martedì 11 febbraio 2014

HORST OTTO -- Un grande, generoso uomo tedesco (Ercolina Milanesi)

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I miei studi storici
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Un grande, generoso uomo tedesco

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Horst  Otto conosce bene la terra della Normandia. Ci è tornato tante volte dagli anni 50.
Ha imparato a saggiare con un solo colpo di pala la consistenza del terreno e a capire dove scavare. Non molto a fondo. A 60 centimetri di profondità, a volte di più, spesso di meno, ecco apparire le prime ossa, gli scarponi, stinti brandelli d’uniforme grigio- verde. A volte, molto raramente, una croce di legno a segnalare un tumulo. Lì è stato sepolto un uomo , un soldato tedesco.
Dal 1956 al 1961 Horst Otto ha recuperato le spoglie di migliaia di compatrioti, morti in combattimento o per una pallottola nella nuca. Quanti ? Non lo sa. Qualche volta ha lavorato dieci giorni per trovare un solo scheletro, altre, come a Tornai-sur –Dive, ha subito scoperto una fossa comune con 300 corpi. I resti venivano raccolti in un sacco di plastica o di iuta, etichettato con i dati del ritrovamento e trasportato in uno dei sei cimiteri tedeschi della Normandia. Qui riposano circa 78 mila caduti. Nella maggior parte dei casi la lapide recita:” Soldato tedesco ignoto”.
A 79 anni, nella sua piccola casa di Grand-camp Maisy, nel Calvados, Otto ripercorre la sua vita trascorsa a cercare di ridare una dignità e se possibile una identità a questi morti dimenticati. “Qualcuno deve farlo “, dice. E’ toccato a lui , una vita che lui definisce quella di un”tedesco qualsiasi”. Nato nel 1925 a Bieslau, in Slesia, da una famiglia di operai, Otto perde il padre a due ani. Arruolato nella Gioventù hitleriana a 10 anni , nel 1943 scelse la Marina “Volevo evitare di ritrovarmi a Stalingrado”.
Il 6 giugno 1944 è a La Rochelle durante lo sbarco degli alleati e il 6 aprile 1945 viene preso prigioniero a Soulac-sur Mer. Nel 1947 torna in libertà, ma il suo paese non c’è più, la Slesia è stata annessa alla Polonia.
“Tutti i tedeschi che non parlavano polacco erano stati espulsi. Io non lo parlavo e quindi non avevo speranza di poter tornare”. Una parte della sua famiglia è stata esiliata a Leipzig, nella Germania dell’est. Grazie alla Croce Rossa ritrova la madre in Westfalia.” Là ero ancor più straniero, ho deciso di restare e poi la Francia mi piaceva”.
Nel 1956 gli propongono di lavorare in Normandia per la Volksbund deutsche Kriegsgraberfursorge: due anni prima fra Parigi e Bonn era stato raggiunto un accordo che autorizzava la raccolta in alcuni cimiteri dei resti dei soldati della Wehrmacht. La Volsbund, una fondazione privata, reclutò a questo scopo una trentina di tedeschi, soprattutto reduci, che parlavano francese. E’ un compito immane, i corpi sono dispersi in 1.400 comuni della Bassa Normandia. Ancora oggi il numero resta approssimativo: se nelle file alleate il conto è piuttosto preciso, per i tedeschi si parla di “circa 200.000” tra morti e feriti nella battaglia di Normandia. Alle perdite in combattimento si devono aggiungere i 1.800 prigionieri di guerra che, secondo lo storico Daniele Voldman , sono morti durante le operazioni di sminamento.
In più, spesso, nelle fosse comuni scavate in fretta, insieme agli uomini finivano i loro cavalli o il bestiame morto: a volte i corpi venivano bruciati e qualche volta i caduti tedeschi finivano seppelliti insieme a quelli alleati. Dodici anni sono trascorsi da quegli eventi quando Horst Otto, nel 1956, prende alloggio in un piccolo hotel di Vierville-sur-Mer e si mette a setacciare la regione sul suo furgoncino Volkswagen, accompagnato da due o tre sterratori francesi.
Nel frattempo il risentimento si è stemperato e la compassione trova spazio. “ Ho trovato formidabile la gentilezza dei francesi nei nostri confronti”, assicura.  “Nelle zone dove aveva combattuto la resistenza ho dovuto affrontare insulti e rancore”.
Otto tentava di localizzare la sepoltura dei corpi, a volte con precisione, altre approssimativamente. Il meglio era recuperare la piastra con il numero di matricola. Altrimenti cercava segni che permettessero l’identificazione: bottoni, insegne militari, decorazioni, l’impronta dei denti. L’età e la taglia del defunto venivano stimate a vista. “ Componevamo i corpi nel municipio e quando ne avevamo una quarantina andavamo a seppellirli”, racconta. Tutto ciò che era stato trovato veniva mandato in Germania, per la ricerca negli archivi militari di un nome da scrivere sulla tomba. In certe zone, teatro di carneficine, non si finiva mai di disseppellire i resti. Soldati della Wehrmacht ma anche SS.
Nel 1961 terminano le ricerche sistematiche e Otto viene nominato intendente dei cimiteri tedeschi, incarico che coprirà per 25 anni. A questo titolo era ancora chiamato a sovrintendere alle esumazioni, quando per caso venivano trovati nuovi corpi. Un compito che lo ha portato, oltre che in Normandia anche in Bretagna, in Borgogna e in Alsazia-Lorena.
Il nuovo clima di comprensione è evidente scorrendo i registri dei visitatori del Deutscher Soldatenfriedhof, il cimitero militare di Orglandes.
Per un solo “sporchi tedeschi”, si leggono molte frasi amichevoli come”Riposino in pace “, o “Certo non hanno chiesto loro di venire qui”.
I morti sono sepolti in fila, tre nomi su ogni croce. La maggior parte di loro non aveva nemmeno vent’anni.

                                                                                                                                                                                       

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