avesse fabbricato quel virus in un suo laboratorio perdendone poi il controllo, che fosse scaturito da una generalizzata mancanza d’igiene o da certe cattive abitudini alimentari, che avesse nascosto la verità il più a lungo possibile col risultato di amplificare la gravità del problema, e ora viene accusata di voler approfittare dell’emergenza sanitaria da Coronavirus per aumentare la censura e le repressioni, soprattutto a danno dei perseguitati per ragioni politiche o religiose, dalle sette cristiane ai musulmani uiguri, ecc). Ma la “chiamata alle armi” si rivolge anche a tutti coloro che, in Occidente, sulla difesa dei diritti umani hanno imbastito varie campagne e fatto attivismo contro le autorità di Pechino, ciascuno in base all’argomento a cui era più sensibile: dal Tibet e quindi la causa del Dalai Lama a Hong Kong e quindi la causa dei suoi manifestanti, entrambi con uno sguardo rivolto a Washington e a Londra, fino ai vari gruppi cristiani, musulmani, spirituali, ecc.
Non a caso, parlando della situazione della Chiesa di Dio Onnipotente in Italia, viene poi dichiarato dalla testimone: “Attualmente, più di 800 confratelli hanno fatto la richiesta di protezione internazionale in Italia, ma solo il 19% delle domande sono state approvate. Quindi la maggior parte delle domande sono state respinte. Io e più di 90 persone abbiamo già fatto appello al Corte di cassazione. Nel frattempo non abbiamo alcun modo per aggiornare il permesso di soggiorno, affrontando il rischio di essere rimpatriati in qualsiasi momento. Ma noi vorremmo finalmente ricostruirci una vita”. Come si può notare, in effetti, anche da molti articoli apparsi recentemente, quella di dare a tutti i membri della Chiesa di Dio Onnipotente giunti in Italia dalla Cina l’asilo politico e la protezione internazionale, avvicinandosi così al 100% di richieste accolte come in Australia o Nuova Zelanda o ad una quasi totalità come in Canada ed Inghilterra, è diventato ormai il nuovo traguardo a cui la CDO e molti suoi amici o sostenitori guardano con determinazione.

Da Opinione Pubblica.com
                                                                                                                                        

martedì 25 febbraio 2020

Corso intensivo sul politicamente corretto

Corso intensivo sul politicamente corretto


Ma cos’è esattamente il politically correct? Lo citiamo ogni giorno senza magari coglierne tutto il significato. Provo a offrire una breve guida, un sunto critico e un succo concentrato.
Per cominciare, il politicamente corretto è un canone ideologico e un codice etico che monopolizza la memoria storica, il racconto globale del presente e prescrive come comportarsi. Nasce dalle ceneri del ’68, cresce negli Usa e nel nord Europa, si sviluppa sostituendo il comunismo con lo spirito radical (o radical chic secondo Tom Wolfe) e sostituendo l’egemonia marxista e gramsciana col “bigottismo progressista” (come lo definisce Robert Hughes). Rompe i ponti col sentire popolare, non rappresenta più il proletariato, almeno quello delle nostre società; separa i diritti dai doveri e li lega ai desideri, rigetta i limiti e i confini personali, sociali, sessuali e territoriali, nel nome di una libertà sconfinata, sostituisce la natura col volere dei soggetti.
E sostituisce l’anticapitalismo con l’antifascismo, aderendo all’establishment tecno-finanziario di cui intende accreditarsi come il precettore.
Il politically correct è una forma di riduzionismo ideologico che produce le seguenti fratture: a) riduce la storia, l’arte, il pensiero e la letteratura al presente, nel senso che tutto quel che è avvenuto va letto, riscritto e giudicato alla luce del presente, in base ai canoni corretti e ai generi; b) riduce la realtà al moralismo, nel senso che rifiuta le cose come sono e le riscrive come dovrebbero essere in base al suo codice etico e gender; c) riduce la rivoluzione vanamente sognata nel Novecento e nel ’68 alla mutazione lessicale, nel senso che non potendo cambiare la realtà delle cose e l’imperfezione del mondo si cambiano le parole per indicarle, adottando un linguaggio ipocrita e rococò; d) riduce le differenze ideologiche a una superideologia globale o pensiero unico, che se si nega come tale.
Alle quattro riduzioni di cui sopra, il politically correct aggiunge una serie di sostituzioni: 1) sostituisce il sentire comune, l’interesse popolare, il legame famigliare e comunitario con la priorità assegnata ad alcune diversità e minoranze, ritenute discriminate o emarginate. E adotta uno schema vittimistico: non sono i grandi, gli eroi, i geni a meritare onori, strade, elogi unanimi ma le vittime (retaggio cristiano, notava René Girard). 2) sostituisce la preferenza per ciò che è nostrano – la nostra identità, le nostre tradizioni, il nostro modo di vedere, la nostra civiltà e religione, i nostri legami e le nostre appartenenze – con la preferenza per tutto ciò che è remoto – le culture e i costumi altrui, i migranti, i mondi lontani, le ragioni di chi viene da fuori (quella che Roger Scruton chiamava oicofobia); 3) sostituisce l’antica dicotomia tra il compatriota e lo straniero, o quella politico-militare tra l’amico e il nemico con la dicotomia tra il Bene e il Male, per cui chi non è allineato al canone non è uno che la pensa differentemente né un avversario da combattere ma è il male assoluto da sradicare e annientare. Col nemico si può arrivare a patti, lo puoi sconfiggere e sottomettere; il Male no, va cancellato e dannato nella memoria. 4) sostituisce l’oppositore, il dissidente, l’antagonista col razzista, nemico dell’umanità, del progresso e della ragione. E gli riserva un trattamento a metà strada fra la patologia e la criminologia, accusandolo di fobie: è omofobo, sessuofobo, islamofobo, xenofobo, e via dicendo. Di conseguenza non c’è contesa con lui, ma lo si isola tramite cordone sanitario, lo si affida alla profilassi medica e prevenzione nelle scuole, università, media; o quando il caso è conclamato, lo si affida ai tribunali e alla condanna. Il pregiudizio ideologico riduce i dissidenti al rango di pregiudicati, ovvero di condannati dalla storia, dal progresso, dalla ragione. Non conflitti ma bombe umanitarie, operazioni di polizia culturale o internazionale.
Per il politically correct la realtà, la natura, la famiglia, la civiltà finora conosciute, vissute e denominate, sono sbagliate. Il politicamente corretto è il moralismo in assenza di morale, il razzismo etico in assenza di etica, il bigottismo in assenza di religione. Ecco, in breve il politically correct.
Postilla finale dedicata a come si reagisce. Chi rifiuta l’imposizione del politicamente corretto e reagisce con l’insulto contro i suoi totem e i tabù, entra a pieno titolo nel suo gioco e ne conferma l’assunto e l’assetto: visto che avevamo ragione a dire che il razzismo, l’odio, l’intolleranza albergano nei nostri nemici? È una forma stupida e istintiva di risposta che rafforza il politically correct. Non migliore sul piano dell’efficacia è la risposta opposta, mimetica, di chi sta al gioco, asseconda, tace o compiace, rispondendo con ipocrisia all’ipocrisia parruccona del politicamente corretto. Anche in questo caso si resta sul suo terreno, si fa il suo gioco, si mira a una sopravvivenza immediata e individuale pregiudicando in prospettiva una visione alternativa più ampia.
Spesso ci si limita a opporre all’ideologia la realtà, alla sua narrazione la vita pratica. Invece, partendo da quella, si dovrebbe tentare lo sforzo opposto: smontare i loro tic, totem e tabù, usando l’arma dell’intelligenza, del paragone culturale, del senso critico e ironico. E indicando percorsi alternativi, letture diverse, altre priorità. Qui, purtroppo, l’intolleranza degli uni s’imbatte nell’insipienza degli altri, frutto di ignoranza, ignavia e indifferenza.
Se il politically correct domina, è anche perché non trova adeguate risposte. Solo imprecazioni e silenzi. La città è nelle mani degli stolti, dissero al sovrano i messi di una città in rivolta; ma i “savi” nel frangente che facevano, chiese loro il Re Carlo d’Angiò? Domandiamocelo pure noi.

MV, La Verità 16 febbraio 2020
Da
marcello veneziani
 
                                                                                                                                                       

mercoledì 19 febbraio 2020

SCHIAVI DEL POTERE FINAZIARIO


SCHIAVI DEL POTERE FINAZIARIO

image001Il progresso (?) rende sempre piú sofisticati gli strumenti a disposizione dell’uomo a volte occultando le apparenze dei risultati di operazioni che una volta erano facilmente individuabili e giudicabili.
Cosí la schiavitú che una volta era evidenziata da catene, da fruste e da marchi a fuoco, oggi è mimetizzata e occultata da una forma apparente di libertá che peró non cambia la sostanza.
I poveri sempre piú poveri ed i ricchi sempre piú ricchi.
I produttori che impongono dall’alto con il condizionamento psicologico o con le strategie produttive come dobbiamo vestire, cosa dobbiamo mangiare, cosa dobbiamo fare per divertirci.
Il lavoro sempre piú scarso, piú precario e sempre meno retribuito.
I media, nelle mani dei grandi gruppi economici nonostante siano quasi tutti in passivo,  usati allo scopo di condizionare, convincere, indirizzare la pubblica opinione per condurre il gregge nei recinti voluti.
Il potere del denaro che condiziona tutto tanto che ogni cosa, ogni sentimento, ogni persona hanno attaccato il cartellino del prezzo.
La scomparsa dei valori che per secoli hanno identificato la nostra civiltá.
Tutti questi sintomi sono la dimostrazione evidente che qualcuno, i pochi che gestiscono i grandi capitali che muovono il mondo, sono, direttamente o indirettamente, i nuovi padroni dell’umanitá che è stata ridotta in schiavitú, la schiavitú della finanza, la schiavitú dell’oro sul sangue ..!!
I grandi capitalisti, poche decine di persone che hanno il controllo del denaro in tutto il mondo, si sono impadroniti del potere politico sovvertendo la regola della politica che controlla la finanza e stabilendo quella nuova in cui è la finanza a controllare la politica.
Le vite di miliardi di persone in tutto il mondo sono controllate, regolate e condizionate dalle decisioni strategiche del denaro che, di fatto, le obbliga ad obbedire ciecamente alle proprie decisioni che mirano unicamente al profitto senza tenere in alcun conto quelli che sarebbero i loro interessi personali, sociali ed umani.
Ed il tutto in modo talmente subdolo, nascosto e intelligentemente infame da non dare la sensazione di quanto sta effettivamente accadendo, ma lasciando a ciascuno l’illusione che le decisioni ed i comportamenti siano liberi e spontanei.
Forse questo percorso perverso era inevitabile da quando, nel 1945, la guerra dell’oro contro il sangue è stata vinta dall’oro e forse l’attuale situazione non è altro che la logica, ineluttabile conseguenza di quella sconfitta, ma noi vogliamo denunciare questa schiavitú sperando che il seme gettato possa germogliare e spingere i popoli ad una ribellione per la riconquista della propria libertá e della propria dignitá per tornare ad essere uomini e non piú schiavi ..!!
 Alessandro Mezzano


mercoledì 12 febbraio 2020

IL TEMPO DICE LA VERITA'-- L'altra memoria: l’accordo Haavata


 STORIA 2020 

L'altra memoria: l’accordo Haavata (Haavara Abkommen)

a cura di Caile Vipinas
Già, l'altra memoria! Quella relegata nel dimenticatoio della Storia per celare un evento che rivoluziona totalmente la vulgata sulla nascita del cd. Stato di Israele in Palestina. Chi fu il promotore di tale operazione negli anni Trenta del secolo scorso, le cui catastrofiche conseguenze, a livello umanitario e geopolitico, si ripercuotono in maniera drammatica, oggi più che mai, sui popoli del Vicino Oriente e su quello palestinese in particolare?
 
Ne ha trattato ampiamente in un articolo sulla rivista storica americana The Barnes Review (vol. XI, n. 6, novembre/dicembre 2005) il prof. Guido Raimund, probabile pseudonimo del poeta e scrittore revisionista austriaco Gerd Honsik, scomparso nel 2018, e a lungo perseguitato e incarcerato dalla polizia del pensiero unico.
 
Di lui ha recentemente tracciato un bel ricordo Andrea Carancini (In morte di Gerd Honsik in https://www.andreacarancini.it/2018/04/morte-gerd-honsik/ ).
L'articolo di Raimund/Honsik (Founding Father of Israel?) fu poi pubblicato, con traduzione italiana di Alfio Faro (che qui riportiamo integralmente), su Rinascita, Quotidiano di Sinistra Nazionale, l'11 giugno 2006, a pag. 15.
* * *
FOUNDING FATHER OF ISRAEL?
 
By Prof. Guido Raimund. The unknown founding father of the state of Israel is none other than Adolf Hitler. Under a pact called the Haavara Agreement (haavara meaning “moving one’s household”), the top Nazis collaborated with the Zionists in a plan to resettle Jewish people from the German lands to Palestine, where they would ultimately form the nucleus of modern Israel. So in fact, the “Final Solution” was not a plan to exterminate the Jews in Germany, but to resettle them peacefully in a new locale
 
Il 7 agosto 1933 Adolf Hitler concluse un accordo con i rappresentanti dell'Agenzia Ebraica Mondiale. Il Patto fu chiamato "Accordo Haavara". Haavara in ebraico significa "Casa Mobile". Hitler considerava l'accordo della massima priorità per la sua amministrazione. Nel novembre 1933 era in piena attuazione e continuò fino ad almeno il 1942. Siccome ben pochi Ebrei volevano emigrare in Palestina, furono fatti sforzi notevoli per aprire le porte di altri Paesi, ma ciò era difficile: le Nazioni ricche non volevano emigranti ebrei, e quelle povere non erano attraenti.
 
Nell'estate del 1938 un Comitato Interstatale per i Rifugiati fu istituito con l'avvocato americano George Rublee come direttore. Nel gennaio 1939 (dopo la "Notte dei Cristalli"), Rublee e il governo tedesco siglarono un accordo in base al quale tutti gli Ebrei tedeschi potevano emigrare verso il Paese di loro scelta. Rublee stesso in seguito definì l'accordo "sensazionale", e lo era veramente. Per cui Hitler fu il padre fondatore dello Stato di Israele.
L'Accordo Haavara prova che Hitler collaborò con il Mossad per facilitare l'emigrazione degli Ebrei tedeschi in Palestina con tutti i loro averi, benché questo programma comportasse notevoli sacrifici per la Germania. Fu iniziato nel 1933 e portato avanti nel corso di otto anni.
Agli Ebrei poveri Hitler anticipò la somma di lire sterline 1000 a persona, che occorrevano loro per essere ammessi dalle autorità britanniche come emigranti in Palestina. Questo non era un aggravio per le autorità che lavoravano per la fondazione di uno Stato ebraico. Tuttavia i comuni cittadini tedeschi che avessero voluto lasciare il Paese non godevano di tale sostegno (Vom Boykott zur Entjudung di Avraham Barkai, storico israeliano). Si può quindi assumere che Hitler era l'unico statista al mondo che sosteneva efficacemente la creazione di uno Stato ebraico in Palestina nel corso di parecchi anni. I mezzi economici e organizzativi della Germania erano impegnati a portare avanti questa politica.
L'accordo Haavara è peraltro menzionato nella letteratura sulla Palestina sotto Mandato britannico, ma in modo da nascondere la sua importanza più che rivelarla. L'accordo fu raggiunto fra Hitler e il Mossad, il Governo-ombra della Palestina. Il suo obiettivo era l'emigrazione degli Ebrei in Palestina ed il trasferimento dei loro beni al loro nuovo Paese. Due banche ebraiche in Germania furono incaricate del trasferimento in base all'accordo.
Gli emigranti non-ebrei non ottennero alcunché del genere. Al contrario, dovevano pagare la cosiddetta ''tassa di fuga", che fu stabilita per scoraggiare il trasferimento di mezzi di produzione in altri paesi e rendere alla gente l'emigrazione in genere poco allettante.
Ma agli Ebrei tedeschi fu inoltre data l'opportunità di visitare la Palestina come turisti per saggiarne le risorse ed essere indotti a stabilirvisi. Il Governo di Hitler diede loro la necessaria valuta, cosa non concessa agli altri Tedeschi (Fonte: Werner Feichenfeld, Leo Beck Institute, 48-49).
Gli Ebrei tedeschi che arrivavano in Palestina potevano scegliere se ricevere l'equivalente dei loro beni in contanti o in immobili, affari o terreni coltivabili. Gli effetti di questa politica produssero quanto segue:
L'accordo Haavara rendeva possibile ad ogni Ebreo tedesco emigrare in Palestina durante gli anni dal 1933 al 1941 e trasferirvi tutti i suoi averi (inclusi macchinari e mezzi di produzione).
L'arrivo di emigranti dalla Germania cambiò l'infrastruttura economica del Paese (Palestina) e contribuì in modo decisivo al suo sviluppo. Come risultato la produzione economica raddoppiò e la sua qualità raggiunse i livelli europei (Fonte: Ludwig Pinner, Leo Beck Institute, Tubingen, 1972).
EMIGRAZIONE DEGLI EBREI TEDESCHI
L'accordo Rublee stabiliva le regole per quegli Ebrei che non volessero andare in Palestina ma in altri Paesi e continenti. Prevedeva inoltre aiuto finanziario dal Terzo Reich agli Ebrei poveri. Per quelli abbienti prevedeva il trasferimento dei loro beni verso i Paesi scelti come residenza.
Tutti gli Ebrei oltre i 45 anni sarebbero stati lasciati indisturbati in Germania.
Quando l'avvocato statunitense George Rublee volle proporre questo piano al Governo tedesco fu Ernst von Weizsäcker, Segretario di Stato al Ministero degli Esteri, che si oppose ed usò la sua influenza per impedire a Rublee di mettersi in contatto con le appropriate autorità germaniche.
 
Il suo motivo fu puramente ideologico: cercò di mettere in dubbio l'autorità di Rublee chiedendogli se fosse, dopo tutto, "Ariano". Cosi von Weizsäcker si rivelò come inveterato antisemita, cercando di bloccare questo piano.
Hitler giunse infine a conoscenza di questo intrigo ma dovette intervenire due volte per superare la resistenza di questo antisemita di ferro che non voleva aver niente a che fare con "l'ebreo Rublee".
Fu, a proposito, Göring che portò la cosa a conoscenza di Hitler. Quest'ultimo intervenne con autorità e fece firmare l'accordo. Suo figlio Richard von Weizsäcker, che infine divenne Presidente della Repubblica Federale di Germania, causò altrettanta vergogna al suo Paese: lui personalmente con la sua società Boehringer, ricavò benefici finanziari dalla vendita della Dioxina, un'arma di distruzione di massa che fu esportata nel Vietnam disastrato dalla guerra. Centinaia di migliaia di persone furono uccise o ferite causa la sua avidità (Fonte: Der Spiegel).
Durante gli anni che seguirono la firma dell'Accordo, il Governo tedesco onorò fedelmente tutti i suoi obblighi stabiliti nel patto (Rolf Vogel, Ein Stempel hat gefehlt, 238).
La dichiarazione di guerra da parte della Gran Bretagna contro la Germania (che comportava il blocco della Germania) rese impossibile continuare l'impegno Rublee.
COLLABORAZIONE MOSSAD/GESTAPO/SS
La dirigenza del Mossad e quella del Terzo Reich condividevano l'obiettivo di creare lo Stato per gli Ebrei. Perfino dopo lo scoppio della guerra, il Mossad de Aliyah Bet ("Ufficio della seconda immigrazione") ancora cercò per lungo tempo di organizzare l'emigrazione degli Ebrei validi in collaborazione con il Terzo Reich e contro la volontà dei dirigenti del Mandato britannico in Palestina.
Sulla televisione austriaca (ORF), l'ex Sindaco di Gerusalemme Teddy Kollek, originario di Vienna, raccontò una volta a Helmut Zlik, ex-Sindaco di Vienna, di un'iniziativa del genere, che lo portò durante il corso della guerra, a incontrare Adolf Eichmann in via Principe Eugenio a Vienna.
I "Protocolli di Wannsee" - per decenni misinterpretati come contenenti la prova dell'esistenza di un programma per uccidere tutti gli Ebrei - in realtà contengono una cifra importante: il numero degli Ebrei che lasciarono la Germania nella cornice degli Accordi di Rublee e del Patto ''Haavara'' fu di 570.000 persone (di cui un terzo andò in Palestina).
CONCLUSIONE
La stragrande maggioranza degli Ebrei tedeschi lasciò la Germania fra il 1933 e il 1941 grazie ad una iniziativa dei Sionisti e del Mossad che collaborarono al programma con il Governo Nazionalsocialista della Germania. Essi erano liberi di partire e portare con sé tutti i loro averi: nel caso dei poveri, con l'aiuto finanziario del Terzo Reich.
Hitler forzò la resistenza contro questi accordi. Essa provenne da due direzioni: per ragioni pratiche, vi era opposizione nei circoli economici che contrastavano il trasferimento di mezzi di produzione verso la Palestina. Per motivi ideologici la resistenza proveniva da circoli antisemiti e persone come Ernst von Weizsäcker.
Nei fatti, l'immigrazione degli Ebrei dalla Germania e il trasferimento dei loro beni, incoraggiato da Hitler, permise agli Ebrei in Palestina di creare il loro proprio Stato.
Se questi fatti e conclusioni fossero conosciuti da un largo pubblico, i detrattori di Hitler, così come i suoi segreti estimatori, comincerebbero a riconsiderare le loro attuali opinioni. A molti di essi un mondo rovinerebbe addosso. Ma in conseguenza della seconda guerra mondiale, tutti i testimoni della collaborazione fra il Mossad e i Nazionalsocialisti furono accusati di genocidio. A seguito di processi condotti con traballanti argomenti (Norimberga, il processo Eichmann), furono uccisi o ridotti al silenzio dalla persecuzione mondiale. Dieci di essi morirono uno dopo l'altro in Sudamerica causa misteriosi infarti (Fonte: Wiesenthal: "Recht, nicht Rache").
Il Patto "Haavara" è la prova di otto anni di sforzi di Hitler contro la resistenza dall'interno e dall'esterno intesi a creare lo Stato ebraico. Questo articolo si basa su un libro della storica tedesca Ingrid Weckert, Auswanderung der Juden aus dem Dritten Reich (Emigrazione degli Ebrei dal Terzo Reich) pubblicato da Vrij Historisch Onderzoeck, e sulle ventiquattro fonti già menzionate. La signora Weckert non è responsabile per le conclusioni da me qui dedotte.
NOTA FINALE
Di notevole interesse furono il padre del futuro Presidente statunitense, e il padre del futuro Presidente tedesco, che quasi silurarono questo Accordo: Joseph Kennedy, Ambasciatore statunitense in Gran Bretagna, ed Ernst von Weizsäcker, Segretario di Stato del Ministero degli Esteri tedesco e padre dell'attuale Presidente della R. F. di Germania.

Hitler intervenne personalmente nel processo negoziale e salvò l'accordo inviando il Presidente·della Reichsbank Hjalmar Schacht a Londra per negoziare con Rublee.

26/01/2020 DA ITALIA SOCIALE