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I
miei studi storici
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Un
grande, generoso uomo tedesco
..
Horst
Otto conosce bene la terra della Normandia. Ci è tornato tante volte
dagli anni 50.
Ha
imparato a saggiare con un solo colpo di pala la consistenza del terreno e a
capire dove scavare. Non molto a fondo. A 60 centimetri di profondità, a volte
di più, spesso di meno, ecco apparire le prime ossa, gli scarponi, stinti
brandelli d’uniforme grigio- verde. A volte, molto raramente, una croce di
legno a segnalare un tumulo. Lì è stato sepolto un uomo , un soldato tedesco.
Dal
1956 al 1961 Horst Otto ha recuperato le spoglie di migliaia di compatrioti,
morti in combattimento o per una pallottola nella nuca. Quanti ? Non lo sa.
Qualche volta ha lavorato dieci giorni per trovare un solo scheletro, altre,
come a Tornai-sur –Dive, ha subito scoperto una fossa comune con 300 corpi. I
resti venivano raccolti in un sacco di plastica o di iuta, etichettato con i
dati del ritrovamento e trasportato in uno dei sei cimiteri tedeschi della
Normandia. Qui riposano circa 78 mila caduti. Nella maggior parte dei casi la
lapide recita:” Soldato tedesco ignoto”.
A
79 anni, nella sua piccola casa di Grand-camp Maisy, nel Calvados, Otto
ripercorre la sua vita trascorsa a cercare di ridare una dignità e se possibile
una identità a questi morti dimenticati. “Qualcuno deve farlo “, dice. E’
toccato a lui , una vita che lui definisce quella di un”tedesco qualsiasi”.
Nato nel 1925 a Bieslau, in Slesia, da una famiglia di operai, Otto perde il
padre a due ani. Arruolato nella Gioventù hitleriana a 10 anni , nel 1943
scelse la Marina “Volevo evitare di ritrovarmi a Stalingrado”.
Il
6 giugno 1944 è a La Rochelle durante lo sbarco degli alleati e il 6 aprile
1945 viene preso prigioniero a Soulac-sur Mer. Nel 1947 torna in libertà, ma il
suo paese non c’è più, la Slesia è stata annessa alla Polonia.
“Tutti
i tedeschi che non parlavano polacco erano stati espulsi. Io non lo parlavo e
quindi non avevo speranza di poter tornare”. Una parte della sua famiglia è
stata esiliata a Leipzig, nella Germania dell’est. Grazie alla Croce Rossa
ritrova la madre in Westfalia.” Là ero ancor più straniero, ho deciso di
restare e poi la Francia mi piaceva”.
Nel
1956 gli propongono di lavorare in Normandia per la Volksbund deutsche
Kriegsgraberfursorge: due anni prima fra Parigi e Bonn era stato raggiunto un
accordo che autorizzava la raccolta in alcuni cimiteri dei resti dei soldati
della Wehrmacht. La Volsbund, una fondazione privata, reclutò a questo scopo
una trentina di tedeschi, soprattutto reduci, che parlavano francese. E’ un
compito immane, i corpi sono dispersi in 1.400 comuni della Bassa Normandia.
Ancora oggi il numero resta approssimativo: se nelle file alleate il conto è
piuttosto preciso, per i tedeschi si parla di “circa 200.000” tra morti e
feriti nella battaglia di Normandia. Alle perdite in combattimento si devono
aggiungere i 1.800 prigionieri di guerra che, secondo lo storico Daniele Voldman
, sono morti durante le operazioni di sminamento.
In
più, spesso, nelle fosse comuni scavate in fretta, insieme agli uomini finivano
i loro cavalli o il bestiame morto: a volte i corpi venivano bruciati e qualche
volta i caduti tedeschi finivano seppelliti insieme a quelli alleati. Dodici
anni sono trascorsi da quegli eventi quando Horst Otto, nel 1956, prende
alloggio in un piccolo hotel di Vierville-sur-Mer e si mette a setacciare la
regione sul suo furgoncino Volkswagen, accompagnato da due o tre sterratori
francesi.
Nel
frattempo il risentimento si è stemperato e la compassione trova spazio. “ Ho
trovato formidabile la gentilezza dei francesi nei nostri confronti”,
assicura. “Nelle zone dove aveva
combattuto la resistenza ho dovuto affrontare insulti e rancore”.
Otto
tentava di localizzare la sepoltura dei corpi, a volte con precisione, altre
approssimativamente. Il meglio era recuperare la piastra con il numero di
matricola. Altrimenti cercava segni che permettessero l’identificazione:
bottoni, insegne militari, decorazioni, l’impronta dei denti. L’età e la
taglia del defunto venivano stimate a vista. “ Componevamo i corpi nel
municipio e quando ne avevamo una quarantina andavamo a seppellirli”,
racconta. Tutto ciò che era stato trovato veniva mandato in Germania, per la
ricerca negli archivi militari di un nome da scrivere sulla tomba. In certe
zone, teatro di carneficine, non si finiva mai di disseppellire i resti. Soldati
della Wehrmacht ma anche SS.
Nel
1961 terminano le ricerche sistematiche e Otto viene nominato intendente dei
cimiteri tedeschi, incarico che coprirà per 25 anni. A questo titolo era ancora
chiamato a sovrintendere alle esumazioni, quando per caso venivano trovati nuovi
corpi. Un compito che lo ha portato, oltre che in Normandia anche in Bretagna,
in Borgogna e in Alsazia-Lorena.
Il
nuovo clima di comprensione è evidente scorrendo i registri dei visitatori del
Deutscher Soldatenfriedhof, il cimitero militare di Orglandes.
Per
un solo “sporchi tedeschi”, si leggono molte frasi amichevoli
come”Riposino in pace “, o “Certo non hanno chiesto loro di venire qui”.
I
morti sono sepolti in fila, tre nomi su ogni croce. La maggior parte di loro non
aveva nemmeno vent’anni.
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