di 
 Nicola Bizzi
Sono sinceramente troppo disgustato dai recenti 
 sviluppi del quadro politico per commentare l'ormai certa nomina di Matteo 
 Renzi alla guida dell'Esecutivo, di un nuovo Governo che sancirà la 
 rottamazione del pur nauseante e pernicioso Governo del bilderberghino 
 Enrico Letta e che decreterà la prossima ed inevitabile rottamazione di quel 
 poco che resta dell'Italia che produce e che lavora.
Ciò non toglie che, quasi dovendomi legare ad una sedia 
 come faceva Vittorio Alfieri (per la tentazione più che legittima di 
 cambiare canale), mi sono sorbito, Giovedì 13 Febbraio, tutta la diretta 
 della psicodrammatica Direzione di quello che è ormai divenuto un 
 Partito-Stato, il PD.
Non mi interessa che la mossa di Renzi sia stata 
 giudicata da molti commentatori "ai limiti della democrazia". Non sono un 
 difensore a tutti i costi della "democrazia", un ordinamento sociale che, 
 come ho avuto modo di scrivere più volte in passato, reputo utopistico, 
 obsoleto, stantio e del resto storicamente mai in realtà applicato. Concordo 
 però con l'analisi che Salvatore Tramontano ha fatto su Libero, 
 ovvero che se una mossa del genere l'avesse fatta Berlusconi si sarebbe 
 scatenato il finimondo: padrone dell'Italia, dittatore, autocrate, uno che 
 tratta il Paese come se fosse un'azienda personale. Avremmo visto scendere 
 in piazza i "nuovi resistenti", torme di intellettuali radical-chic e di 
 black block intenti a manifestare, a scioperare (anche se mai hanno 
 lavorato) e magari a infrangere qualche vetrina. E gli "autorevoli" 
 quotidiani e magazine tedeschi, inglesi e francesi si sarebbero 
 scandalizzati, gridando al colpo di Stato, all'avvento della dittatura, e 
 altre simili amenità. 
Gli stessi giornali che il colpo di Stato, quello vero, 
 quello che determinò l'insediamento del Governo Monti, lo ignorarono, 
 arrivando anzi a decantare la "autorevolezza" del massone 
 tecnocratico-bancario che ha con orgoglio affossato la nostra economia, 
 asservendoci totalmente alla Germania e facendo salire alle stelle il tasso 
 di disoccupazione.
Ma dal momento che a fare questa mossa è stato l'ex boy 
 scout di Rignano sull'Arno, il predestinato dei poteri forti e delle 
 multinazionali, il pupillo della Mc Kinsey, quello che ha una carta del 
 cielo molto simile a quella di Alessandro Magno, allora ne cantano le lodi. 
 E il Renzi pigliatutto diviene una star, un novello "salvatore della 
 Patria".
In sintesi, l'orripilante spettacolo a cui, per mero 
 dovere d'informazione e trattenendo gli urti di vomito, ho voluto assistere 
 sulla diretta della 7, si può riassumere così: l'assemblea di condominio del 
 PD sfiducia il Presidente del Consiglio (del PD) perché dice che il governo 
 del PD non ha saputo governare, e propone alla Presidenza del Consiglio il 
 segretario del PD, alla guida di un altro Governo PD.
Tutto chiaro no? Sì, evidentemente per il popolino 
 delle primarie è tutto talmente chiaro e "normale" che nessuno pone 
 obiezioni.
Parlando di cose più serie, questo popolino con gli 
 occhi foderati da più strati di prosciutto non si rende conto che, 
 acclamando l'ex enfant prodige, si sta scavando la fossa da sé.
Non sono mai stato berlusconiano, anche se ho difeso in 
 più di una occasione le ragioni di Berlusconi, soprattutto in occasione 
 della sua caduta forzata nel Novembre 2011. Ma, se devo essere sincero, 
 provo in questi giorni per il leader di Forza Italia lo stesso disgusto che 
 provo per il PD e per Matteo Renzi. Perché è evidente che Berlusconi stia 
 facendo solo il gioco di quest'ultimo e che, dietro la promessa di una 
 probabile ed annunciata fine dell'antiberlusconismo, finirà per spianare la 
 strada ad un disegno molto, molto pericoloso.
In molti miei precedenti articoli ho avuto modo di 
 denunciare quali poteri forti si celino dietro l'irresistibile ascesa di 
 Matteo Renzi e come il suo fulmineo percorso politico risponda ad un piano 
 ben congegnato e già da tempo stabilito. Mi sono soffermato con attenzione 
 sul suo guru e consulente economico, l'economista israeliano Ytzak Yoram 
 Gutgeld (oggi anche deputato del PD), denunciando come, nelle vesti di 
 presidente della nota multinazionale di consulenze Mc Kinsey, abbia 
 stravolto il sistema bancario, introducendo in Italia, tramite piattaforme 
 come la Advice, un altro dei tanti sistemi di espoliazione dei 
 risparmiatori. Lo stesso Gutgeld che contribuì nel 2006 a redigere il 
 programma del Governo Prodi e che ha pronto da tempo nel cassetto quello 
 dell'esecutivo Renzi. 
Lo stesso Gutgeld che propone un definitivo giro di 
 vite sull'uso del contante.
Ma il quadro dei sostenitori e dei finanziatori esteri 
 del giovane Matteo è molto più articolato e complesso di quanto si possa 
 pensare. Come è articolato e complesso tutto l'insieme delle forze e dei 
 poteri, più o meno occulti, che ne hanno decretato l'ascesa.
Siccome l'Italia è - come sostiene neanche tanto 
 ironicamente Gianni Lannes - "una repubblica democratica fondata sul 
 lavoro, la cui sovranità appartiene agli Stati Uniti d'America, che la 
 esercitano nelle forme e nei modi più convenienti ai loro interessi 
 (essenzialmente militari)", per quanto i nostri politici spesso se ne 
 dimentichino, qui non si muove foglia che Washington non voglia. 
I burattini che hanno tentato di cavalcare da soli la 
 scena o di tagliare i fili invisibili dei loro manovratori, sono sempre 
 stati prontamente sostituiti, sono caduti in disgrazia o, nei casi peggiori, 
 sono stati eliminati.
Molti Italiani non conoscono Michael Ledeen, una delle 
 menti della politica estera del segretario del Partito Democratico e ormai 
 Premier in pectore Matteo Renzi. Vele quindi la pena far sapere ai nostri 
 lettori chi è.
Nato a Los Angeles nel 1941, è "ufficialmente" uno 
 storico ed un giornalista di fama mondiale molto attento alle vicende 
 italiane, ma chiunque abbia un minimo di dimestichezza con il potere di 
 Washington, sa bene che tali impieghi di facciata nascondono in realtà il 
 suo ruolo di uomo di punta dell'intelligence a stelle e strisce.
Come ha recentemente denunciato Franco Fracassi, un 
 giornalista autore di alcune fra le più importanti inchieste investigative 
 degli ultimi anni, non solo Michael Ledeen è sempre stato un consulente 
 strategico per la CIA e per la Casa Bianca, ma è stato la mente della 
 strategia aggressiva nella Guerra Fredda di Ronald Reagan, è stato la mente 
 degli squadroni della morte in Nicaragua, è stato consulente del SISMI negli 
 anni della strategia della tensione, è stato una delle menti della guerra al 
 terrore promossa dall'Amministrazione Bush, oltre che teorico della guerra 
 all'Iraq e della potenziale guerra all'Iran. 
Implicato in alcuni dei maggiori scandali 
 dell'amministrazione USA (Iran-Contra e Nigergate), è stato anche accusato 
 di aver collaborato attivamente con la loggia Propaganda 2 di Licio Gelli e 
 con il suo "piano di rinascita democratica", anche se ufficialmente ha 
 sempre smentito i suoi coinvolgimenti con il Maestro Venerabile di 
 Castiglion Fibocchi.
Considerato da molti l'eminenza grigia di Ronald 
 Reagan, Ledeen era presente alla Casa Bianca durante il colloquio telefonico 
 tra il Presidente americano e il Presidente del Consiglio Bettino Craxi nel 
 pieno della crisi di Sigonella, nell'autunno del 1985, inserendosi nella 
 traduzione simultanea in lingua inglese della conversazione e scavalcando di 
 fatto il traduttore ufficiale Thomas Longo Jr, capo dell'Italian Desk del 
 Dipartimento di Stato.
Per via dei suoi modi di fare intriganti e per le sue 
 continue ingerenze nella politica di casa nostra, l'Ammiraglio Fulvio 
 Martini, direttore del SISMI dal 1984 al 1991, lo fece dichiarare "persona 
 sgradita", ma Ledeen è ritornato di colpo sulla scena nel nostro Paese 
 durante le non chiare vicende che ci coinvolsero nella seconda guerra all'Irak, 
 quella scatenata da George Walker Bush nel 2003.
Questo personaggio è attualmente membro di punta 
 dell'American Enterprise Institute, un noto think tank neoconservatore.
 
E sono stati proprio i Neocons americani ad appoggiare 
 Matteo Renzi nella sua scalata al potere.
Non me lo invento io, ma lo ha confermato anche il New 
 York Times, che in più occasioni ha parlato degli stretti rapporti fra il 
 Sindaco di Firenze e gli ambienti della destra repubblicana, legati a doppio 
 filo con Israele e l'Arabia Saudita.
Come ha ipotizzato Franco Fracassi, è stato 
 probabilmente anche per garantirsi la futura collaborazione di Ledeen che 
 Renzi, allora Presidente della Provincia di Firenze di Firenze, si è recato 
 nel 2007 negli Stati Uniti per un inspiegabile tour che vide fra le tappe 
 principali proprio una visita al Dipartimento di Stato a Washington.
In questo quadro, mettendo insieme tutti i tasselli del 
 puzzle, ben si comprendono i ruoli che rivestono nell'entourage renziano sia 
 il già citato Gutgeld che Marco Carrai, il principale consulente politico di 
 Matteo Renzi. 
Due personaggi entrambi molto vicini a Israele (il 
 primo ne ha anche la cittadinanza). 
Carrai, ha addirittura propri interessi nell'entità 
 sionista, dove si occupa di venture capital e nuove tecnologie. Coetaneo 
 dell'enfant prodige, "l'uomo che sussurra a Renzi", come lo ha definito 
 Marco Damilano su L'Espresso, dopo un esordio in politica con Forza 
 Italia entrò nelle file del Partito Popolare, condividendo con Matteo tutto 
 il percorso politico, tenendosi però al di fuori dei riflettori della 
 ribalta. 
Personaggio schivo e di poche parole, quando Renzi 
 venne eletto Presidente della Provincia nel 2004 assunse la guida della sua 
 segreteria, divenendo al contempo consigliere comunale per la Margherita, 
 contando sulle preferenze assicurate da Comunione e Liberazione e dalla 
 Compagnia delle Opere, che in Toscana è presieduta da Paolo e da Leonardo 
 Carrai (suoi cugini), quest'ultimo alla guida anche del Banco Alimentare, 
 altra opera ciellina. E traendone indiscussi vantaggi professionali. 
 
Oltre ad essere in ottimi rapporti con John Phillips, 
 nuovo ambasciatore USA in Italia, Carrai è Consigliere del Sindaco (a titolo 
 gratuito), amministratore delegato di Firenze Parcheggi (partecipata del 
 Comune) e membro dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze (che è azionista di 
 Banca Intesa), nell'ambito del quale è stato regista della nomina alla 
 presidenza di Jacopo Mazzei. 
Siede inoltre nel cda del Gabinetto Vieusseux, una tra 
 le più importanti istituzioni culturali cittadine, ed è infine presidente di 
 Aeroporti Firenze, come racconta Duccio Tronci inChi comanda Firenze.
Suo fratello, Stefano Carrai, è in società con l’ex 
 presidente della Fiat Paolo Fresco nella società Chiantishire, che tenta di 
 mettere su un gigantesco piano di appartamenti, resort, beauty farm nella 
 valle di Cintoia, a Greve in Chianti, per ora bloccato dal Comune.
Come racconta sempre Marco Damilano, una delle frasi 
 che più spesso si sente pronunciare da Marco Carrai è: «Ho da fare a Tel 
 Aviv».
Anche il suppoter renziano Marco Bernabè ha forti 
 legami con Tel Aviv, attraverso il fondo speculativo Wadi Ventures. 
 
E il di lui padre, Franco, fino a pochi anni fa è stato 
 arcigno custode delle dorsali telefoniche mediterranee che collegano 
 l'Italia al paese mediorientale.
Aveva quindi visto giusto l'ultimo cassiere dei DS, Ugo 
 Sposetti, quando disse: «Dietro i finanziamenti milionari a Renzi ci sono 
 Israele e la destra americana». O perfino Massimo D'Alema, che definì 
 Renzi il terminale di «quei poteri forti che vogliono liquidare la 
 sinistra». Ma D'Alema altro non dice e non può dire, perché dovrebbe 
 altrimenti ammettere pubblicamente quella che ormai è una verità assodata, 
 ovvero che la sinistra italiana, in cambio della conquista del governo del 
 Paese, si è totalmente asservita e prostituita alla grande finanza 
 internazionale, siglando questo "patto col diavolo" già alla vigilia di 
 Tangentopoli.
Dietro Renzi ci sono quindi forti poteri economici, 
 politici e finanziari, a partire dalla Morgan Stanley, una delle banche 
 d'affari responsabile della crisi mondiale. Davide Serra, il principale 
 consulente finanziario di Renzi, nonché suo grande raccoglitore di denaro 
 (attraverso cene organizzate da Algebris e dalla sua fondazione Metropolis) 
 entrò in Morgan Stanley nel 2001, e fece subito carriera, scalando posizioni 
 su posizioni, in un quinquennio che lo condusse a diventare direttore 
 generale e capo degli analisti bancari. 
Come rileva sempre Franco Fracassi, la carriera del 
 giovane broker italiano venne punteggiata di premi e riconoscimenti per le 
 sue abilità di valutazione dei mercati. In quegli anni trascorsi dentro il 
 gruppo statunitense, Serra iniziò a frequentare anche i grandi nomi del 
 mondo bancario italiano, da Matteo Arpe (che ancora era in Capitalia) ad 
 Alessandro Profumo (Unicredit), passando per l'allora gran capo di 
 Intesa-San Paolo Corrado Passera.
Nel 2006 Serra decise tuttavia che era il momento di 
 spiccare il volo. 
E con il francese Eric Halet lanciò Algebris 
 Investments, società che già nel primo anno di attività passò da circa 
 settecento milioni a quasi due miliardi di Dollari gestiti. 
L'anno successivo Serra, con il suo hedge fund, lanciò 
 l'attacco al colosso bancario olandese Abn Amro, compiendo la più importante 
 scalata bancaria d'ogni tempo.
Poi fu il turno del banchiere francese Antoine Bernheim 
 a essere fatto fuori da Serra dalla presidenza di Generali, permettendo al 
 rampante finanziere di mettere un piede in Mediobanca.
Definito dall'ex segretario PD Pier Luigi Bersani «il 
 bandito delle Cayman», Serra oggi ha quarantatre anni e vive nel più 
 lussuoso quartiere di Londra (Mayfair).
E così, nell'ultimo anno - rileva sempre Fracassi - il 
 gotha dell'industria e della finanza italiana si è via via schierato sempre 
 di più dalla parte di Renzi. 
A cominciare da Fedele Confalonieri che, riferendosi al 
 Sindaco di Firenze, disse: «Non saranno i Fini, i Casini e gli altri 
 leader già presenti sulla scena politica a succedere a Berlusconi, sarà un 
 giovane». È stato poi il turno di Carlo De Benedetti, con il suo 
 potentissimo gruppo editoriale Espresso-Repubblica («I partiti hanno 
 perduto il contatto con la gente, lui invece quel contatto ce l'ha»).
E ancora, Diego Della Valle, il numero uno di Vodafone 
 Vittorio Colao, il fondatore di Luxottica Leonardo Del Vecchio e 
 l'amministratore delegato Andrea Guerra, il presidente di Pirelli Marco 
 Tronchetti Provera con la moglie Afef, l'ex direttore di Canale 5 Giorgio 
 Gori, il patron di Eataly Oscar Farinetti, Francesco Gaetano Caltagirone, 
 Cesare Romiti, Martina Mondadori, Barbara Berlusconi, i banchieri Fabrizio 
 Palenzona e Claudio Costamagna, il numero uno di Assolombarda Gianfelice 
 Rocca, il patron di Lega Coop Giuliano Poletti, Patrizio Bertelli di Prada, 
 Fabrizio Palenzona di Unicredit, Il Monte dei Paschi di Siena, attraverso il 
 controllo della Fondazione Montepaschi gestita dal renziano Sindaco di Siena 
 Bruno Valentini, e, soprattutto, l'amministratore delegato di Mediobanca 
 Albert Nagel, erede di Cuccia nell'istituto di credito.
Risulta quantomeno sospetto il fatto che, proprio sul 
 giornale controllato da Mediobanca, Il Corriere della Sera, da sempre 
 schierato dalla parte dei poteri forti, sia arrivato lo scoop su Monti e 
 Napolitano (la questione del golpe del Governo tecnico).
Il Corriere ha ripreso alcuni passaggi 
 dell'ultimo libro di Alan Friedman, altro uomo di RCS. 
Fatti già abbondantemente noti, perché già denunciati 
 lo scorso anno da Bini Smaghi e dall'ex Premier spagnolo José Luis Rodriguez 
 Zapatero, ma che ripresentati adesso, in versione "scoop", hanno colpito a 
 fondo il Governo Letta e aperto la strada di Palazzo Chigi a Renzi.
Sempre Fracassi ci si ricorda che il defunto segretario 
 del PSI Bettino Craxi soleva dire: «Guarda come si muove il Corriere e 
 capirai dove si va a parare nella politica».
Altro che prosciutto sugli occhi! Il popolo Italiano, 
 se sta permettendo tutto questo, dimostra di essere addirittura 
 lobotomizzato. Ha ragione Alfonso Luigi Marra quando sostiene che viviamo 
 nell'era dell'abiezione e che il vero problema oggi è la gente. 
La gente che, con il suo ottenebramento, continua a 
 votare quei burattini che predicano la "rivoluzione per non cambiare", 
 permettendo così ai grandi burattinai di consolidare sempre di più il loro 
 dominio.
Il sonno della ragione, si sa, genera i mostri 
 peggiori, mostri molto pericolosi.
 
 
 
 17/02/2014
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