Il blog politicamente scorretto coordinato dall' avvocato Edoardo Longo
OLOCAUSTI DIMENTICATI / I CRIMINI DEGLI ALLEATI DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE
Documentazione raccolta da Anonimo Pontino
Gli
storici calcolano che 2 milioni di donne tedesche sono state stuprate
dopo che le forze alleate e sovietiche hanno sconfitto l'esercito di
Hitler.
Una
testimonianza di ciò che avvenne nella Prussia Orientale è fornita
dall'inviato speciale del 'Courrier' di Ginevra nella seguente
corrispondenza pubblicata nel numero del 7 novembre 1944 del quotidiano
svizzero: 'La guerra che in Prussia Orientale si svolge nel triangolo
Gumbinnen-Goldap-Ebenrode, da quando Goldap é stata ripresa dai
tedeschi, è al centro degli avvenimenti. La situazione non è solo
caratterizzata dagli aspri combattimenti delle truppe regolari, ma,
purtroppo, pure dai troppo noti metodi di conduzione della guerra:
mutilazioni e impiccagione dei prigionieri ed il quasi TOTALE STERMINIO
DELLA POPOLAZIONE CONTADINA TEDESCA rimasta sui luoghi nel tardo
pomeriggio del 20 ottobre... La popolazione civile è, per così dire,
scomparsa dalla zona di combattimento poiché la maggior parte dei
contadini è fuggita con la propria famiglia. Tutto è stato annientato
dall'Armata Rossa. Trenta uomini, venti donne, quindici bambini sono
caduti nelle mani dei russi a Nemmersdorf ed uccisi. A Brauersdorf ho
visto di persona due lavoratori agricoli d'origine francese, ex
prigionieri di guerra, fucilati. Uno lo si è potuto identificare. Non
lontano da loro trenta prigionieri tedeschi avevano subito la stessa
sorte. Vi risparmio la descrizione delle mutilazioni e della orribile
vista dei cadaveri sui campi. Sono impressioni che superano perfino la
più accesa fantasia. (da 'E malediranno l'ora in cui partorirono',
pag.21)
Da
Mosca arrivavano la 'Krasnaja Zveda', l'organo delle forze armate, la
'Pravda' e le 'Isvestija' con articoli del propagandista Ilya
Grigoryevich Ehrenburg (nato a Kiev in una famiglia ebrea) e dei suoi
collaboratori, e nelle riunioni si cominciò a leggerne e a commentarne,
con martellante insistenza, i passi più salienti: 'I tedeschi non sono
esseri umani. D'ora in avanti il termine 'tedesco' é per noi tutti la
maledizione più orribile. D'ora in avanti il termine 'tedesco' ci spinge
a scaricare un'arma. Noi non parleremo. Noi non ci commuoveremo. Noi
uccideremo. Se nel corso di una giornata non hai ucciso nemmeno un
tedesco, allora per te é stata una giornata perduta. Se tu credi che il
tedesco invece che da te sarà ucciso dal tuo vicino, allora tu non hai
capito il pericolo. Se tu non uccidi il tedesco, sarà il tedesco ad
uccidere te. Egli arresterà i tuoi e li torturerà nella sua dannata
Germania. Se tu non sei in grado di uccidere con una pallottola il
tedesco, allora uccidilo con la baionetta. Se nel tuo settore vi é
tregua e non é in corso una battaglia, allora uccidi il tedesco prima
della battaglia. Se tu lasci in vita il tedesco, il tedesco impiccherà
l'uomo russo e disonorerà la donna russa. Se tu hai ucciso un tedesco,
allora uccidine un secondo. Per noi non c'è nulla di più piacevole dei
cadaveri tedeschi. Non contare i giorni, i chilometri, conta solo una
cosa: i tedeschi che hai ucciso. Uccidi i tedeschi! Questo implora la
tua vecchia madre. Uccidi i tedeschi! Questo implorano i tuoi figli.
Uccidi i tedeschi! Così grida la nostra madre terra. Non perdere
occasione! Non sbagliarti! Uccidi!' [...] 'I tedeschi' sentivano dire
con un crescendo, 'malediranno l'ora in cui calpestarono la nostra
terra. Le donne tedesche malediranno l'ora in cui partorirono i loro
feroci figli. Noi non infamiamo. Noi non malediamo. Noi siamo sordi. Noi
ammazziamo'. (da 'E malediranno l'ora in cui partorirono', pag.32)
I
militari sovietici che cercavano di soccorrere la popolazione civile
tedesca si rendevano colpevoli di uno dei reati contro la sicurezza
dello Stato previsti dall'art.58 del codice penale sovietico e puniti
con la reclusione non inferiore a mesi sei e, nei casi più gravi, con la
fucilazione. Lo scrittore Leo Kopelev, per aver reagito a Neidenburg e
ad Allenstein alle brutalità perpetrate dai suoi commilitoni, fu
accusato di 'umanitarismo borghese' e, nonostante fosse un comunista
convinto e maggiore del servizio di propaganda, addetto in particolare
all'istruzione e all'impiego al fronte dei militari tedeschi che erano
passati al servizio dell'Armata Rossa dopo Stalingrado, fu condannato in
base al citato articolo e deportato per anni. (da 'E malediranno l'ora
in cui partorirono', pag.62)
Testimoni,
sopravvissuti di Metgethen, riferirono che cadaveri di donne erano
stati appesi agli alberi dei giardini pubblici; che donne in stato
interessante erano state sventrate e gettate in fosse nella foresta di
Schönfliess. (da 'E malediranno l'ora in cui partorirono', pag.79)
Allied War Crimes of World War II
[...]Era
notte quando un reparto sovietico, al comando di un capitano, giunse
alla fattoria di Peter Haupt. Peter Haupt e i suoi non ebbero il tempo
di rendersi conto di cosa stesse accadendo che già si trovarono tirati
giù dai letti e sospinti, in camicia, tremanti per il freddo ed il
terrore, nello stanzone che occupava buona parte del piano terreno e
schierati, faccia al muro, contro una parete. [...] Poi si rivolse a
Peter Haupt ed ai suoi familiari. Obbligò l'uomo ed i suoi tre figli di
16, 14 e 4 anni ad inginocchiarsi e, fatte avanzare la moglie e le sue
due figlie di 18 e 12 anni, le denudò e le costrinse a distendersi sul
freddo pavimento e violentò la moglie. La donna gemeva e si divincolava
sotto la stretta morsa che la tratteneva e invocava aiuto. Peter Haupt
non resistette. Con un balzo, urlando di furore, si lanciò in avanti,
afferrò l'ufficiale in procinto di avvicinarsi alla figlia diciottenne e
lo tirò con forza per le gambe, facendolo cadere a terra. [...] Peter
Haupt fu colpito più volte, ma non mortalmente, e così ferito e
sanguinante, ad un ordine del capitano, fu trascinato fuori, sull'aia.
Nello stanzone moglie e figli osservavano terrorizzati la scena, senza
osare li benché minimo movimento. Trascorsero così lunghi attimi di
profondo silenzio: il capitano al centro della stanza, le donne distese
per terra, i ragazzi inginocchiati al muro. Sembravano statue. In quel
silenzio all'improvviso rintronò un urlo lacerante cui fecero eco le
grida della moglie di Peter Haupt. La donna non vide il marito che, in
un ultimo sussulto di energie, con le mani irrigidite sulle viscere, si
trascinava nella neve. Fece pochi metri, poi cadde e la sua voce si
spense in un rantolo. I soldati gli avevano schiacciato, con pietre, i
testicoli. [...] Fuori della fattoria, nel villaggio di Peter Haupt e
nei villaggi a nord-est di Cracovia, ovunque erano giunti i soldati
dell'Armata Rossa, quella notte fu una notte di spavento, di violenza,
di morte. (da 'E malediranno l'ora in cui partorirono', pag.35-36)
[...]Pesanti
passi, violenti colpi alle porte, urla cominciarono a rintronare per
tutto il palazzo. Al primo piano la signora König fu una delle prime
prede: l'afferrarono, sgombrarono il letto, gettando a terra la madre
settantottenne che vi giaceva agonizzante, e la violentarono. Quindi
toccò alla ragazza della porta accanto: aveva vent'anni e venti bruti si
buttarono su di lei, a turno. Nel corridoio videro uno sfollato di
Goldap e lo abbatterono. Dall'appartamento del dottor Grünwald
giungevano assordanti rumori e risa: i vincitori vi si erano installati,
bevevano acquavite e spaccavano mobili. (da 'E malediranno l'ora in cui
partorirono', pag.69)
[...]'Il
13 febbraio' gli riferì la donna, 'giorno dell'ingresso dei sovietici,
restammo in cantina sino alle 20, indisturbate. Poi sentimmo dei passi e
tanto era il terrore che ci prese, che non osavamo neppure respirare.
Comparvero quattro soldati che dapprima si comportarono
sopportabilmente; presto però divennero un po' troppo intraprendenti
verso di me e verso la giovane signora Keil e all'improvviso fu: 'Frau
komm'. Non risposi. Al terzo ordine, spazientito, il soldato mi afferrò
per un braccio, mi sollevò e mi diede un calcio tale che volai sino alla
porta della cantina. Un altro malmenò la signora Keil e poi se la
trascinò dietro, costringendola a portare con sé la figlia Traudl. Anche
sua mamma e sua sorella dovettero andare. Cosa poi ci capitò, non
occorre che glielo descriva: andò avanti tutta la notte sino al mattino;
bestiale! Io tornai per prima nella cantina e lì trovai i due anziani
coniugi della nostra casa uccisi e con gli occhi enucleati: si erano
opposti, come mi raccontò la signora Tindel, a lasciar andare con loro
la cognata ed il nipotino. Verso le 10, ci fu un po' di tranquillità e
tutte ci recammo nell'appartamento della signora Keil, la cui figlia
undicenne era stata pure violentata. Lì ci cucinammo qualcosa da
mangiare e in quel mentre udimmo di nuovo passi e si ricominciò daccapo.
Urlavamo, li pregavamo di lasciarci in pace, ma non avevano pietà. Ci
accordammo allora di impiccarci, ma ne sopraggiunsero altri. Quando
finalmente anche costoro se ne andarono eravamo pronte. Ognuna di noi si
era procurata un coltello ed anche un lenzuolo era pronto. La signora
Polowski s'impiccò per prima. La signora Keil impiccò dapprima la sua
Traudl e poi se stessa, lo stesso la sua cara mamma fece con sua
sorella. Restammo solo noi due, sua mamma ed io. La pregai di farmi il
cappio, poiché, per l'eccitazione, non ci riuscivo; lo fece, ci
abbracciammo ancora una volta, e spingemmo via coi piedi il bauletto sul
quale stavamo. Mi accorsi di toccare terra con la punta dei piedi: sua
mamma mi aveva fatto la corda troppo lunga. Provai ancora e ancora,
perché volevo morire, ma senza riuscirvi; guardai e destra e a sinistra:
eravamo appese tutte su una fila e loro si trovavano bene, poiché erano
morte. A me non restò che liberarmi dal cappio, cosa che mi riuscì dopo
molti tentativi. Ero sola e fuggii disperata. (da 'E malediranno l'ora
in cui partorirono', pag.91)
Così,
fra discorsi ed applausi, se ne partì l'Armata Rossa. Aveva avuto il
tempo di infierire, stuprare, deportare, ridurre allo stremo la
popolazione tedesca e, soprattutto, di spogliare il paese dei macchinari
e delle apparecchiature industriali, dei beni agricoli e del patrimonio
zootecnico. Si portò via i mezzi di trasporto, le attrezzature
scolastiche, municipali, alberghiere, ospedaliere e, singolarmente, si
arricchì di ogni possibile bene privato, senza trascurare le biciclette,
un mezzo che molti dell'Armata Rossa non avevano mai usato.(da 'E
malediranno l'ora in cui partorirono', pag.176)
Nessun commento:
Posta un commento